Denazionalizzazione dei beni abbandonati in Croazia: rassegna stampa con gli ultimi sviluppi

IL PICCOLO 10/10/01

Ciampi e beni abbandonati Ciampi a Zagabria con il ministro degli Esteri Ruggiero, pone con Mesic le basi per la soluzione del contenzioso fra i due Stati Regole europee sui beni abbandonati

La denazionalizzazione al varo del Sabor dovrà includere il principio della non discriminazione


Dalla prima pagina
E scopri d'improvviso, di fronte alle parole del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e del Capo dello Stato croato, Stipe Mesic che quella presenza diafana eppure invadente era quella del maresciallo Tito.
È un attimo. Perché a esorcizzare il passato, quel passato, sono le parole pronunciate da Ciampi: «Dobbiamo chiudere i residui aspetti dei contenziosi che sono alle nostre spalle», afferma il Presidente al termine dei colloqui con il «collega» croato durante il suo primo giorno di visita in Croazia. «Abbiamo posto le basi - prosegue il Capo dello Stato - per una rapida definizione di un accordo di amicizia e cooperazione fra i due Paesi. Accordo - precisa subito dopo - che parte dal presupposto che i patti fin qui definiti vanno rispettati. Così facendo si faciliterà l'adeguamento della legislazione croata ai principi giuridici che regolano i rapporti all'interno dell'Unione europea».
Il messaggio è chiaro: Italia e Croazia hanno rimesso in ordine le soffitte ancora ingombre del passato per iniziare a ragionare assieme in termini futuri, quindi, in termini europei. Solo così si va oltre Osimo. Solo così si riesce a impostare un dialogo che, come afferma il Presidente croato Mesic «se da una parte conferma l'impegno di Zagabria a rispettare tutti i trattati sottoscritti con l'Italia dalla defunta Jugoslavia socialista e federativa, poggia altresì i suoi valori sul cardine in base al quale «pacta sunt servanda». Insomma è quel «new deal» che il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero, ha imposto al tema dei beni abbandonati dagli esuli italiani nel dopoguerra. Nuovo corso che proprio ieri qui a Zagabria il responsabile della Farnesina ha illustrato al ministro degli Esteri croato, Tonino Picula. Si rispetti Osimo, si onorino economicamente gli accordi di Roma (Zagabria deve versare all'Italia 43 milioni di dollari), ma ci si uniformi anche agli standard normativi europei, per cui la legge sulla denazionalizzazione che dovrà essere varata dal Sabor non abbia principi discriminatori in base alla cittadinanza e quindi garantisca anche agli esuli italiani il diritto di ottenere la restituzione, ove possibile e ove previsto dalla legge, dei beni confiscati dall'allora regime comunista.
«È lo stesso ragionamento che abbiamo fatto con Lubiana - spiega il sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione - ossia camminare assieme nel rispetto delle regole europee». E le parole di Ciampi suonano come un'autorevole, o meglio, come la più autorevole conferma che questa è la strada imboccata dall'Italia. Esorcizzati i fantasmi si è voltato pagina.
Ma il dialogo tra Roma e Zagabria non è costituito solo dal tema dei beni abbandonati. Ciampi, infatti, vede nella nuova Croazia del dopo Tudjman un importante esempio di come nell'area balcanica la pace e la stabilizzazione non siano solo una chimera, ma un progetto vincente in cui è vantaggioso investire. «E Zagabria - precisa il Capo dello Stato - può contare sull'Italia per un pieno e totale appoggio alla sua volontà di allineamento euroatlantico». Processo che porterà la Croazia, il prossimo 29 ottobre, a firmare a Lussemburgo l'accordo di associazione e di stabilizzazione con l'Ue.
Anche per questo motivo il Presidente della Repubblica insiste sul fatto che l'Italia è il primo partner commerciale della Croazia, insiste sulla necessità di incrementare la cooperazione regionale adriatica, trasformando quel mare comune «in un unico polo operativo in tema di portualità, di interscambio di merci, di pesca e di turismo». Senza scordare il determinante potenziale geopolitico che per quest'area viene espresso in termini di cooperazione dall'Iniziativa centroeuropea (Ince).
Ma c'è di più. C'è nei rapporti tra Italia e Croazia una sorta di valore aggiunto costituito dalla nostra minoranza che vive in Istria e Dalmazia e dal patrimonio della cultura italiana. «La lingua italiana - spiega Ciampi - è una lingua di cultura importantissima nel mondo e qui in Croazia si colora di aspetti ancora più rilevanti a causa della presenza della nostra minoranza». «Presenza che - la definisce il Capo dello Stato - costituisce un'enorme ricchezza e che va utilizzata nell'interesse reciproco dei due Stati».
Una presenza che è fondamentalmente sinonimo di dialogo e di convivenza, sinonimo di quei messaggi che per anni hanno intriso le pagine dello scrittore istriano Fulvio Tomizza, al cui ricordo oggi i due Presidenti dedicheranno una targa posta nella sede rinnovata dell'Unione italiana di Pola.
«Accompagnerò il Presidente Ciampi in Istria - annuncia Mesic - per fargli vedere come vivono gli italiani e per ascoltare assieme in quale modo possiamo dare loro una mano». «È dovere di tutte le minoranze - conclude il Capo di Stato croato - saper essere cittadini leali del Paese in cui vivono». «E quella italiana lo è stata, svolgendo un insostituibile ruolo di ponte tra le nostre due Nazioni».
Dopo la colazione di lavoro con il premier Ivica Racan, il Presidente Ciampi ha tessuto un intenso pomeriggio. Si è recato al cimitero di Mirogoj per deporre una corona d'alloro al cippo che ricorda i caduti italiani della prima guerra mondiale, si è incontrato con i capi delle comunità religiose, quella cattolica, quella musulmana e quella ebraica, per sottolineare l'ineluttibilità del dialogo e del rispetto nella reciproca conoscenza e ha ha avuto un colloquio con il presidente del Parlamento, Tomcic. Mentre la signora Franca, ospite della signora Mesic, visitava un istituto a Gornje Prekrizje (un rione di Zagabria) che ospita bimbi e ragazzi affetti dai traumi della recente guerra ex jugoslava.
Al termine il Presidente Ciampi, un po' affaticato, ha sorriso a fianco del suo anfitrione. Quelle presenze un po' ingombranti che aleggiavano ieri mattina sul colle di Pantovcak sono svanite. È stato fatto ordine tra gli scaffali della storia. Roma e Zagabria ora pensano al futuro comune che le attende e che ha un solo nome: Europa.
Mauro Manzin

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Il Piccolo 10/10/01"Ciampi e Mesic"

Dopo i colloqui a Zagabria oggi il Presidente visita i nostri connazionali a Fiume, Rovigno e Pola
Accordo Ciampi-Mesic sui beni
Ruggiero: anche gli italiani avranno diritto alla restituzione


ZAGABRIA - Italia e Croazia hanno una comune "volontà di chiudere i residui dei contenziosi del passato". Lo ha detto Carlo Azeglio Ciampi al termine degli incontri avuti a Zagabria con il Presidente croato Stipe Mesic e con il primo ministro Ivica Racan.
"Abbiamo posto le basi - ha detto ancora Ciampi - per una rapida definizione di un accordo di amicizia e cooperazione fra i due Paesi. Accordo - ha precisato - che parte dal presupposto che i patti fin qui definiti vanno rispettati. Così facendo si faciliterà l'adeguamento della legislazione croata ai principi giuridici che regolano i rapporti all'interno dell'Unione europea". Il messaggio è chiaro: solo così si va oltre Osimo. Solo così si potrebbe impostare un dialogo ispirato a quel "new deal" che il ministro degli Esteri Ruggiero ha imposto al tema dei beni abbandonati dagli esuli italiani nel dopoguerra. Nuovo corso che il responsabile della Farnesina ha illustrato ieri a Zagabria. Si rispetti Osimo, si onorino economicamente gli accordi di Roma (Zagabria deve all'Italia 43 milioni di dollari), e ci si uniformi agli standard normativi europei, per cui la legge sulla denazionalizzazione che dovrà essere varata dal Sabor non abbia principi discriminatori in base alla cittadinanza e quindi garantisca anche agli esuli italiani il diritto di ottenere la restituzione, ove possibile, dei beni confiscati dall'ex regime comunista.
Ciampi sarà oggi a Fiume, Rovigno e Pola.

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Il Messaggero 10/10/01

Ciampi: accelerare il processo di pace


dal nostro inviato

PAOLO CACACE

ZAGABRIA - Azioni militari, ma non solo quelle, per rispondere alla sfida del terrorismo internazionale. Anche iniziative politiche ed economiche di pace e di dialogo per tagliare l'erba sotto i piedi dei seminatori di morte. Carlo Azeglio Ciampi torna sui temi della grande crisi mondiale nel palazzo presidenziale croato. Accanto a lui c'è il presidente Stipe Mesic. Incontrano i giornalisti dopo il primo colloquio di una visita ufficiale di estremo interesse anche e soprattutto per i rapporti bilaterali, in vista di un accordo sull'annosa questione della nostra minoranza in Istria e in Dalmazia
[...] L'esigenza di «normalità» in questa fase critica della situazione internazionale si evince anche dalla parte bilaterale di questa visita ufficiale, che oggi entrerà nel vivo con gli incontri di Ciampi a Fiume e a Pola.
Entro novembre prossimo sarà firmato un accordo di cooperazione e di amicizia tra Italia e Croazia che dovrebbe «chiudere i residui aspetti del contenzioso passato» tra i due Paesi.Si tratta, in pratica, di riconoscere i diritti di oltre trentamila nostri connazionali discriminati in Istria e in Dalmazia da quasi sessant'anni, i cui beni sono stati sequestrati dalle autorità titine e mai restituiti dai loro successori.
L'argomento è scottante, tocca nervi scoperti. Mesic accompagnerà Ciampi in Istria, ma deve necessariamente mostrarsi cauto. Ricorda che «pacta sunt servanda», chiede «lealtà» alla nostra minoranza.
Nel brindisi al pranzo di Stato, Ciampi auspica che «la Croazia rimuova dalla propria legislazione ogni elemento discriminatorio in coerenza con i valori e con le regole dell' Unione europea di cui la Croazia stessa aspira legittimamente a far parte».
Il ragionamento del capo dello Stato è molto chiaro: l'Italia è pronta ad appoggiare la candidatura di Zagabria per entrare nella Ue e nella Nato, ma i croati devono riconoscere, una volta per tutte, i diritti dei nostri connazionali.

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Il Piccolo 30/10/01

Italia-Croazia: riappare il fantasma dei beni

A Lussemburgo il primo passo di Zagabria verso l'integrazione europea. Ma resta il gelo nei rapporti con Roma
La Croazia firma l'associazione all'Ue
Ruggiero: «Dietro allo strappo i beni degli esuli». Antonione: «Situazione delicata»

LUSSEMBURGO - Ieri c'è stata la firma di associazione della Croazia all'Ue, primo passo verso l'integrazione europea. Erano presenti i rappresentanti di Zagabria e quelli dei Quindici, compreso il nostro ministro degli Esteri Ruggiero. Ma resta il gelo tra Italia e Croazia. E dietro il «caso Zara» spunta il fantasma dei beni abbandonati dagli esuli. Ruggiero ha rotto il silenzio della Farnesina sullo «strappo» croato, dopo il conferimento da parte del Quirinale della Medaglia d'oro all'ultima amministrazione italiana di Zara (1943). Per Ruggiero il caso Zara è solo «una bolla di sapone»: il vero punto è il problema dei beni abbandonati. E sulla volontà croata di non negoziare più il trattato bilaterale di cooperazione il ministro precisa che piuttosto è l'Italia «ad avere difficoltà» a firmare: «Vogliamo chiudere il contenzioso sulla restituzione dei beni. Abbiamo chiesto però un impegno alla Croazia per un adeguamento della sua legislazione a quella comunitaria, in particolare al principio di non discriminazione. Pare che su questo ci siano difficoltà che noi non comprendiamo». In mattinata il sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione aveva definito la situazione «molto delicata», resa vieppiù «difficile in quanto è stato coinvolto il Presidente della Repubblica». Ma, aveva concluso Antonione, «la Farnesina sta lavorando» per ricucire lo strappo

Italia-Croazia: riappare il fantasma dei beni Roma non vuole riaprire i conti del passato, ma chiede il rispetto del principio europeo di non discriminazione

LUSSEMBURGO - Chi pensava in un «disgelo» europeo del dissidio in atto tra Italia e Croazia è rimasto deluso. Perché adesso, dietro il «caso Zara», spunta il fantasma dei beni abbandonati dagli esuli. Il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero qui a Lussemburgo ha dapprima apposto la sua firma, assieme a quella degli altri suoi 14 «colleghi», al trattato di associazione e di stabilizzazione della Croazia all'Ue, poi ha rotto il lungo silenzio con cui la Farnesina ha fin qui seguito l'evolversi degli eventi relativi al conferimento da parte del Quirinale della Medaglia d'oro al valor militare all'ultima amministrazione italiana di Zara (1943). E dalle sue parole è emerso chiaramente che il contenzioso è lungi dall'essere risolto. Che le cose fossero in evoluzione lo si era capito dalle dichiarazioni fatte in mattinata dal sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione. Il quale ha definito la situazione «molto delicata», resa vieppiù «difficile in quanto è stato coinvolto il Presidente della Repubblica». Comunque, ha concluso Antonione - che della questione ha investito anche il vicepremier Gianfranco Fini - «la Farnesina sta lavorando». Detto e fatto. Non ha dubbi, infatti, il capo della diplomazia italiana che in serata esterna sul contenzioso in atto. Il caso Zara? «È solo una bolla di sapone», risponde secco il ministro Ruggiero. Il quale poi si dice «sorpreso della reazione di Zagabria». Quella della medaglia d'oro «era un'idea - precisa - che volevamo verificare con il governo croato, perché volevamo lanciare un'iniziativa congiunta per superare i tristi ricordi della storia». Il ministro non lo dice, ma la Farnesina è rimasta incredula al fatto che la Croazia abbia reagito così seccamente a quella che è stata un'anticipazione di stampa (fatta da «Il Piccolo» ndr.) che comunque «andava verificata - dice Ruggiero - a livello bilaterale». «Si tratta comunque - ripete il ministro - di un'iniziativa che l'Italia voleva portare avanti assieme al governo di Zagabria come simbolo di rappacificazione e non per fomentare nuovi revanscismi». Caso chiuso, dunque? Neanche per idea. Perché al di là della medaglia ecco rispuntare il problema dei beni abbandonati dagli esuli italiani nel dopoguerra. E qui Ruggiero vuole che non sorgano equivoci di sorta. Così circa la volontà croata di non negoziare più il trattato bilaterale di cooperazione e amicizia il ministro ci tiene a precisare che piuttosto è l' Italia «ad avere difficoltà» a firmare. «Noi siamo determinati - spiega chiaramente il responsabile della Farnesina - a chiudere il contenzioso sulla restituzione dei beni sequestrati agli esuli ed è chiaro che l'Italia deve assumersi l'onere del rimborso. Quello è un capitolo chiuso, "pacta sunt servanda". Abbiamo chiesto però - aggiunge subito dopo Ruggiero - come gesto morale a favore degli esuli che ci sia un impegno della Croazia per un adeguamento della sua legislazione interna a quella comunitaria, con particolare rilievo al principio di non discriminazione. Pare che su questo ci siano difficoltà da parte dei croati, difficoltà che noi non comprendiamo».
Roma, insomma, non vuole che nella legge di denazionalizzazione in gestazione al «sabor» croato vi sia una preclusione a godere dei diritti da questa sanciti in base alla nazionalità. Laddove anche un esule italiano ricadesse nei termini di legge, dunque, dovrebbe a rigor di logica del ministro Ruggiero e dell'Ue, essere trattato alla stregua di qualsiasi altro cittadino croato. Il ragionamento italiano si sposta così sul versante europeo. Il ministro degli Esteri sottolinea, infatti, come proprio in base all'accordo di associazione e stabilizzazione firmato ieri qui a Lussemburgo con l'Unione europea la Croazia è tenuta «ad accettare il principio di non discriminazione». «Bisogna dunque - spiega ancora Ruggiero - chiarire questo punto, che non è una rivendicazione materiale e non riguarda il passato, ma il futuro. A noi questo sembrava un atto dovuto. Non è una concessione quella che chiediamo. Pensavamo che ci fosse già stato un accordo durante la visita del Presidente Ciampi a Zagabria, ma ora è stato rimesso in gioco». Alla fine Ruggiero non chiude la porta in faccia alla Croazia. «Non ritengo - conclude il ministro - che si debba drammatizzare, perché il nostro spirito è quello di chiudere con il passato, tenendo conto però - puntualizza - del debito morale con i nostri esuli».
Roma, dunque, non fa distinzioni. La stessa formula presentata a Lubiana è stata proposta a Zagabria. Ma sia Slovenia che Croazia non hanno dimostrato di voler inghiottire un boccone che resta, per la sensibilità dei rispettivi popoli, ancora troppo amaro per essere ingoiato. E il contenzioso continua.
Mauro Manzin