Gentile dott.ssa Natale,
sono Eufemia Giuliana
Budicin, consigliere del Comitato Romano dell'Anvgd e addetta stampa
della Mailing List Histria. Desidero ringraziarla per l'esaustivo
articolo scritto ieri sul Corriere sulla questione del monastero di
Daila. Vorrei aggiungere quello che in proposito è stato scritto sulla
rivista croata Glas Koncila che ben illustra i termini della questione,
come riportato dal giornale La voce del popolo, l'11 agosto scorso.
IL
SETTIMANALE «GLAS KONCILA» SULLA VICENDA DEL MONASTERO DI DALIA
«Ai
benedettini nessuno ha regalato niente»
ZAGABRIA – Il polverone non si
placa, gli occhi dell’opinione pubblica rimangono puntati su Daila e le
voci e le interpretazioni sulle vicende che vedono coinvolti i monaci
benedettini, il Vescovado di Parenzo-Pola, il Vaticano, lo Stato croato
e le autorità regionali si susseguono. Così, dopo che del caso che gira
attorno alla restituzione della proprietà nazionalizzata all’epoca del
regime comunista hanno detto la loro le parti coinvolte e i politici,
dopo che si è fatto un gran parlare sui media con trasmissioni
tematiche e articoli e articoli che hanno riempito pagine e pagine di
giornali, ora una lettura dei fatti viene proposta anche dal
settimanale “Glas Koncila”.
DIVISIONE DEI BENI “Al Vescovado di Parenzo
circa il sessanta per cento delle proprietà dei benedettini” recita il
titolo dell’articolo redazionale il cui occhiello dice “Chiuso il
contenzioso ecclesiastico inerente ai beni dei benedettini di Daila”.
Un articolo che riporta una dettagliata cronologia dei fatti, senza,
però, omettere un commento su quelle che vengono definite “accuse
sensazionalistiche e ingiuste”. Stando al “Glas Koncila” la complessa
controversia fra l’Abbazia benedettina di Praglia vicino a Padova e la
chiesa di Daila rappresentata dal Vescovado di Parenzo-Pola si è
conclusa con la sottoscrizione di un contratto ai sensi del quale la
proprietà di più della metà dei beni benedettini è andata appunto al
Vescovado di Parenzo-Pola. “Oggetto del pluriennale dialogo fra l’
Abbazia benedettina di Praglia e il Vescovado di Parenzo-Pola era la
divisione degli immobili appartenuti al monastero di Daila presso
Cittanova in Istria, al quale nel secondo dopoguerra (dal 1945 al 1948)
le autorità della Jugoslavia comunista confiscarono i beni cacciando i
benedettini. Su richiesta della chiesa di Daila e del Vescovado di
Parenzo-Pola la Repubblica di Croazia restituì alla fine degli Anni ’90
tali beni ai richiedenti”, si legge nell’articolo che precisa come i
benedettini di Praglia ottennero ai sensi degli Accordi di Osimo il
risarcimento per la maggior parte degli immobili situati nel territorio
dell’ex RSFJ; tale risarcimento, si precisa, non fu mai versato per la
parrocchia, per il monastero e per i terreni che lo circondano perché
per tali beni i benedettini non vollero mai accettare un risarcimento
in denaro.
DIRITTO CANONICO È dopo che tali proprietà vennero
restituite a un soggetto giuridico della Chiesa che i benedettini di
Praglia chiesero, percorrendo le vie previste dal diritto canonico, di
essere risarciti o in alternativa di vedersi riconosciuta parte della
proprietà sui loro beni, scrive ancora il “Glas Koncila”, precisando
che è questa richiesta che fa scattare nel 2000 l’avvio del dialogo tra
i rappresentanti dell’Abbazia benedettina di Praglia e quelli del
Vescovado di Parenzo-Pola. Un dialogo ai sensi del quale nel 2003 venne
istituita una commissione congiunta che avrebbe dovuto contribuire all’
individuazione di un accordo, ma dato che così non fu i benedettini si
rivolsero ad altre istanze della Chiesa il che portò il 17 maggio 2006
alla firma, a Roma, da parte del vescovo di Parenzo-Pola e del Priore
dell’Abbazia benedettina di Praglia, di un documento ai sensi del quale
le proprietà vengono divise a metà: 50 p.c. al Vescovado e 50 p.c. all’
Abbazia. Altresì, stando a quanto scrive il “Glas Koncila” il
raggiungimento dell’accordo escludeva la possibilità di agire sul piano
civile, un patto che i benedettini avrebbero disatteso rivolgendosi,
nel tentativo di tutelare i propri, diritti al Tribunale comunale di
Buie.
ACCORDO RAGGIUNTO È a questo punto che sarebbe intervenuto il
Pontefice che, preso atto che l’accordo non poteva considerarsi
raggiunto nemmeno a seguito dei “colloqui e delle perizie sul valore
degli immobili”, nominò una commissione cardinalizia alla quale affidò
il compito di individuare una soluzione alla controversia che sia in
linea con quanto siglato dalle parti nel 2006. “La commissione
cardinalizia, pertanto – precisa il ‘Glas Koncila’ –, non era chiamata
a stabilire se i benedettini andavano risarciti o no, bensì a proporre
una soluzione in base a quanto era stato accettato dal Vescovado di
Parenzo-Pola e dall’Abbazia di Praglia già nel 2006”.
RISARCIMENTO È in
questo senso che il 6 luglio scorso il Papa nominò mons. Santos Abril y
Castello, fiduciario “ad acta” investendolo della competenza di
firmare, a nome del Vescovado di Parenzo-Pola, il contratto che ha
chiuso il contenzioso interno alla Chiesa e che è valido anche davanti
alle autorità secolari. Ai sensi di questo contratto, firmato il 13
luglio scorso, scrive il Glas Koncila, il Vescovado di Parenzo-Pola ha
ottenuto più del 60 p.c. delle proprietà benedettine contese – il
monastero di Daila e 272 ettari di terreno –, mentre l’Abbazia di
Praglia ha ottenuto il diritto di iscrivere la propria società
“Abbazia” s.r.l. di Pola quale proprietaria dei rimanenti 186 ettari di
terreno e un risarcimento di 4,5 milioni di euro per le proprietà già
cedute. Tale risarcimento, scrive il “Glas Koncila” è pagabile in
denaro o in beni immobiliari.
GIUSTE RESTITUZIONI Stando al settimanale
cattolico, va sottolineato, “i benedettini italiani non sono né i primi
né gli unici stranieri proprietari di immobili in Croazia e non hanno
ricevuto nulla in dono da nessuno bensì è stata loro restituita una
parte delle loro proprietà”. Quindi, tutta la vicenda andrebbe vista
come un contenzioso interno alla Chiesa, che è stato risolto sia “de
facto” sia “de iure” e non come un’occasione “per politicizzare e
produrre un’infinità di testi giornalistici”. “Stupiscono – si legge
nell’articolo –, il livello di disinformazione e la scarsità di
competenze che hanno contraddistinto la presentazione della vicenda all’
opinione pubblica in un tentativo di inserire quest’ultima nel cotesto
dei rapporti bilaterali e multilaterali, dell’attualità politica e del
confronto tra le parti politiche. È evidente che l’obiettivo non era
quello di tutelare la sovranità nazionale o gli interessi della Chiesa
bensì di ledere l’immagine del Santo Padre, l’unità dei vescovi croati
e dei fedeli, l’immagine dell’arcivescovo di Zagabria, cardinale Josip
Bozanić e i buoni rapporti tra il Vaticano e la Repubblica di Croazia”.
La speranza espressa dal settimanale cattolico rimane comunque quella
che la vicenda contribuisca “a un’azione più decisa delle competenti
istituzioni croate per quanto attiene alla restituzione dei beni e alla
regolamentazione di tutti i rapporti che da questa scaturiscono”.
Spero che queste precisazioni, provenienti da una fonte croata così
autorevole, possano chiarire che tutte le illazioni sul revisionismo e
revanscismo italiani sono totalmente prive di ogni fondamento. Anzi
negli ultimi tempi gli esuli, a livello ufficiale e in collaborazione
con le autorità locali, hanno organizzato numerosi raduni e riunioni
proprio in Istria e a Fiume, come ad esempio quelli avvenuti a Pola
nei giorni 16-19 giugno fra i polesani esuli e rimasti e a Buie
d'Istria l'11-12 giugno a cura della MLHistria per la premiazione
degli migliori temi dei ragazzi delle scuole italiane in Istria, Fiume
e Dalmazia.
Le allego altresì un glossario dei toponimi italiani delle
località dell'Adriatico orientale, a cura del Consolato italiano di
Spalato.
Ringraziandola per la cortese attenzione le porgo i migliori saluti.