Lettera alle più importanti emittenti tv e ai principali programmi televisivi - 10/3/2002

Gentili Signori,

vi scrivo a nome della Mailing List Histria (http://www.mlhistria.it), un gruppo di discussione nato su internet nel aprile 2000 con l'ambizioso scopo di preservare e tutelare l'identita' culturale giuliano - dalmata di carattere italiano in Istria, a Fiume ed in Dalmazia.

Poche settimane orsono, un evento storico per la vita e la cultura italiana d'oltre frontiera ha segnato la nostra vita istituzionale: il Parlamento ha licenziato a larga maggioranza la legge sul voto degli italiani all'estero, una legge giusta, da lungo tempo attesa, che finalmente dà voce ai milioni di nostri connazionali sparsi per il mondo. Ebbene, memori di detta conquista, dovremmo ora ricordarci di un gruppo molto importante di nostri connazionali: la nostra minoranza autoctona che vive nelle attuali repubbliche di Slovenia e di Croazia. E' un gruppo degno di attenzione e rispetto, per le avversità che ha dovuto superare, per quello che oggi rappresenta e, aggiungeremmo, per essere anche un qualcosa di unico: gli unici italiani autoctoni d'oltre confine che continuano la cultura italiana, da sempre radicata là.

Ci rivolgiamo a voi per per presentarvi due principali questioni che stanno a cuore non solo al nostro gruppo ma anche a tante altre centinaia di migliaia di persone che, direttamente o indirettamente, sono rimaste coinvolte nelle vicissitudini conseguenti alla cessione territoriale italiana in favore dell'allora Yugoslavia dell'Istria, di Fiume, delle isole del Quarnaro e di Zara. Ricordiamo inoltre che oggi, come non mai, sta crescendo presso l'opinione pubblica un vivo interesse per la storia del confine orientale italiano e tutto ciò non fa che confermare l'attualità degli argomenti di cui si discute in questa sede.

Un primo grave problema che vogliamo porre alla vostra attenzione è quello dei beni abbandonati dagli esuli giuliano-dalmati dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Questi, costretti ad abbandonare le proprie terre sfuggendo alla persecuzione antitaliana dei partigiani titini per salvare niente più che la pelle, si sono visti ingiustamente confiscare i beni dal famigerato regime del maresciallo Tito. Tutto ciò avvenne, si badi, con il completo assenso del governo italiano, il quale pagò coi beni degli esuli i propri debiti di guerra con la Jugoslavia. Lo Stato italiano tuttavia si impegnò almeno a risarcire gli esuli del danno materiale subito con un indennizzo in denaro che risultò invece del tutto inconsistente: nel corso degli anni gli esuli hanno ottenuto solo alcuni "acconti" di questo cosiddetto indennizzo che, ormai è lecito definire un'autentica presa in giro! A tutt'oggi, a più di cinquant'anni dai tragici eventi, da un lato, i governi croato e sloveno non hanno la benché minima intenzione di restituire i beni ai legittimi proprietari, dall'altro, il governo italiano, frettoloso di liberarsi di questa spina nelle sue relazioni diplomatiche, pretende di chiudere in fretta la spiacevole vertenza, liquidandola con le solite "quattro lire", che continuano ad esser chiamate, risibilmente, "indennizzo".

Così, dopo tanto tempo, dopo la dissoluzione della Yugoslavia, dopo la democratizzazione di Slovenia e Croazia, agli istriani, ai fiumani e ai dalmati, che mai avrebbero voluto andare via, non vengono restituiti i beni ai legittimi proprietari, non viene riconosciuto il diritto morale che essi avevano di continuare a vivere in quelle terre, non viene neanche accordato un serio ristoro economico per le sofferenze patite, ristoro che, qualora adeguato e definitivo, potrebbe essere una buona soluzione nei casi in cui, dopo più di cinquant'anni, non vi fosse più la possibilità di restituire alcunché. Gli esuli stanno aspettando da ormai sessant'anni: ci si chiede se questa situazione sia degna di un paese civile.

Invero l'esodo di circa 350.000 italiani che lasciarono le terre cedute alla Jugoslavia, procurò alla regione uno strappo con millenni di continuità storico culturale, con il pressoché totale annientamento di un delle etnie che là vivevano, quella italiana. Ma non tutti se ne andarono: certuni decisero o furono costretti dagli eventi a rimanere. Il forte radicamento di alcuni alla terra natìa, il diniego da parte delle autorità titine del diritto di opzione per l'Italia, la paura dell'ignoto, dell'emigrazione in terre lontane stremate dalla guerra, la fede cieca nell'utopia dell'internazionalismo socialista e nell'edificazione di esso: furono questi alcuni fra i tanti motivi delle decisioni, che si mischiavano, contribuendo però a fortificare la decisione: "io resto"..

Ebbene, queste persone per tanti anni hanno vissuto da italiani in una terra che italiana non era più, cercando tra tante difficoltà di mantenere viva una fiammella, "sopportati", se non osteggiati, dal "politbüro" centrale e locale: grazie alla loro lotta quotidiana, scuole italiane, comunità, filodrammatiche, cori, giornali, riviste, non sono mai morti, anche grazie agli aiuti silenziosamente profusi da alcune benemerite istituzioni italiane nel corso degli anni.

La fine della Jugoslavia segnò la nascita di un nuovo confine che divise la regione istriana -e conseguentemente la nostra minoranza- fra Slovenia e Croazia: un nonsenso, un'altra cesura che frammentò realtà da sempre unite. Oggi la battaglia dei nostri connazionali non è terminata. Hanno superato altri ostacoli come i rigurgiti nazionalisti dei governi delle due neonate repubbliche di Slovenia e soprattutto Croazia, con le difficoltà economiche dovute alla disgregazione della Jugoslavia, con la guerra che ha portato tanti giovani italiani dell'Istria e di Fiume a combattere in posti lontani, chiedendosi, più degli altri, il perché.

Noi per molte di queste battaglie possiamo fare poco, però possiamo e dobbiamo fare di più, ora che le perniciose ideologie del XX secolo sono finite, per rendere nota a tutti gli italiani l'esistenza di questa affascinante storia, la storia della nostra unica minoranza nazionale autoctona, rimasta in Croazia e Slovenia: questa tradizione, nel nuovo millennio, non solo dovrà sopravvivere, ma contribuire con la sua millenaria ricchezza culturale all'integrazione e all'inserimento di detti Stati nella "comune casa europea". Gli italiani devono sapere, che tanti ragazzi frequentano le scuole e le comunità italiane in un clima di apertura e di tolleranza insieme ad altri giovani istriani che hanno un'altra madrelingua; queste istituzioni hanno bisogno di aiuto per continuare la loro corsa: libri, riviste, quotidiani italiani, attrezzature didattiche e tanto altro, che la fantasia e la generosità possano suggerire.

E' per questo che vi scriviamo. Noi vi chiediamo di concedere uno spazio anche a queste tematiche. Chiediamo che il potente mezzo televisivo si occupi di questi problemi poichè non solo non sono questioni del passato, ma oggi come oggi stanno tornando di grande attualità. Basta leggere un quotidiano. Sempre più spesso di trovano articoli che riguardano sia il mondo di coloro che lasciarono la Venezia Giulia e Zara più di cinquant'anni fà, sia si possono leggere notizie che riguardano la vita di coloro che restarono nella loro terra. Noi notiamo una grave mancanza in questo senso da parte della televisione. Speriamo pertanto di riuscire a muovere le vostre coscienze e di ottenere così uno spazio per questi italiani a cui la storia solo recentemente inizia a concedere un po' di pace.

Distinti saluti

Axel Famiglini per la ML Histria