Gentili Signori,
vi scrivo a nome della Mailing List Histria (http://www.mlhistria.it), un
gruppo di discussione nato su internet nel aprile 2000 con l'ambizioso scopo
di preservare e tutelare l'identita' culturale giuliano - dalmata di
carattere italiano in Istria, a Fiume ed in Dalmazia.
Poche settimane orsono, un evento storico per la vita e la cultura
italiana
d'oltre frontiera ha segnato la nostra vita istituzionale: il Parlamento
ha
licenziato a larga maggioranza la legge sul voto degli italiani
all'estero,
una legge giusta, da lungo tempo attesa, che finalmente dà voce ai milioni
di nostri connazionali sparsi per il mondo.
Ebbene, memori di detta conquista, dovremmo ora ricordarci di un gruppo
molto importante di nostri connazionali: la nostra minoranza autoctona che
vive nelle attuali repubbliche di Slovenia e di Croazia.
E' un gruppo degno di attenzione e rispetto, per le avversità che ha
dovuto
superare, per quello che oggi rappresenta e, aggiungeremmo, per essere
anche
un qualcosa di unico: gli unici italiani autoctoni d'oltre confine che
continuano la cultura italiana, da sempre radicata là.
Ci rivolgiamo a voi per per presentarvi due principali questioni che stanno
a cuore non solo al nostro gruppo ma anche a tante altre centinaia di
migliaia di persone che, direttamente o indirettamente, sono rimaste
coinvolte nelle vicissitudini conseguenti alla cessione territoriale
italiana in favore dell'allora Yugoslavia dell'Istria, di Fiume, delle isole
del Quarnaro e di Zara. Ricordiamo inoltre che oggi, come non mai, sta
crescendo presso l'opinione pubblica un vivo interesse per la storia del
confine orientale italiano e tutto ciò non fa che confermare l'attualità
degli argomenti di cui si discute in questa sede.
Un primo grave problema che vogliamo porre alla vostra attenzione è quello
dei beni abbandonati dagli esuli giuliano-dalmati dopo la fine del secondo
conflitto mondiale.
Questi, costretti ad abbandonare le proprie terre sfuggendo alla
persecuzione antitaliana dei partigiani titini per salvare niente più che
la
pelle, si sono visti ingiustamente confiscare i beni dal famigerato regime
del maresciallo Tito. Tutto ciò avvenne, si badi, con il completo
assenso
del governo italiano, il quale pagò coi beni degli esuli i propri debiti
di
guerra con la Jugoslavia.
Lo Stato italiano tuttavia si impegnò almeno a risarcire gli esuli del
danno
materiale subito con un indennizzo in denaro che risultò invece del tutto
inconsistente: nel corso degli anni gli esuli hanno ottenuto solo alcuni
"acconti" di questo cosiddetto indennizzo che, ormai è lecito definire
un'autentica presa in giro!
A tutt'oggi, a più di cinquant'anni dai tragici eventi, da un lato, i
governi croato e sloveno non hanno la benché minima intenzione di
restituire
i beni ai legittimi proprietari, dall'altro, il governo italiano,
frettoloso
di liberarsi di questa spina nelle sue relazioni diplomatiche, pretende di
chiudere in fretta la spiacevole vertenza, liquidandola con le solite
"quattro lire", che continuano ad esser chiamate, risibilmente,
"indennizzo".
Così, dopo tanto tempo, dopo la dissoluzione della Yugoslavia, dopo la
democratizzazione di Slovenia e Croazia, agli istriani, ai fiumani e ai
dalmati, che mai avrebbero voluto andare via, non vengono restituiti i beni
ai
legittimi proprietari, non viene riconosciuto il diritto morale che essi
avevano di continuare a vivere in quelle terre, non viene neanche
accordato
un serio ristoro economico per le sofferenze patite, ristoro che, qualora
adeguato e definitivo, potrebbe essere una buona soluzione nei casi in
cui,
dopo più di cinquant'anni, non vi fosse più la possibilità di restituire
alcunché.
Gli esuli stanno aspettando da ormai sessant'anni: ci si chiede se questa
situazione sia degna di un paese civile.
Invero l'esodo di circa 350.000 italiani che lasciarono le terre cedute
alla
Jugoslavia, procurò alla regione uno strappo con millenni di continuità
storico culturale, con il pressoché totale annientamento di un delle etnie
che là vivevano, quella italiana.
Ma non tutti se ne andarono: certuni decisero o furono costretti dagli
eventi a rimanere.
Il forte radicamento di alcuni alla terra natìa, il diniego da parte delle
autorità titine del diritto di opzione per l'Italia, la paura dell'ignoto,
dell'emigrazione in terre lontane stremate dalla guerra, la fede cieca
nell'utopia dell'internazionalismo socialista e nell'edificazione di esso:
furono questi alcuni fra i tanti motivi delle decisioni, che si
mischiavano,
contribuendo però a fortificare la decisione: "io resto"..
Ebbene, queste persone per tanti anni hanno vissuto da italiani in una
terra
che italiana non era più, cercando tra tante difficoltà di mantenere viva
una fiammella, "sopportati", se non osteggiati, dal "politbüro" centrale e
locale: grazie alla loro lotta
quotidiana, scuole italiane, comunità, filodrammatiche, cori, giornali,
riviste, non sono mai morti, anche grazie agli aiuti silenziosamente
profusi
da alcune benemerite istituzioni italiane nel corso degli anni.
La fine della Jugoslavia segnò la nascita di un nuovo confine che divise
la
regione istriana -e conseguentemente la nostra minoranza- fra Slovenia e
Croazia: un nonsenso, un'altra cesura che frammentò realtà da sempre
unite.
Oggi la battaglia dei nostri connazionali non è terminata. Hanno superato
altri ostacoli come i rigurgiti nazionalisti dei governi delle due neonate
repubbliche di Slovenia e soprattutto Croazia, con le difficoltà
economiche dovute alla disgregazione della Jugoslavia, con la guerra che
ha
portato tanti giovani italiani dell'Istria e di Fiume a combattere in
posti
lontani, chiedendosi, più degli altri, il perché.
Noi per molte di queste battaglie possiamo fare poco, però possiamo e
dobbiamo fare di più, ora che le
perniciose ideologie del XX secolo sono finite, per rendere nota a tutti
gli
italiani l'esistenza di questa affascinante storia, la storia della nostra
unica minoranza nazionale autoctona, rimasta in Croazia e Slovenia: questa
tradizione, nel nuovo millennio, non solo dovrà sopravvivere, ma
contribuire con la sua millenaria ricchezza culturale all'integrazione e
all'inserimento di detti Stati nella "comune casa europea".
Gli italiani devono sapere, che tanti ragazzi frequentano le scuole e le
comunità italiane in un clima di apertura e di tolleranza insieme ad altri
giovani istriani che hanno un'altra madrelingua; queste istituzioni hanno
bisogno di aiuto per continuare la loro corsa: libri, riviste, quotidiani
italiani, attrezzature didattiche e tanto altro, che la fantasia e la
generosità possano suggerire.
E' per questo che vi scriviamo. Noi vi chiediamo di concedere uno spazio
anche a queste tematiche. Chiediamo che il potente mezzo televisivo si
occupi di questi problemi poichè non solo non sono questioni del passato, ma
oggi come oggi
stanno tornando di grande attualità. Basta leggere un quotidiano. Sempre più
spesso di trovano articoli che riguardano sia il mondo di coloro che
lasciarono la Venezia Giulia e Zara più di cinquant'anni fà, sia si possono
leggere notizie che riguardano la vita di coloro che restarono nella loro
terra. Noi notiamo una grave mancanza in questo senso da parte della
televisione. Speriamo pertanto di riuscire a muovere le vostre coscienze e
di ottenere così uno spazio per questi italiani a cui la storia solo
recentemente inizia a concedere un po' di pace.
Distinti saluti
Axel Famiglini per la ML Histria