Lettera a "Il Giornale di Chiari" sulla toponomastica della Venezia Giulia e della Dalmazia - 27/7/2007


Chiari, 27 luglio 2007


Al Direttore de
"Il Giornale di Chiari"
c/o Nordpress Edizioni
Via Maffoni, 43
25032 Chiari (BS)


Egregio Direttore,

leggo nel numero di luglio/agosto 2007 del foglio il trafiletto di Barbara Bertocchi : "Croazia in 500". Informa l'autrice che quattordici Fiat 500 del club clarense "Vecchia Cinquecento" intrapresero felicemente, nel mese scorso, un viaggio di 440 km per raggiungere Pula, in Istria.

Ignoro l'età di Barbara Bertocchi. Verde deve essere. Altrimenti non si spiegherebbe perché, invece di Pula, non avesse argomentato di Pola. Padre Dante, oso credere, sobbalzerebbe pure : " Sì come ad Arli, ove Rodano stagna, / sì com'a Pola, presso del Carnaro / ch'Italia chiude e suoi termini bagna " [ "Inferno", Canto IX, vv.111-114 ].

Davvero irrefrenabile ed inspiegabile la smania italiota di ricorrere, allorché si discorra di località della sponda orientale dell'Adriatico, a toponimi stranieri quando la lingua italiana ne sfornò, "temporibus illis", di propri. E' il caso, oltreché di Pola/Pula, di Capodistria/Koper, Fiume/Rijeka, Zara/Zadar, Sebenico/Sibenik, Spalato/Split, Ragusa/Dubrovnik, per limitarci a città turisticamente più conosciute.
Chissà se la Bertocchi, visitate capitali europee, segnalererebbe di essere stata, ad esempio, a Paris, London, Wienn, Moskva, piuttosto che a Parigi, Londra, Vienna, Mosca.

La circostanza aggravante, sia consentita la sottolineatura, è rappresentata, nel caso in esame, da risvolti storici disinvoltamente ignorati. Lo Stato Italiano esercitò su certe plaghe dell'Adriatico orientale la propria legittima sovranità sino al 1947 ( perduta col Trattato di Pace di Parigi del 10/02/1947). Quanti rammentano che Istria e Dalmazia, prima di essere state parte integrante d'Italia, furono per secoli regioni-province romane e poi bizantine e, successivamente ancora, finirono o, meglio, si gettarono nel grembo della Serenissima Repubblica di Venezia (altri secoli: sette, sei, cinque, quattro, a seconda delle città, e fino al 1797, Pace di Campoformio ) ? Chiunque abbia un occhio, non dico due, può anche oggidì vedere e palpare, calpestando quelle contrade, le vestigia delle passate civiltà e culture.

Enumerando fra i gioielli di Pula, l'Arco dei Sergi, il Tempio di Augusto e l'Arena, "un famoso anfiteatro, costruito durante il regno di Augusto" ( il terzo per dimensioni, dopo quello di Roma e di Verona), la cronista, per il vero, fa trapelare che in lei deste sono, anzichennò, le reminiscenze scolastiche.

Curiosamente, qualche riga più sotto, la Bertocchi medesima scrive che gli escursionisti si recarono il giorno seguente, 6 giugno, a Rovigno, "cuore turistico dell'Istria". E ridente cittadina costiera, onusta di storia come e quanto Pola, dai Croati ribattezzata "Rovinj", aggiungo io.

Toponimo, quello croato, che la Bertocchi, stavolta, non si picca di usare !

Una parola trovare, negli orientamenti toponimici della notista, un filo logico.

Quisquilie per i più e, verosimilmente, per Lei. Non per chi affonda le proprie radici in terre contese e martoriate del confine orientale d'Italia, costate seicentomila morti nella prima guerra mondiale.

Cordialità.

Walter Matulich.