Lettera al signor Paolo Petroni "ANSA" - 9/12/2010


Egregio signor Paolo Petroni - paolo.petroni@ansa.it

chi le scrive era presente alla presentazione del libro di Boris Pahor "Piazza Oberdan" il 6 dicembre scorso alla 9° edizione della fiera dei piccoli e medi editori "Più libri, più liberi" al Palazzo dei Congressi di Roma in cui lei affiancava lo scrittore nella presentazione.

Sono la persona che alla fine ha cercato di porre qualche domanda, come solitamente si usa in simili occasioni. Come saprà non mi fu possibile interloquire. Ora vorrei però fare a lei quelle domande che avrei voluto porre allo scrittore triestino. Come da lei citato nell'Ansa qui sotto riportata Boris afferma che "'Era la festa di san Niccolo' del 1920 - ricorda - e il santo, come e' tradizione, distribuiva piccoli regali ai bambini, io avevo sette anni. All'improvviso arrivarono invece i diavoli, quelli in camicia nera e manganello. Ero con mio padre: spaccarono tutto, buttarono tutto giu' dalle finestre e diedero fuoco al Narodni Dom, la Casa della cultura slovena".

Ebbene la festa di San Nicolò cade il 6 dicembre mentre l'incendio del Balkan, come dovrebbe sapere, avvenne il 13 luglio del 1920. Ora che il novantasettenne Boris faccia confusione con le date si può anche capire ma, visto che come dice lo stesso Pahor, quella dell'Adriatico orientale è una storia misconosciuta ai più, è bene non ingenerare ulteriore confusione. Vorrei inoltre segnalare a lei che non è vero che nelle manifestazioni del Giorno del Ricordo si parli solo di foibe senza porle nel contesto più ampio.... anzi è proprio quello che imputo all'esposizione di Pahor che si sofferma unicamente sulle sofferenze degli sloveni durante il Regno d'Italia senza un minimo di contesto storico.

Come avrei voluto ricordare, se ne avessi avuto l'opportunità, gli scontri inter-etnici tra sloveni, croati ed italiani a Trieste, nell'Istria ed in Dalmazia risalgono almeno alla metà del XIX secolo. Dove prevalse uno stato nazionale le minoranze in esso incorporate ebbero a soffrire politiche di snazionalizzazione come avvenne per la popolazione italiana nell città dalmate che si videro chiudere le scuole italiane e dovettero subire tutta una serie di vessazioni che portarono gran parte d loro ad esodare, alla fine della 1° G.M. per raggiungere l'Italia.

Tanto per contestualizzare l'avvenimento che traumatizzò il piccolo Pahor, va detto che l'incendio del Balkan fu preceduto due giorni prima dagli incidenti di a Spalato in cui trovò la morte il motorista Aldo Rossi e ferito a morte anche il Capitano di corvetta Tommaso Gulli della R.N. Puglia.

Sempre a Spalato il 28 gennaio 1920 il giornale Novo Doba riferiva con un articolo intitolato "JuÄerasnji incidenti u Splitu" ovvero "Gli incidenti di ieri a Spalato" che: - Ieri sera gli incidenti furono provocati dai manifestant, avviati verso la riva per raggiungere la società italiana "Il Gabinetto di Lettura". Nonostante tutta la zona circostante fosse presidiata dalla gendarmeria e dalla polizia comunale con molta difficoltà potevano fermare la massa. Alcuni gruppi riuscirono a sfuggire e da lontano scagliavano sassi verso le finestre delle sale delle società degli italianizzanti che erano illuminate. Furono distrutte le finestre e danneggiate le persiane... Le guardie cominciarono a sparare in aria. Alcuni gruppi si recarono alla piazza del Popolo. Lì irruppero nella società italiana "Società Operaia" e provocarono qualche danno. Allo stesso modo si gettarono contro i negozi dei commercianti italianizzanti, rompendo un paio di vetri e di insegne. La gendarmeria cominciò di nuovo a sparare.... irrompendo nella "Società Operaia", la massa ha travolto tre guardiani, danneggiato nelle sale un paio di quadri, qualche vetro ed uno specchio. I dimostranti tentarono di irrompere nell'edificio della "Lega Nazionale", però furono fermati dalla gendarmeria. ... A causa degli avvenimenti di ieri il comandante americano (della flotta alleata in rada a Spalato N.d.r.) è interevenuto presso il Presidente del Governo, raccomandando pace e moderazione. Il Presidente del Governo si è recato dal Comandante italiano per deplorare gli incidenti relativi alle bandiere e ai quadri -. Va detto che i quadri distrutti o trafugati erano i ritratti di d'Annunzio, Bajamonti, del Re Vittorio Emanuele e della Regina Elena come poi precisato dallo stesso giornale il giorno successivo. La bandiera, anche se non citata, era naturalmente quella del Regno d'Italia. Di situazioni consimili e molto precedenti gline potrei segnalare a josa.

Come vede la situazione non era ad un verso solo. Va detto chiaramente che il Regno d'Italia con la legge Gentile che introduceva l'italiano come unica lingua d'insegnamento nella scuola pubblica, con le leggi razziali e con la guerra d'aggressione ha indubbiamneto messo a repentaglio il vivere civile che secolarmente avveniva a Trieste, in Istria, a Fiume e Zara ove la popolazione delle città era da sempre a maggioranza italiana mentre nelle campagne vi era una maggioranza di varie etnie slave. Dire però che le foibe furono una conseguenza del ventennio fascista è fuorviante, le foibe vennero scatenate in due ondate: quella del '43 può anche venir inquadrata come una jaquerie di popolo ma quella del '45 fu un'operazione effettuata a tavolino, a guerra finita, per indurre la maggioranza della popolazione italiana a prendere la via dell'esodo per aver salva la vita.

Un'ultima cosa, In ventanni di fascismo Trieste, la regione istriana, Fiume e Zara non subirono uno stravolgimento etnico (nonostante la cifra indicata da Pahor senza alcun supporto) cosa che in pochi anni fu operato invece dalla Jugoslavia di Tito lasciando, ancor oggi, paesini disabitati e il drastico mutamento della popolazione di città come Capodistria, Pirano, Rovigno, Pola, Fiume, Zara ecc.

Come dice Pahor la storia va conosciuta, va conosciuta tutta senza operare stravolgimento o mistificazioni.

Cordiali saluti
Gianclaudio de Angelini
Vice presidente dell'Ass.ne per la cultura fiumana, istriana e dalmata nel Lazio
Coordinatore della Mailing List Histria