L'esodo degli istriani è on-line. Una mailing-list per scoprire la
cultura e le tradizioni dell'Istria, Fiume e la Dalmazia ma anche, e
soprattutto, per avvicinarsi alla storia dell'esodo da queste terre
che alla fine del secondo conflitto mondiale coinvolse circa 350.000
italiani. Links, rassegna stampa e iniziative di informazione
coinvolgono dallo scorso aprile esuli, discendenti e simpatizzanti,
da tutto il mondo.
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Vorrei segnalarvi la sorprendente superficialità con cui spesso
vengono redatte le informazioni turistiche sull'Istria, regione ora
divisa tra Slovenia e Croazia, ma italiana con Zara e la Dalmazia
fino alla fine del secondo conflitto mondiale e di cui vanta
ricchissime e indiscutibili testimonianze storico-architettoniche. In
Istria del resto vive una numerosa Comunità italiana, la nostra
lingua viene regolarmente insegnata nelle scuole e molte località
vengono indicate con l'originario toponimo italiano proprio come
accade in Alto Adige piuttosto che in Valle d'Aosta. Sono
informazioni che richiederebbero ben poco spazio ma che renderebbero
un buon servizio ai tanti connazionali che scelgono l'Istria per le
vacanze e a quelli che l'anno scelta per viverci rifiutando di
abbandonarla dopo l'annessione alla Yugoslavia..
Roberto Travan
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Preg.mo Sig. Roberto Travan
Rispondiamo alla Sua cortese osservazione per dichiararci
perfettamente in sintonia con le Sue considerazioni. Purtroppo capita
di leggere sulla stampa e su cataloghi pubblicitari toponimi sloveni
o croati di località fino a 55 anni fa italiane, non ricordando la
storia recente e la cultura dell'Istria e della Dalmazia. Possiamo
invece testimoniarLe e confermarLe che il Touring Club Italiano ha
sempre tenuto nella giusta considerazione storia e cultura di queste
terre, non dimenticando gli stretti legami con Venezia e la secolare
cultura italiana. Le citiamo, a titolo d'esempio, che sia la Guida
verde d'Europa "Iugoslavia" del 1990, sia le successive Guide verdi
"Croazia" del 1998 e "Slovenia" del 1996 hanno sempre indicato tutti
i luoghi istriani e dalmati con i toponimi italiani, da Arbe a
Cherso, da Fiume a Lussino, da Pago a Pisino, da Pola a Ragusa, da
Sebenico a Spalato, da Veglia a Zara. E contiamo pertanto che i
nostri Soci in primis, e comunque i nostri lettori, recandosi in
vacanza in quelle terre con le guide TCI, abbiano le informazioni
corrette e contribuiscano alla loro corretta diffusione. L'occasione
ci è gradita per porgerLe i più cordiali saluti
Seconda risposta del Touring
Milano, 30 novembre 2000
Gentile Sig. Travan,
per un disguido abbiamo ricevuto soltanto oggi il Suo
messaggio del 4 giugno. Ci affrettiamo quindi a risponderLe,
scusandoci per l'involontario (ma consistente) ritardo.
Non crediamo di meritare l'accusa di superficialità che Lei ci
muove. Da sempre, infatti, cerchiamo di essere il più possibile
attenti e corretti per quanto riguarda la toponomastica, a maggior
ragione quando si tratta di una situazione composita come quella
dell'Istria. Abbiamo a cuore, naturalmente, la stima e la
soddisfazione dei nostri connazionali. Pertanto, porgendoLe comunque
le nostre scuse, La invitiamo ad accertare la presenza della doppia
dicitura nei toponimi della cartografia in scala 1:200 000, e
dell'Atlante in scala 1:800 000 per quanto
riguarda i più importanti.
Cordiali saluti,
Marianna Calenti
Redazione Geocartografica Touring Club Italiano
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Gentile Signor Travan, la ringraziamo per il suo interessamento. Ci
invii qualche scritto relativo all'argomento, che inseriremo come
notizia sul mese di luglio di weekendit.com. Molto cordialmente.
Redazione Weekend Viaggi On Line P.zza Aspromonte 15/A 20131 MILANO
tel. 0270642279 fax 0270642285
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Questo il testo che ho inviato al responsabile delle pagine sportive
della Stampa inerente l'iniziativa Giro d'Italia che conterei di far
pubblicare per inizio settembre
Egregio Roberto Beccantini
la vorremmo coinvolgere nel progetto di far disputare il prossimo
anno in Dalmazia, a Fiume e in Istria, qualche tappa del Giro
d'Italia di ciclismo. Come Lei ben sa in queste regioni ora divise
tra Croazia e Slovenia, nonostante l'esodo della maggioranza degli
italiani avvenuto alla fine della II Guerra Mondiale, vive tuttoggi
una numerosa comunità italiana autoctona e abbiamo motivo di
ritenere
che un evento sportivo di tale portata potrebbe contribuire ad
avvicinare il nostro Paese alla realtà di una terra e di una
comunità
che non ha mai smesso di riconoscersi nella storia e nella cultura
italiana
seguono numerose firme
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Foibe e San Sabba non sono uguali
Ho letto le dichiarazioni di personalità istituzionali e di ex
partigiani in vena di omologare la Risiera di San Sabba e le foibe, i
nostri Compagni assassinati ed i loro carnefici, palliando quanto
è
accaduto prima e dopo la Liberazione e, pure aduso
all'infingardaggine nostrana, ritengo si sia superato ogni limite
di
decenza. Per me, Grande Invalido della Guerra di Liberazione che dal
1944 ho assistito all'ignobile sfruttamento della Resistenza da
parte
di molti «rivoluzionari di professione», «padri della
patria» e
«partigiani» che non avevano mai sparato uno starnuto, non ho
mai
nutrito dubbi che si sarebbe arrivati a tale estremo: dalla
«Svolta
di Salerno» che condonava al re il suo tradimento,
all'amnistia
concessa ai criminali fascisti nel 1946, scarcerando 30.000 fascisti,
amnistiandone 219.481, dei quali 2.979 colpevoli di sevizie
particolarmente efferate, quando il sangue dei nostri martiri non si
era ancora seccato, col pretesto della riconciliazione nazionale, ma
in verità per l'assai più abietto fine di mantenere il
patto concluso
da Togliatti, nell'ottobre del 1945, col capo dell'Ovra Guido
Leto,
mentre era detenuto a Regina Coeli, per occultare i fascicoli dei
comunisti, socialisti e clericali confidenti dell'Ovra; alle
trecento
mila lire pagate, mensilmente, a Stanis Ruina da Giancarlo Paietta
perché convogliasse nel pci i «sinistrorsi» repubblichini;
al Governo
Milazzo coi missini in Sicilia; al congresso di Fiuggi dove
D'Alema
mandò l'ex partigiano Pecchioli ad omologare i fascisti quali
democratici; era d'obbligo attendersi, ora che il patrimonio
della
Resistenza è stato ignobilmente speso, che si desse inizio
all'immonda commistione ed omologazione tra i nostri Caduti e
quelli
nazifascisti. Inseguendo criminali repubblichini, assassini di mio
padre e mio zio e di altri miei compaesani, rifugiatisi in Istria,
nel 1945, con le ricchezze depredate in Italia, confidando di potersi
comprare la salvezza, ebbi modo di constatare di quali orrendi ed
infiniti crimini, per oltre due decenni, furono vittime gli Slavi ad
opera prima dei fascisti italiani e poi dei nazifascisti; e
assistendo ai processi contro i criminali da me accusati e di altri
locali, potei constatare l'onestà e la serietà di quei
giudici, nel
valutare le prove dell'accusa e della difesa e nel rendere
giustizia,
a differenza di quanto doveva, poi, avvenire in Italia, in fatto di
totale ingiustizia, prologo dell'odierno maramaldeggiare.
Umberto Fusaroli Casadei
Gentile signor Casadei, San Sabba e le foibe sono omologabili,
eccome. Nella prima i carnefici furono i nazisti, le vittime gli
ebrei italiani, il motivo - sicuramente noto - la persecuzione
razziale che fu alla base della seconda guerra mondiale. Nelle
seconde i carnefici furono i partigiani di Tito, le vittime gli
istriani, il motivo - "stranamente" ancora poco noto - quello
di
appartenere alla comunità italiana, che fu alla base della pulizia
etnica che costerà la vita a migliaia di vittime innocenti (tra di
esse qualche fascista...), costringendone all'esodo oltre
350.000.
Furono diverse sicuramente le ideologie, le uniformi, ma sono
sicuramente omologabili la follia e i metodi che precipitarono
nell'abisso migliaia di vite umane.
Roberto Travan
Settimo Torinese ha deciso di intitolare una via alle Vittime delle
Foibe, decisione che ha suscitato qualche protesta in chi si
riconosce nella tradizione operaia e di sinistra di questa cittadina
e viva soddisfazione nei suoi rappresentanti del Polo perchè -
hanno
commentato - «è giusto che i martiri di entrambe le parti vengano
ricordati». Duole constatare che a oltre cinquantanni di distanza
vi
siano ancora "parti" che cercano di scaricare o di
appropriarsi di un
dramma che ha coinvolto migliaia di italiani di Istria, Fiume e
Dalmazia: vittime, ancora una volta , di entrambe le parti.
Roberto Travan
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L'Onorevole Silvio Berlusconi nel suo intervento al meeting di
Comunione e Liberazione ha citato, tra gli orrori del comunismo, i
gulag sovietici ma non le foibe di Tito. Si è trattato
probabilmente
di una svista, certo non la prima e forse nemmeno l'ultima. Poco
o
nulla a confronto delle ben più gravi omissioni che per oltre
cinquantanni hanno sistematicamente negato al mondo, e alla storia,
il dramma patito dagli italiani in Istria, a Fiume e in Dalmazia alla
fine del secondo conflitto mondiale. Oggi se ne comincia finalmente a
parlare: non sappiamo dire se giustizia verrà fatta, ne come e
quando. Quello che ci interessa, però, è tutelare il nostro
diritto
alla memoria e al ricordo di una tragedia che, come per i Gulag, non
appartiene a un singolo popolo ma all'umanità intera.
Roberto Travan
histria@egroups.com
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Ho avuto modo di leggere il testo completo dell'ultima puntata de "La
grande storia in prima serata" che Francesca Bozzano ha dedicato al
periodo che va dall'8 settembre 1943 al 19 dicembre 1953 . Vi devo
però testimoniare tutta la mia sorpresa e amarezza nel non aver
trovato nessun cenno del dramma patito dagli italiani di Istria,
Fiume e Dalmazia perseguitati dalla pulizia etnica comandata dal
maresciallo Tito proprio in quel periodo. Si è trattato
probabilmente di una svista, certamente di un'occasione sprecata che
avrebbe potuto significativamente contribuire a fare un pò di
chiarezza su un dramma che nessuno sembra proprio voler raccontare.
Roberto Travan
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Ho letto con molto interesse il servizio che I Viaggi di Repubblica
hanno recentemente dedicato alla "costa accanto", a quella parte
della Croazia cioè, costituita dall'Istria, dal Golfo del
Quarnaro, da Fiume e dalla Dalmazia. E il servizio mi ha spinto a
scrivervi.
Quella terra è diventata per l'Italia "la costa accanto" solo
cinquanta anni fa, nel secondo dopoguerra, allorchè oltre 350 mila
connazionali furono costretti ad abbandonarla e altre migliaia, si
stima almeno 20 mila persone, morirono falcidiati dalla pulizia
etnica ordinata dal maresciallo Tito. Ma in quella "costa accanto" ci
furono altri che fecero un'altra scelta. Furono tanti quelli che
scelsero di non abbandonare quella terra che era abitata dagli
italiani da generazioni, di rimanere. Oggi quelle persone sono più
di 40mila e costituiscono in quella parte della Croazia uno dei
gruppi etnici autoctoni più vivaci ed autentici. Due capitoli,
quello
dell'esodo e quello dei rimasti, di cui purtroppo si parla ancora
pochissimo e che, ahimé, sembrano essere sfuggiti anche all'occhio
attento della vostra rivista.
Roberto Travan
Questa la risposta di Carlo Cambi...
"Sulla questione "fiumana" (chiamiamola così per esigenza di
sintesi) ci sono giunte molte lettere. Ad esempio l'architetto Livia
Comandini di Pordenone ci rimprovera garbatamente di aver tradotto i
nomi italiani in croato.
In quel servizio noi ci siamo limitati a
descrivere i luoghi. E' stato, per così dire, un servizio
geografico.
Raccontare i luoghi però significa anche ripercorrere le vicende
(in senso politico, economico e culturale) degli uomini che quelle
terre hanno abitato ed abitano. Ma la questione degli esuli e dei
rimasti è storia complessa.
Che andrebbe riscritta con ricerca documentale e
testimoniale ampia e approfondita. Non era quel servizio destinato a
questo scopo. Tuttavia è vero che la "costa accanto" merita una
rilettura più approfondita. E proprio seguendo il suggerimento dei
nostri lettori andremo in uno dei prossimi numeri alla ricerca delle
radici italiane di quella splendida regione. Nella linea che sempre
abbiamo seguito di proporre un turismo consapevole. E la prima delle
consapevolezze da coltivare è proprio quella della storia."
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Sul sito IL BARBIERE DELLA SERA (sito di gossip e boatos
giornalistici) ho trovato questa lettera in cui si parla in modo
molto infelice della tragedia istriana.
In coda troverete il messaggio di protesta che ho inviato al sito
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21 Aprile 2001 - Non infoibatevi da soli…
Sabato 21 aprile una parte di giornalisti italiani sarà deportata al
seguito di Gianfranco Fini a Trieste e nella Venezia Giulia in senso
lato. Non preoccupatevi, ci sarò anch'io, sempre a disposizione per
darvi una mano. Anche il candidato locale di An, Roberto Mena!,
pardon, Roberto Menia, da molto tempo è proprio un bravo ragazzo e
facilmente riportabile.
Basta un taccuino e una penna. Si parlerà di foibe, ma non
preoccupatevi. Se volete scrivere che nella Venezia Giulia in senso
lato (si va alla grande, includendo anche terre oggi slovene e
croate) sono scomparse dalle 4 alle 6.500 persone tra il '43 e
il '45 -chi per stenti, chi per violenze e chi anche nelle foibe-
farete una cortesia agli storici che da più di cinquant'anni si danno
da far per fornire dati attendibili e non strumentali. Se però volete
scrivere 20.000 infoibati, va bene lo stesso, anche i parenti delle
vittime si sono abituati, tanto che questa volta hanno deciso di
schierarsi col Terzo Polo.
Indi suggerisco:
1) Intervista a Dennis Zigante, rappresentante degli esuli.
2) Intervista a Spadaro Stelio, l'infoibatore della Storia, anche
segretario regionale Ds e grande sponsor del futuro potenziale
candidato sindaco del centro-sinistra
3) Intervista al futuro potenziale candidato sindaco del centro-
sinistra, Federico Pacorini, ex presidente di Assindustria, tenuto
presente che: a) è completamente privo di sense of humor b) non è
nemmeno mancino e quindi in un servizio su Fini ci va benone.
4) Altre ed eventuali (Menia, Fini e q.b.)
5) FINALMENTE A TRIESTE -DA UNA DECINA DI GIORNI- C'E' UN
RISTORANTE. Cena a base di pesce, fresco e ben cucinato. Si gira
intorno alle 75/100.000, menù vario, non da nouvelle cusine, ma
saporito. Ogni pescetto e verdurina vengono amorevolmente scelti e
cucinati separatamente e indi legati tra loro con sapienti
accorgimenti. Paradossalmente si viene serviti con affettuosa
complicità, nutriti con amore dall'antipasto al dolce (suggerisco la
sfoglia di crema carsolina al Piccolit). E' l'unica novità che la
città ha saputo offrire in piena campagna elettorale. Ristorante dei
Duchi d'Aosta.Sempre a Vostra disposizione,
Virgilio
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Caro Virgilio, hai trattato il tema delle foibe con una leggerezza
veramente disgustosa, anzi, preoccupante se poi si tiene conto della
professione che eserciti (a proposito: sei un giornalista o il PR del
ristorante Duca d'Aosta?). A partire dal titolo: "Non infoibatevi da
soli" linkato a un'ancora più disgustoso "Zuppa di pesce e un pò di
foibe" il cui accostamento mi ha veramente lasciato allibito,
sconcertato. Ai colleghi dico di non preoccuparsi se si parlerà di
foibe (e perchè dovrebbero, del resto...): l'occasione sarà
sicuramente utile per verificare le cifre che hai fornito sulle
vittime della tragedia di Fiume, Istria e Dalmazia (aggiungo anche
quelle dei 350.000 profughi e dei circa 20.000 rimasti) e soprattutto
per fare il punto sulle incoraggianti "aperture" che recentemente ci
sono state su questo dolorosissimo capitolo (tra tutte cito quelle
del Presidente Carlo Azeglio Ciampi). Sono altresì convinto che i
colleghi utilizzeranno al meglio le informazioni in loro possesso su
questo tema e che le cifre che usciranno, non importa se di 4000 o
20.000 morti, non saranno certo presentate per aggiudicarsi più
clienti da una parte che dall'altra. E di un dramma che di parla, di
morti, non di zuppe di pesce o di menù da 75/100.000 lire.
Roberto Travan
PS: ai colleghi che desiderino informarsi e discutere sulla tragedia
istriana suggerisco il seguente indirizzo
http://digilander.iol.it/histria/
Il Barbiere della Sera ha risposto così:
26 Aprile 2001 - Certi giornalisti stanno meglio in un buon
ristorante
Caro Travan, ammetto che sei quasi arrivato al senso del mio
intervento su foibe e ristoranti. Purtroppo non sono Pr dei Duchi, ma
era mia perfida e fetente intenzione dirottare i colleghi giornalisti
su un buon ristorante (finalmente uno anche a Trieste) piuttosto che
leggere per l'ennesima volta bestialità sulla storia -ampiamente
riportate nel sito che segnali e in molti altri analoghi.
Visto che ti fa piacere sentir parlare di foibe (per inciso anche a
me) andiamo per punti. Nessuno ha mai negato l'esistenza né delle
foibe, né ovviamente dell'esodo dall'Istria. Cito l'ultimo
illuminante intervento lapalissiano di Sgarbi sull'argomento `Anche
un solo morto è una tragedia'. E' la risposta del grande critico
d'arte a quest'Ansa, sfuggita, al solito, a tanti colleghi
giornalisti:
FOIBE: STORICO TRIESTINO, SGARBI IGNORA LA STORIA (ANSA) - TRIESTE,
12 APR - Non corrisponde alla realtà, secondo lo storico triestino
Galliano Fogar, il numero delle vittime delle foibe nella Venezia
Giulia, quantificate ieri da Vittorio Sgarbi, nella sua rubrica sul
Giornale, in 50.000.
''Sgarbi - ha spiegato Fogar - anche se e' candidato alla Camera nel
collegio di Trieste dimostra di ignorare la storia di quest'area,
riportando la cifra di 50.000 vittime italiane delle truppe di Tito,
tutte infoibate, che è propria di alcune pseudofonti della
libellistica della destra nazionalistica triestina e che fu citata
cinque anni fa anche dal quotidiano l'Avvenire.
Secondo tutte le fonti storiche piu' serie e fino ad ora conosciute -
ha aggiunto Fogar - il numero delle vittime, tra il 1943 e il 1945,
in tutta l' allora Venezia Giulia, fu di 4.500-6.000 (militari e
civili) tra infoibati, dispersi, morti di stenti e di malattia nella
deportazione verso la Jugoslavia o nei campi di concentramento.
E non si tratto' - ha proseguito - come ancora per ignoranza o per
speculazione politica si continua a sostenere di un'operazione di
sterminio e di pulizia etnica. Come ha ricordato anche Diego De
Castro, studioso delle vicende giuliane, strenuo difensore delle sua
terra istriana e consigliere politico del Governo italiano presso il
Governo militare alleato a Trieste, le foibe furono - ha rilevato -
oltre che il frutto della barbarie seguita al 1918 - fascismo di
confine, snazionalizzazione della minoranza slovena e croata,
invasione e smembramento della Jugoslavia - un fatto prevalentemente
politico mirante ad eliminare anche gli eventuali oppositori al
regime comunista che si andava instaurando.
Purtroppo - ha detto ancora Fogar - la grande stampa e la Rai
continuano a propalare numeri sulle foibe che non stanno ne' in cielo
ne' in terra. Quando mandai all'Avvenire una lettera documentatissima
su questi fatti, il direttore nel pubblicarne ampi stralci scrisse
che io ero uno storico 'che ama il revisionismo ma solo a dosi
omeopatiche e rassicuranti per i veterostalinisti in salsa nostrana'.
Io - ha concluso Fogar - che sono stato all' epoca del Partito d'
Azione e poi del Partito repubblicano, due formazioni politiche che
si batterono fortemente per la difesa degli interessi italiani in
queste terre''. (ANSA).
Non credo ci sia molto da aggiungere. Non ti sei mai chiesto se non
sia arrivato il momento di dare un'occhiata alle fonti, magari
distinguendo tra la ricerca storica e la strumentalizzazione di
parte? La ricerca storica, quella vera - ossia quella che si basa su
un metodo di ricerca e non su Internet -, trasuda libri. Non è vero
che di queste pagine di storia non s'è mai parlato fino ad oggi. E'
un falso ideologico. E' caso mai vero che ben pochi giornalisti si
sono dati la pena di leggere.
Dirottarli su un ristorante, piuttosto che in libreria è sicuramente
provocatorio, ma altrettanto sicuramente meno dannoso. Da troppi anni
chi vive a Trieste subisce la violenza dell'ignoranza, la
banalizzazione del proprio passato, la strumentalizzazione della
propria memoria. E chi ha lasciato queste terre è vittima come noi di
mistificazioni. Vieni a Trieste e in Istria d'estate, quando molti
ritornano -anche dall'estero- per rivedere i posti della gioventù. E
intervistali. Intervista gli umiliati e offesi. Poi mi saprai dire.
Parliamo di esodo. Tu scrivi 350.000 esuli. La fonte è il tuo sito
Internet la cui fonte è un libro di Flaminio Rocchi? Altre fonti
parlano di 200.000. Che comunque non sono pochi. Secondo l'ultimo
censimento fatto dal fascismo in Istria c'erano meno di 300.000
abitanti. Ammesso e non concesso che Fiume (che non è Istria)
all'epoca fosse una metropoli, 50.000 infoibati più 350.000 esuli
(più gli jugoslavi rimasti) o i fascisti non sapevano censire
(possibile) o fa tu i conti.
Ciò detto, fior fiore di libri descrivono la società istriana
dell'epoca, le contrapposizioni di un mondo contadino, pagine di
letteratura raccontano la sofferenza dell'esodo. Chi volesse
approfondire non ha che da leggere, non da `rileggere'. Non c'è
nessun mistero nemmeno dietro l'esodo. E si spera che il futuro museo
della civiltà istriana sappia valorizzare quel patrimonio -anche
etnografico- abbandonato dagli esuli e attualmente accatastato in un
magazzino del Porto Vecchio. Fa il giornalista sul serio, va a
vedere. E già che ci sei dà un'occhiata alla `questione Trieste', a
quanto è accaduto sotto il GMA, quanto è successo dopo. E perché no:
che ne dici di una bella inchiesta sui comunisti a Trieste dopo lo
strappo Tito- Stalin? Com'è che questo argomento (altri libri, altra
storia) non interessa a nessuno?
Come ogni provincia italiana dimenticata da anni, ci fa piacere si
parli di noi. Se non lo si fa con onestà allora è meglio si continui
a credere che siamo collegati a Trento da un ponte. E' meglio un buon
ristorante di un pessimo servizio giornalistico.
Virgilio