Contributi di Roberto Travan

ML HISTRIA (La Stampa - 4 luglio 2000)

L'esodo degli istriani è on-line. Una mailing-list per scoprire la cultura e le tradizioni dell'Istria, Fiume e la Dalmazia ma anche, e soprattutto, per avvicinarsi alla storia dell'esodo da queste terre che alla fine del secondo conflitto mondiale coinvolse circa 350.000 italiani. Links, rassegna stampa e iniziative di informazione coinvolgono dallo scorso aprile esuli, discendenti e simpatizzanti, da tutto il mondo.
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NON DIMENTICHIAMO LE RADICI ITALIANE
(La Stampa - 6 giugno 2000; Il Messaggero - 21 giugno 2000)

Vorrei segnalarvi la sorprendente superficialità con cui spesso vengono redatte le informazioni turistiche sull'Istria, regione ora divisa tra Slovenia e Croazia, ma italiana con Zara e la Dalmazia fino alla fine del secondo conflitto mondiale e di cui vanta ricchissime e indiscutibili testimonianze storico-architettoniche. In Istria del resto vive una numerosa Comunità italiana, la nostra lingua viene regolarmente insegnata nelle scuole e molte località vengono indicate con l'originario toponimo italiano proprio come accade in Alto Adige piuttosto che in Valle d'Aosta. Sono informazioni che richiederebbero ben poco spazio ma che renderebbero un buon servizio ai tanti connazionali che scelgono l'Istria per le vacanze e a quelli che l'anno scelta per viverci rifiutando di abbandonarla dopo l'annessione alla Yugoslavia..
Roberto Travan
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La risposta del Touring Milano, 6 giugno 2000

Preg.mo Sig. Roberto Travan Rispondiamo alla Sua cortese osservazione per dichiararci perfettamente in sintonia con le Sue considerazioni. Purtroppo capita di leggere sulla stampa e su cataloghi pubblicitari toponimi sloveni o croati di località fino a 55 anni fa italiane, non ricordando la storia recente e la cultura dell'Istria e della Dalmazia. Possiamo invece testimoniarLe e confermarLe che il Touring Club Italiano ha sempre tenuto nella giusta considerazione storia e cultura di queste terre, non dimenticando gli stretti legami con Venezia e la secolare cultura italiana. Le citiamo, a titolo d'esempio, che sia la Guida verde d'Europa "Iugoslavia" del 1990, sia le successive Guide verdi "Croazia" del 1998 e "Slovenia" del 1996 hanno sempre indicato tutti i luoghi istriani e dalmati con i toponimi italiani, da Arbe a Cherso, da Fiume a Lussino, da Pago a Pisino, da Pola a Ragusa, da Sebenico a Spalato, da Veglia a Zara. E contiamo pertanto che i nostri Soci in primis, e comunque i nostri lettori, recandosi in vacanza in quelle terre con le guide TCI, abbiano le informazioni corrette e contribuiscano alla loro corretta diffusione. L'occasione ci è gradita per porgerLe i più cordiali saluti

Seconda risposta del Touring

Milano, 30 novembre 2000

Gentile Sig. Travan,
per un disguido abbiamo ricevuto soltanto oggi il Suo messaggio del 4 giugno. Ci affrettiamo quindi a risponderLe, scusandoci per l'involontario (ma consistente) ritardo. Non crediamo di meritare l'accusa di superficialità che Lei ci muove. Da sempre, infatti, cerchiamo di essere il più possibile attenti e corretti per quanto riguarda la toponomastica, a maggior ragione quando si tratta di una situazione composita come quella dell'Istria. Abbiamo a cuore, naturalmente, la stima e la soddisfazione dei nostri connazionali. Pertanto, porgendoLe comunque le nostre scuse, La invitiamo ad accertare la presenza della doppia dicitura nei toponimi della cartografia in scala 1:200 000, e dell'Atlante in scala 1:800 000 per quanto riguarda i più importanti.

Cordiali saluti,

Marianna Calenti
Redazione Geocartografica Touring Club Italiano

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La risposta di Week End Viaggi on-line

Gentile Signor Travan, la ringraziamo per il suo interessamento. Ci invii qualche scritto relativo all'argomento, che inseriremo come notizia sul mese di luglio di weekendit.com. Molto cordialmente. Redazione Weekend Viaggi On Line P.zza Aspromonte 15/A 20131 MILANO tel. 0270642279 fax 0270642285
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Questo il testo che ho inviato al responsabile delle pagine sportive della Stampa inerente l'iniziativa Giro d'Italia che conterei di far pubblicare per inizio settembre

Egregio Roberto Beccantini

la vorremmo coinvolgere nel progetto di far disputare il prossimo anno in Dalmazia, a Fiume e in Istria, qualche tappa del Giro d'Italia di ciclismo. Come Lei ben sa in queste regioni ora divise tra Croazia e Slovenia, nonostante l'esodo della maggioranza degli italiani avvenuto alla fine della II Guerra Mondiale, vive tuttoggi una numerosa comunità italiana autoctona e abbiamo motivo di ritenere che un evento sportivo di tale portata potrebbe contribuire ad avvicinare il nostro Paese alla realtà di una terra e di una comunità che non ha mai smesso di riconoscersi nella storia e nella cultura italiana

seguono numerose firme
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Questa lettera è stata pubblicata su La Stampa il 28.3.2000

Foibe e San Sabba non sono uguali
Ho letto le dichiarazioni di personalità istituzionali e di ex partigiani in vena di omologare la Risiera di San Sabba e le foibe, i nostri Compagni assassinati ed i loro carnefici, palliando quanto è accaduto prima e dopo la Liberazione e, pure aduso all'infingardaggine nostrana, ritengo si sia superato ogni limite di decenza. Per me, Grande Invalido della Guerra di Liberazione che dal 1944 ho assistito all'ignobile sfruttamento della Resistenza da parte di molti «rivoluzionari di professione», «padri della patria» e «partigiani» che non avevano mai sparato uno starnuto, non ho mai nutrito dubbi che si sarebbe arrivati a tale estremo: dalla «Svolta di Salerno» che condonava al re il suo tradimento, all'amnistia concessa ai criminali fascisti nel 1946, scarcerando 30.000 fascisti, amnistiandone 219.481, dei quali 2.979 colpevoli di sevizie particolarmente efferate, quando il sangue dei nostri martiri non si era ancora seccato, col pretesto della riconciliazione nazionale, ma in verità per l'assai più abietto fine di mantenere il patto concluso da Togliatti, nell'ottobre del 1945, col capo dell'Ovra Guido Leto, mentre era detenuto a Regina Coeli, per occultare i fascicoli dei comunisti, socialisti e clericali confidenti dell'Ovra; alle trecento mila lire pagate, mensilmente, a Stanis Ruina da Giancarlo Paietta perché convogliasse nel pci i «sinistrorsi» repubblichini; al Governo Milazzo coi missini in Sicilia; al congresso di Fiuggi dove D'Alema mandò l'ex partigiano Pecchioli ad omologare i fascisti quali democratici; era d'obbligo attendersi, ora che il patrimonio della Resistenza è stato ignobilmente speso, che si desse inizio all'immonda commistione ed omologazione tra i nostri Caduti e quelli nazifascisti. Inseguendo criminali repubblichini, assassini di mio padre e mio zio e di altri miei compaesani, rifugiatisi in Istria, nel 1945, con le ricchezze depredate in Italia, confidando di potersi comprare la salvezza, ebbi modo di constatare di quali orrendi ed infiniti crimini, per oltre due decenni, furono vittime gli Slavi ad opera prima dei fascisti italiani e poi dei nazifascisti; e assistendo ai processi contro i criminali da me accusati e di altri locali, potei constatare l'onestà e la serietà di quei giudici, nel valutare le prove dell'accusa e della difesa e nel rendere giustizia, a differenza di quanto doveva, poi, avvenire in Italia, in fatto di totale ingiustizia, prologo dell'odierno maramaldeggiare. Umberto Fusaroli Casadei

Questa la mia risposta pubblicata su La Stampa una settimana dopo...

Gentile signor Casadei, San Sabba e le foibe sono omologabili, eccome. Nella prima i carnefici furono i nazisti, le vittime gli ebrei italiani, il motivo - sicuramente noto - la persecuzione razziale che fu alla base della seconda guerra mondiale. Nelle seconde i carnefici furono i partigiani di Tito, le vittime gli istriani, il motivo - "stranamente" ancora poco noto - quello di appartenere alla comunità italiana, che fu alla base della pulizia etnica che costerà la vita a migliaia di vittime innocenti (tra di esse qualche fascista...), costringendone all'esodo oltre 350.000. Furono diverse sicuramente le ideologie, le uniformi, ma sono sicuramente omologabili la follia e i metodi che precipitarono nell'abisso migliaia di vite umane.
Roberto Travan

La Stampa 7 agosto 2000 - rubrica Specchio dei tempi

Settimo Torinese ha deciso di intitolare una via alle Vittime delle Foibe, decisione che ha suscitato qualche protesta in chi si riconosce nella tradizione operaia e di sinistra di questa cittadina e viva soddisfazione nei suoi rappresentanti del Polo perchè - hanno commentato - «è giusto che i martiri di entrambe le parti vengano ricordati». Duole constatare che a oltre cinquantanni di distanza vi siano ancora "parti" che cercano di scaricare o di appropriarsi di un dramma che ha coinvolto migliaia di italiani di Istria, Fiume e Dalmazia: vittime, ancora una volta , di entrambe le parti.
Roberto Travan
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La Stampa, 30 agosto 2000
BERLUSCONI DIMENTICA LE FOIBE

L'Onorevole Silvio Berlusconi nel suo intervento al meeting di Comunione e Liberazione ha citato, tra gli orrori del comunismo, i gulag sovietici ma non le foibe di Tito. Si è trattato probabilmente di una svista, certo non la prima e forse nemmeno l'ultima. Poco o nulla a confronto delle ben più gravi omissioni che per oltre cinquantanni hanno sistematicamente negato al mondo, e alla storia, il dramma patito dagli italiani in Istria, a Fiume e in Dalmazia alla fine del secondo conflitto mondiale. Oggi se ne comincia finalmente a parlare: non sappiamo dire se giustizia verrà fatta, ne come e quando. Quello che ci interessa, però, è tutelare il nostro diritto alla memoria e al ricordo di una tragedia che, come per i Gulag, non appartiene a un singolo popolo ma all'umanità intera.
Roberto Travan
histria@egroups.com

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Roberto Travan scrive a Rai 3 - giovedì 21 settembre 2000

Ho avuto modo di leggere il testo completo dell'ultima puntata de "La grande storia in prima serata" che Francesca Bozzano ha dedicato al periodo che va dall'8 settembre 1943 al 19 dicembre 1953 . Vi devo però testimoniare tutta la mia sorpresa e amarezza nel non aver trovato nessun cenno del dramma patito dagli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia perseguitati dalla pulizia etnica comandata dal maresciallo Tito proprio in quel periodo. Si è trattato probabilmente di una svista, certamente di un'occasione sprecata che avrebbe potuto significativamente contribuire a fare un pò di chiarezza su un dramma che nessuno sembra proprio voler raccontare.
Roberto Travan

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E' uscita il 28 settembre 2000 nell'inserto Viaggi di Repubblica la lettera che gli ho inviato a proposito del servizio sulla costa croata

Ho letto con molto interesse il servizio che I Viaggi di Repubblica hanno recentemente dedicato alla "costa accanto", a quella parte della Croazia cioè, costituita dall'Istria, dal Golfo del Quarnaro, da Fiume e dalla Dalmazia. E il servizio mi ha spinto a scrivervi. Quella terra è diventata per l'Italia "la costa accanto" solo cinquanta anni fa, nel secondo dopoguerra, allorchè oltre 350 mila connazionali furono costretti ad abbandonarla e altre migliaia, si stima almeno 20 mila persone, morirono falcidiati dalla pulizia etnica ordinata dal maresciallo Tito. Ma in quella "costa accanto" ci furono altri che fecero un'altra scelta. Furono tanti quelli che scelsero di non abbandonare quella terra che era abitata dagli italiani da generazioni, di rimanere. Oggi quelle persone sono più di 40mila e costituiscono in quella parte della Croazia uno dei gruppi etnici autoctoni più vivaci ed autentici. Due capitoli, quello dell'esodo e quello dei rimasti, di cui purtroppo si parla ancora pochissimo e che, ahimé, sembrano essere sfuggiti anche all'occhio attento della vostra rivista.
Roberto Travan

Questa la risposta di Carlo Cambi...

"Sulla questione "fiumana" (chiamiamola così per esigenza di sintesi) ci sono giunte molte lettere. Ad esempio l'architetto Livia Comandini di Pordenone ci rimprovera garbatamente di aver tradotto i nomi italiani in croato. In quel servizio noi ci siamo limitati a descrivere i luoghi. E' stato, per così dire, un servizio geografico. Raccontare i luoghi però significa anche ripercorrere le vicende (in senso politico, economico e culturale) degli uomini che quelle terre hanno abitato ed abitano. Ma la questione degli esuli e dei rimasti è storia complessa. Che andrebbe riscritta con ricerca documentale e testimoniale ampia e approfondita. Non era quel servizio destinato a questo scopo. Tuttavia è vero che la "costa accanto" merita una rilettura più approfondita. E proprio seguendo il suggerimento dei nostri lettori andremo in uno dei prossimi numeri alla ricerca delle radici italiane di quella splendida regione. Nella linea che sempre abbiamo seguito di proporre un turismo consapevole. E la prima delle consapevolezze da coltivare è proprio quella della storia."

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Lettera di protesta al "Barbiere della Sera" 21 Aprile 2001

Sul sito IL BARBIERE DELLA SERA (sito di gossip e boatos giornalistici) ho trovato questa lettera in cui si parla in modo molto infelice della tragedia istriana. In coda troverete il messaggio di protesta che ho inviato al sito

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21 Aprile 2001 - Non infoibatevi da soli…

Sabato 21 aprile una parte di giornalisti italiani sarà deportata al seguito di Gianfranco Fini a Trieste e nella Venezia Giulia in senso lato. Non preoccupatevi, ci sarò anch'io, sempre a disposizione per darvi una mano. Anche il candidato locale di An, Roberto Mena!, pardon, Roberto Menia, da molto tempo è proprio un bravo ragazzo e facilmente riportabile.

Basta un taccuino e una penna. Si parlerà di foibe, ma non preoccupatevi. Se volete scrivere che nella Venezia Giulia in senso lato (si va alla grande, includendo anche terre oggi slovene e croate) sono scomparse dalle 4 alle 6.500 persone tra il '43 e il '45 -chi per stenti, chi per violenze e chi anche nelle foibe- farete una cortesia agli storici che da più di cinquant'anni si danno da far per fornire dati attendibili e non strumentali. Se però volete scrivere 20.000 infoibati, va bene lo stesso, anche i parenti delle vittime si sono abituati, tanto che questa volta hanno deciso di schierarsi col Terzo Polo.

Indi suggerisco:

1) Intervista a Dennis Zigante, rappresentante degli esuli.

2) Intervista a Spadaro Stelio, l'infoibatore della Storia, anche segretario regionale Ds e grande sponsor del futuro potenziale candidato sindaco del centro-sinistra

3) Intervista al futuro potenziale candidato sindaco del centro- sinistra, Federico Pacorini, ex presidente di Assindustria, tenuto presente che: a) è completamente privo di sense of humor b) non è nemmeno mancino e quindi in un servizio su Fini ci va benone.

4) Altre ed eventuali (Menia, Fini e q.b.)

5) FINALMENTE A TRIESTE -DA UNA DECINA DI GIORNI- C'E' UN RISTORANTE. Cena a base di pesce, fresco e ben cucinato. Si gira intorno alle 75/100.000, menù vario, non da nouvelle cusine, ma saporito. Ogni pescetto e verdurina vengono amorevolmente scelti e cucinati separatamente e indi legati tra loro con sapienti accorgimenti. Paradossalmente si viene serviti con affettuosa complicità, nutriti con amore dall'antipasto al dolce (suggerisco la sfoglia di crema carsolina al Piccolit). E' l'unica novità che la città ha saputo offrire in piena campagna elettorale. Ristorante dei Duchi d'Aosta.Sempre a Vostra disposizione,

Virgilio

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Caro Virgilio, hai trattato il tema delle foibe con una leggerezza veramente disgustosa, anzi, preoccupante se poi si tiene conto della professione che eserciti (a proposito: sei un giornalista o il PR del ristorante Duca d'Aosta?). A partire dal titolo: "Non infoibatevi da soli" linkato a un'ancora più disgustoso "Zuppa di pesce e un pò di foibe" il cui accostamento mi ha veramente lasciato allibito, sconcertato. Ai colleghi dico di non preoccuparsi se si parlerà di foibe (e perchè dovrebbero, del resto...): l'occasione sarà sicuramente utile per verificare le cifre che hai fornito sulle vittime della tragedia di Fiume, Istria e Dalmazia (aggiungo anche quelle dei 350.000 profughi e dei circa 20.000 rimasti) e soprattutto per fare il punto sulle incoraggianti "aperture" che recentemente ci sono state su questo dolorosissimo capitolo (tra tutte cito quelle del Presidente Carlo Azeglio Ciampi). Sono altresì convinto che i colleghi utilizzeranno al meglio le informazioni in loro possesso su questo tema e che le cifre che usciranno, non importa se di 4000 o 20.000 morti, non saranno certo presentate per aggiudicarsi più clienti da una parte che dall'altra. E di un dramma che di parla, di morti, non di zuppe di pesce o di menù da 75/100.000 lire.
Roberto Travan

PS: ai colleghi che desiderino informarsi e discutere sulla tragedia istriana suggerisco il seguente indirizzo http://digilander.iol.it/histria/

Il Barbiere della Sera ha risposto così:

26 Aprile 2001 - Certi giornalisti stanno meglio in un buon ristorante

Caro Travan, ammetto che sei quasi arrivato al senso del mio intervento su foibe e ristoranti. Purtroppo non sono Pr dei Duchi, ma era mia perfida e fetente intenzione dirottare i colleghi giornalisti su un buon ristorante (finalmente uno anche a Trieste) piuttosto che leggere per l'ennesima volta bestialità sulla storia -ampiamente riportate nel sito che segnali e in molti altri analoghi.

Visto che ti fa piacere sentir parlare di foibe (per inciso anche a me) andiamo per punti. Nessuno ha mai negato l'esistenza né delle foibe, né ovviamente dell'esodo dall'Istria. Cito l'ultimo illuminante intervento lapalissiano di Sgarbi sull'argomento `Anche un solo morto è una tragedia'. E' la risposta del grande critico d'arte a quest'Ansa, sfuggita, al solito, a tanti colleghi giornalisti:

FOIBE: STORICO TRIESTINO, SGARBI IGNORA LA STORIA (ANSA) - TRIESTE, 12 APR - Non corrisponde alla realtà, secondo lo storico triestino Galliano Fogar, il numero delle vittime delle foibe nella Venezia Giulia, quantificate ieri da Vittorio Sgarbi, nella sua rubrica sul Giornale, in 50.000.

''Sgarbi - ha spiegato Fogar - anche se e' candidato alla Camera nel collegio di Trieste dimostra di ignorare la storia di quest'area, riportando la cifra di 50.000 vittime italiane delle truppe di Tito, tutte infoibate, che è propria di alcune pseudofonti della libellistica della destra nazionalistica triestina e che fu citata cinque anni fa anche dal quotidiano l'Avvenire.

Secondo tutte le fonti storiche piu' serie e fino ad ora conosciute - ha aggiunto Fogar - il numero delle vittime, tra il 1943 e il 1945, in tutta l' allora Venezia Giulia, fu di 4.500-6.000 (militari e civili) tra infoibati, dispersi, morti di stenti e di malattia nella deportazione verso la Jugoslavia o nei campi di concentramento.

E non si tratto' - ha proseguito - come ancora per ignoranza o per speculazione politica si continua a sostenere di un'operazione di sterminio e di pulizia etnica. Come ha ricordato anche Diego De Castro, studioso delle vicende giuliane, strenuo difensore delle sua terra istriana e consigliere politico del Governo italiano presso il Governo militare alleato a Trieste, le foibe furono - ha rilevato - oltre che il frutto della barbarie seguita al 1918 - fascismo di confine, snazionalizzazione della minoranza slovena e croata, invasione e smembramento della Jugoslavia - un fatto prevalentemente politico mirante ad eliminare anche gli eventuali oppositori al regime comunista che si andava instaurando.

Purtroppo - ha detto ancora Fogar - la grande stampa e la Rai continuano a propalare numeri sulle foibe che non stanno ne' in cielo ne' in terra. Quando mandai all'Avvenire una lettera documentatissima su questi fatti, il direttore nel pubblicarne ampi stralci scrisse che io ero uno storico 'che ama il revisionismo ma solo a dosi omeopatiche e rassicuranti per i veterostalinisti in salsa nostrana'. Io - ha concluso Fogar - che sono stato all' epoca del Partito d' Azione e poi del Partito repubblicano, due formazioni politiche che si batterono fortemente per la difesa degli interessi italiani in queste terre''. (ANSA).

Non credo ci sia molto da aggiungere. Non ti sei mai chiesto se non sia arrivato il momento di dare un'occhiata alle fonti, magari distinguendo tra la ricerca storica e la strumentalizzazione di parte? La ricerca storica, quella vera - ossia quella che si basa su un metodo di ricerca e non su Internet -, trasuda libri. Non è vero che di queste pagine di storia non s'è mai parlato fino ad oggi. E' un falso ideologico. E' caso mai vero che ben pochi giornalisti si sono dati la pena di leggere.

Dirottarli su un ristorante, piuttosto che in libreria è sicuramente provocatorio, ma altrettanto sicuramente meno dannoso. Da troppi anni chi vive a Trieste subisce la violenza dell'ignoranza, la banalizzazione del proprio passato, la strumentalizzazione della propria memoria. E chi ha lasciato queste terre è vittima come noi di mistificazioni. Vieni a Trieste e in Istria d'estate, quando molti ritornano -anche dall'estero- per rivedere i posti della gioventù. E intervistali. Intervista gli umiliati e offesi. Poi mi saprai dire.

Parliamo di esodo. Tu scrivi 350.000 esuli. La fonte è il tuo sito Internet la cui fonte è un libro di Flaminio Rocchi? Altre fonti parlano di 200.000. Che comunque non sono pochi. Secondo l'ultimo censimento fatto dal fascismo in Istria c'erano meno di 300.000 abitanti. Ammesso e non concesso che Fiume (che non è Istria) all'epoca fosse una metropoli, 50.000 infoibati più 350.000 esuli (più gli jugoslavi rimasti) o i fascisti non sapevano censire (possibile) o fa tu i conti.

Ciò detto, fior fiore di libri descrivono la società istriana dell'epoca, le contrapposizioni di un mondo contadino, pagine di letteratura raccontano la sofferenza dell'esodo. Chi volesse approfondire non ha che da leggere, non da `rileggere'. Non c'è nessun mistero nemmeno dietro l'esodo. E si spera che il futuro museo della civiltà istriana sappia valorizzare quel patrimonio -anche etnografico- abbandonato dagli esuli e attualmente accatastato in un magazzino del Porto Vecchio. Fa il giornalista sul serio, va a vedere. E già che ci sei dà un'occhiata alla `questione Trieste', a quanto è accaduto sotto il GMA, quanto è successo dopo. E perché no: che ne dici di una bella inchiesta sui comunisti a Trieste dopo lo strappo Tito- Stalin? Com'è che questo argomento (altri libri, altra storia) non interessa a nessuno?

Come ogni provincia italiana dimenticata da anni, ci fa piacere si parli di noi. Se non lo si fa con onestà allora è meglio si continui a credere che siamo collegati a Trento da un ponte. E' meglio un buon ristorante di un pessimo servizio giornalistico.
Virgilio

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