Capodistria Addio
Lettere di un'esule
1945-1956


recensione di Anna Balducci


Come si fa a parlare di questo libro con imparzialità e con distacco? Leggendolo ho pianto tutte le mie lacrime, mi ha preso, mi ha commosso, mi è entrato dentro, riaprendo piaghe mai del tutto cicatrizzate. Comunque proverò.
Le lettere di Lina Darin curate dal nipote Gianatonio Godeas sono vivaci, spontanee, scritte di getto, ma lo stile è chiaro, pieno di pathos e dimostra che l'autrice è in possesso di una buona cultura umanistica. Quello che mi ha colpito particolarmente in questo libro, oltre alla storia che si srotola nella quotidianità dei fatti, è il buon sapore di un tempo antico, ricordi di frasi, di azioni delle donne della mia stessa famiglia, un odore di istrianità, una mentalità particolare della nostra gente.
Lo stile è estremamente semplice e chiaro, spesso lo svolgersi degli avvenimenti è rappresentato con frasi corte, incisive, che rendono perfettamente la drammaticità del momento. Ne è un esempio pag.49 in cui gli avvenimenti sono raccontati con una chiarezza da radiocronaca. " Fuma una casa dietro ai Gambini. Sono le 17, pare sia la volta del molo. Tutti scappano. Da stanotte sempre senza luce. Non si può ascoltare la radio. Non si può telefonare…."
La prima lettera è del marzo del '45, Lina Darin è una giovane mamma, piena di vita e di energia. Si preoccupa perché le case dei suoi amici e parenti vengono requisite per alloggiare degli sfollati di Pola. L'arrivo di questi estranei la preoccupa. " Povera, no la sa chi che vegnarà dopo!" mi vien fatto di pensare. Lei comunque si dà da fare perché le camere appaiano pulite. "Ho voluto tutto in ordine perché la sfollata capisca che noi si tiene pulito!" (pag.40) Questa frase mi ha colpito in modo particolare, forse perché usava dirla anche mia madre, mi sembra tipica della mentalità delle nostre donne che non solo sono sempre state amanti della pulizia, ma anche attive, svelte, industriose. Il 30 marzo Lina va a vedere le sfollate " Mi hanno fatto buonissima impressione, gente pulita e ordinata: già il pavimento lavato e tovagliette sui mobili." (pag.28) Si commuove poi vedendo che alcune di loro debbono dormire su un materasso per terra e dà loro una susta.
Lina è buona e coraggiosa e lo è con estrema semplicità, come se i suoi atti di coraggio fossero cosa normale. Mi riferisco in particolare a quando porta il cibo ai nostri soldati prigionieri.
Nelle sue lettere si alternano ai drammi della guerra, momenti di vita di tutti i giorni, notizie di morti, seguite dalle liste dei prezzi. Lina è una donna forte ed ha un forte senso dell'umorismo che le esce fuori anche nei momenti più tragici, come quando somma l'età delle sue zie " Con 241 anni e tre mesi di zie" (pag.30), o quando il 29 ottobre del '45 riferisce le parole della contadina s'ciava a una donna che chiedeva le uova. " Ostia, se no me dé soldi col fascio no ve dago mii ovi!" (pag. 123).
Ho l'impressione che questo alternarsi non sia casuale, che Lina Darin, dopo aver dato una notizia angosciosa, voglia tornare alla normalità come a dire" Coraggio! La vita continua!" Il due aprile fa le pinze e si alza alle tre del mattino e si arrabbia col fornaio per non averle cotte a puntino. Quello stesso giorno deve lasciare le finestre aperte perché hanno preparato l'attacco alle mine per far saltare il porto. Più tardi pensa di scambiare un vestito nero di lutto di zia Pia con del grasso.
All'inizio del libro Lina è determinata a non partire " Da qui non mi muovo per nessuna ragione" dice il 16 aprile de '45 (pag.40). e , più sotto " Mi sono messa a studiare serbo- croato, non sta male poter capire e farsi capire."
Poi però si rende conto che con quella gente la vita sarà impossibile. (pag. 93) " Amo molto la mia terra, ma non voglio che mio figlio soffra un giorno tanto per essere italiano." scrive con amarezza ed esprime ancora un desiderio" Per conto mio sarei contenta di andar via, vicino a voi, tutta una colonia di istriani italianissimi." Sappiamo purtroppo che nemmeno questo desiderio si avvererà.
Più tardi si chiede: " Dio non ha compassione di noi? Quando finirà per noi questa agonia?" (pag.!01). Il 18 giugno passano le autocolonne inglesi di truppe e rifornimenti dirette a Pola. Troviamo tutta la storia nelle sue lettere, quella grande e quella piccola., gli approfittatori, i voltagabbana come l'ex fascista isolana che in piazza intona " Daremo fuoco ai palazzi ed alle chiese" (pag. 99)
Man mano che il tempo passa le frasi scherzose si fanno più rare e Lina comincia a rendersi conto di che cosa sia il nazionalismo slavo. Per qualche tempo dura ancora la speranza, la gente è perplessa, ma continua a scrutare il mare in attesa delle navi alleate. Poi anche quella se ne va e erompe dal petto di Lina un grido di dolore." Perché la nostra madre Italia ci abbandona così?" (pag.116) " Oh, Italia mia perché tanti figli tuoi sono così porci da mutilarti per far cosa gradita a un Tito qualunque:…..Siamo italiani, noi italiani dell'Istria, più di tutti gli altri italiani e vorrebbero abbandonarci nelle luride mani del più barbaro….."
Cosa si può dire di fronte a queste parole? Come non piangere? " E se di questo non piangi, di che pianger suoli?"
Nelle lettere del 1946 si alternano speranze e delusioni, Lina in qualche momento ancora spera negli alleati " Non si capiscono ancora chiaramente le idee degli Alleati, ma se non vogliono essere classificati per i più infimi in fatto di giustizia devono muoversi per i nostri diritti."
L'8 maggio le speranze se ne sono andate. " Povera la nostra gente, martoriata invano da cinque anni!" (pag.155)
Nelle lettere del 1953 Lina, ormai stabilita a Trieste, racconta dei metodi di repressione brutali applicati dagli inglesi comandati dal generale Winterton contro ragazzi inermi e si chiede il perché di tanto odio. Chiarissimi anche i giudizi che Lina Darin esprime sui nostri politici
"Solo un omo valeva qualcossa, Pella,e i lo ga mandà via. Maledeti tuti." (pag.188). Più sotto riferisce l'opinione di zio Bennati da lei stessa condivisa sui nostri diplomatici.
" Gente piccola, ambiziosa, inesperta, ignoranti dell'Istria , della sua gente, della sua storia, della sua geografia e della sua economia."
Lina Darin morì a Trieste il 26 gennaio 1956.
Grazie a te Lina , ti do del tu perché dopo aver letto le tue lettere ti sento amica e vicina, grazie per la tua testimonianza, per avermi fatto piangere e ricordare.