Antonio Carbonetti
Giornalista esule dalmata

recensione di Anna Balducci


Il libro di Lino Vivoda è diviso in due parti, nella prima troviamo la biografia del giornalista Antonio Carbonetti, mentre nella seconda vi é un'antologia dei vincitori del premio "Carbonetti" , premio che Roma Terdi, vedova del giornalista, ha istituito in memoria del marito.

La vita di questo dalmata di Sebenico il cui destino fu l'esilio, il primo già all'età di sedici anni, in seguito al trattato di pace seguito alla prima guerra mondiale che annetteva gran parte della Dalmazia al regno di Jugoslavia, il secondo in età matura, dopo la seconda guerra mondiale, quando i partigiani di Tito occuparono Pola, è descritta con un ritmo narrativo che avvince il lettore perché il Vivoda , oltre alle conoscenze storiche, ha il dono di saper raccontare, tanto che il suo testo avvince come un romanzo. Ne esce un ritratto di un uomo di grande levatura morale, che rimase tutta la vita coerente ai suoi principi Alla fine della biografia il Vivoda ci dà un saggio della prosa di Carbonetti in un brano in cui il giornalista racconta il suo ritorno alla terra natìa. Il pezzo è di una bellezza sconvolgente, una pagina di poesia in prosa, la terra amata è descritta con pennellate quasi pittoriche; ma quello che colpisce di più è la capacità di renderci partecipi dei sentimenti che la visione del paesaggio della sua infanzia fa nascere nel suo animo. Rimpianto e tristezza si mescolano, ma è l'amore per la sua terra quello che alla fine prevale. Quella terra" Solenne, immutabile, adorata, eterna, che sentivo di amare e di capire dopo tanto tempo e tante traversie, meglio di prima e più compiutamente di prima."

La seconda parte del libro, che non è meno interessante della prima, inizia con il testo dell'articolo di Lino Vivoda primo vincitore del premio Carbonetti nell'ottobre del 1977 .
L'articolo, " L'esodo trent'anni dopo" , è dedicato " alla ricerca delle motivazioni dell'esodo e all'esame delle interpretazioni che ne furono date." ( L'Arena di Pola, Gorizia 8 ottobre 1997)
Il secondo saggio è di Sergio Cella, docente di storia risorgimentale all'Università di Padova, che con chiarezza e precisione tratta il tema" Esperienze di giornalismo italiano in Istria e Dalmazia." Segue uno scritto di Vivoda intitolato "L'emigrazione giuliano-dalmata nel mondo"
C'è poi il testo di Irma Sandri Ubizzo "Ricordi del mio esodo", che è molto diverso dagli altri. Si tratta di un racconto autobiografico in cui l'autrice ci dà uno spaccato di vita istriana visto con gli occhi di una bambina.
L'addio al paese natale, la tristezza dell'esilio, la nostalgia dell'esule, il tutto raccontato con grande sensibilità. Un racconto che commuove e che prende al cuore.
Segue " L'ora del caffé" bella poesia di Annamaria Muiesan Gaspari. La sesta edizione del premio è stata vinta da un periodico trimestrale " Istria Europa" stampato a Imperia e diretto da Lino Vivoda e da Donato Mutarelli. Il giornale, nato da un'idea dello stesso Vivoda durante uno dei raduni de "L'ultima mularia de Pola", si propone di gettare un ponte fra esuli e rimasti affinché "gli Italiani possano svolgere quel ruolo che la storia ha affidato alla cultura latino-veneta."
Molto interessante mi è parso anche il " Manifesto di Milano per l'Istria Regione autonoma europea." Documento varato e fatto votare dallo stesso Vivoda durante una riunione tenutasi a Milano il 16 novembre 1991. In questo manifesto si auspica che l'Istria, terra di confine, divenga il primo esempio di regione in cui le etnie, mescolandosi e convivendo nel reciproco rispetto, divengano un esempio per la nuova Europa comunitaria.
Vorrei chiudere il mio resoconto con queste parole che ,oltre ad essere una speranza , sono una bandiera per cui vale la pena di spendere i nostri sforzi, ma debbo segnalare i due altri scritti premiati ex equo nella settima edizione del premio " Istria cinquant'anni dopo il grande esodo" di Antonello Razza e di Guido Rumici. Il primo fa un'osservazione Sociolinguistica dell'Istria, molto pessimista quanto alla speranza di un mantenimento della nostra lingua, il secondo fa meglio sperare in quanto dopo la caduta del comunismo si nota una ripresa della lingua italiana.