Tornerà l'imperatore

recensione di Anna Balducci


Pubblicato da "Affinità elettive" nella collana di storia e memorialistica, il libro della Fusco racconta due storie parallele: la travagliata vicenda dei suoi genitori e della sua famiglia materna e quella delle popolazioni dell'Istria prima, durante e subito dopo la seconda guerra mondiale.
Nell'estate del 1939 la diciottenne Bruna Labinaz vive a Siana e lavora a Pola alla manifattura tabacchi, è una bella ragazza piena di vita e di voglia di divertirsi . La sua famiglia è povera, la madre, rimasta vedova, si è stabilita a casa della nonna con i quattro figli, in una casa che è "un santuario di pulizia" (pag.13) come erano le case d'Istria a quei tempi. L'incontro con un giovane carabiniere cambierà la sua vita , da questo incontro scaturiranno l'amore, il matrimonio, la nascita di una figlia, ma anche incomprensioni e tradimenti. Bruna e Vittorio appartengono a due mondi diversi che spesso faticano a comprendersi. Bruna è schiva, non ama le esibizioni di sentimenti, al contrario lui li esibisce senza pudore, la fa sentire sicura, ma " le dava degli ordini, era gelosissimo, voleva mettere naso in tutto quello che faceva" (pa.24), lei è sincera ed odia i sotterfugi, lui mente quando gli fa comodo nascondere i suoi tradimenti.
Il matrimonio, che inizia con una grande passione, si spezza quando Bruna scopre il comportamento del marito. Ma Vittorio De Simone, il "talian", pur con tutte le sue colpe, non è un personaggio negativo, è un meridionale, che, come spiegherà alla fine del libro la zia Angie, " è cresciuto in un ambiente in cui le infedeltà degli uomini non hanno nessun peso, anzi fanno onore a chi le fa" (pag.181), ma è generoso e pulito e il suo amore per Bruna è vero e duraturo. Quando la moglie, alla fine del libro, lo raggiunge in Campania dove l'uomo vive con Giuliana, la loro figlia, lui si sforza di convincerla a ritentare una vita in comune e, con grande sincerità, le dice.
"Non mi sento nemmeno di giurarti che sarò un santo. Conosco i miei difetti."
Vittorio, Bruna e la piccola Giuliana sono sulla spiaggia, poco prima la donna ha visto la figlia e il marito giocare assieme a raccogliere conchiglie, ha notato il loro reciproco affetto, il loro affiatamento ed è forse questo, più che le parole del marito, che la convincono a restare con lui.
Accanto alla storia della coppia c'è la Storia, quella con la S. grande. Il 10 giugno 1940 Bruna, in divisa di giovane fascista, si trova in piazza Foro dove dagli altoparlanti ode la voce del Duce. Già alla prima parola " Combattenti." molti sentono un brivido lungo la schiena. La madre saggiamente commenta "I ne strasina de novo in guera, tanto xè sempre la povera gente che paga!" ( pag. 28).E' l'inizio della grande tragedia.
Nel luglio del '43 Bruna è a Trieste, ricoverata in sanatorio, è malata di tubercolosi. E' per lei un periodo tristissimo, il suo matrimonio è naufragato, il marito viene a trovarla solo per dovere, la figlia, la piccola Giuliana, sta con la nonna sfollata in Friuli, la guerra ha già mostrato il suo volto più duro, ma per gli Italiani d'Istria il peggio doveva ancora accadere.
Distesa nel suo letto d'ospedale la giovane ricorda di quando - qualche mese prima- recandosi a Pola in corriera , ha visto il fumo salire da un casolare in fiamme ed ha udito le urla di rabbia e di dolore proferite in croato dai suoi compagni di viaggio e quel grido che giungeva per la prima volta alle sue orecchie: "VIVA TITO! MURT FASCISMU!
Bruna pensa ai bombardamenti che ha subito la sua città, alle case distrutte, ai morti. Poi, all'otto settembre, allo smembramento della sua famiglia. Uno dei suoi fratelli , infatti, viene catturato dai tedeschi e mandato in Germania, mentre l'altro , Claudio, entrerà nelle formazioni partigiane . A lungo la famiglia non avrà notizie di nessuno dei due , solo dopo l'occupazione titina di Trieste Claudio, profondamente deluso, si potrà riunire ai suoi.
L'autrice ci narra poi per bocca della madre del martirio di Pola fino agli ultimo mesi del 1946. I mesi erano passati " in un'altalena continua di speranze e delusioni, scandita dall'"Arena", che aveva seguito minuto per minuto le trattative di Parigi. Il 4 luglio 1946 il quotidiano intitolava a tutta pagina:
" O L'ITALIA O L'ESILIO
I MERCANTI DI PARIGI MEDITINO" (pag.115)
Non resta che l'esilio
"la nave era là……ai suoi piedi , sulla panchina, un'umanità dolente." (pag. 123)
Bruna e la sua famiglia giungono in Italia, da Venezia salgono su un treno che si ferma a Verona. I profughi si affacciano al finestrino accolti dall'ostilità generale.
"Tornatevene a casa!" gridano loro.
"All'improvviso una voce sovrastò le altre: Fascisti! Fascisti!"(pag.129)
I profughi si ritirano dai finestrini spaventati, quella parola li perseguita, per i " drusi" gli italiani erano tutti fascisti , ed ora anche gli italiani li chiamano così perché non hanno voluto vivere sotto Tito.
"Fascisti erano anche quelli che avevano preso le botte dagli squadristi, quelli che avevano organizzato scioperi e sabotaggi all'Arsenale, persino quelli che erano riusciti a tornare dai lager nazisti." Pensa tristemente Bruna.