Nascinguerra

recensione di Anna Balducci


"..in questo momento abbiamo bisogno che si parli di noi, che si faccia conoscere al mondo i torti che stiamo subendo.." (pag. 211)
Questa esortazione è pronunciata a Pola nel febbraio del 1947 da don Giachin, ed è rivolta ad un giovane ufficiale inglese, inviato dell'"Herald Tribune". Purtroppo il suo desiderio non sarà esaudito, Charles Graham non scriverà, come era sua intenzione, la vita del pescatore polesano ma, molti anni dopo, la racconterà ad Adelchi, la voce narrante, che raccoglierà il testimone così che , finalmente, la storia di Nascinguerra verrà alla luce.
Nelle prime pagine del libro assistiamo all'ultimo atto della vita di Armando Benussi, detto Nascinguerra. Il pescatore si sente vecchio ed é stanco di lottare, varca la porta dell'ospizio dove lo accoglie una sgradevole guardiana dagli occhi storti. Un ospizio di vecchi in cui vivono degli uomini di mare ci fa pensare al Bortolo di Carpinteri e Faraguna, ma qui l'atmosfera è assai diversa, non c'è il sorriso, ma solo tristezza e desiderio di morte.
E' proprio nel breve periodo che Nascinguerra passa all'ospizio che il tenente si rivolge a lui per chiedergli di narrare la sua vita, vuole infatti scrivere un pezzo di colore locale. Il vecchio, che ha accanto a sé una gabbietta con un cardellino dalla testa bianca, accetta, ma muore poco dopo. Non ha fatto in tempo a raccontare, ma gli lascia in eredità il suo orologio, dono che ha uno scopo. Infatti, venticinque anni dopo, Charle Grahan troverà nella sua cassa un biglietto che gli svelerà molte cose. Il cardellino è il primo animale che incontriamo nel racconto, non è casuale che il pescatore ci appaia con accanto il piccolo volatile, gli animali infatti sono molto importanti per Nascinguerra che è un convinto animista. "….Tutte le cose animate e inanimate che ci circondano possiedono uno spirito che le guida e che si manifesta a noi attraverso forme diverse….." (pag. 221)
Aveva detto Nascinguerra al suo amico l'Grego. Ed infatti, più avanti nel racconto, troveremo il gabbiano fedele che guiderà gli amici sullo scoglio dove il pescatore giacerà dopo il naufragio e il grongo, spirito tutelare, amico, forza della natura, che gli darà la forza di sopravvivere e la cui morte, lo colmerà di rimorso. Molte sono le disgrazie che ha dovuto sopportare il vecchio pescatore, prima la morte delle figlia Jole e del genero, poi quella di Fosca, la compagna della sua vita, ed ultima la fine del nipote , il piccolo Martin, che sarà tra le vittime della strage di Vergarolla. Qui la tragedia individuale si mescola con quella corale, quella strage, che toglie a Nascinguerra ogni attaccamento alla vita, toglie ai Polesani ogni speranza di poter sopravvivere in pace coi nuovi padroni. Stanco, il vecchio si lascerà morire. Lui che tanto ama la sua terra, fonderà il suo spirito col suo fino a diventare parte dello stesso insieme. Molto bella la descrizione del funerale: fa freddo, dal cielo scende un'acquerugiola ghiacciata, nell'aria si diffonde un profumo di alghe, di incenso e di resine, come se la natura stessa volesse dare un addio al vecchio pescatore. Tutta la prima parte del racconto è pervasa da quest'atmosfera, sembra che anche il tempo si adegui alla tristezza generale, sentiamo subito di essere di fronte a una tragedia di proporzioni bibliche, anche se l'atteggiamento dei protagonisti è distaccato, dignitoso, signorile. Nascinguerra, viene sepolto, ma non muore, perché con la sua fine inizia la sua leggenda. Sei persone, oltre all'ufficiale inglese, seguono il feretro, sono don Felice Giachin, parroco della chiesa della Madonna del Mare, la signorina Egle Schwarz, insegnante elementare in pensione, due pescatori Nicolò Papadopolis, detto l' Grego e Mario Fontanive, detto Monteverdi, il postino Giovanni Vassilissa, detto Nini S'gionfo ed infine l'editore e libraio Gigi Bucher , detto Muso de sorso. Questi personaggi, che chiamerò impropriamente minori, sono descritti con una tale arte che ci appaiono vivi dinanzi agli occhi. Non potrò mai dimenticare la figura del libraio Bucher che si aggira nella bottega ereditata dal padre e dal nonno, imballando i libri che ama e accarezzando i mobili che deve lasciare." Troppo grandi -dice- per essere trasportati. Sono stati fatti per restare qui." Certo chi li ha fatti costruire, suo nonno forse o qualcuno prima, non pensava che un giorno…C'è una continuità spezzata, un fluire delle vicende familiari reciso. Nel libro tante storie si intrecciano, tutte circostanziate, tante vite, simili eppure tutte con le loro caratteristiche.
Il tenente Grahan si rivolgerà ed ognuno dei presenti al funerale ed ognuno di loro lo aiuterà , come in un puzzle ,a rimettere assieme la vita e la personalità del vecchio pescatore.
Pur essendo indaffarati a preparare la partenza, tutti lo accolgono con estrema gentilezza.
Bella la figura di Egle Schwarz, figlia del contrammiraglio della marineria austriaca Jeronimus Schwarz di origine e di nome tedesco, ma di sentimenti italiani. La sua figura rappresenta la borghesia polesana, con la sua gentilezza, la sua ospitalità, il suo coraggio e la sua dignità. Nella città in cui la disperazione è tangibile, nessuno si lamenta, se non in modo quasi causale, ma l'angoscia collettiva è palpabile e il rumore dei martelli che inchiodano le casse fa da sottofondo musicale agli andirivieni del tenete inglese. Dalle labbra della signorina Egle e da quelle del libraio Bucher esce la storia di Tristan Fournier l'antenato di Nascinguerra che giunge a Pola dalla Russia nel 1813. Il Francese è un sopravvissuto della grande armée e porta con sé un bagaglio di sofferenza e di dolore. Vorrebbe rientrare nell'armata, non è un disertore, si è solo perso nel gelo della grande pianura russa, ma lo ferma, eretta sul lato sinistro della piazza, la ghigliottina, simbolo di morte e presagio di morti future. Una voce lo informa che gli ultimi giustiziati non erano briganti, ma coscritti colpevoli di sedizione. Figura complessa questo soldato napoleonico, di cui si ignora del tutto il passato e l'esatta provenienza, è certamente un uomo di cultura, un'anima non comune capace di abbrutirsi per la sofferenza e il rimorso, ma capace anche di amare con tenerezza.
La storia dell'antenato francese si mescola all'agonia di Pola, la sofferenza della città non è mai esibita, ma affiora qua e là da piccoli particolari. La signorina Egle ritarda perché è stata al porto ad accompagnare amici che partivano, Bucher inchioda le sue casse e si lamenta che i chiodi siano razionati. La dignità di questo popolo colpisce chiunque legga il libro, anche il tenente inglese ad un certo punto, dopo aver assistito all'imbarco di tante famiglie sul " Toscana", dice:
" Le confesso che sono rimasto esterrefatto nel constatare con quanta dignità i Polesani stiano lasciando la loro terra."
Nel suo andirivieni per la città alla ricerca di chi ha conosciuto Nascinguerra il tenete Graham giunge nell'osteria di Tita e Stefi. Anche loro stanno preparandosi alla partenza, la loro osteria, un tempo frequentata, è ora vuota. Stefi, con popolare semplicità, riassume il pensiero di tutti:
"Alle volte mi domando da che parte sta Dio."
Nell'ultima parte del libro i protagonisti si ritrovano a Pola venticinque anni dopo, tutto è cambiato, l'orto di Nascinguerra accanto alla sua casetta, ora abitata da un muratore bosniaco, è coperto di rovi, ma ci sono ancora l'Grego e la vecchia osteria di Bobo. E' qui che Charles Grahan scopre per intero la storia di Nascinguerra e, come dal cappello di un prestigiatore, dalla fantasia dell'autore escono personaggi diabolici e animali amici.
" In questo momento abbiamo bisogno che si parli di noi" aveva detto don Giachin all'inizio del libro. Pochi allora ne hanno parlato e quei pochi sono stati ignorati. La signorina Egle ritrovando Charles Grahan venticinque anni dopo dice.
"Arrivando in Italia, molti esuli vennero accolti con l'indifferenza e il fastidio che si prova per un parente scomodo." (pag.363)
Gli Italiani hanno ignorato ed ignorano anche ora, per volontà politiche, ma anche per pigrizia mentale, i dolorosi avvenimenti svoltisi in quegli anni nei confini orientali del nostro paese. Per questo c'è bisogno di libri come questo che, sotto forma di romanzo, in modo quindi piacevole e interessante, riescano a far conoscere ai nostri connazionali la tragedia dell'Istria.