Verso Est
Racconti di oltre il confine orientale e dell'Egeo con i ricordi del villaggio giuliano - dalmata di Roma.

recensione di Anna Balducci


L'ultimo libro di Diego Zandel, Verso Est, è composto di quattro racconti ambientati in Istria, di altri quattro ambientati in Grecia e, in appendice, dei ricordi del villaggio giuliano-dalmata di Roma.
L'autore è nato nel campo profughi di Servigliano, nelle Marche, da genitori fiumani e si è trasferito a tre mesi nel villaggio giuliano-dalmata dove è cresciuto; ha sposato Anna, la figlia di un soldato italiano e di una donna greca, Despina Xenicou, che non ha mai interrotto i legami con la sua terra.
Quindi l'Istria è il mondo che ha abbandonato e che continua a nutrire la sua immaginazione; il villaggio giuliano-dalmata quello dei ricordi di infanzia e della giovinezza; la Grecia il paese cha ha imparato ad amare.
Nel primo racconto, Villa Speranza, ritroviamo i minatori dell'Arsia, di cui già l'autore aveva trattato in Una storia istriana. Storie di povera gente, di lavoro duro, di desideri modesti, ma anche di amicizia, di fratellanza.
Bella l'immagine dei minatori che, dopo aver scaricato le botti, si passano "di mano in mano, di bocca in bocca, secondo la tradizione istriana, le boccatelle di vino." E il pianto finale della madre, pianto di sollievo per essere riusciti, lei il marito e il figlio, a salvare la povera casa dalle forze scatenate della natura.
Il secondo e il terzo racconto, Villa Speranza e Quell'amore che aveva fermato il tempo, pur diversi fra loro, trattano dell'illusione del ricordo, ma entrambi finiscono con una nota positiva: Marco, che si emoziona di fronte al mare e Tony, che si rende conto che, se anche la vita lo ha ingannato, il ricordo gli ha nascosto "la tragica ineluttabilità del tempo."
Delizioso quadretto di vita familiare in Un giorno con la zia, un viaggio nel passato in cui riaffiorano i ricordi, i profumi dimenticati. Dolcissimo il finale in cui Marco solleva la zia addormentata "fragile mucchietto di ossa" la porta su nel grande letto e teneramente la copre.
Il primo dei racconti greci è La figlia del pope, delicata storia d'amore, cui segue La vendetta, racconto forte, tragico, senza speranza. Se il secondo racconto ci lascia con l'amaro in bocca, il terzo Nascita in un villaggio greco, un piccolo capolavoro di arguzia, ci riporta il sorriso, è infatti spassoso, pieno di ironia ed anche d'amore. Intendo d'amore per quel popolo, il popolo greco, così ricco di gusto per la conversazione, di interesse per gli altri, in breve di calore umano.
Il quarto ed ultimo racconto L'estate è finita è la storia di un piccolo adulterio tra una giovane signora francese e un italiano che non ha capito che la donna ha considerato la loro storia come un gioco d'amore d'estate.

Molto interessante l'appendice: Ricordi del Villaggio giuliano- dalmata di Roma in cui tante storie si intrecciano, tenere e drammatiche e che termina con quella che sembra una battuta e che è la risposta che il signor Reale, un napoletano anche lui profugo che al momento dell'esodo viveva e lavorava in Istria, dà a un signore che gli chiede.
"Come mai parlate tutti veneto?"
"Cca simme tutti giuliani."
Sembra il finale di una maldobria.