di
Furio Percovich
(Gennaio 1996)
E le ho provato anch'io, come le hanno provato tanti connazionali
con i quali ho parlato di questi ritorni dopo tanto tempo, e
vorremmo trasmetterle anche ai nostri figli, ai nostri nipoti
e a tanti emigranti che non hanno avuto finora la possibilitą
di un ritorno, magari fugace, alla casa che li ha visto nascere
e, un triste giorno, partire.
In occasione del Convegno svoltosi a Trieste nel gennaio
scorso, sulla Storia dell' Emigrazione Giuliana nel Mondo,
al quale partecipai rappresentando il Circolo Giuliano
dell' Uruguay, ho avuto la possibilitą di ritornare nella
Regione Venezia Giulia dopo 26 anni dall' ultima visita,
e dalla quale sono partito, prima per l' Italia e un anno
dopo per l' Uruguay, nel 1949.
Gią durante il trasferimento in autobus, dall' Aeroporto di
Ronchi alla cittą di Trieste, a destra le scogliere della
costa tra Duino e Sistiana e le brulle rocce del Carso a
sinistra, mi hanno fatto ritornare indietro nel tempo :
mi sembrava di esser partito il giorno prima e non 47
anni fa !
Appena finito il Convegno, sono partito per l' Istria e Fiume.-
Da ragazzino, tra Trieste e Fiume attraversavo i posti di
blocco dei "drusi" titini e degli Alleati che governavano il
T.L.T. (Territorio Libero di Trieste).
Questa volta pure ho attraversato non uno, ma due confini !
Prima quello fra l' Italia e la Slovenia, appena fuori della
periferia del capoluogo giuliano e, pochi chilometri dopo,
la frontiera fra Slovenia e Croazia. A differenza di quello
che avveniva mezzo secolo fa,invece dei posti di blocco
ci sono i "passi di frontiera", pił civilizzati e con pił
tolleranza nel controllo dei passaporti, peró ugualmente
si soffre constatando com' é stata divisa la nostra terra,
e la collettivitą italiana tutt' ora residente colą.
Accompagnato da un amico istriano, residente ad Albaro
Vescovą, presso Capodistria (ora Slovenia), conosciuto
attraverso suoi parenti residenti in Uruguay, cioč il Sig.
Leandro Zugna, abbiamo visitato famiglie istriane che ci
hanno accolto fraternamente, conversando non solo nel
dialetto veneto, ma anche in lingua italiana.
Sono passato per un villaggio dove, da bambino, i miei
genitori mi portavano in vacanza: Lindaro, presso Pisino,
e soffermato a Gallignana, altro villaggio sulla strada per
Fianona, sul Quarnero.
Ho trovato poca gente, i villaggi quasi disabitati, ormai la
gente si trasferisce nelle cittą pił grandi, lavorando per i
turisti, mentre l' agricoltura langue.
Il sabato a mezzogiorno arrivammo ad Abbazia, la principale
localitą turistica sulla costa orientale dell' Istria: oltre ai
numerosissimi alberghi e pensioni che risalgono all' epoca
dell' Impero Austro-Ungarico, quando i nobili di Viennna
svernavano qui, ci sono ora anche molti alberghi moderni
per i turisti centro-europei ed italiani.
E, finalmente, siamo giunti a Fiume !
La giornata era grigia, triste, eppure mi sembró estiva.-
Ripercorrendo il viale d'entrata nella cittą, tra file di platani
spogli, ho visto di nuovo la Stazione, la Chiesa dei
Cappuccini (dove presi la Prima Comunione e la Cresima),
la Riva del porto, il Corso, la nostra cara Torre Civica oggi
senza l' Aquila, distrutta dagli invasori.
Camminai a lungo per le strade, dove la gente mi sembrava
dei fantasmi : pił che i cambiamenti edilizi (la popolazione
é passata da 60 a 200.000 abitanti, tutti venuti dalle ex
repubbliche jugoslave, per i quali sono stati costruiti
infinitą di rozzi grattacieli di cemento nelle colline periferiche),
ciņ che pił mi impressionó di Fiume furono le persone che
incontravo per la strada, totalmente diverse dai 50.000 fiumani
che la lasciarono dopo la guerra.
Decisi allora di non far caso alla gente e soltanto ripassare i
ricordi della gioventł..
Cosa strana : case, muretti, alberi, distanze, strade : tutto mi
sembrava pił piccolo, pił vicino. Perņ, c'č una spiegazione :
come succede a tutti coloro che lasciano un posto da bambini
e vi ritornano adulti, c'č il cambio del punto di vista e delle
gambe pił lunghe. Tutto ció che, visto da un metro d' altezza
e percorso con passetti corti, ci sembrava grande e lungo,ora
ci appare diverso.
Salvo questa differenza anche a Fiume, come a Trieste, mi
pareva non esserci mai andato via : tante decadi di assenza
svanirono d' incanto.
Poi andai presso casa mia, nel rione di Valscurigne, sulla
collina, in periferia, da dove prima si vedeva il Golfo e le
isole di Cherso e Veglia. Oggi, invece, il piazzale č pieno
di case che lasciano vedere soltanto il cielo.
Feci delle fotografie e poi, presi coraggio e, con Leandro
come interprete, salģ al primo piano, bussai e chiesi agli
attuali inquilini dell' appartamento dove passai la mia
gioventś, il permesso per visitarlo.
Erano marito e moglie, croati. Lei perņ parlava il dialetto
fiumano e quindi mi fu possibile entrare nuovamente a
casa mia.
Naturalmente riciclata, peró riconobbi la cucina, il balcone,
le stanze,..... c'era ancora la porta in ferro del focolaio nel
muro ( il "winthofer" ) , trasformato peró come sfogo della
stufa a metano.
Anche qui, tutto pił piccolo mi sembrava, peró era ...
spiritualmente almeno... CASA MIA !