Considerazioni sugli italiani rimasti a Zara

di

Giorgio Varisco e Walter Matulich


A seguito di una disussione creatasi all'interno di una mailing list su internet, è stata posta la domanda in cui si chiedeva testualmente "perché gli italiani a Zadar sono 4 gatti". Così risponde Giorgio Varisco:

La domanda che si pone ed a cui rispondo con alcune personali considerazioni è la seguente : "Perchè gli italiani a Zadar sono 4 gatti".
Elementare il perchè per chi "conosce" Zadar e l'ultima storia della Zara italiana.
Zara è stata Italia in una maniera così totale da divenire poi Zadar in un'altrattanto totale maniera.
"Gli italiani" non sono poi "quattro gatti" come numero a Zadar. Meglio sono quattro gatti gli iscritti alla C.I.
Tuttavia quelli che in famiglia parlano usualmente in italiano credo siano alcune migliaia.
Preferisco non azzardare numeri "più esatti". Qualcuno mi potrebbe chiedere da dove nasca questa convinzione che, non essendo "scientifica", non è attendibile. Dovrei poi "spiegare" troppe cose, iniziare a dire i "perchè" della mia stima che desidero tenere riservati anche perchè sono frutto di un personale "studio" che peraltro trova conferme . . . . .
A Zadar infatti ogni giorno puoi essere "scoperto".
In genere hai la sensazione che chi ti avvicina sa chi sei, sanno con chi vanno a parlare, sanno di parlare con una persona che "conosce" la città. Non fermano il "turista" quasiasi, ma chi dimostra una attenzione "diversa" per la città, per come parla e si comporta.
Chi "sceglie" di avvicinarti, parla in italiano con trasporto, con la gioia di chi parla una lingua che non usa da tempo.
Come un godimento, una liberazione, vuol dimostrarti di parlare la tua lingua, ma anche che è ben informato di quanto accade del tuo Paese, quasi fosse il suo.
I suoi occhi sono la cosa più bella da osservare, hanno cento sfumature, dimostrano gioia, fierezza, una volontà ed una forza che sembrano venire da lontano per poi, magari d'improvviso, si incupiscono nella consueta, abituale tristezza.
Ma forse sono solo i miei occhi che cercano di guardare dentro me stesso. E' una lingua parlata con termini semplici, talvolta italiano e dialetto veneto insieme, in genere espressi frettolomente, altre volte le domande, i concetti, tutto il colloquio si sviluppa con una grande, quasi incomprensibile lentezza.
Non sono giovanissime le persone che ti incontrano, hanno 50 anni o qualche anno in più.
Lo svolgersi dell'incontro sembra non essere mai casuale ed in ogni caso non sei tu che "lo gestisci", in qualche modo lo "subisci" tuo malgrado parlando anche in fretta di un'infinità di argomenti tra loro spesso non collegati. Sono persone queste che non "si vedono", naturalmente non sono iscritti alla C.I., ma ci sono.
Per chi conoscesse la città sono uomini e donne che appiano e scompaiono, quasi fossero fantasmi, ogni giorno diversi. Soprattutto si possono incontrare nella "direttice" di popolo che si muove al mattino da Porta San Rocco, il mercato, al ponte che porta a Cereria. Ma ti può accadere d'incontrarli in Piazza dei Signori, in Riva Nova, come alla Porta Terraferma o a Borgherizzo. Non mi è mai accaduto in Calle Larga, ma a mio avviso a tutto vi è un motivo, la via è troppo centrale, non è luogo che si presti per "parlare".
Parlano, cercano di "riconoscerti" e di farsi riconoscere. Sono incontri con persone che dimostrano una grande dignità. Non chiedono mai nulla per sè, intuisci invece che vorrebbero da te qualcosa per altri, in famiglia, ma poi si guardano intorno e nello stesso modo in cui sono "comparsi", "scompaiono", volutamente senza "lasciar traccia".
Sono incontri "affascinanti" per loro entrinseca essenza.
Quando hanno termine resti a guardarti intorno chiedendoti perchè fosse accaduto.
Era lo stesso quando andavo in vacanza nelle isole di fronte a Zara, d'improvviso si presentava qualcuno che ti aveva atteso anche più di un'ora; voleva parlare con te, aveva sentito dire che eri un italiano nato a Zara .
. . . . Ma chi me li "mandava".
Vero è che chi si è dichiarato di nazionalità italiana a Zadar, una città di oltre 80 mila abitanti, in un ormai lontano censimento, sono state 87 persone, meno di un terzo degli iscritti alla C.I. . . . . . Questo fa pensare.
Ho parlato con più di qualcuno che si è dichiarato italiano allora e mi ha confidato che non è stato facile sia l'approccio con il verificatore inviato dall'autorità, che le reazioni all'interno della propria famiglia.
Nella sostanza "il dopoguerra" a Zadar è stato ed è particolarmente "duro" per chi sia voluto o si voglia dichiarare di lingua, di etnia italiana. Questo comportamento è stato molto più difficile da esprimere a Zadar che a Spalato o a Traù, in maniera diversa, ma ugualmnete difficile per chi vive a Sebenico.
In ogni città delle Dalmazia vi è un perchè, articolato e difficile da spiegare a chi non sa, ma chiaro da comprendere per chi conosca la storia dei luoghi e ne frequenti il territorio.
Riprendendo l'argomento dall'inizio, a Zadar per la gran parte sono rimaste persone che parlano italiano, ma, dopo troppi anni di isolamento della città, anche dallo stesso mondo economico e politico croato, non lo sanno nè ben scrivere ne ben tradurre. Una larga fetta di popolazione di lingua o etnia italiane, spesso di livello culturale non elevato, non è riuscito a crescere essenzialmente per l'ostilità che ancora trova nel mondo che la circonda.
Per questo motivo " gli italiani a Zadar sembrano" ancor meno di quelli che in effetti sono.
Soprattutto mancano di iniziativa, è anche vero che ogniqualvolta hanno provato a prenderla, sono stati rigettati, anche con violenza, nel loro dignitoso e commovente isolamento.
Ecco perchè "gli italiani" a Zadar sono 4 gatti.

A queste prime considerazioni si sono aggiunte quelle di Walter Matulich:

Dimentica il querente che :