Ricordando...

di

Neumann Antonio




Calafiore Emanuele, nato a Fiume l’8 marzo 1926. Diplomato al Liceo Scientifico di Fiume. Milite del 3^ Reggimento D.T. (Difesa Territoriale – 61a Legione). Il 5 maggio 1945 venne catturato dagli slavi a Villa del Nevoso, dove aveva accompagnato un commilitone ferito. Da allora non si sono più avute sue notizie. Il suo amore per il prossimo gli è stato fatale. Doveva essere il 1942 o il 1943, non ricordo bene, quando, insieme a sua madre, venne a trascorrere un periodo di vacanze a Valsantamarina. Fu immediatamente accolto nel nostro gruppo di “mularia”, a farlo accogliere furono in verità le nostre “mulete” in quanto si trattava di un gran bel ragazzo, timidissimo e gentile, il tipo che ispira un immediato senso di protezione materna nelle donne. Infatti, a tutta prima, sua mamma, una bella signora pure lei, ci vide con una certa diffidenza e, a tutta prima ebbe a seguirlo spesso nelle nostre passeggiate sui contrafforti del Monte Maggiore e a controllare da riva le nostre gite in barca. A quei tempi, allora doveva proprio essere il 1942, un po’ come accadde con tutte le mamme della nostra “clapa”, io entrai nella sua particolare fiducia e ad ogni iniziativa del gruppo non esiteva a chiedere: “Viene anche Tonci?” . Questa faccenda non è che mi garbasse particolarmente. Ma era un ritornello che mi perseguiva da tempo e che continuò anche in età più avanzata. Quando diventai l’accompagnatore fisso di cugine bellocce e vicine di casa appetitose. Ero richiesto per accompagnarle a negozi, dal parrucchiere e così via. Mi sapeva tanto di "Cavalier servente" dello scrittore Rosso di San Secondo. Tornando ad Emanuele, divago sempre, divenne l’amicone di tutti rimanendo pur sempre accentuato l’attaccamento reciproco alla madre. Un’ amicizia, la sua, che conservai anche in seguito a Fiume, mentre lui frequentava il Liceo Scientifico ed io l’Istituto Nautico. Ci si incontrava a sera al corso a fare i quattro passi di rito. Ci staccavamo, talvolta anche bruscamente, dalle appiccicose amichette di scuola della mia sorellina. Mentre non staccavamo certamente gli occhi dalle più cospicue compagne nostre di scuola. Il Corso serviva a questo. Quando ci fù per entrambi la chiamata di leva nel marzo del 1944, ne discutemmo assieme, io tendevo alla X Mas allontanandomi quindi da Fiume, lui pensava ad un qualcosa che lo tenesse vicino alla madre ed è perciò che si arruolò nella D.T. della 61ma Legione con sede a Fiume.

Anton Rossovich, nativo di Valsantamarina, mio coetaneo. A 5 anni di età era già una piccola peste, disfaceva i castelli di sabbia, strappava per i capelli alle bambinelle del gruppo, cercava di imporre a tutti i suoi giuochi, insultava o si azzuffava con quanti tentavano di ridurlo a ragione. Era un ribelle nato e lo rimase fino alla fine della sua purtroppo breve esistenza. Eravamo già grandicelli quando in un pomeriggio estivo , mentre s’attendeva l’arrivo del vaporino delle 17.00 sulla prolunga del molo d’ormeggio, al termine di una discussione mi gettò in mare vestito com’ero, risalii sulla banchina tutto inzuppato, la dove lui mi attendeva a gambe larghe truce in volto, ci accapigliammo di bel nuovo fintantoché non precipitammo entrambi avvinti in acqua. Era un ribelle ma noi eravamo l’unico gruppo di “mularia” locale a cui potesse associarsi. E lo faceva di malagrazia. Ed ogni qual volta attaccava briga con qualche ragazzo o ragazza al di fuori della nostra sfera, correvamo noi, della “clapa” a dargli man forte. In questi casi, per un po’, soggiaceva ai nostri programmi di svago senza interferire. Anton era così. Nell’estate del 1943, all’inizio delle vacanze degli altri, non delle mie che affrontavo l’esame di licenza per i “Macchinisti Navali” all’’Istituto Tecnico Nautico e facevo il pendolare tra Valsantamarina e Fiume, non mi resi conto subito della sua assenza. Anche perché ebbe a parzialmente sciogliersi la nostra solita comitiva, si era tutti cresciuti, le ragazze non accettavano più i nostri scherzi e si offendevano su talune nostre osservazioni. Erano divenute neghittose ed insolenti. Io poi, nel andare a venire su e giù con il vaporino, ero entrato nelle grazie di una sedicenne di Como, nipote di un Capitano Medico della ridotta antisbarco alleato stabilita a Valsantamarina, costituito da un due plotoni di anziani militari di fanteria della riserva. Quando mi resi conto dell’assenza di Anton in giro e deluso dalle risposte evasive sul suo conto dagli altri ragazzi locali, mi recai direttamente da suo padre, il falegname del paese, che mi rispose piuttosto seccamente: “Anton è in bosco!”. Su queste parole non ci posi gran caso ne pensai di approfondirne il significato. Dopo tutto s’era in vacanza ormai, d’estate, e c’era Gabriella.

Anni dopo, nei 1970’ , allorché tornai a Fiume con la mia nave, nello stesso giorno dell’attracco a banchina, nel pomeriggio presi un taxi e mi recai a Valsantamarina, ora Moschiena Draga, salendo ad un certo punto dal molo alla strada, principale, sulla parete della casa opposta primeggiava la nuova targa della via, vi si leggeva: “PARTIGIANO ANTON ROSSOVICH 1924-1943”. Fui colto così di sorpresa che mi trovai a piangere. Non erano le prime per me, in quei giorni. Più tardi sulla spiaggia, quando vi fù l’incontro con Wilma e sua madre, quando mi fecero accomodare in casa, appresi che Anton era stato uno dei primi partigiani a cadere sul Monte Maggiore durante l’offensiva tedesca in Istria, dopo l’8 settembre.