Guerre e generali

di

Neumann Antonio




Nei giorni scorsi vi è stato un gran parlare, in lista, di guerre, di generali, di giurisdizione militare, di proclami; un parlare indubbiamente dotto di citazioni e riferimenti a questo o quello però con autori e giudizi palesemente di sinistra. Per il mio grado di cultura, diplomato nautico, non sono certo in grado di confutare con pari vastità gli argomenti trattati, mi ha però turbato non poco la propensione di additare i generali italiani, e solamente questi, come soggetti di interventi criminali in tempo di guerra. Traggo ancora una volta i miei ricordi, le mie esperienze, solamente queste, quali oggetti di discussione.

La scena è rappresentata dalla località di Pusan, un porto di mare posto sulla punta meridionale della Corea del Sud. L'anno è il 1953, in cui viene firmato l'armistizio che pone fine alla guerra. Nel giorno della firma mi trovavo a bordo della M/n "Enrico Mazzarella" come secondo ufficiale di macchina, a tre giorni dall'arrivo a Pusan dove avremmo scaricato il fosfato di potassio in sacchi, imbarcato a Trieste, In quello stesso giorno, oltre alla notizia del raggiunto armistizio fummo telegraficamente informati dall'armatore che era quindi scaduto il soprassoldo per navigazione in zone di guerra. La puntualità degli armatori!
Ormeggiammo all'estremità di una vasta banchina, a debita distanza da altre navi, il fosfato di potassio è un composto che viene usato tanto in agricoltura come fertilizzante quanto come contenuto detonante nei proiettili essendo esso un composto altamente esplosivo, sui sacchi era indicata la dicitura di uso agreste.. Fummo immediatamente invasi da una torma di MP, military police americana, M.P. che si posero ad ispezionare la nave da capo a fondo per prendere poi posizione accanto alle stive. Giunsero quindi a bordo scaricatori coreani con indosso solo un paio di cenciosi calzoni e a piedi scalzi data la natura del carico che si infilarono dentro alle boccaporte delle stive con gli M.P. ad armi puntate, ai lati. Ad un certo punto, fu condotto nella mia piccola cabina, il "Mazzarella" era un vecchio "catorcio" di mercantile costruito nel 1922 in Inghilterra, un enorme sergente M.P. biondo che sbottò in un sonoro "De dove la xe lei?", gli risposi "De Fiume". "Ah, allora lei la se un fiuman magna merda lasa can!". "E lei de dove la xe?" "Mi son nato nel Wisconsin ma son stado un mucho de ani a Trieste coi alleati e me go sposado là con una bela mula. Adesso vivemo nel mio paese e gavemo due fioi". Diventammo amici, pranzò a bordo con noi, nella mensa ufficiali lasciando il mitragliatore nella mia cabina. Alle 17.00 si chiusero le boccaporte per la notte, ci fu il cambio degli M.P. ma rimase anche a cena il mio sergente avendomi invitato a una gita in città con la sua "jeep".

Nella "jeep" mi sedetti alla sua destra e partimmo per attraversare l'estesa banchina colma di attrezzature belliche le più svariate giunte con le navi, era scesa nel frattempo la sera, procedendo a zig-zag fra gli ammassi di cianfrusaglie venimmo ad incrociare un camion militare che procedeva in velocità tra gli ingombri. Il mio sergente M.P. lo bloccò ingiungendo al guidatore di scendere, questo le fece ma non ebbe nemmeno il tempo di porre i piedi al suolo che i sergentone lo aggredì brutalmente con un "You fucking nigger, this is not Indianapolis, slow down while at the pier!"! colpendolo quindi con pugni e calci quando quello cadde disteso a terra. "Questi bastardi negri." disse poi rivolgendosi a me "Non imparano mai niente.". Proseguimmo fino alla radice della banchina ed imboccammo uno stradone polveroso, dopo qualche chilometro i nostri fari inquadrarono una strana figura che, in mezzo alla strada, agitava le mani per fermarci. Era un vecchio che indossava una specie di tunica bianca che gli scendeva fino ai piedi, in testa aveva un lungo cono bianco anch'esso. Lo M.P. scese e gli si fece incontro urlando: "Why you bloody fucking corean, I know you are a North Corea spy" dando uno spintone all'anziano che cadde rotolando fino al ciglio della strada. "Ha visto quello? Sono una specie di santoni che campano passando di casa in casa ottenendo cibo e riposo per la notte. Qui dicono che ascoltano i problemi della famiglia e danno consiglio come superarli, sono invece spioni del nord dove poi passano le linee e forniscono le informazioni militari che raccolgono." Proseguimmo e raggiungemmo un centro abitato, casette basse con tetti spioventi, una illuminazione delle vie frammentaria, strade fangose, militari barcollanti addossati alle pareti, coreani che se ne tengono alla larga e infine uno stop di fronte ad un edificio più grande. Vi entriamo o, meglio, vi penetriamo attraverso una folla di militari e di ragazze che ballano in un ambiente fumoso, ai lati della sala dei banconi, bicchieroni di birra a go-go, bicchierini di wisky e bevande colorate. Qua e là soldati ormai partiti, accosciati su seggiole o tavolini traballanti. Il mio sergente si ferma lanciando occhiate in giro. Poi mi fa: "Usciamo, non ci sono in giro drogati." Risaliamo sulla "jeep" e mi riporta a bordo senza ulteriori incidenti di percorso.

Una o due sere dopo mi portano in cabina un borghese, "E' questo el fiuman? Mi son de Pola, son imbarcado su quela Liberty qua vicin, volevo saver se ghe iera qalcun dei nostri. Mi a bordo della barca son l'operaio meccanico." . Viene fuori che, dopo aver lasciato Pola, s'era imbarcato su una nave italiana a Genova ma, una volta negli U.S.A., aveva disertato la nave, aveva tentato di sistemarsi a terra ma, non essendo riuscito a trovare posti di lavoro che non fosse quello di fare il lavapiatti o il cameriere, era ritornato alla marina mercantile, quella U.S.A. questa volta. Discorremmo un po', si mise quasi a piangere quando ebbi ad offrigli una bottiglia di birra "Pedavena", ci furono delle altre ovviamente, poi mi chiese di riaccompagnarlo a bordo, forse l'entusiasmo per le "Pedavena" era stato eccessivo. Ci avviammo verso la sua nave, non era molto distante ma, allorché fummo più vicino, mi accorsi di un certo movimento di autocarri . La zona della banchina non era molto illuminata, accadeva una cosa strana, dagli autocarri venivano fatti cadere a terra dei grossi copertoni per le ruote di veicoli, dei militari poi li facevano rotolare fino all'estremità della banchina per poi scaraventarli dove, in mare ? Ci avvicinammo ancora, e quindi, proprio sotto alla poppa della nave scorgemmo delle larghe giunche o barconi dentro ai quali ruzzolavano i copertoni. Tutta la zona era pressoché oscurata e tutto avveniva nel massimo silenzio. Ci affrettammo verso lo scalandrone del mercantile e salimmo a bordo. Il polesano insistette per berci un caffè e cosi gli chiesi cosa stava accadendo giù a poppa. "Quei xe i nostri generali, i pezi grosi della susistenza, la ciamavimo così, no?", " E dove i va a finir?", "Dove ti vol che i vada? Su, nella Corea del Nord." "Ma noi xe i vostri nemici?". "Quei generali i se venderia anche la madre, non ti ga idea cosa succede qua.".

Dopo qualche giorno l'"Enrico Mazzarella", ripulito le stive dal carico precedente, è a Dairen, un porto di mare della Manciuria, nella Cina Comunista. Il nuovo carico è costituito da the in sacchi con destinazione Rotterdam, Olanda. A portarci all'attracco in banchina sono due rimorchiatori nuovi di zecca, Sulle strutture del ponte, proprio sotto la plancia, c'è la targa del cantiere che l'ha costruiti in U.S.A. In banchina attrezzature moderne, nastri rotanti che rovesciano i sacchi a bordo, carrelli elevatori, autocarri tutti U.S.A.., tutti dipinti in grigioverde militare. Le autorità sono molto gentili, non ci pongono nemmeno le guardie in banchina allo scalandrone e verso prua e poppa come accade nelle altre nazioni a regime comunista. Ci lasciano a bordo anche una graziosa ragazza la quale, secondo le intenzioni delle autorità locali, dovrebbe servire da "trait d'union" tra la nave e le autorità stesse. Parla in inglese e così la rifilano a me che sono l'unico a bordo a masticarlo. Chiacchiera molto, dopo un primo approccio comprendo i suoi scopi, vorrebbe sapere da noi tutto quello che abbiamo visto a Pusan, quante navi, i materiali bellici. Io cambio sempre gli argomenti. Lo facciamo anche noi in Italia del resto, nelle soste a Genova c'è sempre un ufficiale che viene convocato in Capitaneria per essere interrogato su quanto osservato nel paese straniero al di la della cortina di ferro, c'è la guerra fredda tra blocco occidentale e Russia. A Dairen numerosi anche i Russi, tutti in borghese, in città c'è un grande supermercato dove incontriamo anche le grosse donne russe a fare le spese. Nel moderno super mercato prodotti americani e russi. Dairen è una bella città, quasi occidentale, e molto ospitale. Le autorità ci offrono perfino una cena a terra, a loro spese. Arrivano sottobordo con un pulmann quasi nuovo anch'esso, vi saliamo quasi tutti, rimane a bordo solo il personale di guardia. A farci da hostess nel tragitto c'è la solita cinesina. Ricordo un gran salone e una lunga tavola a T bella e imbandita. Niente posate bastoncini o posate di plastica. Tutto europeo. All'inizio ci sono anche i discorsi. Io siedo accanto a quello che sembra essere l'anfitrione e vicino a me si pone la cinesina. Dall'altro lato dell'anfitrione, un pezzo grosso del partito, penso, siede il nostro comandante. Dopo che ci siamo tutti seduti, dei camerieri in perfetta tenuta e guanti, ci riempiono, per la prima ma non ultima volta, il bicchiere, è spumante. Il pezzo grosso si alza ed inizia una lunga perorazione in lingua cinese di cui, ovviamente, non capiamo una parola, ogni tanto spunta fuori la parola "Italia" con applausi degli altri borghesi presenti cinesi o manciuriani che siano e brindisi, ci alziamo anche noi e giù in gola una prima sorsata, poi altre "Italie" ed altrettanto sorsate. Finalmente il discorso di accoglienza finisce ma si alza la cinesina al mio fianco che mi riassume il discorso precedente in inglese, nella sua bocca esso diviene per fortuna più breve, intercalato anch'esso, quando vengono pronunciate "China e Italia" da altri brindisi. Vivi applausi anche a lei. Ora, accidenti, viene il mio turno, sono già un po' brillo per cui, rivolgendomi al nostro equipaggio me la cavo con un: "Bene …… . Dicono che la Cina e l'Italia (brindisi) sono amiche ed alleate e che loro sono molto contenti perché la nostra è la prima nave italiana giunta in Manciuria. Brindiamo quindi all'amicizia Italo-Cinese e alla Manciuria (brindisi). L'anfitrione sbarra un tantino gli occhi, quel suo lungo bel discorso divenuto quattro parole. Non chiedetemi come era andato il pranzo, non ricordo, ci devono essere stati, alla fine, altri brindisi questa volta con il saké, non ricordo ne ricordo quando ad un certo punto del pasto la cinesina, con il capo appoggiato alla mia spalla mi ha sussurrata rispondendo ad una mia ennesima richiesta sul da dove e sul come provenissero le attrezzature americane mi ha sussurrato all'orecchio: "Barter!", baratto.

Accade spesso, un armatore, una nave accetta un carico e una destinazione indicata nella polizza d'assicurazione, in navigazione, il comandante riceve un telegramma dall'armatore che lo informa che la destinazione è cambiata, non è più Pusan ma Dairen. In un qualche ufficio degli Stati Uniti qualcuno con un grado di alto lignaggio nell'United States Army ha venduto il carico della U.S.A. alla Cina. Onde non creare troppi sospetti, Dairen è il porto più vicino alla Corea. E sempre per non creare troppi sospetti il carico è composto solo da attrezzature portuali, rimorchiatori compresi. Tutto il mondo è paese, mentre marines americani muoiono nella guerra di Corea, in Italia i nostri fanti muoiono in Russia o in Jugoslavia per congelamenti o deficienze dei materiali in dotazione e vestizione. Vicino a Canale d'Isonzo, accanto ad un casolare di campagna, viene colpito a morte un sergente del mio battaglione in una imboscata partigiana, ad un'ora dal fatto il posto pullula di gente in grigioverde, l'unico che vedo portarsi via un quattro galline dall'aia è un pingue maresciallo del comando di Salcano. Quanto avrà rubato anche quello dalle nostre mense?