Un ricordo con il cuore

di

Neumann Antonio




Cari tutti,

oggi è il 23 marzo 2007, Microsoft Word ha ritrovato questo vecchio messaggio, nel 26.07.02 avevo cinque anni di meno e la mente più fresca. Attualmente sono in contatto con Draga di Moschiena affinché mi inviino un libro di fotografie d’epoca che, questo anno, sono state esibite in una mostra fotografica che ha ottenuto un grande successo di pubblico. Ripropongo il messaggio per quanti fiumani hanno ancora nel cuore la nostra Valsantamarina.


Dal Digest Number 1385 di Forum Fiume, Messaggio no. 12 del 26.07.02 con oggetto: “Draga di Moschinena e riferimento a “ ………. grazie al contributo di amici, conoscenti, concittadini e degli ormai pochi veri originari di Draga rimasti ………. “.

E’ quello che scrive Lei, caro signor Papp e che io ho letto su un messaggio del mio computer.

Di Valsantamarina scompaiono quindi anche le radici d’un tempo, quelle umane, quelle dei Barbalich pescatori, dei Braidicich del negozio commestibili, dei Bradicich del bar nella piazzetta, Dei Velcich panettieri, del Gallovich ciabattino, dei Rossovich pescatori e naviganti, dei Delich, dei Persich, dei Martinoli, dei Martincich, dei Sandali, del Pino gelataio, e di tanti altri i cui nominativi sono scomparsi dagli elenchi di componenti del comune o di associazioni che ogni tanto compaiono. Mi incuriosisce il cognome di Papp, lo ricordo e non lo ricordo. Negli anni 70’ c’erano ancora tanti di moscenizani patochi.

Sono decisamente vecchio. I primi anni di vacanze con i miei avemmo a trascorrerle dai Barbalich pescatori, una bella casetta con un balconcino al primo piano, sulla strada di accesso alla piazza, proprio dirimpetto agli scalini che portavano al molo. Da quel balconcino entrai nelle cronache del paese per avervi scaraventato giù un gatto da bambino e sempre da bambinello incauto uscendo di corsa da casa finii sotto le ruote dela Torpedo aperta di Amos Martincich, padre di Dane e di Slava. Amos era l’unico tassista di Draga. Io rimasi completamente incolume nell’incidente, a quei tempi le auto avevano larghe ruote ed erano belle alte con le predelle ai lati. Noi, in casa, si occupava il primo piano, al di sotto alloggiavano i padroni di casa e d’ estate, due lori scatenati nipotini di TriesteTini e Rini mi sembra facessero, ci si litigava spesso, loro ci insultavano con i “fiuman magna merda lasa pan”, noi si reagiva con i “triestin meso ladro e meso assasin”. Scambi di gentilezze. Poi per un due anni a seguire fummo ospitati da un altro pescatore di cui purtroppo non ricordo il nome se non quello della sua barca, la “Linda”. La sua casetta era collocata proprio accanto all’albergo “Marina” che mi sembra esista ancora oggi con lo stesso nome ed era separata dalla passeggiata della spiaggia dallo stabilimento balneare in legno che, nei 70’ esisteva ancora.

Fu in uno di quei due anni che venne a trascorrere le vacanze al “Marina” la famiglia del senatore Host-Venturi, dovevo essere già grandicello perché dovetti fare il tutore al loro figliolo più grande. Rammento ancora che, addossata al albergo “Marina” c’ era la casa dei Delich e subito attaccata a loro quella dei Benaglia di Pola con due feminuzze assai birichine e un ultimo nato, Marino. Veniva quindi la casa dei Descovich con il figlio Fedor, e seguiva, sempre attaccata la casa del pescatore Rossovich con i due figli Nadan e Ivo. La fila di casette terminava con il villino dell’ingegnere Mohovich, dirigente dei cantieri navali di Monfacone con i figli Gastone e Franco. Più avanti, addirittura sul greto sabbioso della spiaggia una casona a quei tempi di proprietà di un ammiraglio della marina da guerra olandese spostato con una ragazza di Draga, avevano due figli , uno un po’ più grande di noi che, ricordo, passeggiava sempre con una specie di papalina bianca, l’altro, Lucio, coetaneo di mio fratello. Negli anni 70’ vi abitava la bella Fedora Sandali, sposata ad un pittore di Zagabria In quei tempi i nostri giuochi si svolgevano per lo più intorno allo stabilimento bagni perché consentiva ardite scalate e opportuni vani entri i quali “nasconderse”.

Erano i tempi dei turisti inglesi. Generalmente coppie anziane ed ossute zitelle. Alloggiavano in genere nell’albergo “Armanda” situato proprio al centro del paese. Mi rammento di un Albergo “Sneider e di un altro pper il quale bisognava fare degli scalini e dove in cima c’era un falegname con un figlio Anton morto come partigiano. I vaporetti che collegavano Fiume ai paese rivieraschi del Quarnero erano al mattino presto lo “Jadera”, più tardi il vecchio “Lussino o il “Laurana o l’Abbazia” che ritornavano poi al pomeriggio sul tardi. Sancivano un po’ il trascorrere della giornata. L’appuntamento più affollato sul molo era nel pomeriggio quando il vaporino recava coloro che rientravano da Fiume e i nuovi villeggianti. Pietro, che faceva anche il postino, e Anton erano gli ormeggiatori e, terminato quel compito, i facchini.

Deve essere stato agli inizi degli anni 30, che divenne parroco a Moschiena Alta un giovane prete, non ricordo se sloveno o croato. Alla domenica mattina veniva a fare messa nella chiesetta bianca di Draga con due sermoni, uno regolare in lingua italiana e l’altro in croato (benché vietato dalle leggi fasciste). Era un prete particolare, un bel ragazzo e simpatico, faceva la sposa tra Moschiena alta e Valsantamarina con una moto. Alla domenica, terminata la messa, si metteva in “borghese” vestendo da turista e andando a caccia sulla spiaggia di qualche straniera da portarsela poi nel pomeriggio, fuori, bene al largo, su una barca a vela. Sapeva fare così bene che convinse mia madre (mio padre era ebreo) a battezzare e a farci la prima comunione a me, mio fratello e mia sorella in una cerimonia durante la messa domenicale. Vi assistette anche il mio gruppo di amichetti e amichette, all’uscita Fedora mi chiese se avessi cambiato nome dopo l’insolita cerimonia. Facevano parte del nostro gruppetto in primis Rade Martincich fin da piccolini, Dino Liverani (fratello maggiore Nisi, poi Mariuccia e Lena), Dino Liverani è deceduto a bordo dell’iincrociatore Fiume dov’era imbarcato come elettricista, Wilma la cui casa era accanto allo stabilimento bagni sulla spiaggia e non ne ricordo il cognome, fratello Bose e uno più piccolo), la citata Fedora Sandali con un fratello e una sorella più grandi, la Slava bionda figlia di Amos Martincich che stavano vicino a S. Pietro, due foresti come noi Neumann, Non ne ricordo bene i nomi, forse un Adriano che ebbe a tornare in vacanza a Fano anche in seguito, da uomo fatto e un altro piccolino che era parente di quella vecchietta che aveva il casotto delle verdure vicono ai “Tabacchi” di Agrario.

Trascorsero gli anni felici nella casa di Pepin Martincich, cuoco di bordo con la “Tirrenia”, la moglie Maritza, i figli Rade ovviamente e la sorellina Liliza. Accanto alla loro casa v’era un fratello di Pepin con una moglie in eterna lite con la Maritza proprio alla curva con di fronte l’ingresso alla villa del “Contavo” sempre chiusa e la grande villa del comandante Persich con un figlio che zoppicava. Dimenticavo, nel nostro gruppo c’era anche la Natalia Descovich con il padre capo macchinista della “Fiumana Navigazione”. Che avevano la casa più in giù di quella dove abitavano, al secondo piano, i Liverani, e sotto, al pianoterra, la casermetta della Guardia di Finanza.

Sono tanti i ricordi, caro signor Papp. Molti quelli dimenticati e che poi saltano fuori, così, improvvisamente nella memoria. Mi sembra che Lei abbia anche scritto un libro con la storia di Valsantamarina. Se è in commercio potrei acquistarlo in qualche modo? Io mi scuso per il lungo scritto ma per me, respirare l’aria di Draga, è una delle poche fonte di gioia che ancora mi rimangono.