Sere d'estate

di

Neumann Antonio




D’estate, a Valsantamarina (oggi Draga di Moschiena) la sera implicava programmi di intrattenimento ben diversi da quelli odierni. Gli anziani più facoltosi si limitavano a scambiarsi chiacchiere al fresco di terrazze o giardini sdraiati o seduti su seggiole o sdraio di vimini intorno ad un tavolino con qualche bicchiere o bottiglia di cognac per gli uomini oppure aranciate ghiacciate per le signore. Erano sempre discorsi oziosi con qualche pettegolezzo tra un sorso e l’altro. I giovani in età si radunavano per un coktail al bar Braidicich, nella piazzetta del paese progettando il prosieguo della serata e lanciando occhiate al lento sopraggiungere delle loro coetanee villeggianti in ghingheri o delle belle forestiere e sognando non sempre improbabili incontri e passeggiate sulla stradina lungo il viottolo verso la spiaggia di San Giovanni, cosparsa di spiaggette discrete tra gli scogli. Magari con una sosta davanti alla Madonnina della Villa Ossoinach ed un primo bacetto di assaggio.

Noi ragazzaglia, non ancora in età, ci si radunava, nel dopo cena, sul molo del porticciuolo, occhiatine ai presenti e poi, generalmente, ragazzi e ragazzine si iniziava generalmente con il gaio e rumoroso giuoco della “caccia al pescecane” consistente nella divisione in due metà dell’area del molo stesso, una di esse diveniva zona di mare aperto, l’altra fungeva da spiaggia i cui bagnanti si avventuravano in mare timorosamente, mentre uno o due pescecani s’aggiravano sul mare tentando di afferrare qualcuno o qualcuna delle bagnanti, queste ultime diventavano i bocconcini più prelibati perché dovevano accettare un bacio rigorosamente sulla guancia (o, magari, qualche vietata strizzatina), le prede maschile si invertivano le parti con i pescecani. In mezzo allo spazio costituito dal mare, veniva collocato il pontile a ruote che, di solito, veniva usato per lo sbarco dei passeggeri dalle navi in breve sosta e che,nel giuoco, assumeva il ruolo di natante salva bagnanti.

Ad una certa ora della serata, l’eccessiva euforia dei giocatori, le botte al pontile per strapparne le prede in salvo, gli strilli acuti delle ragazzine. provocavano le proteste degli abitanti delle case affacciate sul molo stesso tuttavia troppo distanti per le loro rovesciati di secchi d’acqua per raggiungerci. Allora ci si poneva in calma attesa dell’arrivo del vaporino del “Fresco al Mare” che tutto illuminato, il “gran pavese di lampadine”, i motivi della orchestrina di bordo, giungeva intorno alle 23 dopo aver imbarcato i primi gitanti a Fiume e quindi percorso la costa con l’imbarco di altri gitanti ad Abbazia e Laurana, a Valsantamarina. Qui sostava per un’ oretta in modo da consentire ai passeggeri di scendere a terra e proseguire i loro balli a terra, sulla pista dell’Albergo “Armanda”.

Nel mentre quelli ballavano, io ed altri due o tre ragazzi ci precipitavamo a casa per toglierci gli abiti ed indossare le mutandine da bagno preparandoci per l’ultima bravata della giornata. Si ritornava sul molo sostando in prossimità della prua della nave in attesa del rientro dei gitanti. Non appena il comandante di essa ordinava ai marinai di mollare i cavi, noi ci si tuffava in mare e si raggiungeva in un attimo il dritto di prora afferrandone le estremità in modo da farci trascinare al largo mentre lo scafo, a marcia indietro, s’allontanava dalla banchina. Dopo qualche metro di questo insolito divertimento, ci si staccava per raggiungere a nuoto la vicina scogliera.