Ripassando i miei ricordi

di

Neumann Antonio




Mi riferisco a quelli presenti sul sito di ML HISTRIA. Ribadisco che non sono uno storico, il mio massimo titolo di studio è quello della Licenza di Macchinista Navale, il mio massimo titolo professionale è quello di Capitano Superiore di Macchina della Marina Mercantile Italiana, la mia unica onorificenza è quella di Medaglia d’Onore (oro) di primo grado per lunga navigazione concessami dal Ministero della Marina Mercantile Italiana. Le mie uniche pubblicazioni editoriali sono “L’esame di grado nella marina mercantile” e “Motori Marini – Guida pratica per chi va in barca (due edizioni); Editore Ulrico Hoepli di Milano.

Tornando ai miei ricordi e quelli uditi attraverso le parole di mio padre mi sia consentito di avallare, attraverso le mie personali esperienze e quelle trasmessomi da mio padre quanto segue. A Fiume, negli anni dal 1924 al 1945, la vita dei suoi abitanti fu felice e, in genere, priva di problemi economici o sociali in una perfetta convivenza tra italiani, sloveni e croati. Esempio 1) l’avvocato Spehar, cittadino iugoslavo, proprietario dell’edificio in Riva C. Colombo 6, nominato dai tedeschi Vice-Prefetto di Sussak, affittuario dell’appartamento occupato dalla mia famiglia nello stesso edificio, avvocato civilista di mio padre potè esercitare la sua professione tanto a Fiume che a Sussak; 2) Boris, un mio coetaneo e facente parte della banda di ragazzi di via De Amicis, cittadino iugoslavo, studente a Sussak, abitante nella salita tra via De Amicis e via G. Pascoli, con madre sarta, visse sempre fino a maturità in quell’ appartamentino a piano terra; 3) gli innumerevoli miei compagni di scuola, amici giovanili con i terminali del cognome in “ich, che conservarono il loro cognome senza italianizzarlo e senza, per questo, essere brutalizzati da alcuno (Vedi Furio Percovich e Antonio Neumann); non tutti i miei compagni di scuola indossarono le divise delle organizzazioni giovaniliu fasciste nei sabati fascisti. 4) Mio padre ebreo esercitò la sua professione di commerciante in pellami e affini fino al 1948 quando le autorità croate, dopo la sua domanda di opzione per la cittadinanza italiana, gli imposero di chiudere le serrande perché i suoi negozi appartenevano al popolo; 5) a Fiume, tra i giovani non esistettero mai differenziazioni politiche, sociali, etniche, razziali di alcun genere, sugli autocarri dei Cantieri Navali, su quelli della ROMSA, del Siluruficio che portavano alla domenica i sciatori al Monte Nevoso erano ospitati operai di queste aziende, impiegati di ditte privati od enti pubblici, studenti, insomma tutti senza distinzioni e ad intonare i canti di montagna o popolare s’era tutti senza parlare delle gite al Monte Maggiore. E alla domenica a bordo dell’”Abbazia”, del “Laurana” del “Lussin” o al “Fresco al Mare” notturno si andava tutti “sciavi e italiani”.

Valsantamarina, ora Draga di Moschiena. Io dal 1928 al 1943 mi trasferivo per circa quattro mesi, insieme ai miei famigliari, in questa località sulla costa orientale dell’Istria e siamo escresciuti li, insieme all’elemento locale croato, con lingua croata parlata in casa ma di cittadinanza italiana, eravamo tutti uguali, eventuali insulti strettamente in lingua croata, erano più efficaci di quelli italiani, da parte degli anziani o dell’elemento locale grande cordialità di rapporti, mai udite, dalle loro bocche, espressioni antifasciste o avverse all’Italia, numerosi i marittimi locali imbarcati su navi di bandiera italiana, il proprietario della casa dove noi si affittava era cuoco di bordo della Tirrenia, io, ragazzino uscivo in mare con i pescatori locali sulle tratte o badare al carburo della lampare. Due facchini di Draga si arruolarono nella Milizia nella guerra in Etiopia. Vi era un Dopolavoro e un’attività sportiva dopolavoristica. Il parroco recitava due messe, una in croato al mattino presto e l’altra alle 10 del mattino in italiano.

In talune occasioni, per motivi di salute (ricambio d’aria) ho sostato per un certo tempo ad Elsane ed a Clana ospite d’una mia cugina moglie di un medico della Mutua il quale al mattino faceva ambulatorio e al pomeriggio girava in macchina “Balilla” per le frazioni dei paesi ed io mi accompagnavo a lui, Tutte le case visitate, tutti i contadini curati erano di etnia croata, non ho mai sentito lamentele sul fascismo, solo i più vecchi tiravano ogni volta fuori la solfa del “Con Francesco Bebbe se stava mejo, no ghe iera tante tasse”. Tra parentesi, il mio cugino dottore, nativo di Castelvetrano, spesso alla notte si assentava per andare a curare i partigiani feriti negli scontri con i tedeschi, poi la faccenda si fece troppo pericolosa, mia cugina era ebrea e dovettero fuggire. Non ho mai sentito parlare di loro compaesani cacciati fuori dai fascisti ne mai ci è capitato di trovare contadini regnicoli. Mio padre, per i suoi commerci, girava per tutta l’Istria, “gran brava gente, diceva, solo quei de Canfanaro i xe briganti”, e poi su, verso la Slovenia, non andava mai in Croazia non so per quale motivo. Di casi di fucilazione da parte dei fascisti di elementi slavi so solo di quattro elementi accusati di brigantaggio.

Mi spiace sentire Vianelli che stimo, così attaccato ai suoi libri di presunti storici che mai hanno vissuto le nostre realtà. Mi scolti, Gigi, mi go anche in casa i libri che lei cita, qua a Fano ghe xe una biblioteca povera dei nostri fatti, non go modo de controlar quel che i scrivi, so solo quel che go visto mi, ghe go provado mi o quel che me ga contado mio pare. Tonci