Uomini di mare

di

Neumann Antonio




Un istriano

M/n “Castasegna”, bandiera svizzera, motore Sulzer senza testa a croce costruito su licenza alla Grandi Motori di Trieste. I pistoni sono lunghi cilindri con movimento alternativo entro altrettanto lunghe camicie. Il telefono mi squilla in cabina verso l’una di notte, il suo suono è lungo e insistente, è un ‘emergenza. Afferro la cornetta e mi giunge la voce del secondo ufficiale di macchina, un’ omone di Trieste, San Giacomo proprio : “E’ in fiamme il pistone del cilindro numero cinque!”. E’ l’emergenza peggiore per quel tipo di motore. Ci penso un attimo per inquadrare il da farsi. Gli ordino di diminuire i giri del motore portandoli a 50. Mi chiede se non è meglio fermarlo, il motore. “E’ pazzo, gli urlo, 50 giri e lasci immediatamente il locale macchine insieme al motorista. Mi mandi giù il capo fuochista con un bidone di olio pesante, quello per il salpa ancore e la pennellessa più larga che trova.

Indosso rapidamente la tuta da lavoro, mi incontro con loro mentre stanno uscendo dal locale motore, dalle cabine del personale c’è già qualcuno che si affaccia incuriositi dalla riduzione di giri, impongo a secondo e motorista di porsi sulle porte di accesso per impedire l’ingresso a tutti. Mi infilo giù, per le scalette e mi soffermo sul ripiano cilindri. Al cinque, sul pistone c’è una bella striscia di fuoco che dalla sua sommità s’immerge nel carter. E’ così quindi che accade, ho letto su diverse cronache e manuali, la striscia di fuoco penetrando nel carter dove incontra i vapori dell’olio lubrificante dei movimenti, ne provoca l’esplosione, ne sono morti parecchi su questo tipo di Sulzer e qualche nave è anche affondata per lo squarciarsi dei doppifondi olio. Scendo ancora fino al quadro manovra e mi pongo in collegamento con il ponte di comando, al secondo di coperta comunico che siamo in condizioni di emergenza e di informare immediatamente il comandante.

Ritorno al ripiano cilindri e vi trovo già il capo fuochista, è un istriano anziano, ha fatto in fretta, caspita, è calmo, tranquillo, si è già reso conto del pericolo che corriamo, ma è li, con pennellessa, un pennello largo e piatto, gli do le istruzioni. Immergere la pennellessa nell’olio del bidone e spalmarlo sulla superficie del pistone in movimento infuocato ripetendo più volte l’operazione fintantoché non scompare la striscia di fuoco. Osservo i suoi movimenti, non sono affrettati ma coordinati con il lento movimento del pistone. E’ un benedetto istriano, di quelli di Francesco Giuseppe, a 16 anni già mozzo sulle navi di Sua Maestà, Di quelli che quando mi si presenta in cabina deve fare uno sforzo per non scattare sull’attenti. Nel frattempo la striscia di fuoco diminuisce di ampiezza, si assottiglia fino a scomparire. Il capo fuochiste mi guarda, gli faccio cenno di continuare ancora le pennellate. Per maggior sicurezza. Sembra ci sia andata bene. Tasto la superficie del pistone, la temperatura è quella dell’olio in circolazione. Possiamo smettere. E il vecchio marinaio istriano risale lentamente le scalette con il suo bidone e la sua pennellessa senza una parola. Nella marina austro-ungarica li avevano abituati così.

Cari tutti. E’ un episodio vero. Mi accadde nel 1966, in navigazione nell’Oceano Indiano. Mi rammarica il fatto di non ricordarne il nome.

Neumann Antonio