Il 3 maggio 1945

di

Neumann Antonio




"Le armate jugoslave entrarono a Fiume città all'alba del 3 maggio 1945. Quello stesso giorno Tito emanò un solenne ordine del giorno in cui comunicava l'occupazione di Fiume, presentandola comei una dura conquista che aveva portato alla distruzione di ben due divisioni germaniche. In una relazione del 19 agosto 1945, iniviata alle autorità (quali?) da un funzionario di polizia testimone dei fatti, si parlò di "truppe partigiane che entrarono in città mentre già dalle primissime ore del mattino nuclei di partigiani si aggiravano armati per le strade e presidiavano gli esercici pubblici". (quali?) Stessa versione viene forniita da un funzionario dalla Questura e da un ragioniere dirigente della SEPRAL (cos'è?) il quale afferma, in una deposizione ritenuta attendibile da un funzionario governativo (di quale governo?) che "all' alba un Ufficiale della Guardia di Finanza, assieme ad un gruppo di Carabinieri, rimasti nascosti durante l'occupazione tedesca (nascosti, quando mai, io stesso circolavo per Fiume da giorni in divisa di fante in licenza premio vidimata dal Comando germanico e unità dell'esercito repubblichino erano regolarmente impiegate assieme a quelle della Warmacht alla difesa della città), e che nella notte avevano tenuto l'ordine, si recano alle posizioni partigiane per comunicare che la città è libera. Essi vengono immediatamente imprigionati. Alle 8 a.m. i partigiani cominciarono ad entrare in icittà, senza colpo ferire e senza resistenza, in ordine sparso e coperti da un'avanguardia di specialisti adetti alla rimozione delle mine anticarro e antiuomo, cosparse dalle truppe nemiche che durante la notte si erano ritirate (su vie asfaltate le mine?). "E così scompare il comune italiano dopo secoli di resistenza?" (fino a quì estratto da Intnet http://www.rigocamerano.Org/pqonnew.htm in "La questione di Fiume" dal 1943 all 1945 di una dott.ssa Emilia Primeri, da elementi ricavati presso la Società di Studi Fiumani)."..

Io, il 3 maggio 1945 uscii di casa in borghese, intorno alle sei del mattino, per recarmi presso un amico in Viale Camicie Nere, nel caso venissi ricercato dai partigiani. Dalla mia abitazione al numero 6 di Riva Cristoforo Colombo, Casa Spehar, accanto al Palazzo Bacich, imboccai via Macchiavelli dirigendomi verso il Corso, giunto all'altezza dell'Edificio delle Poste, udii uno strano suono provenire dalla destra, mi affrettai ad affacciarmi sul Corso e vidi, Da un mio "Ricordo" li vidi. Una fila di partigiani intruppati che avanzavano sul Corso. Alla testa della colonna, un po staccati, un partigiano che suonava un violino, accanto a lui trotterellava una capretta a mo di mascotte, come usano gli scozzesi. Sfilavano silenziosi e cupi, indossando chi cenci rammendati di giacchetti caki inglesi, chi giacconi grigioverdi, chi magliette strappate che rivelavano bianche braccia, un accozzaglia ove non si trattasse invece di una truppa ordinata e al passo con il violino. Non sto inventando, fu così che i partigiani penetrarono a Fiume iin quella mattinata di maggio. Era la loro una marcia che avrebbe dovuto essere trionfale e si ritrovavano invece in una città ostile. Potevano sentire le imposte delle finestre delle case aprirsi al sole primaverile e rinchiudersi fragorosamente alla loro vista, sentivano l'indifferenza e l'angoscia riposta dei pochi passanti mattinieri, non vedevano nessuna bandiera del loro paese conquistatore sventolare sugli arcigni caseggiiati.

Prosieguo dalla Questione di Fiume." Le varie testimonianza infatti sebbene differiscano per alcuni particolari, sono concordi su un punto, ossia che non vi fu in città nessuna mobilitazione dopo la partenza dei tedeschi. Quanto afferma Lukksich Jamini in "Fiume" anno V n. 3-4 luglio-dicembre 19957, p. 141, che parla infatti di una organizzazione del CLN che occupò gli edifici pubblici e prese il comando della città fino all'entrata jugoslava che avenne, secondo la sua versione, nel pomeriggio del 3 maggio, appare quindi infondata. Essa è forse un espediente per giustificare l'inattività e la debolezza del CLN, organo questo di cui egli stesso era membro. Una testimonianza che concilia queste due diverse versioni possiamo leggerla nelle pagine dell'Avanti" nell'edizione di Milano del 15 luglio 1945, capoverso "gli italiani padroni della città in cui si afferma che, all'alba del 3 maggio, carabinieri, guardie di finanza e vigili urbani presero possesso della città insieme ad alcuni cittadini. Poche ore più tardi però fecero il loro ingresso le formazioni dell'esercito di Tito che disarmarono nelle ore seguenti i vigili, i carabinieri e le guardie di finanza, i quali, dopo una breve carcerazione, furono inviati nell'interno della Jugoslavia."

Ancora dalla "Questione di Fiume."Di fatto mancò a Fiume anche un solo tentativo insurrezionale. Questa passività può essere spiegata dallla mancanza di un vero e proprio centro resistenziale operativo, da un anno e mezzo di occupazione tedesca e dai bombardamenti aerei, che avevano distrutto la città, e dalla convinzione, che demorallizzò e paralizzò la popolazione, di non poter sfuggire all'altermativa: tedeschi--partigiani jugoslavi. La stessa diistruzione del porto, attuata dai tedeschi prima della loro ritirata, fu compiuta senza trovare alcuna resistenza (affermazione falsa in quanto, all'ingresso di Porto Baross, inizio della diga Cagni, i tedeschi dovettero rinunciare la loro opera distruttiva per il deciso intervento di elementi della X MAS). Luksich Jamini giustifica la passività della CLN in questa situazione, sostenendo che la difesa degli impianti portuali e ferroviiari trovavva una propria logica da parte degli alleati, e non nella eventualità di un'occupazione jugoslava In tale caso il problema del ripristino delle attrezzature e degli impianti sarebbbe rimasta a carico solo degli jugoslavi. Giustificazione un pò stiracchiata"..

Riferendomi sempre al mattino del 3 maggio 1945, dalla finestra di casa del mio amico in viale delle Camicie Nere notammo, intorno alle ore 10, un aumento della circolazione, iniziammo a vedere groppuscoli di borghesi che inneggiavano a Tito, alla Jugoslavia agitando bandiere jugoslave con la stella rossa al centro. Dopo una mezz'ora, continuando l'aflusso ed il via vai di civili, con il mio amico decidemmo di uscire pure noi e ci avviammo verso un Corso, piuttosto affolllato e notammo, curiosamente, partigiani in perfetta divisa caki e impeccabili bustine anch'esse caki con la stella rossa sul frontino. Si muovevano come nei film, malgrado la folla di gente che passeggiava per conto suo, essi 'avanzavano per il corso come fosse in corso una battaglia, si spostavano rapidamente da un portone all'altro spalancandoli con violenza e puntando all'interno i luccicanti mitra, addossandosi ai muri. Si trattava evidentemente del fatto che erano ripresi da una cinepresa per immortalare lo storico per loro, triste per noi, avvenimento. Che ne possono arguire gli storici? A che cosa fu dovuta quella passività del popolo fiumano? Dove 'erano quelle donne che, pur nel dopoguerra 1914-1919, stesero le bandiere italiane al suolo sulla via della Santa Entrata per impedire ai soldati italiani di lasciare la città? Dove erano quegli uomini fiumani che si unirono ai legionari di D'Annunzio?