Dei beni e degli schei

di

Neumann Antonio




Cari tutti, mio padre, di religione ebraica, possedeva in quel di Vienna, in Austria, ben due palazzi ubicati in una via principale della capitale austriaca, separati tra loro da un giardino erboso sul quale si ergeva una piccola chiesuola anch' essa inclusa insieme al terreno, ai beni paterni . Al tempo dell'invasione dalla Germania, quando fu abbattuto il governo del presidente Dolfuss, tali beni furono confiscati dalle autorità succedenti in Austria.
Alla fine della guerra, mi riferisco a quella del 1940-1945, mio padre esule con noi familiari a Savignone, provincia di Genova, attivò un nostro cugino e degli avvocati di Vienna, per riavere il maltolto. Dopo qualche tergiversazione da parte delle nuove autorità, gli fu concessa la restituzione a patto che rifondesse lo stato, dei lavori di manutenzione eseguiti sugli edifici nel periodo di tempo intercorso tra la confisca e la eventuale restituzione, il pagamento degli onorari degli amministratori e il versamento allo stato di una somma pari al valore dei beni al momento della confisca.
Naturalmente mio padre, esule come noi tutti, non possedeva certo quel cospicuo ammontare di denaro, fece qualche tentativo, in quel di Vienna, di trovare qualche persona disposta a speculare sul cambio di valore della moneta in scellini dell' importo alla confisca e quello del dopoguerra, ma non ebbe a trovarne.
Per i beni a Fiume, i vani di due negozi, uno in via della Fiumara e l'altro dentro alla zone del porto franco e un appezzamento di terra sopra al cimitero, so che fece delle pratiche che divennero poi più difficili alla sua morte, io sempre in mare, mio fratello e mia sorella entrambi negli U.S.A. Non è che tanto mio padre quanto noi familiari c'è la prendessimo molto, un fondo l'essenziale era avercela fatta durante il periodo di guerra, si era attraversato insieme momenti veramente difficili, i timori per mio padre ebreo, le SS in casa una volta per me ed un'altra per tutti noi, la confisca e chiusura dei negozi prima tedesca, poi la riapertura, poi nuova confisca dei drusi allorché votammo per la conservazione della cittadinanza italiana, la caduta di mia madre sulla neve e il suo ricovero all'ospedale di Abbazia, il mio ferimento e il seguente ricovero all'ospedale militare di Gorizia, i bombardamenti, ad un certo momento mia sorella ebbe un collasso per tante sventure. Ma poi, ricordo un pomeriggio io, mio fratello e mia sorella a chiacchierare su un prato in pendenza sopra Savignone, senza un soldo che fosse un soldo in tasca, e tanta voglia di poter fumare una sigaretta, e il fatto che io che, frugando in una tasca dei pantaloni rinvenni dieci miserabili centesimi, la nostra gioia, la mia corsa giù in paese e la "Milit" che esibii al mio ritorno, Le "Milit" erano le sigarette dei militari, ancora più in basso delle "Popolari", le boccate che ci passammo tra noi seguendo il fumo che usciva gradito dalle nostre labbra, la quiete dei boschi sui rilievi, la striscia luccicante del torrente Scrivia sul fondovalle, si, era gioia pura. L'essere tutti insieme in Italia, La licenza di maestra di mia sorella, la mia licenza di Macchinista Navale, la prossima laurea in ingegneria di mio fratello, il mondo, l'avvenire era nostro. Anche senza beni e senza schei. Si, giovani e meno giovani di oggi, un tempo le sigarette si comperavano anche sciolte.