1° Maggio 1943

di

Neumann Antonio




Siamo tutti avanguardisti, tutti in grigioverde, a tracolla abbiamo i moschetti ma senza proiettili. Si parte verso le 20.00 dalla Casa del Fascio e inquadrati si prosegue lungo il Corso, si imbocca poi via Mameli e quindi la Fiumara. Iniziamo la nostra opera di ricognizione sulla presenza o meno di scritte ostili una volta attraversato il ponte di Sussak. Scritte, L'anno scorso v'erano anche falci e martelli dipinti in rosso sui muri, e i "viva il comunismo" si sprecavano. Quest'anno abbiamo con noi bidoncini di pittura nera e pennelli per cancellare tutto, Il nostro itinerario è quello da Sussak e Kostrena.

A tuttaprima, zelanti, scrutiamo attentamente i muri delle case, degli edifici, non appare niente. Si prende qualche crepa sulle mura per un simbolo, ci si avvicina ma poi ci si allontana disgustati, non è che una crepa! E si continua così lungo la strada litoranea, Anche il bagno Ladra è pulito, siamo all'altezza delle ultime costruzioni, degli ultimi fanali, aguzziamo gli occhi, ogni tanto qualcuno si avvicina alle casupole scrostate, quel simbolo non è che una crosta che si stacca dalla parete. Si lascia l'asfalto per il terriccio.Ai lati alberelli stenti. Nessuna bandiera rossa. Dal primitivo, conscio silenzio si rompe qualche chiacchiericcio qua è la, si tende a tralasciare l'nquadramento. Lasciamo la costa e ci inoltriamo verso Kostrena. Lì ci sarà certamente qualche scritta, forse anche qualche bandiera. Niente, ne bandiere, ne scritte, ne falci e martelli, solo mura anonime, casupole fatiscenti, E' mezzanotte, non un suono, non un sussurro, Portoni e finestre chiuse, sbarrate. I sussurri sono i nostri: "Quand'è che si torna indietro?".

All'estremità del paese ci si ferma, Si raccolgono in un conciliabolo i nostri capoccia. Si torna verso Sussak ma prendendo strade interne. Torniamo agli alberelli stenti, Ormai ognuno va per conto suo, non siamo più inquadrato. C'è che si lamenta che gli fanno male i piedi, il moschetto sulla spalla destra diventa pesante, meglio passare la cinghia su quella di sinistra. Le strade interne non sono sempre asfaltate, a qualcuno la ghiaia entra nella scarpa e gli da fastidio, si ferma per toglierselo, il sassolino, quello di dietro, così, al buio, non se ne accorge e gli sbatte addosso facendolo cadere, si sentono levarsi parolacce. Le prime case di Sussak sulla collina ed ecco che qualcuno si mette a strillare,"La che ce una! La ché Ce una". Ci si affolla tutti intorno ad un palo di cemento che sorregge un primo lampione. C'è, c'è davvero. Una falce ed un martello incrociati. Come abbia fatto a vederlo al semibuio non lo so. Ma ora c'è, Un rosso sbiadito e butterato. Uno dei capoccia: "Oh brutti mona, non vede che el xe vecio, sarà ani che qualchedun lo ga pitturado la!". E' così! E' vecchio, sarà dell'anno scorso, non vale emmeno una spennellata di pittura nera sopra. "Ma va, semo qua per questo:"

Dove è la pittura, dove sono i pennelli? "Non ghe iera niente fino adesso, li gavemo butadi via per strada, bidoni e penei, cossa i serviva? Dire che ci si trascina fino alla Casa del Fascio è dir poco. Il "sciogliete le file" ci raggiunge come una liberazione.