Caro Boscarìn...

Ricordi di Livio Privileggi

Caro Boscarìn,

sarà un inizio forse un po' patetico, se vogliamo, ma calzante: la dirò col Poeta: "T' amo - o pio bove - e mite un sentimento di vigore e di pace al cor m' infondi…"

…La moviola del tempo mi riporta alla mia infanzia (5-7 anni) e rivedo il tuo musone, enorme per me bambino, che si lasciava accarezzare.

Qualche mosca ti si posava sù, ed allora dovevo scansarmi per evitare di essere proiettato via dallo scuotimento, oppure di essere violentemente frustato dalla tua coda per la stessa ragione. Mi incutevano un misto di timore e di ammirazione quelle tue enormi, potenti corna in cima alle quali mio nonno usava "impirar" due biglie di ottone…come antinfortunistica (erano, però, degli "acchiappafulmini"…). Le tue nere e lucide narici mi apparivano come misteriose caverne.
Eravamo amici, Boscarìn (sì, era il tuo nome proprio, dovuto a scarsa fantasia dei tuoi padroni): c'era invece un po’ meno "feeling" con l'altro tuo compagno, di nome Bacarìn, per via di quel suo temperamento un po’ sussiegoso e per la mole imponente (8 quintali) rispetto alla tua, pur ragguardevole.

Il regalo più grande per me era di poter sedere a cassetta, con mio padre o mio nonno, oppure con i miei zii paterni, in quanto ricevevo in pomposa consegna il simbolo del potere: la "scùria"!

…E tu, forse mosso a pietà, voltando il muso verso di me, mostravi il grande bianco degli occhi…e mi assecondavi, eseguendo gli ordini striduli che la mia voce infantile emetteva e…via, lungo la strada bianca che portava a Molindrio, la nostra campagna a qualche chilometro da Parenzo, verso Orsera.

Avevo il "compito" di sorvegliarti al pascolo: tu impastoiato (ricordo le "pastore" fatte col "venco" intrecciato) ed io a mia volta controllato con discrezione, affinchè non sentissi sminuito il mio ruolo di guardiano, dai grandi.

Caro Boscarìn: come non ricordare quella volta quando, andando in campagna con papà, un aereo inglese iniziò a mitragliare le postazioni tedesche alla periferia sud di Parenzo e presto fu su di noi "arando" coi proiettili la strada polverosa sulla quale ci trovavamo!

Rivedo la scena: papà che mi afferra rapidamente e, balzando dal carro, si butta a capofitto "in graja", costeggiata dal classico muretto a secco, facendomi scudo col corpo.

Una scheggia colpì il muretto e, di rimbalzo, il mio berretto di velluto marrone, che volò via in una nuvola di pietrisco e di polvere bianca (papà l' aveva conservato, ancora forato dalla scheggia, ma il cimelio non si trova più, forse a causa dei vari traslochi…).

Tu, non ti muovesti di un millimetro: ci aspettasti per riprendere la via di casa. Per quel giorno, niente campagna, ma un cero acceso…



Un fatto analogo a quello raccontato da Roman Latkovic (il ritorno di boscarin) è occorso anche a me, a dimostrazione della sensibilità di questi animali.

Stavamo percorrendo, mio zio Bepi ed io, la solita strada per la campagna, a bordo del carro trainato da Boscarìn. Era insolitamente tardi, quella mattina: il sole arroventava la terra; tutt' intorno un incessante frinire di cicale quando, d' improvviso, il manzo s' è imbizzarrito (zio Bepi lo attribuì alla presenza di una vipera, rettile non infrequente dalle nostre parti), iniziando a correre, imboccando una minuscola stradina laterale, per poi fare dell' autentico "fuoristrada" fra l' erba secca e rada nella terra rossa, tra gli ulivi e i roveri. Un sasso più grosso degli altri, facendo sobbalzare il carro, mi ha fatto capitombolare, senza che lo zio potesse far nulla, tra le zampe posteriori di Boscarìn, il quale istantaneamente s' è bloccato, salvandomi così da conseguenze ben prevedibili!

Un aneddoto, raccontatomi dai miei, che riaffiora dalla memoria: pare che i manzi - e i loro padroni - dalle nostre parti non avessero vita tranquilla, in quanto esisteva il fenomeno dell' abigeato (se qualcuno può confermare…).

La nostra abitazione era in Parenzo, quindi non isolata, con il cortile sul retro dove vi erano le stalle dei manzi e dei maiali.

Una notte mio nonno si svegliò, per via di strani rumori provenienti, appunto, dal cortile. Vide un paio di figuri che armeggiavano alla porta, già scassinata, della stalla di Boscarìn e Bacarìn. "Figure porche" - urlò nonno Bepi - "adeso vegno xo col legno e ve còpo!". I due si dileguarono. Ebbe modo, una volta sceso, di constatare che le zampe degli animali erano state fasciate per rendere l' operazione più silenziosa!

I manzi rubati venivano trasportati fino al Canale di Leme, ove operava un' organizzazione malavitosa e qui macellati; le parti nascoste in botti per poi essere venduti a Trieste o in Veneto! Non male, vero?

…E qui mi fermerei, anche se ve ne sarebbero…