CAPITOLO 3

LE ISTITUZIONI DELLA MINORANZA

 

3.1 - LA SCUOLA

  1. Excursus storico delle istituzioni scolastiche istriane
  2. Alla secolare presenza veneziana seguì, dopo la pace di Campoformio del 1797, la dominazione austriaca che durò per oltre un secolo, portando nelle contrade istriane costumi e metodi di amministrazione propri della tradizione imperiale.

    Il nuovo codice civile dell’Impero riconobbe in tutta l’Istria e la Dalmazia l’italiano quale lingua ufficiale e il regolamento scolastico, allora emanato, previde la frequenza obbligatoria dai 6 ai 12 anni di età.

    Il fatto che l’italiano fosse la lingua ufficiale non pregiudicò però l’esistenza delle scuole croate e slovene sul territorio; l’insegnamento in più lingue diventava quasi un obbligo nella visione governativa di Vienna. Da una parte per istruire in maniera degna una popolazione eterogenea, dall’altra per consolidare la strategia che portava gli austriaci a contrapporre tra loro i tanti popoli del vasto impero, nel momento in cui si faceva più pressante la loro volontà di svincolo spinta dai vari nazionalismi.

    Dopo il 1918 il territorio istriano, in seguito alla prima guerra mondiale, passò all’amministrazione italiana.

    Nonostante alcuni proclami delle autorità che promisero a croati e sloveni un incremento delle scuole già esistenti sotto l’impero, la situazione per le popolazioni slave volse verso il peggio già prima della salita al potere del fascismo.

    La fascistizzazione sistematica iniziò nel 1923, con una serie di decreti e di interventi legislativi tra i quali il più importante fu la riforma scolastica del filosofo Giovanni Gentile, punto di riferimento della "cultura di regime", che nel giro di pochi anni trasformò le circa 400 scuole croate e slovene in scuole italiane.

    La dittatura aumentò la pressione negli anni successivi, insediando, dove non c’erano ancora, sacerdoti e maestri italiani al posto di quelli slavi, in modo da realizzare, come risultato finale, una sorta di "bonifica nazionale" della cultura e della religione dalle influenze "balcaniche".

    A tutto ciò le popolazioni slave si opposero, prima legalmente e poi clandestinamente, facendo sempre meno distinzione fra regime fascista e stato italiano, ma soprattutto fra fascista e italiano; questo sentimento di odio incontrollato si riversò poi, nel corso delle vicende belliche, su molti italiani innocenti.

    Nel 1945, come già accaduto in precedenza, la fine di una guerra ed il successivo trattato di pace, modificarono la situazione politica della penisola istriana, la cui sovranità passò allo stato jugoslavo.

    All’inizio dell’anno scolastico 1945/46 si suppone che vi fossero circa 20 mila studenti che si accingevano a frequentare le scuole italiane della regione, e si aveva notizia dell’apertura di nuove scuole anche in centri controversi, o a sicura maggioranza croata, come Pisino.

    L’impegno a mantenere vive le istituzioni scolastiche italiane fu immediatamente preso dall’U.I.I.F., la quale puntava a mantenere l’identità nazionale della popolazione italiana nell’ambito di un diritto che riteneva inalienabile, anche perché cardine dei principi di emancipazione della classe operaia.

    La trasformazione della scuola da fascista in socialista comportò una sorta di rinascita dell’"istituzione scolastica"; si studiarono nuovi programmi di insegnamento, si assunse nuovo personale docente, gran parte del quale composto da giovani impreparati, si adottarono nuovi libri di testo.

    Un nuovo entusiasmo pervase soprattutto coloro che appoggiavano le tesi annessionistiche jugoslave. Costoro auspicavano la fratellanza dei popoli, la quale proprio nella scuola doveva trovare il suo punto di partenza.

    La situazione cambiò radicalmente dopo la firma del Trattato di Pace del 1947, quando si registrò la prima grande ondata migratoria verso l’Italia e peggiorò dopo il 1954, dopo la firma del Memorandum di intesa; l’esodo privò la regione di tantissimi potenziali studenti e ciò portò al collasso della scuola in lingua italiana, sia per il depauperamento della sua popolazione, sia per l’abbandono di gran parte degli insegnanti.

    Il declino della scuola italiana fu accentuato anche dalle numerose ingiustizie tollerate e molto spesso perpetrate dalle stesse autorità locali, nonostante le garanzie costituzionali e il teorico rispetto dei diritti delle minoranze.

    Emblematiche sono le situazioni che si verificarono ogniqualvolta vi fu un attrito internazionale con il Governo italiano; ad Albona venne chiusa dal giorno alla notte la scuola elementare italiana frequentata da circa 200 alunni, che furono trasferiti all’istante nella scuola croata e scuole italiane vennero chiuse nelle isole di Cherso e Lussino.

    La situazione era veramente difficile, e fu solamente a metà degli anni ’60 che si intravidero i primi segni di miglioramento, soprattutto in seguito ad un accordo di collaborazione tra l’U.I.I.F. e l’Università Popolare di Trieste (U.P.T.).

    Tale accordo verteva su di un programma di sostegno delle attività innanzitutto scolastiche della comunità nazionale da parte della Nazione Madre.

    Questa importante collaborazione aprì un nuovo e importante capitolo della vita della nostra comunità in Jugoslavia; si può certamente ricordare l’istituzione di numerosi seminari che videro la partecipazione di insegnanti delle scuole della minoranza, di un sistema di borse di studio a beneficio di studenti e di intellettuali dell’etnia; tutto ciò era sicuramente ossigeno per persone a cui da tempo era impedito di respirare la propria lingua e la propria cultura.

    L’U.P.T., in quanto ente morale e ufficialmente non diretta emanazione del Governo italiano, poteva anche estendere i suoi aiuti al di fuori di quella che era la ristretta zona prevista dagli accordi internazionali (in pratica l’ex zona B) che tutelavano allora la Comunità Nazionale.

    Di questi aiuti beneficiò pertanto tutto il territorio di insediamento storico della minoranza; tutto questo contribuì a risollevare la scuola sia materialmente sia moralmente, e nonostante il sospetto con cui il Governo jugoslavo guardava a queste iniziative, si colsero i segni di una prima timida ripresa.

    A partire dalla metà degli anni ’70 le iscrizioni, che fino ad allora avevano subito un costante declino che pareva irreversibile, cominciarono a crescere, dato se vogliamo in controtendenza con quello che sarà poi il censimento del 1981, nel quale si toccò il minimo storico di italiani.

    Alle scuole in lingua italiana si iscrissero anche studenti che avevano i genitori di nazionalità slava o dichiarata tale, e questo fatto creò parecchio scompiglio a tutti i livelli.

    La dirigenza della minoranza fu dibattuta tra la soddisfazione di veder crescere numericamente il numero dei frequentanti delle sue scuole, scongiurando quella che sembrava una morte annunciata, e la preoccupazione che questo fatto portasse ad una contaminazione dell’insegnamento e dell’interscambio in lingua italiana all’interno degli edifici scolastici dovuto ad una possibile futura preponderanza dell’elemento "alloglotto".

    Le autorità jugoslave dal canto loro videro con sospetto questo fatto interrogandosi sui motivi e tentando in molti modi di scoraggiare nuove iscrizioni.

    Durante tutto l’arco degli anni ottanta questo trend positivo non solo si confermò, ma aumentò ulteriormente, inserendosi questa volta nel processo di "risveglio" dei nostri connazionali; le scuole italiane acquisivano col passare degli anni sempre maggior credibilità a livello regionale, e potervi accedere diventò una sorta di privilegio anche per gli esponenti della maggioranza.

    La dissoluzione della Jugoslavia e l’indipendenza delle due Repubbliche di Croazia e Slovenia hanno portato sicuramente nuove sfide e nuovi problemi anche alla scuola italiana.

    Esulando dai fondamentali aspetti legislativi, che analizzeremo dettagliatamente più avanti, la sfida che si pone al gruppo dirigente e insegnante italiano è notevole; bisogna decidere se optare per una scuola per italiani oppure più realisticamente per una scuola in lingua italiana, puntando sul recupero dei parlanti qualsiasi sia la loro padronanza della lingua, anche se essi si dichiarano di altra nazionalità.

    L’altissima percentuale di matrimoni misti rende pressoché impossibile puntare ad una "purezza etnica" degli iscritti, di stampo tra l’altro vagamente razzistico.

    Altro nodo cruciale è senz’altro la preparazione degli insegnanti e del personale direttivo; la piena padronanza della lingua e della cultura e l’origine autoctona del corpo docente, fautore principale del processo educativo, sono senz’altro la base sulla quale si deve costruire l’edificio della nuova scuola italiana.

    A questo proposito fondamentale è la collaborazione a cui accennavamo sopra con l’U.P.T., la quale si occupa per conto della Nazione Madre, anche di bisogni più stringenti della scuola, come ad esempio la ristrutturazione di edifici sempre più cadenti e l’invio di gran parte del materiale didattico.

    In ogni caso la lingua italiana rimane l’essenza di queste scuole; la decadenza linguistica e l’impoverimento del lessico, accentuato da un distacco dalla Nazione Madre che dura ormai da più di 50 anni, si possono risolvere solamente con un’opera sistematica di formazione e di aggiornamento del corpo docente.

    Questa opera può avvenire solamente potenziando i contatti con l’Italia e favorendo in ogni modo l’invio oltre che di materiale didattico, anche di insegnanti, facendo così aumentare un interscambio culturale che favorirebbe a tutti i livelli l’elevamento della capacità di insegnamento del gruppo docente autoctono.

    Non dimentichiamo che in ultima istanza, gran parte dei destini e della stessa esistenza di un gruppo etnico, specie se di dimensioni ridotte come il nostro, dipende dalla capacità che esso ha di rinnovarsi e di evitare il progressivo invecchiamento e perciò la sparizione.

    Ed è proprio all’interno della scuola che tutto ciò deve avvenire; poiché solo un’organizzazione socio-educativa strutturata in maniera efficiente può garantire quel necessario ricambio generazionale senza il quale la Comunità Nazionale Italiana si avvierebbe lentamente, ma inesorabilmente all’estinzione.

    Presentiamo ora l’andamento delle iscrizioni nelle scuole della minoranza dal 1978 ad oggi, che mettono in risalto la crescita già accennata in precedenza, ma anche come è strutturato l’organigramma istituzionale.

    ISCRITTI NELLE SCUOLE DI LINGUA ITALIANA IN CROAZIA E SLOVENIA (MATERNE + ELEMENTARI + MEDIE).

    78/79

    2102

    79/80

    2120

    80/81

    2197

    81/82

    2303

    82/83

    2423

    83/84

    2543

    84/85

    2761

    85/86

    3044

    86/87

    3329

    87/88

    3595

    88/89

    3816

    89/90

    4012

    90/91

    4233

    91/92

    4482

    92/93

    4729

    93/94

    4895

    94/95

    4498

    95/96

    4249

    96/97

    4613

    97/98

    5026

    98/99

    5206

    ISTITUZIONI SCOLASTICHE IN CROAZIA 98/99

    SCUOLE MATERNE

    ISTITUZIONI

    NUMERO DI BAMBINI

    ALBONA

    12

    BASSANIA

    18

    BUIE

    40

    CITTANOVA

    31

    DIGNANO

    32

    FASANA

    18

    FIUME-CVIJIC

    22

    FIUME-GABBIANO

    26

    FIUME-GARDELIN

    26

    FIUME-PALCIC

    23

    FIUME-SASSOBIANCO

    26

    FIUME-TOPOLINO

    25

    GALLESANO

    16

    MOMIANO

    5

    ORSERA

    12

    PARENZO

    31

    PETROVIA

    9

    POLA-CALIMERO

    27

    POLA-TOPO GIGIO

    27

    POLA-PINGUINO

    26

    POLA-G.MARTINUZZI

    27

    POLA-TITTI

    19

    POLA-BASSOTTI

    27

    ROVIGNO

    85

    SISSANO

    8

    TORRE

    6

    UMAGO

    120

    VALLE

    8

    VERTENEGLIO

    16

    TOTALE

    768

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    SCUOLE ELEMENTARI

    ISTITUZIONI

    NUMERO DI ALUNNI

    BASSANIA

    29

    BUIE

    255

    CITTANOVA

    62

    DIGNANO

    85

    FIUME-BELVEDERE

    108

    FIUME-DOLAC

    157

    FIUME-GELSI

    176

    FIUME-SAN NICOLO’

    140

    GALLESANO

    38

    MOMIANO

    26

    PARENZO

    140

    POLA

    447

    ROVIGNO

    264

    SISSANO

    9

    UMAGO

    354

    VALLE

    22

    VERTENEGLIO

    26

    TOTALE

    2328

     

     

    SCUOLE MEDIE SUPERIORI

    ISTITUZIONI

    NUMERO DI ALUNNI

    SMSI BUIE

    181

    SMSI FIUME

    228

    SMSI POLA

    269

    SMSI ROVIGNO

    192

    TOTALE

    870

     

     

    FACOLTA’ DI PEDAGOGIA DI POLA

    CORSI

    NUMERO DI STUDENTI

    EDUCAZIONE PRESCOLARE

    29

    INSEGNAMENTO DI CLASSE

    29

    LINGUA E LETT. ITALIANA

    73

    TOTALE

    131

     

     

    ISTITUZIONI SCOLASTICHE IN SLOVENIA 98/99

    SCUOLE MATERNE

    ISTITUZIONI

    NUMERO DI BAMBINI

    CAPODISTRIA

    53

    BERTOCCHI

    17

    CREVATINI

    19

    SEMEDELLA

    34

    ISOLA

    60

    PIRANO

    20

    LUCIA

    52

    STRUGNANO

    7

    SICCIOLE

    9

    TOTALE

    271

     

     

    SCUOLE ELEMENTARI

    ISTITUZIONI

    NUMERO DI ALUNNI

    CAPODISTRIA

    160

    BERTOCCHI

    18

    CREVATINI

    13

    SEMEDELLA

    22

    ISOLA

    158

    PIRANO

    84

    LUCIA

    56

    STRUGNANO

    6

    SICCIOLE

    65

    TOTALE

    582

     

     

    SCUOLE MEDIE SUPERIORI

    ISTITUZIONI

    NUMERO DI ALUNNI

    CAPODISTRIA

    44

    ISOLA

    180

    PIRANO

    72

    TOTALE

    296

    TOTALE ISCRITTI 98/99

    TOTALE CROAZIA

    4107

    TOTALE SLOVENIA

    1149

    TOTALE 1998/1999

    5256

     

     

    È interessante inoltre almeno accennare al risultato di una ricerca svolta dall’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia (I.S.I.G.) per conto del Ministero degli Affari Esteri italiano. La parte della ricerca condotta da Laura Bergnach e Furio Radin si occupa tra l’altro dell’appartenenza etnica all’interno della scuola della minoranza italiana.

    Secondo questo studio, condotto a metà degli anni novanta, si evince che la maggioranza degli studenti intervistati (un campione molto rappresentativo delle scuole superiori della minoranza) si dichiarano di nazionalità italiana (54,10%), un terzo si dichiara di nazionalità croata (32,4%), un ventesimo di nazionalità slovena (5,30%) e meno di un decimo di altra nazionalità (8,20%).

    Questi risultati ribaltano quelli ottenuti per lo stesso campo di ricerca dieci anni or sono, dallo studioso della minoranza Luciano Monica, secondo il quale gli studenti di nazionalità italiana nelle istituzioni scolastiche del gruppo etnico costituivano poco meno del 35%.

    Questo notevole incremento delle dichiarazioni di appartenenza può essere inserito nel più ampio risveglio che sta caratterizzando molte forme di esistenza della minoranza, probabilmente dovuto ad una ridefinizione della propria appartenenza a causa dei processi di costruzione di nuove identità stato-nazionali.

     

     

  3. La scuola italiana in Croazia. Aspetti principali della tutela giuridica

La divisione del nostro gruppo etnico in due stati sovrani differenti ha portato chiaramente alla divisione degli apparati scolastici minoritari, che ora sottostanno a due impostazioni ideologiche e giuridiche molto distanti, creando problemi all’U.I. sempre tesa a raggiungere, per quanto possibile, l’uniformità di trattamento.

In Croazia il documento fondamentale è la "Legge sull’educazione e l’istruzione nelle lingue delle nazionalità", approvata nell’ormai lontanissimo 1979.

All’articolo 1 è previsto che i gruppi etnici viventi in Croazia "hanno diritto di sviluppare l’educazione e l’istruzione nella loro lingua".

Nel successivo articolo si dispone che "nelle aree in cui vivono appartenenti alle nazionalità si fondano organizzazioni educativo-istruttive per i bambini di età prescolare e quelle per l’istruzione elementare nella lingua della nazionalità".

Lo stesso articolo prevede che qualora non vi siano alunni sufficienti per istituire "organizzazioni educativo-istruttive" si possano fondare sezioni all’interno delle scuole con lingua di insegnamento croata.

Gli articoli successivi, oltre a confermare anche per le scuole medie la norma vigente per quelle elementari, consentono alle scuole delle minoranze di fondare sezioni anche per un numero inferiore di alunni di quanto è previsto per le rispettive sezioni all’interno delle scuole croate.

Interessante è l’articolo 8 che dispone lo studio obbligatorio della lingua della minoranza nelle scuole croate situate nei comuni in cui lo statuto prevede l’uso paritetico delle lingue e delle scritture; ove lo statuto comunale non lo prevede, l’insegnamento della lingua minoritaria è invece facoltativo.

Chiaramente è obbligatorio lo studio della lingua croata anche nelle scuole minoritarie ed è possibile anche l’apertura di scuole con insegnamento bilingue.

L’articolo 10 dispone che nelle scuole delle minoranze l’insegnamento (o altra professione) "può essere svolto da educatori, insegnanti, collaboratori professionali e coadiutori di insegnamento appartenenti alla nazionalità, o la cui madre lingua sia quella della nazionalità, fatta eccezione per i docenti di lingua croata".

Solamente qualora non sia possibile assumere esclusivamente insegnanti appartenenti alla nazionalità, il lavoro educativo e didattico può essere affidato a persone appartenenti ad altre etnie, a patto che abbiano padronanza assoluta della lingua minoritaria.

Dalle fila degli appartenenti alla nazionalità debbono prioritariamente provenire anche consulenti scolastici e collaboratori professionali, nonché, per espletare mansioni di controllo, ispettori didattici.

All’articolo 13 si prevede che la preparazione dei docenti si realizzi in primo luogo nella lingua della nazionalità medesima, affinché loro possano apprendere in tale lingua la terminologia della professione.

Fondamentale è infine l’articolo 14, che prevede l’intervento economico dell’allora Repubblica Federativa Croata per coprire le spese maggioritarie derivate dal lavoro delle scuole della minoranza, nonché dalla pubblicazione di libri di testo la cui consegna viene prevista in tempi particolarmente celeri.

Questa legge, pur non brillando per l’eccezionalità delle sue disposizioni, ha comunque garantito una dignitosa sopravvivenza alle istituzioni scolastiche delle minoranze per moltissimi anni.

La Repubblica Croata però, una volta raggiunta l’indipendenza, per mezzo del suo ministro dell’istruzione, la sig.ra Lilja Vokic, ha emanato una proposta per una nuova legge sull’"educazione e l’istruzione nelle lingue delle comunità etniche e nazionali o minoranze", meglio conosciuta come "proposta di legge Vokic", che, se dovesse essere approvata, costituirebbe un grave attentato alla libertà della popolazione, non solo minoritaria, croata generando quello che si potrebbe definire una sorta di "apartheid scolastico".

Tra l’altro questa proposta, pur non essendo ancora diventata legge, ha iniziato a generare effetti "funzionando" come circolare ministeriale, in spregio a tutte le norme concernenti diritti individuali.

All’articolo 5 del famigerato testo si prevede che la scuola con insegnamento nella lingua della minoranza, deve essere fondata per lo stesso numero di alunni prescritto per le scuole con lingua di insegnamento croata.

Risulta chiaro che parificando le due situazioni si tende a discriminare la parte più debole che non in tutti i casi può raggiungere il quorum necessario all’apertura di una sezione, ad esempio nei piccoli centri; così facendo si costringono ragazzi a studiare in scuole dove la lingua di insegnamento è diversa dalla loro lingua madre.

L’articolo 8 dispone che almeno la metà dei membri del consiglio di amministrazione dell’istituzione scolastica minoritaria debbano appartenere alla comunità etnica.

L’U.I. in una osservazione ufficiale su questa proposta di legge ha giustamente sottolineato che la maggioranza assoluta dei membri del consiglio d’amministrazione dovrebbe appartenere all’etnia e ha proposto altresì che queste persone non debbano essere nominate dal Governo croato, ma dall’U.I. stessa.

La vera pietra dello scandalo è però costituita dall’articolo 10 il quale prevede che "all’istituzione scolastica, alla sezione o al gruppo d’istruzione nella lingua della comunità etnica e nazionale o minoranza, si iscrive una persona di nazionalità croata la quale si ritiene appartenente alla comunità etnica e nazionale o si identifica con questa per il fatto che almeno uno dei suoi genitori vi appartiene".

L’U.I. e con essa tutte le istituzioni che si preoccupano di proteggere gli interessi delle altre minoranze, si è giustamente indignata, proponendo a più riprese di abolire questo odioso criterio di filtro etnico ritenendo probabilmente a ragione che questo articolo sia in contrasto con la Costituzione croata che all’articolo 63 comma 1 prevede che "i genitori hanno il diritto e la libertà di provvedere e decidere indipendentemente sull’educazione dei figli."

In particolare l’U.I. ha ricordato al Governo Croato che il Trattato fra la Repubblica di Croazia e la Repubblica Italiana sui diritti delle minoranze impone di non abbassare il livello di tutela già in vigore, cosa che avverrebbe indubbiamente con l’introduzione di condizioni particolari per l’iscrizione dei bambini nelle istituzioni scolastiche minoritarie.

Questo articolo, oltre a discriminare gli istituti minoritari, penalizza anche pesantemente i cittadini croati appartenenti alla comunità di maggioranza, impedendo loro di scegliere liberamente quale cammino scolastico e didattico scegliere per i propri figli.

La proposta peggiora poi la legge del 1979 anche quando non dispone più l’obbligo nei comuni bilingui, per i cittadini croati, dello studio delle lingue delle minoranze .

L’articolo 15, che si occupa dell’assunzione degli educatori, dei maestri e dei collaboratori all’insegnamento, si limita a dare la precedenza agli appartenenti alla comunità etnica qualora due o più candidati soddisfino le condizioni stabilite dal "concorso".

Anche su questo articolo si sono abbattuti gli strali dell’U.I.; si può capire facilmente che una disposizione così fumosa possa portare all’assunzione di insegnanti croati piuttosto che italiani, pugnalando a morte l’etnicità della scuola, nella quale è non solo è indispensabile che l’insegnante padroneggi perfettamente la lingua in cui si svolge l’attività educativo-istruttiva, ma è anche auspicabile che lo stesso condivida e conosca in tutte le sue sfumature la storia e la cultura del gruppo minoritario.

La proposta di legge dispone anche molto genericamente che il Governo si interesserà del reperimento dei fondi necessari all’esistenza degli istituti, evitando qualsiasi riferimento a possibili spese straordinarie, nonché all’approvvigionamento celere dei libri di testo (di cui oggi si occupa prevalentemente l’U.P.T.).

E’ chiaro che senza libri di testo non è assolutamente possibile pensare ad un qualsiasi tipo di insegnamento.

L’insieme di questa proposta di legge, partita tra l’altro da un ministro erzegovese, che probabilmente non ha ben chiaro il concetto di minoranza, è obiettivamente pessimo e si inserisce nel più ampio disegno di nazionalizzazione portato avanti dal partito che fino a poco tempo fa ha governato la Croazia, l’H.D.Z..

Lo stesso Consiglio d’Europa, insieme a tutti i partiti di opposizione al Sabor, ha espresso la necessità di cancellare almeno il "filtro etnico" dalla cosiddetta "legge Vokic", l’U.I. è andata oltre proponendo l’abolizione anche delle disposizioni relative alle diminuzioni delle ore di lingua materna, alla riduzione dei contenuti di programma relativi alla cultura della nazione madre, alla drastica riduzione dei finanziamenti e soprattutto alla parificazione degli standard per il numero minimo di alunni necessario per aprire una sezione d’insegnamento.

Nonostante le pressioni esercitate dal partito allora al potere (l’H.D.Z. di Tudjman), questo disegno di legge non è mai riuscito a passare, ed è auspicabile, dopo la vittoria delle opposizioni di centro-sinistra avvenuta nelle elezioni parlamentari del gennaio 2000, che esso decada (cosa che peraltro sembra possa avvenire).

Oltre alla legge fondamentale sull’"istruzione delle nazionalità" il funzionamento delle scuole minoritarie è regolato dalla legge sull’istruzione elementare, e dalla legge sull’istruzione media che riprendono grossomodo il dettato del vecchio testo del 1979 adattandolo alle loro necessità particolari.

In conclusione vorremmo sottolineare la necessità dell’approvazione di una nuova legge quadro che sostituisca la ormai ventennale legge del 1979, sempre migliore della proposta Vokic, ma ormai in alcuni punti obsoleta.

Bisogna sperare che le opposizioni di centro-sinistra, ora al Governo, mantengano le promesse fatte al tempo del dominio dell’H.D.Z., promulgando così una legge che tuteli veramente i diritti minoritari. Il fatto che la D.D.I. sia ora un partito di Governo potrebbe garantire gli interessi italiani anche in questo campo.

Le richieste dell’U.I., oltre a quelle già viste in precedenza, riguardano anche la possibilità di ottenere una maggiore autonomia nell’elaborazione dei programmi scolastici per le materie formative dell’identità, della cultura e della lingua, che dovrebbero essere, secondo le richieste fatte da uno dei suoi maggiori esponenti, Maurizio Tremul, quanto più unitari e omogenei per le scuole italiane sia in Croazia, sia in Slovenia.

Secondo Tremul, Presidente della Giunta Esecutiva U.I., bisognerebbe istituzionalizzare un autonomo Istituto Pedagogico Interrepubblicano per le scuole italiane, croate e slovene, nonché aumentare l’importazione, esente da dogane e altre imposte, di mezzi didattici e libri di testo dono del Governo italiano.

In sostanza l’U.I. richiede al Sabor croato una legge che riconosca alla Comunità nazionale italiana il diritto ad un proprio specifico sistema di educazione e di istruzione unitario aperto alla convivenza e proiettato nella dimensione europea.

A Slovenia e Croazia viene chiesto anche di intervenire economicamente per risolvere le problematiche della scuola relative soprattutto allo stato di degrado in cui versano gli edifici, dato che il Governo italiano, tramite l’U.P.T vi contribuisce già pesantemente e a fondo perduto.

C- La scuola italiana in Slovenia. Aspetti principali della tutela legislativa

La situazione della scuola italiana in Slovenia, situata nei tre Comuni di insediamento storico della minoranza, Isola, Capodistria e Pirano, è per molti versi migliore di quella della "consorella" croata.

La legge fondamentale che regola la situazione è la "Legge sull’attuazione dei diritti particolari degli appartenenti alle nazionalità italiana ed ungherese nel campo dell’educazione e dell’istruzione".

L’articolo 3 di questa legge consente alle scuole delle minoranze di creare le basi per lo sviluppo paritetico delle nazionalità italiana ed ungherese nei confronti del popolo sloveno; rende inoltre possibile il libero ed uguale uso delle lingue minoritarie e la conoscenza della storia, della geografia e della cultura della nazione madre.

L’articolo 4 dispone la costituzione, nei territori nazionalmente misti, di organizzazioni educative e istruttive bilingui e di altre esclusivamente nella lingua della nazionalità.

In queste scuole è obbligatorio anche lo studio della lingua slovena; la legge prevede però un obbligo speculare di studio delle lingue italiana od ungherese nelle cosiddette scuole slovene.

L’articolo 9 prevede una sorta di diritto di veto riservato alle Comunità Autogestite della Nazionalità italiana (C.A.N), alle quali viene consentito di approvare i programmi di educazione ed assistenza dei bambini in età prescolare e quelli relativi alle scuole elementari e medie.

Le scuole nella lingua della nazionalità e quelle bilingui, nelle quali in seguito dell’esiguo numero di alunni non sia opportuno e possibile organizzare lo studio per classi o per sezioni grazie alla lettera dell’articolo 13, possono realizzare forme più flessibili di lavoro.

Una soluzione molto interessante è quella prevista dall’articolo 14, che consente agli alunni che hanno terminato la scuola elementare bilingue o minoritaria e che si inseriscono nel processo di educazione media al di fuori del territorio nazionalmente misto, di poter studiare la lingua della nazionalità come materia paritetica.

Il lavoro educativo-istruttivo nelle scuole italiane ed ungheresi, secondo l’articolo 16 deve essere svolto "nella lingua della nazionalità da insegnanti, educatori, bambinaie, consulenti professionali, appartenenti alla nazionalità in questione"; eccezione a questa regola, che comunque non riguarda gli insegnanti di sloveno, si ha nel caso in cui non sia possibile assumere un numero sufficiente di insegnanti con queste caratteristiche.

In tal caso però è richiesta una perfetta conoscenza della lingua minoritaria, che l’articolo 18 specifica considerando idoneo solo chi abbia conseguito la laurea breve o quella universitaria nella lingua della nazionalità oppure superato una prova d’esame propedeutica.

Questa legge tutela in maniera discreta le esigenze della C.N.I. ed è integrata da due leggi specifiche che ne seguono la falsariga riguardanti rispettivamente la scuola elementare e la scuola media.

In conclusione, ricordando ciò che è stato detto a riguardo della scuola in Croazia, non possiamo fare altro che segnalare che il confine sulla Dragogna non è affatto così fittizio come promesso dalle autorità, ma condiziona pesantemente il modus vivendi della nostra minoranza, rischiando di creare due minoranze differenti in numerosi aspetti.

Questa differenza è ancor più grave quando tocca il sistema scolastico, dato che ciò potrebbe voler significare la crescita di generazioni future di italiani disomogenee per determinati aspetti nonostante vivano a pochi chilometri di distanza fra loro.

 

3.2 - IL CENTRO DI RICERCHE STORICHE DI ROVIGNO

Nel settore della ricerca inerente la problematica del C.N.I. sono stati effettuati diversi studi e analisi presso vari istituti universitari nostrani ed esteri.

Esiste però, nell’ambito stesso della Comunità, un’istituzione incaricata di promuovere ricerche specifiche e autonome riguardanti la storia e la cultura del gruppo etnico: il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno (C.R.S.).

La necessità di costituire una sezione per la storia e la documentazione degli italiani in Istria venne discussa per la prima volta a livello di Presidenza dell’U.I.I.F. nel novembre del 1968 e nella primavera del 1970 il C.R.S. divenne Ente autonomo a tutti gli effetti, con lo scopo preciso di costituire un "centro per la documentazione della storia delle popolazioni italiane dell’istro-quarnerino e di ovviare alle mancanze ed alla situazione insoddisfacente presente nell’ambito della storiografia istriana"

La Biblioteca Scientifica del C.R.S. fondata nel 1976 dispone a tutt’oggi di un fondo librario di circa 80 mila unità ed è organizzata in tre grosse aree tematiche.

La prima concerne opere a carattere generale, la seconda opere riguardanti esclusivamente il territorio dell’Istria, Fiume, la Dalmazia ed il Friuli Venezia Giulia, la terza opere di carattere consultivo come enciclopedie e dizionari.

Il C.R.S. ha al suo attivo la pubblicazione di più di 80 volumi per un totale di 31 mila pagine, stampati in tiratura media di 2 mila esemplari, ripartiti nelle seguenti collane: gli "Atti", i "Quaderni", le "Monografie", i "Documenti", le "Fonti", gli "Acta Historica Nova", le "Ricerche Sociali" ed "Etnia".

Al suo interno ha inoltre un archivio con la documentazione dell’U.I.I.F e dei suoi organismi ed enti, quindi in pratica contenente gran parte della storia del gruppo nazionale.

La vitale attività di ricerca, organizzata in principio in cinque sezioni riguardanti la storia generale della regione, l’etnografia, la dialettologia romanza, la storia del movimento operaio e la storia del movimento popolare di liberazione della regione, ha visto aggiungersi strada facendo la sezione documentaristica concernente la vita della C.N.I..

Quest’ultimo ramo di ricerca ha permesso di incominciare un serio lavoro di studio che si colloca nell’attualità sociale del presente.

Il Centro, allo scopo di raccogliere esperienze ed ottenere aiuti di carattere specializzato, si è sempre dimostrato aperto a collaborare con altre istituzioni ed organizzazioni sia in Jugoslavia sia in Italia; possiamo ricordare a questo proposito l’interscambio culturale con musei civili e della rivoluzione, con istituti storici e facoltà di storia, con l’Istituto Gramsci di Roma del P.C.I. e con la sua sezione veneta, con lo Slovenskj Raziskovalnj Institut di Trieste e negli ultimi anni, con il "Centro per la Storia del Movimento Operaio e della rivoluzione popolare dell’Istria, del litorale croato e del Gorski Kotar" con sede a Fiume.

Da pochi anni il Centro ha inoltre ricevuto dal Consiglio d’Europa la prestigiosa designazione di "Biblioteca depositaria per l’area ex jugoslava".

Non bisogna dimenticare che anche il C.R.S. si avvale dell’indispensabile collaborazione economica e non solo, dell’U.P.T..

Il Centro, che si è posto come punto di incontro di studiosi di paesi vicini riuscendo molto bene nel suo intento, deve però risolvere alcune problematiche essenziali per la sua esistenza.

Innanzitutto, il nodo più stringente è costituito dai finanziamenti, che sono insufficienti per il prosieguo dignitoso dell’opera dell’ente; inoltre c’è il serio rischio che la legge croata sulle istituzioni porti alla statalizzazione del Centro con la conseguente perdita della sua autonomia di programmazione e di gestione.

Il Centro dovrebbe infatti essere definito come "Istituzione per l’attività scientifica", definizione tra l’altro diversa tra Croazia e Slovenia; perché questo avvenga in Croazia occorre che l’istituzione interessata disponga di 15 "Dottori", cosa che l’ente rovignese non si può permettere. Il C.R.S. chiaramente è un’istituzione unitaria della Comunità, fa cioè riferimento a tutto il corpo sociale da essa rappresentato, senza distinzione di stato sovrano.

Possiamo concludere dicendo che il Centro costituisce sicuramente una realtà importantissima non solo per quanto riguarda il gruppo etnico italiano, ma per tutta l’area geografica entro la quale esso opera, e che esso ha fino ad ora ampiamente realizzato le ambiziose finalità che i suoi ideatori si erano preposti.

 

3.3 - LE ISTITUZIONI CULTURALI

Le attività culturali della minoranza vengono portate avanti anche da altre organizzazioni. Una di queste è la compagnia teatrale del "Dramma Italiano".

La sua costituzione è avvenuta a Fiume nel 1946, come una delle sezioni del Teatro del Popolo Ivan Zajc comprendente anche il Dramma Croato e l’Opera Lirica.

Il "Dramma" assunse fin dalla sua creazione una funzione regionale esibendosi nei migliori teatri dell’Istria e scritturando anche attori dall’Italia.

Dopo l’esodo però l’istituzione entrò in crisi soprattutto per il crollo dell’affluenza del pubblico.

I registi scelsero quindi di scartare il teatro d’avanguardia e di puntare su un genere più popolaresco, l’unico in grado di attirare un pubblico poco pronto ad un discorso più elitario in quanto composto principalmente da operai, contadini e pescatori.

La fase di rilancio avvenne negli anni ’70 e vide un ampliamento del programma che si estese soprattutto quantitativamente.

Si organizzarono infatti attività collaterali come matinée, conferenze, dibattiti, concorsi tra i giovani e collaborazione con registi italiani.

I problemi, a parte la cronica mancanza di fondi, e al fatto compiuto di dover recitare in teatrini sempre più scomodi e cadenti,erano costituiti dalla mancanza di ricambi generazionali tra gli attori; si cercò di ovviare a ciò coinvolgendo gli studenti e organizzando dei concorsi nelle scuole della Comunità.

Il decennio degli anni ’70 coincise anche con la chiusura per restauri del teatro Ivan Zajc e l’attività si spostò al teatro del Pioniere, sempre a Fiume, restando sempre indirizzata ad un pubblico prevalentemente studentesco.

In questi 50 anni di attività il "Dramma" ha inscenato più di 200 prime, rappresentando vari autori classici e moderni tra i quali possiamo ricordare Machiavelli, Ruzzante, Pirandello, ma soprattutto Goldoni, sicuramente il più vicino per tradizione alla cultura istro-veneta.

Oggi il "Dramma" dipende direttamente dal Ministero per la Cultura, la Pubblica Istruzione e lo Sport, allestisce solitamente tre rappresentazioni all’anno, oltre ad alcuni spettacoli per i ragazzi delle scuole italiane, compie tournée nei centri in cui è presente la comunità italiana, ma anche in Italia e in altre città della Croazia e della Slovenia.

Attualmente per il "Dramma" il principale problema è costituito dalla cronica insufficienza dei finanziamenti (che come vediamo continua ad angustiare i suoi rappresentanti), nonché dall’incertezza del suo status giuridico, in quanto essendo controllato dal Ministero, non ha un saldo legame legislativo e di gestione con la comunità nazionale.

Un’altra istituzione che possiamo definire culturale è il cosiddetto Circolo dei Poeti, dei Letterati e degli Artisti (C.P.L.A.), costituitosi il 25 agosto 1963 su precisa richiesta dei poeti del gruppo nazionale, i quali espressero la volontà di creare un’organizzazione la quale, oltreché ad indirizzare l’attività letteraria ed artistica, desse vita a nuovi stimoli in questo campo onde pervenire ad un coordinamento ed a un rinvigorimento delle attività esistenti.

Oltre a ciò il nuovo ente aveva lo scopo di pubblicare le opere artisticamente valide dei suoi membri al fine di divulgarle sia in Jugoslavia sia in Italia e di realizzare attività rivolte a promuovere il movimento artistico, come concorsi, conferenze e serate letterarie.

Possiamo ricordare che il C.P.L.A., beneficiò in grande misura dell’importante concorso culturale a premi denominato "Istria Nobilissima", organizzato grazie alla collaborazione U.P.T-U.I.I.F., che costituì per l’embrionale movimento intellettuale istriano una notevole cassa di risonanza; relativamente a questo concorso, l’anno successivo fu pubblicata la prima raccolta antologica delle opere premiate, tradizione che continua oggi a oltre trent’anni di distanza.

Nei quasi 40 anni della sua esistenza il Circolo ha realizzato al meglio le finalità alle quali esso era stato preposto, cioè a far si che la lingua italiana non restasse confinata ad un uso esclusivamente familiare e dialettale, ma si elevasse nella sua forma per così dire d’"elite".

Infine possiamo ricordare la "Società di Studi e Ricerche Pietas Julia", dotata di personalità giuridica, volta alla valorizzazione della cultura istro-veneta.

Costituitasi nell’ottobre del 1995 presso la Comunità degli Italiani di Pola, la Pietas Julia ha come scopo la riscoperta del patrimonio culturale dell’area istro – veneta in tutte le sue accezioni.

La società, vuole inoltre porre in essere nuove modalità di riflessione sul ruolo degli italiani dell’Istria, inseriti nel complesso delle relazioni interculturali con i loro corregionali sloveni e croati, nonché nei riguardi della cultura della Nazione Madre.

Per fare questo propugna anche varie forme di collaborazione tra esuli e "rimasti" al fine di mantenere il più viva possibile la presenza italiana nella regione.

Risultano essere privilegiati nel programma della società, i settori letterario, linguistico, etnico, folkloristico, educativo e pedagogico; sono già stati realizzati alcuni notevoli progetti e molti altri sono in cantiere.

La "Pietas Julia" si avvale tra gli altri della collaborazione di nomi importanti della minoranza come Nelida Milani Kruljac ed Elis Deghenghi Olujic, e rappresenta un’altra faccia del vitalissimo periodo culturale che sta attraversando la nostra Comunità Nazionale.

 

    1. - I MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA
    2. Qualsiasi formazione sociale accresce il suo grado di mobilitazione attraverso l’opera dei cosiddetti mass media.

      Queste istituzioni sono tanto più importanti per una comunità etnica di piccole dimensioni che vive staccata dalla Nazione Madre, poiché rappresentano uno dei pochi mezzi per salvaguardare l’espressione linguistica e consentono di mantenere una coesione maggiore all’interno del gruppo.

      A - La stampa

      L’attività editoriale e giornalistica fa capo all’EDIT, fondata nel 1952 con sede a Fiume per iniziativa del Comitato Regionale dell’Alleanza Socialista della città quarnerina, su espressa proposta dell’U.I.I.F..

      Lo scopo che ci si era posti all’atto della sua nascita era quello di radunare tutta la stampa in lingua italiana con il minor dispendio di forze e di mezzi finanziari possibili.

      L’EDIT, all’atto della sua nascita, accorpò tutte le pubblicazioni periodiche allora esistenti ad eccezione del quotidiano "La Voce del Popolo", che rimase autonomo fino all’aprile del 1960, data in cui anch’esso fu incorporato nella casa editrice.

      L’EDIT pubblica a tutt’oggi un quotidiano ed alcuni periodici, e svolge una funzione d’informazione necessaria per la Comunità Nazionale nella sua interezza, poiché, nonostante la sua sede sia in Croazia, i vertici dell’U.I. la considerano un’istituzione unitaria, in quanto il suo bacino d’utenza e i suoi fruitori sono tutti gli italiani dei due stati.

      Il quotidiano "La Voce del Popolo" nacque nel 1944 come foglio partigiano con lo scopo di informare la popolazione di Fiume, allora a grande maggioranza italiana, riguardo i fini della lotta di liberazione partigiana e i progetti sul futuro assetto territoriale dell’area istro-quarnerina, polemizzando in particolar modo con la stampa del "Movimento autonomista", di grande tradizione in città, il quale proponeva per Fiume una soluzione extra statale.

      Il quotidiano, nel primo periodo della sua esistenza, fu solamente uno strumento al servizio della propaganda del partito al potere, appiattendosi su posizioni filogovernative, avallando ad esempio le periodiche epurazioni che colpivano la dirigenza dell’U.I.I.F..

      Negli anni successivi invece la redazione della "Voce" appoggiò maggiormente le problematiche dei connazionali affrancandosi, anche a costo di polemiche e scontri con il potere sia locale sia centrale, dal ruolo che le era stato ritagliato in precedenza.

      Attualmente il giornale, che può vantare quindi una continuità di stampa di oltre mezzo secolo, è l’erede di quella che può essere chiamata scuola giornalistica italiana in Slovenia e Croazia; vi lavorano oltre trenta giornalisti e tre fotoreporter.

      La rivista quindicinale "Panorama" nacque nel 1952, assorbendo i periodici "Vie Giovanili", " Donne" e " Tecnica e Sport".

      Lo scopo della rivista era occuparsi di tutti i settori che potessero interessare la Comunità Nazionale come quello politico, letterario, cinematografico, sportivo, giovanile ed economico, rivolgendosi principalmente all’area di insediamento storico del gruppo, ma anche alle regioni limitrofe, come il Friuli Venezia Giulia.

      "Panorama" affronta con molto impegno le tematiche attinenti alla vita della comunità, sia per quanto riguarda la stretta attualità sia per quanto riguarda la storia, svolgendo un’opera di ricerca veramente importante.

      La rivista tenta anche di coinvolgere il più possibile nelle sue attività i giovani ed è riuscita in questi anni a realizzare un notevole interscambio culturale tra Italia, Croazia e Slovenia, assolvendo pienamente a quello che era il suo compito all’atto della fondazione.

      L’EDIT pubblica anche un mensile chiamato "Arcobaleno" (in passato "Pioniere") il cui bacino d’utenza è decisamente composito: da un lato si rivolge agli studenti delle scuole italiane della regione, dall’altro agli studenti delle scuole della maggioranza, che lo utilizzano per apprendere la lingua italiana in qualità di lingua straniera; come rivista pedagogica ad esso si affianca "Scuola Nostra".

      Infine non possiamo dimenticare la rivista letteraria e umanistica "La Battana", promotrice di moltissime iniziative culturali.

      Questa rivista vuole essere soprattutto "letteraria" e punta ad aprirsi, sempre in funzione della Comunità Nazionale, alle esperienze di altre culture; interessante è il proposito dei suoi promotori di cercare un’apertura del dialogo con la "cultura degli esuli", per cercare di ricomporre il mosaico della presenza italiana nella regione.

      Come il Dramma Italiano anche la gestione della Casa Editrice EDIT non è direttamente riconducibile alla Comunità italiana.

      La diretta dipendenza dallo Stato croato, sempre avversata dai vertici dell’U.I., non favorisce certo una sempre libera possibilità di esprimere le proprie opinioni; a questo proposito, specialmente negli ultimi anni, sono state numerose le polemiche tra la "Voce del Popolo" e l’U.I. che non si sentiva abbastanza tutelata dalle prese di posizione del quotidiano fiumano.

      B - Radio e televisione

      Nel campo dei mass media, operano nel territorio di insediamento storico della Comunità, Radio e TV Capodistria, con programmi destinati tra l’altro a socializzare la conoscenza dei problemi della nazionalità.

      Radio Capodistria, che fu fondata nel 1949, attualmente trasmette parecchie ore di programmi in lingua italiana al giorno (generalmente 11-12 ore), svolgendo una funzione politico-informativa, culturale ed educativa veramente fondamentale, non solo occupandosi, come peraltro fa, di dare ampio risalto alle problematiche degli italiani in Istria, ma anche per così dire dei "rapporti di vicinato".

      La radio si avvale continuativamente dell’apporto degli esponenti del gruppo nazionale, stabilendo quindi un diretto legame tra l’emittente e coloro che ne sono i fruitori e trattando così con maggiore efficacia i temi relativi alle aspirazioni degli italiani.

      La radio tenta di valorizzare nei suoi programmi quanto il gruppo nazionale fa per conservare e sviluppare la propria cultura e la propria lingua, collegando lo stesso a tutti i processi in corso nei paesi slavi; informando costantemente riguardo alle relazioni di vicinato italo-sloveno-croate si occupa anche della problematica del gruppo sloveno in Italia.

      Nonostante la decisione di RTV Lubiana di ridurre la potenza del ripetitore di Croce Bianca, che irradia il segnale verso la Croazia, le trasmissioni di radio Capodistria raggiungono più o meno tutta la penisola istriana.

      TV Capodistria nacque invece nel 1971, in funzione della Comunità Nazionale Italiana, proponendosi come strumento di comunicazione e di salvaguardia delle prerogative della comunità stessa, nonché come importante polo informativo regionale anche, ad esempio, per la minoranza slovena in Italia.

      Durante la sua esistenza non è mai riuscita a coprire con il suo segnale tutta la zona di insediamento storico della comunità, poiché la Croazia non ha mai voluto assicurarne la visibilità attraverso l’installazione di un apposito ripetitore sul Monte Maggiore (Ucka).

      Negli anni d’oro dell’emittente sport e informazione erano le sue specialità; verso la fine degli anni ’80 infatti il segnale di TV Capodistria era irradiato in quasi tutta la penisola italiana, ed era considerata da molti appassionati, compreso chi scrive, la migliore televisione sportiva.

      C’è da dire però che la competenza nell’informazione e nello sport avevano forse messo leggermente in secondo piano quelle che erano le problematiche della minoranza.

      Gli anni ’90 hanno segnato per l’emittente un inesorabile declino; la concorrenze dei network privati e il non sempre puntuale intervento della RAI in suo aiuto hanno fatto sì che il numero di ore di trasmissione sia sceso a poco più di quattro al giorno, e causa il taglio dei finanziamenti operato da RTV Lubiana, il suo segnale raggiunga a malapena il litorale capodistriano e alcune aree della Venezia Giulia con l’esclusione di Trieste.

      La rinascita dell’emittente dipende da un maggior impegno finanziario al fine di sviluppare programmi di più elevata qualità, nonché da un più continuativo rapporto di collaborazione con l’emittenza italiana a tutti i livelli; a tutt’oggi non è stato risolto l’annoso problema della ricezione, ed è discriminatorio che la maggioranza dei possibili fruitori non possa godere dei servizi dell’emittente.

      Meritano menzione anche Radio Fiume e Radio Pola, che da moltissimi anni, in contenitori giornalieri di circa mezz’ora, informano il pubblico con programmi dai vari argomenti: ad esempio con trasmissioni prevalentemente incentrate sulle problematiche del gruppo etnico oppure con interventi culturali, didattici, musicali e linguistici.

       

       

    3. - LE NUOVE ISTITUZIONI
    4. Il Centro Informatico per l’Orientamento Professionale di Pola (CIPO) è stato fondato nel 1992 dall’U.I. grazie al fondamentale aiuto della Nazione Madre; quindi si tratta di un’istituzione di esclusiva proprietà della nostra comunità.

      Si occupa di ricerche sociali sul gruppo etnico, con particolare attenzione al mondo giovanile e dell’orientamento professionale degli studenti; inoltre gestisce la banca dati della Comunità.

      Importanti sono state ad esempio le realizzazioni del cosiddetto "Atlante Scuola", che si occupa della descrizione e dell’analisi del sistema scolastico della Comunità, di una ricerca sul mondo giovanile degli italiani in Croazia e Slovenia e dell’allestimento di un sito Internet veramente completo e ben curato.

      L’istituzione ha peraltro in programma, oltre all’ulteriore miglioramento del sito, anche altre notevoli attività di carattere culturale, anche in collaborazione con il C.R.S..

      Fondamentale, come già ricordato prima, è la gestione della banca dati degli iscritti nelle Comunità degli Italiani, realizzata tra l’altro con molta cura, utilissima sia come appendice statistica, sia ad esempio per fini elettorali interni.

      La Comunità Nazionale, beneficiando degli aiuti provenienti dall’Italia, ha concepito anche un potenziamento della sua attività nel settore dell’informazione, realizzando l’Agenzia Informativa Adriatica (A.I.A.), con sede a Capodistria, primo organo di informazione gestito autonomamente dalla minoranza.

      L’A.I.A. si propone di informare su quanto accade in Slovenia e Croazia e nelle altre Repubbliche dell’ex Jugoslavia, considerato che i molteplici legami etnici, culturali, storici ed economici, nonché la presenza sui territori della minoranza stessa, attraggono inevitabilmente l’attenzione dell’opinione pubblica italiana.

      L’A.I.A., i cui giornalisti sono tutti appartenenti alla minoranza, si propone di registrare e spiegare agli italiani in madrepatria le profonde modificazioni politiche, sociali ed economiche che stanno caratterizzando i paesi fuoriusciti dalla Jugoslavia, inserendo tutto questo discorso nel contesto di una sempre più probabile integrazione europea.

      Infine possiamo ricordare l’A.I.P.I., un’associazione di imprenditori italiani appartenenti alla minoranza; questa associazione tenta di colmare una lacuna che ha sempre caratterizzato la vita del gruppo etnico: la totale mancanza di strutture produttive, bancarie e finanziarie di sua proprietà.

      Una minoranza che non ha una propria base economica difficilmente potrà raggiungere quel grado di soggettività e di indipendenza dal potere centrale che le consentirà di realizzarsi ed emanciparsi compiutamente.

       

    5. - STATUS GIURIDICO DELLE ISTITUZIONI

Nel campo delle Istituzioni, pur differenziando tra la legislazione croata e quella slovena, i vertici dell’U.I. ritengono fondamentale la definizione dello status giuridico unitario delle istituzioni stesse.

Esse dovrebbero venire necessariamente riconosciute come soggetto giuridico e legale, legato agli interessi comuni della Comunità Nazionale Italiana da entrambe gli stati di Croazia e Slovenia.

Fondamentale è il conseguimento dell’autonomia funzionale, gestionale, di programmazione e sviluppo degli Enti e delle Istituzioni.

Questa possibilità è già prevista dalla Legislazione slovena nel campo scolastico, mentre i tentativi dell’U.I. di far passare un’analoga richiesta al Sabor croato è stata frustrata.

Come abbiamo accennato parlando delle singole istituzioni, solamente il C.R.S. e il CIPO sono interamente gestite dalla minoranza, mentre tutte le altre sono realizzate in sua funzione, ma la gestione dipende in ultima analisi dal potere statale.

L’U.I. perciò chiede agli stati domiciliari la possibilità di essere nominata co-fondatrice di tutti questi Enti, per far sì che essi operino realmente seguendo i bisogni e le aspettative della Comunità Nazionale .

 

3.7 - LE COMUNITA’ DEGLI ITALIANI

Dal 1946 iniziarono ad organizzarsi nella regione istro-quarnerina i cosiddetti Circoli Italiani di Cultura (C.I.C.) e si diffusero in tutti gli abitati della regione dove vivevano ed operavano gli italiani rimasti.

Nell’allora zona B, parte integrante del mai costituito territorio libero di Trieste, operarono i Circoli di Cultura Popolare Italiana (C.C.P.I.) inseriti nell’ambito del Centro di Cultura Popolare Italiana di Capodistria il quale diresse l’attività di tutte queste organizzazioni.

Nel 1955, in seguito al Memorandum di intesa, tutti i Circoli di questo territorio entrarono a far parte dell’U.I.I.F., della quale insieme ai C.I.C. dell’area istro-quarnerina costituirono la vera e propria forza motrice.

Nel corso degli anni ’50 e ’60 anche i C.I.C. subirono l’oppressione dello stato jugoslavo, e l’assimilazione forzata e silenziosa di molti italiani portò alla chiusura di parecchie sezioni.

La libertà di movimento era molto limitata e le risorse economiche dei singoli circoli scadenti; libri e giornali italiani arrivavano con difficoltà e le sale di lettura dei circoli si svuotavano sempre di più.

Teniamo presente che l’attività al loro interno era, come oggi, esclusivamente opera di volontari, i quali svolgevano una funzione di organizzazione e coordinamento delle attività artistico-culturali degli italiani a livello locale, senza alcuna autonomia a livello politico; la loro attività si inseriva nell’ambito dell’U.I.I.F. declassata anch’essa nel dopoguerra a mera organizzazione culturale.

La svolta avvenne nel 1971 quando i C.I.C., per volontà dell’U.I.I.F. si trasformarono in Comunità degli Italiani (C.D.I.) aumentando le loro mansioni e superando la funzione esclusivamente culturale per assumerne una più impegnativa, tentando anche un’opera di socializzazione dei connazionali.

Questa svolta si inserì in un grande dibattito politico sugli emendamenti costituzionali che avrebbero poi portato alla modifica della Carta fondamentale Jugoslava del 1974.

Di questa temperie positiva fruì anche la parte della minoranza residente nel capodistriano, che ottenne dall’allora Repubblica Federativa Slovena, la costituzione delle Comunità Autogestite della Nazionalità (C.A.N.) che operarono come quarta camera assembleare ogni qual volta venivano trattate a livello comunale problematiche riguardanti l’istruzione e la cultura della comunità italiana della regione.

Le C.D.I., vera e propria base della piramide che vede al suo vertice l’U.I., hanno costituito e costituiscono ancora oggi, la struttura portante su tutta l’area istro-quarnerina della C.N.I..

Nelle C.D.I. gli italiani si esprimono liberamente nella lingua materna, si ritrovano per discutere i problemi di interesse della collettività e per programmare le loro principali attività in tutti i campi.

A tutt’oggi le C.D.I. sono 43; alle 21 Comunità cosiddette storiche, cioè quelle che più o meno hanno operato fin dal primo dopoguerra, si sono aggiunte dopo la dissoluzione della ex Jugoslavia e la formazione delle Repubbliche di Croazia e Slovenia, 22 nuove Comunità, a ulteriore testimonianza dell’incredibile risveglio che ha "sconvolto" la nostra minoranza presente in Istria.

Queste Comunità sono sorte anche in luoghi dove si pensava che la presenza italiana fosse scomparsa o limitatissima, come ad esempio in Dalmazia, dove sono state costituite le C.D.I. di Zara e di Spalato, e nell’entroterra istriano, dove sono state costituite le C.D.I di Pisino e Pinguente.

Dal 1990 inoltre, nell’immediata vigilia delle elezioni svoltesi all’interno del corpo minoritario e che portarono alla fondazione dell’U.I., si svolsero le prime iscrizioni alle C.D.I., pratica che si è mantenuta in gran parte delle località di insediamento storico.

Alle Comunità può iscriversi in qualità di "socio effettivo" qualunque cittadino lo desideri, purché di nazionalità oppure di madrelingua e cultura italiana, mentre con status di "socio sostenitore" vi si può iscrivere qualsiasi cittadino residente nel territorio di competenza che pur non appartenendo al gruppo nazionale italiano si dichiari disposto a sostenerne i programmi e le attività.

L’iscrizione viene eccezionalmente consentita anche a cittadini stranieri, non in possesso cioè della cittadinanza croato o slovena, residenti in Istria o nel Quarnero, purché essi si dichiarino di nazionalità oppure madrelingua e cultura italiana (ad esempio cittadini italiani residenti in Istria).

L’iscrizione alle C.D.I. in qualità di socio effettivo comporta l’affiliazione automatica all’U.I. e conseguentemente l’acquisizione del diritto di partecipare come votante o come candidato alle elezioni interne, mentre la qualifica di socio sostenitore esclude qualsiasi diritto di voto.

Le C.D.I. quindi si configurano come asse portante di tutta la vita della minoranza; teniamo a ribadire che la loro attività si basa esclusivamente sull’opera di volontari, impegnati giornalmente per migliorare le condizioni dei loro appartenenti.

Sottolineiamo anche, che oggi le C.D.I. sono direttamente portatrici dei bisogni dei loro iscritti, nei confronti dei Comuni di residenza, superando quindi la funzione eminentemente culturale e ponendosi su un piano che potremmo definire socio-politico.

Presentiamo, per concludere, alcuni dati statistici attinti dalla banca dati delle C.D.I. (curata da Fabrizio Radin) che sottolineano ulteriormente la notevole crescita non solo numerica che ha interessato nell’ultimo decennio la minoranza italiana in Istria.

 

GLI ITALIANI IN JUGOSLAVIA NEI CENSIMENTI DEL DOPOGUERRA

ANNO

NUMERO DI ITALIANI

1948

101.715*

1953

35.874

1961

25.615

1971

21.791

1981

15.132

1991

22.041**

* il dato comprende i 22.140 italiani dell’allora Zona B

**il dato comprende il numero complessivo degli italiani residenti in Slovenia (2.758) ed in Croazia (19.283)

 

DISTRIBUZIONE DEGLI ITALIANI PER REPUBBLICA

ANNO

CROAZIA

SLOVENIA

1961

21.103

3.072

1971

17.560

3.001

1981

11.611

2.187

1991

19.283

2.758

 

DICHIARAZIONE DI MADRELINGUA ITALIANA

ANNO

MADR.ITALIANA

NAZION. ITALIANA

1981

19.411

15.132

1991

26.918

22.041

 

 

ISCRITTI NELLE COMUNITA’ DEGLI ITALIANI

ANNO

CROAZIA

SLOVENIA

TOTALE

1948

76.093

1.458

77.551

1953

33.316

854

34.170

1961

21.103

3.072

24.175

1971

17.433

3.001

20.434

1981

11.661

2.187

13.848

1991

21.303

3.064

24.367

1996

30.769

2.503

33.272

1999

34.227

2.746

36.973

 

ISCRITTI NELLE C.D.I 1996/1999

COMUNITA’

1999

1996

FIUME

6.837

4.697

POLA

5.678

4.875

UMAGO

2.781

2.785

ROVIGNO

1.806

1.761

BUIE

1.507

1.906

DIGNANO

1.370

1.368

PIRANO

1.085

893

PARENZO

1.078

700

ALBONA

1.000

742

CAPODISTRIA

894

843

SALVORE

763

588

VERTENEGLIO

681

666

PINGUENTE

670

451

GALLESANO

666

709

ISOLA

646

646

PLOSTINE

629

889

CITTANOVA

610

408

LUSSINPICCOLO

594

648

FASANA

550

626

PISINO

528

585

SAN LORENZO

499

480

SISSANO

489

379

VISIGNANO

461

482

ABBAZIA

442

590

MONTONA

442

442

MOMIANO

378

432

GRISIGNANA

370

435

LEVADE GRADIGNE

370

171

TORRE

331

306

ORSERA

291

191

VALLE

293

297

STERNA

270

325

VISINADA

263

259

SANTA DOMENICA

252

244

VILLA GARDOSSI

224

230

MONPADERNO

221

289

ZARA

220

145

CHERSO

198

141

VILLANOVA

166

170

LAURANA

144

209

CREVATINI

121

121

STRIDONE

111

98

SPALATO

54

54

TOTALE

36.973

33.272

 

DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI PER GRUPPI DI ETA’

GRUPPI D’ETA’

NUMERO

PERCENTUALE

FINO A 10 ANNI

110

0,39

DA 11 A 20

1.589

5,58

DA 21 A 30

3.773

13,25

DA 31 A 40

4.047

14,21

DA 41 A 50

4.630

16,26

DA 51 A 60

4.071

14,30

DA 61 A 70

5.223

18,34

DA 71 A 80

3.771

13,24

OLTRE GLI 80 ANNI

1.264

4,44

TOTALE

28.478*

100

*il n° è inferiore al totale degli iscritti poiché non di tutti è conosciuta l’età

Il dato non è da considerarsi significativo, in quanto gli elenchi a disposizione del ricercatore (F.Radin), sono in gran parte elettorali e quindi non comprendono per definizione iscritti minorenni.

Nonostante ciò si evince che la comunità nazionale italiana è "anziana", sia in senso assoluto, sia relativamente alla maggioranza slovena e croata residente sul territorio istriano, le quali secondo le ricerche condotte con grande scrupolo in questo campo ( ad esempio dall’I.S.I.G. di Gorizia), presentano una percentuale di giovani molto maggiore.

Questo fatto, nonostante l’ottimismo dovuto al crescente incremento degli iscritti, è sicuramente il cruccio maggiore che si presenta agli esponenti della minoranza; una delle sfide da affrontare con maggiore impegno dovrà essere proprio quella del rinnovamento dei ranghi.

A questo proposito sarà importante il ruolo che dovrà svolgere la scuola italiana, ma anche le altre istituzioni della Comunità; ruolo di valorizzazione degli italiani "accertati" e del possibile recupero dei "dubbiosi".

CONFRONTO FRA GLI ISCRITTI E IL CENSIMENTO DEL 1991*

C.D.I

SOCI EFFETT

CENSIM ‘91

VARIAZIONE

PERCENT.

ABBAZIA

442

242

+200

+82

ALBONA

1.000

421

+579

+137

BUIE

1.507

1.183

+324

+27

CAPODISTR.

894

878

+16

+2

CITTANOVA

610

463

+147

+32

CREVATINI

121

137

-16

-12

DIGNANO

1.370

790

+580

+73

FIUME

6.837

3.330

+3.507

+105

GALLESANO

666

617

+49

+8

PARENZO

1.078

688

+390

+57

PIRANO

1.085

1.169

-84

-7

POLA

5.678

3.632

+2.046

+56

ROVIGNO

1.806

1.843

-37

-2

SALVORE

763

418

+345

+82

SISSANO

489

191

+298

+156

TORRE

331

170

+161

+95

UMAGO

2.781

1.542

+1.239

+80

VALLE

283

326

-43

-13

VERTENEG.

681

620

+61

+10

VILLANOVA

166

146

+20

+14

CHERSO

198

132

+66

+50

VILLA GARD

224

38

+186

+489

FASANA

550

145

+405

+279

GRISIGNANA

370

287

+83

+29

LUSSINPIC.

594

121

+473

+391

MOMIANO

378

307

+71

+23

MONPAD.

221

43

+178

+414

MONTONA

442

126

+316

+251

PISINO

528

146

+382

+262

PLOSTINE

629

869

-240

-28

S. DOMEN.

252

87

+170

+195

S. LORENZO

499

330

+169

+51

STERNA

270

129

+141

+109

VISIGNANO

461

134

+327

+244

VISINADA

263

81

+182

+225

ZARA

220

89

+131

+147

LAURANA

144

79

+65

+82

STRIDONE

111

176

-65

-37

TOTALE

34.942

22.125

12.817

+58

*sono disponibili i dati relativi a 38 delle 43 C.D.I.

(i dati sono aggiornati al febbraio 2000)