INTERVISTA DEL 7.1.2000 A MARIO DASSOVICH, GIORNALISTA, SCRITTORE, ESULE FIUMANO, AUTORE, DAL SUO OSSERVATORIO DI TRIESTE DI MOLTISSIMI SAGGI SULL’ARGOMENTO.

 

D: Inizierei con il chiedere un suo commento sulle elezioni politiche croate tenutesi in questi giorni, che hanno visto la sconfitta dell’H.D.Z. e il trionfo di una coalizione guidata tra gli altri da ex comunisti.

R: A mio parere, per esprimere un commento completo, bisognerà attendere la prova dei fatti, e anche le elezioni presidenziali che si svolgeranno tra qualche settimana.

Il risultato del voto è stato accolto molto favorevolmente negli ambienti della minoranza, poiché è molto probabile che la nuova coalizione al potere dia maggiore spazio alle rivendicazioni "italiane" di quanto non facesse la vecchia.

A questo proposito leggevo sui giornali di oggi che il deputato italiano Furio Radin (rieletto con quasi l’80% dei suffragi, n.d.r.) presenterà subito una serie di richieste sui temi della scuola e del bilinguismo che erano quelli su cui la minoranza era particolarmente vessata dal Governo nazionalista dell’H.D.Z..

Tra le altre cose, il voto favorevole alle opposizioni ha rafforzato la posizione dell’Unione Italiana in una polemica che la vedeva coinvolta con il giornale "La Voce del popolo", della Casa Editrice EDIT, che dovrebbe rappresentare gli interessi della minoranza; il quotidiano di Fiume aveva ospitato nei giorni precedenti alle elezioni alcuni articoli critici nei confronti dell’organizzazione rappresentativa degli italiani, e alcune prese di posizione favorevoli all’H.D.Z.. Ciò si potrebbe interpretare come una sorta di accordo trasversale con questo partito.

La sconfitta dell’H.D.Z. ha rafforzato quindi la posizione dell’organizzazione rappresentativa degli italiani.

 

D: Come hanno reagito gli ambienti degli esuli all’elezione di un ex-comunista al Governo della Croazia?

R: L’estrema vicinanza dell’avvenimento ha impedito una presa di posizione definitiva. L’elezione di un ex marxista ha certamente destato qualche preoccupazione in questi ambienti, ma tutto sommato di poco peso, anche perché la coalizione vincitrice è al suo interno abbastanza composita, e vi sono esponenti anche di forze più moderate.

 

D: Come sono, allo stato attuale, i rapporti tra gli esuli e i rimasti?

R: L’Unione Italiana si è dichiarata più volte aperta al dialogo verso gli esuli. Gli esuli invece hanno ancora al riguardo una posizione oscillante, ad esempio il Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli, il Senatore Lucio Toth, è molto favorevole al riallaccio dei rapporti, nonché all’intensificazione dei rapporti fra gli esuli e il Governo Croato, cosa che adesso non si pone o si pone in maniera indiretta.

Le dirò che è in programma, fra qualche mese, un incontro a Roma alla presenza dell’On. Violante, a cui parteciperanno rappresentanti delle due "facce". E’ presto per precorrere i tempi, ma potrebbe essere un incontro importante.

 

D: La questione sul tappeto è quella dei beni abbandonati?

R: Proprio così, gli esuli sarebbero addirittura disposti a ripagare per ottenere i propri beni, ma la legge croata non consente a persone fisiche straniere l’acquisto di beni immobili nel territorio nazionale.

Una mini scappatoia è costituita dai beni che gli esuli si vedono assegnare in eredità da parenti rimasti in Istria; questo fenomeno sta provocando un limitato, ma significativo, contro esodo nella regione.

E’ mia opinione che il Governo neo eletto presterà più attenzione a questa problematica, anche in vista di maggiori rapporti economici con l’Italia, cosa che molto probabilmente avverrà in futuro .

Quindi sono relativamente ottimista.

 

D: Secondo lei, chi vincerà le Presidenziali?

R: Per le elezioni Presidenziali si prevede che nessun candidato otterrà il 50% dei suffragi necessario a ottenere l’elezione al primo turno, e quindi si dovrà andare al ballottaggio.

Qui probabilmente ci sarà un apparentamento tra le liste che hanno formato la coalizione vincente alle elezioni politiche e che al primo turno presentano candidati separati, e ciò probabilmente porterà anche qui alla loro vittoria.

Siamo però nel campo delle ipotesi.

 

D: Vorrei una sua valutazione sull’operato dell’Unione Italiana.

R: A mio parere l’operato è positivo, ci sarebbero però da fare alcune critiche.

Qui però, secondo me, il giudizio, più che politico, è pratico; le critiche generalmente provengono da coloro che non fruiscono nella maniera desiderata, delle somme stanziate dal governo italiano attraverso l’Ente morale dell’Università Popolare di Trieste.

Le necessità sono davvero tante, molte anche davvero urgenti; pensi solo a quante scuole sono malandate in Italia e alle polemiche che scaturiscono da questa situazione, e potrà ben capire che a maggior ragione la situazione è più grave al di fuori dei confini, dove il nostro stato in teoria, non dovrebbe occuparsi di queste cose, e pur facendolo non ha la libertà di movimento per occuparsene appieno.

 

D: Approfitto per chiederLe un parere sull’atteggiamento del Governo Italiano nei confronti della minoranza.

R: Nel risponderle sarò molto cauto. Il Governo fa parecchio, soprattutto sotto il punto di vista economico (stanzia ogni anno 8 miliardi, che per mezzo dell’U.P.T. vengono utilizzati per le necessità più stringenti, n.d.r.), ma non le so dire se fa abbastanza.

Le critiche provengono soprattutto da chi contesta il modo in cui questi fondi vengono distribuiti; come dicevamo prima le necessità sono tantissime e non tutte possono essere soddisfatte, creando giocoforza una percentuale di scontenti.

 

D: Mi faccia una previsione sul futuro della minoranza italiana.

R: La situazione ambientale è ora abbastanza favorevole in Croazia; quanto lo sarà davvero, dipende soprattutto dal ruolo che la Dieta Democratica Istriana, appartenente alla coalizione al potere, riuscirà ad esercitare nel nuovo Governo.

In Slovenia si sta lavorando parecchio per ottenere dal Parlamento Italiano una legge globale di tutela per gli sloveni residenti in Italia nelle province di Gorizia, Trieste ed Udine.

Se questa legge passerà, e sarà discussa alla Camera proprio nei prossimi giorni, il Governo Sloveno avrà per così dire le mani legate. Lubiana infatti, una volta soddisfatte le richieste della sua minoranza, dovrà giocoforza migliorare o quantomeno non peggiorare la tutela degli italiani sul suo territorio.

Comunque vadano le cose l’U.I. non potrà che mantenere un atteggiamento prudente, puntando a concessioni pratiche e soprassedendo su dichiarazioni di principio come ad esempio quella relativa all’autoctonia della componente italiana. Sono dell’idea che in un periodo "di transizione" come questo, sia meglio tentare di ottenere conquiste di pratica utilità per la popolazione. Poi si vedrà.

 

D: Secondo lei il prossimo censimento vedrà un ulteriore incremento delle dichiarazioni di appartenenza alla nazionalità italiana?

R: A mio parere ci sarà un aumento rispetto ai 25 mila del 1991, ma non così consistente come farebbero pensare le iscrizioni alle Comunità degli Italiani (ora quasi 40 mila). Io resterei sulle 30 mila unità.

 

D: Per finire vorrei una sua conferma su una sensazione che io ho avuto leggendo tutti i suoi libri sull’argomento. Mi spiego: ho avuto l’impressione che lei abbia cambiato atteggiamento nei confronti della minoranza e soprattutto dei suoi vertici, a partire dalla fine degli anni ’80, passando da un tono ironico e dissacratorio ad uno più aperto e disponibile al dialogo. Mi sbaglio?

R: Sinceramente le dico che dovrei andare a rileggere la mia bibliografia relativa all’argomento. Non si può negare però che specialmente a partire dal 1988, porto come esempio la "Petizione di Capodistria", la minoranza italiana abbia, se così si può dire, "rialzato la testa", portandomi probabilmente a commenti più lusinghieri.

Penso però di aver sottolineato, anche negli anni precedenti, i tanti ed importati tentativi fatti ad esempio dal Prof. Borme per l’emancipazione dell’U.I.I.F., anche se questi non diedero frutti, portando anzi alla destituzione del medesimo.

 

INTERVISTA DEL 2.8.1999 CON IL PROF. GIOVANNI RADOSSI, VICEPRESIDENTE DELL’UNIONE ITALIANA NONCHE’ DIRETTORE DEL CENTRO DI RICERCHE STORICHE DI ROVIGNO.

 

D: Comincerei con il chiederle un bilancio dell’attività del Centro di Ricerche che lei dirige.

R: Il bilancio è oltremodo positivo. La nostra Istituzione ha ormai compiuto 30 anni di vita e possiamo tranquillamente affermare che ha svolto egregiamente il compito che ci eravamo preposti di farle svolgere all’atto della sua nascita, cioè promuovere ricerche specifiche e autonome riguardanti la storia e la cultura del gruppo etnico.

I problemi che abbiamo riguardano soprattutto i rapporti con il Governo Croato. Non so se lei ha mai sentito parlare della famigerata "Legge sulle Istituzioni", che ci impedisce di dormire sonni tranquilli, "grazie" alla quale noi perdiamo gran parte della nostra autonomia. In secondo luogo lamentiamo una cronica mancanza di fondi, malgrado i puntuali interventi, soprattutto riguardanti l’invio di materiale culturale, dell’U.P.T..

Speriamo che tutto ciò possa migliorare in futuro e credo che vi siano le condizioni necessarie e sufficienti perché ciò possa accadere. Sono quindi fiducioso.

 

 

D: Lei è anche il Vicepresidente dell’U.I.. Provi a tracciare un bilancio dei primi 10 anni di vita di questa organizzazione.

R: Anche qui non posso che dire bene dei primi 10 anni di questa esperienza che ha significato un salto di qualità rispetto alla precedente dell’U.I.I.F..

Proprio in questi giorni la nostra organizzazione sta battagliando con il Governo Croato che vuole imporre dall’alto la delimitazione del territorio entro il quale operare, cioè l’Istria e Fiume, escludendo le isole di Cherso e Lussino, la Dalmazia e le comunità di Stivor e Plostine.

Noi neghiamo invece questa impostazione ideologica e abbracciamo con il nostro operato tutte le comunità italiane, comprese quelle al di fuori dell’Istria, proprio in un periodo nel quale l’italianità si sta risvegliando anche in zone remote dove sembrava non esserci più spazio per noi.

Questo per farle capire la combattività dell’U.I. nel portare avanti con coerenza le proprie battaglie.

 

D: In questi giorni mi è capitato di leggere la "Voce del Popolo" e ho notato che non sempre appoggia le iniziative dei vertici della minoranza. E’ una mia impressione?

R: No. Effettivamente il rapporto con la stampa, con quella che dovrebbe essere la nostra stampa, attualmente è un disastro. Le nostre iniziative sono più pubblicizzate e appoggiate dal quotidiano regionale croato "Glas Istre" piuttosto che dalla "Voce".

Il problema è che il quotidiano, e in particolare la EDIT di Fiume, è di proprietà del Governo Croato e quindi Lei può ben capire che tutto ciò non giova alla sua indipendenza.

D: L’ingresso della Croazia nell’Unione Europea potrà dare giovamento alla minoranza italiana?

R- Lei tocca un tasto che mi sta particolarmente a cuore. Io ho infatti l’assoluta convinzione che l’ingresso dei due stati balcanici (quindi anche della Slovenia, n.d.r.) non possa che portare giovamento alla nostra causa, favorendo il riaffermarsi dell’identità italiana nella regione, identità che dopo 40 anni di declino, come le dicevo, sta prepotentemente tornando alla ribalta in quest'ultimo periodo.

Una volta nell’U.E. Croazia e Slovenia dovranno per forza adeguare il loro livello di tutela delle minoranze ad un determinato standard e la nostra situazione non potrà che migliorare.

Inoltre io penso che il progetto di "Euroregione Istria" propugnato dalla Prof.ssa Loredana Bogliun, che prevede una regione istriana autonoma sia possibile unicamente all’interno delle strutture dell’Unione Europea. E’ proprio per favorire questo avvicinarsi dei nostri stati domiciliari all’Europa, che noi come minoranza dovremo giocare molto bene il nostro ruolo di "ponte" con l’Italia.

Italia che potrebbe essere la "madrina" dei due stati in questo tentativo di integrazione, portando perciò nuova linfa, anche economica. Siamo però, nel campo delle ipotesi, perché finche c’è l’H.D.Z…..

D: Vedo che oggi qui nel suo studio è presente un rappresentante degli esuli. Cosa mi può dire a questo proposito?

R: Questo tabù deve essere infranto una volta per tutte. Noi abbiamo in progetto una serie di battaglie di carattere culturale insieme alle associazioni degli esuli.

Quindi auspico una ancor maggiore ripresa dei rapporti tra queste due facce delle stessa medaglia, quella della presenza italiana in Istria.

Accanto alla battaglia culturale voglio però ricordare che noi svolgiamo anche una battaglia politica, la battaglia per la democrazia inserita in un contesto europeo senza frontiere, e sottolineando il ruolo negativo dell’H.D.Z. (allora ancora saldamente al potere, n.d.r.), la battaglia per la salvaguardia dell’italianità della regione.

Non le sto neanche a spiegare con quale forza combattiamo per i nostri diritti per esempio nel campo del bilinguismo e della scuola.

 

D: Visto che lei è molto occupato, le faccio solamente un’altra domanda, alla quale, se vuole, è libero di non rispondere: fantapolitica, cosa sarebbe stata l’Istria senza l’esodo?

R: Le rispondo chiarendo subito che si tratta di un gioco. Ci potrebbero essere molti scenari; in un caso del genere ci sarebbero circa 400 mila italiani nella regione.

A mio parere l’Istria, nel 1991, avrebbe potuto ottenere una sorta di autonomia o forse anche di indipendenza, non credo ad un intervento armato della Jugoslavia, data anche l’importanza politica del governo italiano e la nostra vicinanza a Trieste.

Pensi quale capacità di pressione superiore avremmo oggi se l’esodo fosse stato per così dire, minore, ad esempio se fossimo 100, 150 mila anziché 40 mila scarsi.

Avremmo ben altra risonanza anche nei riguardi dell’opinione pubblica italiana.

Comunque è solo fantasia; c’è forse una cosa che però lei non sa. Tito, e di ciò sono stati trovati anche documenti, avrebbe voluto che il confine fosse situato oltre il fiume Isonzo, incorporando perciò in Jugoslavia più della metà della provincia di Udine, e quasi 600 mila italiani; pensi un po’ lei cosa sarebbe potuto succedere se le velleità del Maresciallo fossero state soddisfatte.

Io credo però che dovremmo concretamente pensare che una volta entrate Slovenia e Croazia in Europa, sia realmente possibile creare la nostra Euroregione, coinvolgendo anche la cittadina italiana di Muggia, o addirittura Trieste.

L’Istria in questi ultimi anni è stata un importante laboratorio di convivenza interetnica; nonostante il pessimo esempio datoci dalle altre regioni della ex Jugoslavia, qui siamo sostanzialmente sempre andati d’accordo e penso che lo potremo fare ancora meglio in futuro, specialmente se cambieranno le condizioni politiche a Zagabria.

 

 

 

 

INTERVISTA DEL 12.1.2000 CON LA PROFESSORESSA BIANCASTELLA ZANINI, EX DOCENTE ALL’UNIVERSITA’ DI POLA E ATTUALMENTE GIORNALISTA PRESSO LA SEDE RAI DI TRIESTE

 

D: A suo parere quali cambiamenti potrà portare il risultato elettorale delle "parlamentari"?

R: A mio parere è necessario attendere, e vedere come i partiti che hanno composto la coalizione vincitrice riusciranno a compattarsi per guidare il nuovo governo.

L’H.D.Z., nonostante la sconfitta ha ricevuto molti voti nelle cosiddette circoscrizioni elettorali della "diaspora", cioè quelle dei croati residenti all’estero, e quindi la maggioranza per due soli seggi non dispone del quorum dei due terzi occorrente per effettuare modifiche costituzionali, che sono necessarie, in quanto la costituzione era per così dire cucita su misura per il partito del defunto Tudjiman.

Inoltre è necessario attendere anche l’esito delle prossime elezioni presidenziali.

Una vittoria del candidato dell’H.D.Z. Mate Granic renderebbe la situazione ancora più confusa.

Questa eventualità non è del tutto remota, poiché la coalizione che ha vinto le parlamentari non è riuscita a esprimere un unico candidato.

I due candidati della "maggioranza" sono Mesic e Budisa e al primo turno concorreranno separatamente; nessuno dei due vede di buon occhio le minoranze e soprattutto il secondo, dichiarato nazionalista croato a mio parere non sarebbe per noi una buona soluzione.

Spero vivamente, però, che non venga eletto Granic, ministro degli esteri sotto la presidenza Tudjiman; una sua eventuale vittoria non sarebbe certo un bene per la democrazia!

In ogni modo, qualunque sia il risultato elettorale, bisogna vedere come il futuro presidente interpreterà il ruolo; sotto la presidenza Tudjiman il parlamento era infatti ridotto ad un vuoto simulacro, era puro folclore, e tutte le decisioni erano prese dal "presidentissimo".

Le anticipo comunque che tutti i candidati hanno promesso di moderare e di molto questo "interventismo", bisogna vedere se lo manterranno.

Comunque la promessa fatta da alcuni esponenti della coalizione vincitrice che l’unica ricetta possibile per risollevare la Croazia è "lacrime, sudore e sangue", non si discosta dal vero.

 

D: Cosa resta del decennio di "dominio" accadizetano ?

R: La cosiddetta "Prima Repubblica Croata" ha sostanzialmente depredato i cittadini, permettendo anche l’espansione delle nuove mafie, prima fra tutte quella della Bosnia – Erzegovina.

Per farla breve i maggiorenti dell’H.D.Z. sono già espatriati con gran parte dei capitali.

Tutto è stato rubato in questi dieci anni; questa gente si è spartita il potere con il beneplacito e il tornaconto degli altri paesi europei, che vedevano la Croazia di Tudjiman, come scudo all’espansionismo balcanico della Serbia di Milosevic.

Bisogna vedere se il nuovo potere riuscirà e vorrà fare chiarezza su tutte le malversazioni e le frodi perpetrate in questi dieci anni, iniziando ad istruire dei seri processi.

 

D: Lei ha insegnato per molti anni in Istria. Mi dia un giudizio sullo stato di salute della scuola italiana.

R: Tutto dipende dall’iter che avrà la famosa "proposta di legge Vokic". Io spero e credo che questa proposta venga fatta decadere dal nuovo Sabor.

Questa proposta, oltre a danneggiare la scuola italiana, danneggiava soprattutto i cittadini croati, ai quali veniva sottratta la libertà fondamentale di decidere in quale istituzione fare studiare i propri figli.

In questi dieci anni la scuola italiana non è stata tutelata. Il lungo ministero Vokic l’ha sicuramente danneggiata; la signora Lilja Vokic, proveniente dall’Erzegovina, non conosceva assolutamente niente dell’Istria ed era un’esponente della nomenklatura al potere che, tentando di portare avanti uno stato etnocentrico, non contemplava in nessun modo le minoranze.

Comunque, le sorti della scuola italiana rimarranno molto precarie finchè non verranno varate adeguate leggi di tutela da parte del Sabor.

Voglio concludere dicendo che la scuola italiana oggi è mal concepita, essendo scuola solo per ragazzi di lingua italiana, quando, bene che vada, gli studenti sono bilingui figli di un matrimonio misto.

La sua struttura quindi va ripensata per adeguarla a quelle che sono oggi le caratteristiche della sua utenza; la scuola inoltre potrebbe essere un vero e proprio laboratorio di tolleranza.

Un croato che frequenta la scuola italiana non diventerà mai un italiano, ma conoscendone la lingua e la cultura imparerà a rispettare il "diverso".

 

D: L’Istria è stata presentata in questi giorni dallo stesso Corriere della Sera, come un laboratorio di convivenza. Cosa ne pensa?

R: Le genti istriane hanno fatto si che l’Istria non fosse coinvolta nella guerra del 1992, in particolar modo gli amministratori regionali hanno impedito che il conflitto deflagrasse, scatenato dall’interesse che lo stato croato aveva nel far reagire l’esercito serbo di stanza nella penisola, il quale invece non aveva alcuna intenzione di farlo.

La convivenza in pace è secolare in Istria; voglio però sottolineare che la cultura italiana e la cultura croata hanno quasi sempre percorso cammini diversi. "Loro" difficilmente venivano ai nostri convegni, e noi abbiamo fatto altrettanto.

Al potere in Istria c’è il partito multietnico della Dieta, e anche per esso si pone l’esigenza di democratizzazione, perché fino ad adesso ha governato senza una seria opposizione interna, mentre ora altri partiti hanno ottenuto discreti consensi nella regione e quindi possono esercitare un’opposizione non solo di facciata.

 

D: Qual è il futuro della minoranza?

R: Bisogna innanzitutto capire che cos’è oggi la minoranza italiana.

Il notevole risveglio numerico è stato a mio parere in gran parte fittizio e strumentale alla situazione politica degli anni ’90.

E’ impossibile che siamo quasi triplicati in poco meno di vent’anni; comunque di qualsiasi tenore sia questa tendenza, ben venga se può aiutare. Le istituzioni della comunità si basano tutte sul volontariato, e io non ho visto questa grande crescita di volontari.

Un altro problema è la divisione tra Slovenia e Croazia: fra qualche anno una parte di connazionali sarà in Europa, e l’altra, la più consistente, ne rimarrà ancora per molto tempo al di fuori.

C’è il serio rischio che il confine sul fiume Dragogna, che per gli italiani non ha alcun senso, si faccia pesantissimo impedendo alla grande maggioranza dei nostri connazionali, che non confinano più direttamente con la madre patria, di attingere alla linfa vitale e culturale che solo da questa può provenire.

Tutto ciò, e mi preme dirlo, si inserisce in un discorso più ampio: quale sarà il futuro delle minoranze in Europa?

L’U.E. potrà emanare regolamenti e decisioni vincolanti nei confronti dei Governi nazionali?

Rispondendo a queste domande la situazione potrà essere più chiara, ma io in questo momento, la risposta non la so. La posso immaginare, ma vorrei che la mia sensazione non corrispondesse alla realtà dei fatti.

 

 

 

D: Mi dia un giudizio sull’operato del Governo italiano in questa materia.

R: Sarò sintetica: il Governo italiano ha fatto e fa anche troppo; economicamente tiene in piedi tutto ciò che la Croazia ha disatteso.

Non possiamo far sopportare ulteriormente al contribuente italiano uno sforzo che toccherebbe principalmente a quello croato.

Per questo motivo auspico che la nuova classe dirigente croata non pensi "Tanto paga tutto l’Italia", ma si renda conto che è suo dovere preminente occuparsi di una minoranza autoctona che vive sul suo territorio.

La nazione madre può sì dare un aiuto, specie se, come l’Italia, è così prestigiosa, ma non si deve accollare interamente le spese di una popolazione che non è più sotto la sua sovranità.

 

 

INTERVISTA DEL 15.1.2000 A VITTORIO D’AMBROSI ESPONENTE DELL’INTELLIGHENZIA DELL’A.N.V.G.D. DI MILANO, ESULE DI CITTANOVA D’ISTRIA

 

D: Come è la posizione della vostra associazione, forse la più prestigiosa associazione di esuli, nei confronti dei rimasti ?

R: La posizione dell’A.N.V.G.D. è sostanzialmente di chiusura; l’Associazione non si interessa dei rapporti privati che possono o meno avere i suoi affiliati, ma per quanto riguarda i suoi rapporti ufficiali siamo ancora lontani dal vedere uno spiraglio.

La maggioranza degli esuli non è favorevole al riallacciamento ufficiale dei rapporti per motivi per lo più sentimentali ed ideologici.

Secondo loro i rimasti sono eredi di coloro che compirono una scelta "sbagliata", cioè quella jugoslava.

Un aspetto positivo è che la percentuale dei contrari è maggiore negli esuli più anziani; i giovani che non hanno vissuto il dramma dell’esilio sulla loro pelle non hanno questo atteggiamento di rigida chiusura mentale.

Io personalmente sono favorevole alla piena riapertura dei rapporti, anzi considero assolutamente sbagliata la scelta opposta. Negare qualsiasi contatto vuol dire rifiutare l’esistenza dell’Istria nel presente e venerare un’immagine passata.

Ciò è sbagliato perché il passato non torna mai; quindi dobbiamo lottare nel presente per migliorare eventualmente il futuro. Purtroppo, in questa mia battaglia, sono in minoranza.

 

D: Ma nel 1997 non c’era stato un raduno di tutti gli italiani, esuli e rimasti a Pola?

R: L’incontro a cui lei si riferisce fu una sorta di "raduno sovranazionale degli italiani".

Le nostre associazioni intervennero, per così dire, in maniera semiufficiale; presenziarono al raduno il Prof. Denis Zigante e l’Avv. Paolo Sardos Albertini. Il primo assunse un atteggiamento di chiusura totale, mentre il secondo fu molto criticato dagli esuli per avere auspicato delle timide aperture.

 

D: Mi parli dell’evoluzione dell’A.N.V.G.D. in questi 50 anni di esistenza.

R: L’atteggiamento è sempre stato di grande prudenza e di civile accettazione nonostante l’esercizio di una reale pressione sul parlamento italiano per ottenere dei risarcimenti danni appropriati.

Col senno di poi, ritengo che questo atteggiamento sia stato assolutamente negativo, in quanto, meno di quello che abbiamo ricevuto non potevano darci.

Questa prudenza si riflette anche, per riallacciarsi al discorso di prima, nei confronti del rapporto con i rimasti, improntato sempre ad un’ambiguità di fondo. Il mio auspicio è che la situazione possa migliorare in futuro; all’interno della nostra associazione c’è anche un bel ricambio generazionale. I figli ed i nipoti, e soprattutto questi ultimi, chi più chi meno, seguono l’esempio dei padri; la generazione dell’esodo è destinata a scomparire, purtroppo, ahinoi, fra poco tempo, e quindi sono loro il futuro dell’associazione.

 

D: Lo scrittore Mario Dassovich, da me intervistato ha parlato di una sorta di piccolo "contro esodo" che sta avvenendo in Istria grazie all’escamotage delle "eredità". I rimasti lascerebbero i loro beni immobili agli esuli od ai loro eredi, aggirando la legge croata che ne impedisce l’acquisto ai cittadini stranieri. Lei ne sa qualcosa?

R: Non ero a conoscenza di questo fatto, ma la cosa non può farmi altro che piacere. Provenendo dalla zona B (Cittanova N.d.R) dove l’esodo è stato ancora più compatto non le so dare una risposta precisa, in quanto probabilmente non c’è più niente da ereditare.

Forse ci può essere qualche caso isolato nei paesi di Verteneglio e Grisignana, che, pensi, sono tutt’oggi a maggioranza italiana.

 

D: Cosa imputa al governo italiano?

R: In primis imputo il fatto di non essersi battuto all’epoca del trattato di pace per il plebiscito, compiendo un clamoroso errore di sottovalutazione dell’elemento italiano sicuramente maggioritario, e non considerando che una buona parte di slavi avrebbe sicuramente votato Italia, spaventata dai primi mesi di violenze dei partigiani di Tito.

In seguito l’atteggiamento è sempre stato dilatorio. Il fatto di essere sempre stato appoggiati da una certa parte politica, sempre minoritaria, ci ha poi sicuramente inviso le simpatie di quasi tutte le altre.

Un ulteriore riprova della debolezza del governo italiano, si è avuta con il trattato di Osimo e la conseguente cessione gratuita di una parte di territorio italiano alla Jugoslavia.

Questo fatto a mio parere, si poteva configurare anche come attentato costituzionale, poiché la nostra costituzione definisce la patria all’articolo 5 "una ed indivisibile"; quindi la cessione di una parte di essa, avrebbe dovuto comportare un provvedimento di revisione costituzionale.

 

D: Come giudica l’atteggiamento del governo Berlusconi?

R: Il periodo del governo Berlusconi è stato a mio parere troppo breve per dare un giudizio definitivo.

L’allora Ministro degli Esteri Martino, ed il suo sottosegretario Caputo hanno fatto qualcosa di buono, ma forse non abbastanza.

Il governo di oggi invece, promette invece, di aumentarci l’indennizzo che ci è già stato versato. Pensi in 50 anni ci hanno versato ben il 7% del pattuito ed in alcuni casi anche il 10!

Le promesse di questo governo non hanno però ancora portato a nulla di concreto.

Vorrei infine sottolineare l’errore madornale commesso a mio parere dall’allora Ministro degli Esteri Emilio Colombo, all’atto del riconoscimento dell’indipendenza di Croazia e Slovenia. Egli infatti, al posto di denunciare il trattato di Osimo che poteva essere dichiarato decaduto lo ha implicitamente rinnovato, persistendo nell’ingiustizia perpetrata 15 anni prima.

 

D: Che apporto danno alla vostra causa le comunità di esuli presenti all’estero?

R: Secondo le fonti più autorevoli furono 80.000 coloro che scelsero di emigrare dall’Italia, chi per necessità economica, chi per scelta personale, aiutati in questo da alcune istituzioni specializzate dell’O.N.U..

Ci sono grosse comunità di esuli e di loro eredi, principalmente, in Australia, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Argentina e Brasile, ma siamo sparsi anche in altri paesi.

Queste comunità sono molto attive e dimostrano ancora oggi un attaccamento alla causa e alla Madrepatria commovente.

Questo fatto secondo il mio parere, potrebbe essere dovuto anche alla mancata assimilazione avvenuta specialmente nei paesi Anglosassoni, dove l’elemento locale non ha mai accettato fino in fondo quello italiano.

Molti figli di esuli stanno infatti tornando in questi anni in Italia; le assicuro che è un fenomeno di dimensioni non esagerate, ma comunque da non sottostimare.

 

D: La presenza all’interno delle vostre associazioni di istriani, fiumani e dalmati, non ha portato a divergenze campanilistiche od a volontà di seguire linee politiche differenti?

R: La dialettica all’interno delle nostre associazioni è stata talvolta molto pesante, ma ciò secondo me non è stato determinato dall’appartenenza geografica degli iscritti, quanto piuttosto dalla loro diversa impostazione ideologica. Tengo però a sottolineare che l’intento politico della nostra associazione è sempre stato unitario.

 

INTERVISTA DELL’1.2.2000 AD ALESSANDRO ROSSIT, SEGRETARIO GENERALE DELL’UNIVERSITA’ POPOLARE DI TRIESTE

 

D: Mi parli brevemente delle funzioni dell’U.P.T.

R: L’U.P.T. è un Ente morale che opera per il mantenimento della lingua e della cultura italiana dell’unica minoranza etnica autoctona che il nostro Stato può vantare.

Per fare ciò ha ricevuto una delega dal Ministero degli Affari Esteri nel 1964, e nel 1978 ne ha ricevuta un’altra dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

La nostra attività si basa essenzialmente su di un’opera di sostegno culturale ed artistico alle Comunità degli Italiani, alla rete scolastica e alle altre istituzioni della minoranza, cito ad esempio il C.R.S. di Rovigno e il CIPO di Pola.

Nata come attività di mero sostegno culturale si è trasformata nel tempo, assumendo anche e soprattutto contorni economico-finanziari, soprattutto, e mi duole dirlo, per l’inadempienza degli stati domiciliari.

La nostra opera non è però circoscritta a questo; negli ultimi anni, per ovviare alla crisi che la guerra jugoslava ha causato alle nostre istituzioni, abbiamo ad esempio inviato più di trenta docenti con il compito di insegnare nelle scuole italiane, cosa che ha in un certo senso aiutato il processo di crescita della nostra scuola, la quale ha bisogno immediato di insegnanti di madrelingua italiana.

 

D: A quanto ammontano i fondi stanziati da Governo e Regione?

R: La legge 960/82 prevede lo stanziamento di 5,5 miliardi annui per coprire le spese che possiamo chiamare "ordinarie"; a ciò si aggiungono 2 miliardi stanziati dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

Oltre a questi esiste una convenzione di circa 8 miliardi l’anno destinati a opere straordinarie come la ristrutturazione delle sedi di Comunità degli Italiani o di scuole, attività di ricerca o attività socio economiche.

Questi fondi vengono gestiti sotto la precisa e puntuale sorveglianza degli Enti patrocinatori; siamo noi, in stretto contatto con l’U.I. che tramutiamo in attività vera e propria il denaro che ci viene fornito.

 

D: Cosa potrebbe cambiare con la "Legge di interesse permanente"?

R: La "Legge di interesse permanente", per la quale l’U.I. sta facendo sempre più pressanti richieste, consentirebbe di regolare in maniera definitiva la materia "finanziamenti".

Gli 8 miliardi annui di cui Le parlavo in precedenza vengono oggi erogati tramite leggi provvisorie che sono rifinanziate ogni tre anni.

Mi spiego meglio: inizialmente nel 1991 la legge 19/91 regolò la materia, fu sostituita dalla 295/95 e susseguentemente dall’89/98, ancora in vigore, le quali non hanno fatto altro che procrastinare i fondi stanziati dalla prima.

Un’eventuale legge permanente quindi non cambierebbe tanto il "quantum", quanto il "modus" con cui gli aiuti finanziari arriverebbero alla nostra Comunità Nazionale.

 

D: Mi faccia una Sua valutazione sull’attività svolta dell’U.P.T.

R: Senza falsa modestia penso che l’U.P.T abbia svolto e svolga tuttora un’attività fondamentale.

Non dimentichiamo che l’esodo dissanguò l’Istria di gran parte della sua popolazione e soprattutto di quel ceto che possiamo definire "intellettuale".

Chi decise di rimanere infatti era gente semplice, contadini, pescatori, operai; il tessuto dell’Istria ne fu completamente sconvolto.

E’ in questa situazione che si è inserita la continua e capillare azione dell’U.P.T., che a mio parere ha contribuito a porre le basi per ricreare questo tessuto in tutti i campi.

 

D: Come sono i rapporti con l’U.I. e quelli con le C.A.N.?

R: Con l’U.I. i rapporti sono intensissimi ed estremamente cordiali, basati sulla stima e sul reciproco rispetto.

Dal 1964, data dell’inizio della collaborazione ad oggi, ci sono state solamente alcune piccole incomprensioni, che capitano del resto anche nelle migliori famiglie; tutto ciò grazie ad alcuni principi base che ci eravamo posti allora e che abbiamo sempre rispettato, come la non interferenza nelle vicende interne del nostro interlocutore e la apoliticità delle nostre iniziative.

La collaborazione perciò è attiva e fattiva.

Con le C.A.N. invece non abbiamo molti rapporti poiché questi organismi sono Enti statali del Governo Sloveno e perciò più che essere nostri interlocutori lo sono del Ministero degli Esteri Italiano e della Regione Friuli Venezia Giulia.

 

D: Come sono i rapporti con la componente triestina degli esuli, che a quanto mi risulta, è numericamente molto importante?

R: Negli ultimi anni si è aperto un dialogo cordiale e costruttivo; poco tempo fa la Federazione delle Associazioni degli Esuli ci ha insignito anche di un riconoscimento che personalmente mi ha molto onorato.

Noi stiamo tentando di facilitare il dialogo tra la componente degli esuli e non solo quella triestina, e l’U.I. e i rimasti in genere; le posso dire, ma questa per ora è solo una mia sensazione, che i rapporti in quest’ultimo periodo si stiano rafforzando.

Non so se lei ne è a conoscenza, ma pochi giorni fa rappresentanti degli esuli e dell’U.I. sono stati ricevuti insieme per la prima volta dal Presidente della Camera On. Violante, ponendo le basi per una ripresa definitiva del dialogo, fino ad oggi solo accennata.

 

 

 

D: Infine, una domanda che ho fatto a molti altri miei interlocutori: Quale futuro ha la minoranza italiana?

R: Il futuro ha un problema: la minoranza è piuttosto anziana; secondo i dati in nostro possesso l’età media è superiore ai rispettivi parametri dei croati e degli sloveni.

La sfida che dovremmo vincere è quella di attirare i giovani all’interno delle istituzioni, invitarli a riflettere sulla propria identità culturale, etnica e nazionale.

Bisognerebbe investire molto sulla scuola, cosa che a mio parere non si sta facendo adesso o comunque si sta facendo meno del necessario.

Lo stesso aumento degli iscritti alle Comunità degli Italiani a mio parere è in parte strumentale; molte persone si sono dichiarate italiane per fruire delle agevolazioni previste dalla "legge Boniver", anche se non possiamo bollare l’intero fenomeno come opportunistico.

Specie nei piccoli paesi infatti, e le cito ad esempio Lanischie, San Pietro In Selve, Castelvenere e Bertocchi, gli italiani hanno avuto negli ultimi anni il coraggio di riscoprire le proprie radici e dichiararsi tali, costituendo ad esempio numerose Comunità, che a tutt’oggi sono addirittura 47.

Banco di prova di questo mio ragionamento sarà senz’altro il prossimo censimento del 2001, nel quale io prevedo che si dichiareranno italiane circa 30 mila persone, ma al di sopra di ciò credo che aumenterà ancora di più l’interesse di croati e sloveni per lingua e cultura italiane, e proprio in questo campo si inserisce l’opera dell’U.P.T.

Cercheremo quindi di sfruttare il prestigio della nostra cultura per insegnare ad apprezzare la diversità; in questo caso il futuro può essere abbastanza roseo.

 

INTERVISTA DEL 26.2.2000 A GUIDO BRAZZODURO, MAGGIOR ESPONENTE DEL LIBERO COMUNE DI FIUME IN ESILIO

 

D: Secondo Lei, quanto la nuova situazione politica esistente in Croazia, potrà cambiare i rapporti tra gli italiani e il potere centrale?

R: Tutto dipende dall’attuazione che la nuova dirigenza farà del proposito già espresso in più occasioni riguardante una molto maggiore attenzione verso le minoranze etniche, compresa quella italiana.

A questa anzi, stando alle dichiarazioni di alcuni esponenti della nuova maggioranza di centro sinistra, verrebbe dato un particolare significato, causa le note vicende storiche che l’hanno contraddistinta.

Da tutto ciò ci si attende un ritorno alla liberalizzazione delle iscrizioni nelle scuole italiane, un’attenzione alla problematica del bilinguismo e un rilancio dei rapporti economici e commerciali fra i due stati; tenga presente che in questo momento non sto considerando la Slovenia.

Questo rilancio potrebbe creare, tra le altre cose, una particolare valorizzazione dei territori più prossimi ai confini.

 

D: Crede al progetto di Euroregione Istria proposto da alcuni esponenti della Dieta Democratica Istriana?

R: Nella mia visione non arrivo a disegnare confini precisi. Nella logica di frontiere che si aprono, infatti, non dovrebbe più essere necessario ridisegnare linee di demarcazione, anche perché i più convinti europeisti auspicano che l’Europa unita economicamente possa trovarsi sempre più unita politicamente.

In questa logica le diverse regioni non saranno caratterizzate da confini od etnie, da razze o religioni, ma dal modo comune di sentire della gente.

Sarà un discorso ideale e lontano nel tempo, ma è un discorso che bisogna fare.

 

D: Potrà proseguire di generazione in generazione la vitalità delle associazioni degli esuli?

R: Eh! Questo è un discorso che ci travaglia molto. Gli inesorabili bollettini mensili delle nostre anagrafi, che ci raccontano di amici che ci lasciano, ci portano inevitabilmente a pensare a chi continuerà la nostra azione e in che modo lo farà.

Da più parti sento dire che i figli degli esuli sono molto distratti su questi problemi, presi dagli affanni quotidiani di famiglia, lavoro eccetera eccetera…i nipoti invece si dimostrano più attenti e interessati e questo ci può far ben sperare, ma non basta.

E’ per questo che le nostre associazioni si muovono su due fronti: verso l’Italia perché si renda consapevole di quel che è successo, della nostra storia, del prezzo pagato per la guerra persa e delle ingiustizie che il dopoguerra ed il Trattato di Pace hanno sancite; d’altro canto è importante in egual misura far sì che la lingua, la cultura, la storia e la tradizione italiana delle genti delle terre perdute siano sentite e fatte proprie dal maggior numero di persone che si sentono vicine a tali valori italiani in quella regione.

Saranno loro che per primi potranno alimentare una realtà "italiana" in quelle regioni nell’ambito di un’Europa unita.

 

D: Qual è la sua posizione sul tema dei beni abbandonati, tema che da sempre interessa voi esuli, ma che ad esempio ha a lungo bloccato i rapporti bilaterali italo-sloveni?

R: La risposta è semplice: il Governo italiano ha stornato dai danni di guerra pagati alla Jugoslavia il valore dei nostri beni perduti, trovandosi perciò a dover sostenere un esborso inferiore.

Pertanto, data questa spesa minore, è conseguente la giustezza della nostra richiesta di un equo indennizzo nei confronti dello Stato.

D’altra parte, noi non chiediamo la restituzione diretta dei beni da parte dei Governi di Slovenia e Croazia, ma vogliamo che venga stabilita nei loro rispettivi ordinamenti la possibilità, oggi negata, che italiani possano riacquistare tali beni, magari, e così il cerchio si chiude, con gli indennizzi del nostro Governo.

Non ci sembra di chiedere la luna, ma la questione va avanti da più di cinquant’anni.

Noi però non demordiamo perché sappiamo di essere dalla parte del giusto.

D: Quali sono i rapporti tra le varie Associazioni degli esuli?

R: Specialmente a Trieste c’è a mio parere un pesante condizionamento nei rapporti tra associati, dato dalle caratterizzazioni politiche contrapposte.

Per quella che è la "geografia italiana" un’ulteriore pesante condizionamento deriva dall’età.

Con l’avanzare del tempo infatti è sempre più vivo il desiderio di ricordare e c’è sempre meno pazienza per costruire.

Rimangono sempre aperte alcune realtà, che vorrebbero attivarsi con disponibilità verso chi vive nelle terre perdute, ma ci sono altrettanti gruppi che si sentono gratificati esclusivamente a ricordare.

Un particolare cenno richiedono i profughi emigrati soprattutto in Canada e in Australia, perché in essi è sommato il ricordo della patria a quello delle terre perdute, rendendo più forte l’esigenza di un ritorno. Tra l’altro queste persone sono molto più unite tra di loro di quanto non lo siamo noi profughi italiani.

 

D: Le faccio una domanda di fantapolitica che avevo già fatto al Prof. Radossi, e sta alla sua fantasia il rispondermi.

Cosa sarebbe stata l’Istria senza l’esodo?

R: A mio parere sarebbe sicuramente corso più sangue, sia all’epoca della guerra sia successivamente, poiché un crogiolo di etnie e razze diverse avrebbe faticato a trovare equilibrio.

Tuttavia sono convinto che questo equilibro, anche se faticosamente, si sarebbe raggiunto con un conseguente maggior benessere per tutte le popolazioni coinvolte.

E’ caratteristica dell’indole italiana infatti, quella di cercare soluzioni mediate, non traumatiche, e di compromesso, mentre senza voler fare nessun discorso razzista, che non mi è proprio, le razze slave hanno dato più volte esempio di intolleranza verso razze, etnie e religioni diverse. Probabilmente, per concludere, la regione oggi sarebbe molto più "equilibrata".