CAPITOLO PRIMO
La storia dell’Istria dal 1866 al
1914
La stampa giornalistica e letteraria del Regno, che
chiedeva a gran voce l’unione di
Trieste e dell’Istria all’Italia sino al confine delle Alpi perché parti
integranti e necessarie al suo mantenimento, contribuì ad intensificare ed
allargare l’idea nazionale, a tener viva la fiamma del patriottismo e a rendere
più stretto il legame tra le terre redente e irredente. Intenso fu, inoltre, il lavoro dei comitati d’azione al di qua e di là del
confine. A Trieste vi era il Comitato nazionale segreto di Trieste e
dell’Istria con capo Carlo Combi, che estendeva le sue fila nel capoluogo e in
tutte le altre città della provincia, in contatto con il comitato politico
veneto centrale di Torino e il comitato politico di rappresentanza di Milano.
L’attività dei comitati in questo periodo si concentrava soprattutto nel
diffondere attraverso i giornali le periodiche notizie sull’Istria, per far
sorgere nell’animo degli Italiani la convinzione che la liberazione di queste
terre era d’interesse vitale per l’Italia stessa, e per convincere di questa
necessità i circoli dirigenti,
diplomatici e gli stessi ministri.
Il governo italiano malgrado lasciasse piena libertà
alla stampa nelle rivendicazioni nazionali e ai comitati, dovette astenersi dal
permettere qualunque manifestazione che gli poteva alienare la simpatia e
l’appoggio delle potenze utili alla
causa italiana.
Nel 1866 la guerra tra la Prussia e l’Austria era
imminente, l’Italia si affrettò a schierarsi con la Prussia nella speranza
di riacquistare le sue province. Con la
sconfitta di Custoza e di Lissa per mare, e con la Prussia che stringeva i
tempi per firmare l’armistizio e i preliminari di pace con l’Austria, l’Italia si
trovò isolata a proseguire il conflitto. Nella pace di Vienna che ne seguì
ottenne Venezia, ma dovette rassegnarsi a riconoscere quale confine politico di
questa provincia e con ciò anche dell’Italia “gli attuali confini del
Lombardo-Veneto”, in altre parole il Ludrio con il Natisone e l’Aussa. L’Italia
quando tentò di giungere a negoziati
per una successiva rettifica dei confini, si sentì rispondere dall’inviato austriaco “non ho istruzioni”. L’Italia
rimaneva così aperta e indifesa lungo il suo confine orientale ad un’invasione
dell’Austria, la sua secolare nemica.
La pace di Vienna non scoraggiò i patrioti di Trieste
e dell’Istria, poiché videro la possibilità di un altro conflitto fra l’Austria
e l’Italia, rimaneva viva l’idea
nazionale e aperta la questione dei
confini del Regno.
Nel novembre del 1866 il luogotenente di Trieste
Kellersperg scriveva al ministro della giustizia a Vienna: “ i più importanti
interessi di stato consigliano di favorire gli elementi non italiani .”
Non è quindi il risveglio dell’italianità che
contribuisce a scuotere lo slavismo, ma la politica austriaca che intendeva
servirsi dello slavismo per schiacciare l’elemento italiano e sostituirgli gli
Slavi nell’amministrazione della cosa pubblica.
Nel dicembre del 1867 fu creato il dualismo ovvero le
province dell’Austria[s1] furono
separate da quelle della corona ungarica. Con la nuova costituzione
dell’impero, le province furono divise
in due gruppi: nelle province austriache o della Cisleitania, e nelle province
della corona ungarica o della Transleitania, l’impero prendeva così titolo d’Impero
Austro-Ungarico.
Nello stesso anno nacque a Trieste una Società segreta
istriano-triestina con il nome di “Azione per il riscatto”, con lo scopo di
mantener vivo negli italiani del Regno l’idea che l’Italia non potrà dirsi compiuta
se no con l’annessione di Trieste e dell’Istria.
In questo periodo le immigrazioni slave assunsero un
nuovo carattere, la loro attività fu conseguenza di due forze convergenti: 1)
la tendenza degli Slavi a guadagnare i territori popolati dagli Italiani, 2)la
tendenza del governo austriaco a snaturare il carattere nazionale della regione
Giulia.
La snazionalizzazione aveva per il governo austriaco
una doppia valenza: da una parte paralizzare il movimento nazionale unitario
degli Italiani e dall’altra costituire una distesa di Slavi dalle province
transalpine al mare da anteporre agli Italiani, che potesse giustificare,
contro l’irredentismo italiano, il dominio austriaco.
Nel settembre
del 1868, in un tabor (assemblea
campestre) tenuto presso Gorizia, gli Slavi chiesero la fondazione della
Slovenia, che avrebbe abbracciato tutta la regione Giulia, compresa Trieste.
Questo è considerato l’atto di nascita del nazionalismo slavo nelle terre
giuliane.[1]
Latinità e slavismo cozzarono ovunque: nelle scuole,
nelle chiese, nei municipi, nei tribunali, nelle banche, nelle piazze. Il
governo austriaco cercò con tutti i mezzi di far avere ai nuovi immigrati Slavi
gli stessi diritti degli Italiani, mentre gli Italiani cercavano di resistere
ai soprusi governativi, gli Slavi cercavano invece sempre nuove vie di
penetrazione. Gli Italiani avevano sempre considerato gli Slavi come gente
straniera, e in quanto tale doveva accettare la lingua e le leggi italiane.
Il principe Bismark nel 1879 era riuscito a concludere
un trattato d’alleanza con l’Austria, aveva dichiarato al ministro Mancini che
un eventuale accordo tra i loro 2 paesi doveva passare attraverso un preventivo
accordo dell’Italia con l’Austria.
Proprio a questo scopo il re Umberto si recò a Vienna
nel 1881, ma solo il 2 gennaio 1883 dopo lunghe trattative si giunse alla firma
del trattato della “Triplice Alleanza”, fra la Prussia, l’Austria e l’Italia.[2]
Ne derivò per conseguenza l’abbandono dell’idea di una
prossima guerra di redenzione, la proibizione di eclatanti manifestazioni
pubbliche di irredentismo, che non sarebbero più state accettate nel Regno, e
al contempo si intensificò il costante
lavoro di propaganda mantenendosi però, sempre entro le vie legali.
La firma del trattato d’alleanza che sanciva il
passaggio dell’Italia da nemica ad alleata, non fece sì quindi, che l’Austria
usasse riguardi particolari per i sudditi italiani che si trovavano nel suo
Regno. Il 25 maggio dello stesso anno l’Istria fu dichiarata provincia
trilingue (italiana, slovena e serbo-croata) e talvolta anche quadrilingue con
l’uso della lingua tedesca. Così l’imperiale regio governo legittimava tutti
gli abusi, le sopraffazioni, le illegalità commesse nell’ultimo ventennio.
Continuava nel frattempo la propaganda panslavistica
in modo particolare nelle campagne, che
seminava l’odio là dove fino a quel momento si era convissuto
pacificamente. Questa politica trovava nel clero croato e nei insegnanti slavi
due baluardi, con compiacente favore dell’i. r. governo. I preti slavi nell'abuso
delle loro prerogative come ufficiali di stato civile, slavizzarono alcuni nomi
dei loro parrocchiani e delle loro famiglie, sia scrivendoli con la nuova
grafia slava, sia aggiungendovi l’”ich“ finale. I vescovi non furono da meno,
nello stato personale della diocesi di Trieste troviamo 34 chiese con il doppio
nome, mentre originariamente avevano solo il nome italiano, ed in 9 chiese
sostituito addirittura il nome italiano con quello slavo.
Nel gennaio del 1884 si costituì “la Società politica
istriana” con sede a Pisino, il suo scopo principale era la diffusione nella
provincia della nazionalità, della civiltà, e della cultura italiana. L’opera
della società fu supportata dai giornali provinciali, i quali pervasi dal
sentimento nazionale sostennero la causa nazionale contro lo slavismo e l’i. r.
governo.
Al lavoro della sua attiva Società il partito liberale
deve la vittoria nelle elezioni del 1885, nelle quali riuscì a conquistare il
collegio dei comuni foresi occidentali (192 voti contro 113), collegio
appartenuto fino a questo momento agli Slavi. Gli Italiani avevano così
ottenuto al Consiglio dell’Impero 3 rappresentanti, gli Slavi 1 solo, con ciò
era, quindi, assicurata agli italiani la presenza nelle delegazioni.
Alla mezzanotte del 31 dicembre 1891 la città di
Trieste cessò di essere porto franco.[3]
Al principio del 1891 vi erano state le elezioni per
il Consiglio dell’Impero, mentre a Trieste i liberali se ne disinteressarono,
le cose si svolsero ben diversamente in Istria, dove si cominciarono a vedere
gli effetti dell’opera dei preti e dei insegnanti slavi nell’istigare odio contro gli italiani. Annullata questa
elezione, a causa dei disordini provocati da contadini slavi, ad ottobre si
tornò a votare e il partito liberale italiano uscì sconfitto proprio in quel
consiglio dei comuni foresi che aveva
conquistato nelle precedenti elezioni.
Forse fu proprio questa vittoria dello slavismo in
Istria che persuase il governo austriaco a calcare ulteriormente la mano sulla
questione del bilinguismo.
Fu così che per ordine superiore s’impose a tutti i
giudizi distrettuali dell’Istria di cambiare entro un mese le insegne, i timbri
ed i moduli d’ufficio che fino allora portarono la scritta in italiano con
l’aggiunta della corrispondente scritta in slavo.
Si cominciò con Pirano. La mattina del 14 ottobre 1894
quando si diffuse la notizia che si voleva sostituire alla vecchia insegna
italiana del giudizio distrettuale una nuova insegna bilingue, si giunse la
stessa sera alla convocazione del consiglio comunale che votò una protesta
contro la prescrizione ministeriale.
Il 21 quando l’insegna italiana fu staccata, vi fu un
gran fermento di popolo.
La mattina seguente giunse da Trieste un vapore da
guerra con fanti e gendarmi a bordo, che con gran difficoltà riuscirono a sfilare tra la gente. Il popolo
la sera occupò tutta la piazza, chiedendo il ripristino della vecchia tabella,
solo l’intervento del podestà riuscì a placare gli animi e a riportare la calma.
Al 5 di novembre la piazza fu occupata
già alle prime luci dell’alba dai gendarmi e la nuova tabella fu quindi,
rimessa al suo posto. Non appena si sparse la notizia la città, si fermò porte
e finestre serrate ed esposti i segni di lutto ovunque, all’iniziativa
partecipò ogni singola casa e edificio.
A Rovigno quando si decise di sostituire l’insegna
italiana dalla facciata del tribunale, nessuno accettò questo incarico, furono
chiamati ad eseguirlo due detenuti delle vicine carceri giudiziarie. A Vienna
si decise che la misura delle tabelle bilingui non dovesse avere carattere
generale, ma che fosse studiato di volta in volta caso per caso.
Non furono imposte altre tabelle, solo a Pirano si
ebbe la tabella bilingue sulla facciata del giudizio distrettuale, per un lungo
periodo di tempo questa fu guardata a vista dai gendarmi.
L‘esempio d’italianità dato sia da Pirano che da
Rovigno fu riconfermato anche dalla dieta istriana del gennaio del 1895 in cui si votò nuovamente una protesta
contro le tabelle bilingui e si riconfermò, che la lingua di trattazione negli affari della dieta
istriana era solo la lingua italiana.
Le inascoltate proteste di Pirano portarono
all’inaugurazione nella cittadina di un monumento dedicato a Giuseppe Tartini,
emerito cittadino considerato gloria non solo dell’Istria ma di tutta la
nazione italiana.
Il “Corriere della Sera” riportando la notizia
dell’inaugurazione scriveva: “Le recenti feste di Pirano in occasione dello
scoprimento del monumento a Giuseppe Tartini, se offrirono occasione agli
istriani per quello che furono e vogliono essere, mostrano come l’Istria sia
poco conosciuta dagli italiani del Regno, i quali ne ignorano la storia ma le
stesse condizioni geografiche e la scambiano con la Dalmazia e spesso la
identificano con questa”.[4]
Il nuovo ministro Badeni aveva deciso, inseguito ad un
giro conoscitivo nel settembre del 1896, che la nuova sede della Dieta istriana
sarebbe stata portata da Parenzo a Pola, quella che a suo giudizio era
considerata la città più importante e meglio servita dai mezzi di comunicazione
dell’Istria. Fu costatato, in ogni caso, da diversi oratori che questa disposizione presa senza
preventivamente interpellare la dieta costituiva una violazione del regolamento
provinciale. La dieta deliberò quindi, che non solo il rescritto ministeriale fosse demandato per essere esaminato
dalla commissione politico-economica, ma anche che la sessione dietale fosse
chiusa immediatamente.
Il 20 gennaio 1898, la sala del comune di Pola accolse
per la prima volta la seduta della dieta provinciale istriana. Il comportamento
tenuto dalla maggioranza in questa
sessione dietale indusse l’i. r. governo a far pervenire al capitano
provinciale il seguente progetto di legge: “La dieta si radunerà salvo un’altra
disposizione sovrana a Pola, e gli assessori della giunta provinciale dovranno
prendere dimora in questa città.”
Il ministro Badeni per consolidare ulteriormente il
proprio potere decise di allargare il diritto elettorale a più larghi strati
della società, istituendo inoltre, nell’elezioni per l’impero la V curia o
curia generale. In questa curia aveva diritto di voto ogni cittadino di sesso
maschile (compreso chi non aveva votato in altre curie), che aveva raggiunto il
ventiquattresimo anno d’età, che non fosse stato escluso dal diritto di voto e
che dimorasse nel distretto elettorale almeno da sei mesi prima dell’indizione
delle elezioni.
L’associazione progressista di Trieste decise a questo punto di abbandonare
l’astensionismo e di scendere direttamente in campo nelle imminenti elezioni
politiche. Questa iniziativa fu vista dai patrioti istriani con occhio molto
benevolo, poiché erano convinti che fosse giunto il momento per Trieste di
rimettersi a capo delle lotte politiche, portando nuova linfa al movimento ed
esercitando quella positiva influenza
da tutti sempre sperata.
Il vigore dato agli istriani portò alla vittoria delle
elezioni della curia generale che si tenne il 10 marzo 1897 e vinsero nonostante
che ai contadini slavi fosse stato promesso prima delle elezioni in caso di
vittoria la distruzione dei libri tavolari. Il candidato del partito liberale
Matteo Batoli vinse con 326 voti, contro i 297 voti del candidato slavo avv.
Laginja.
Negli altri collegi elettorali si ebbero tre italiani,
contro due slavi, gli italiani riuscirono, quindi, a mantenere il voto nelle delegazioni.
A Trieste le elezioni politiche erano state precedute
dalle elezioni amministrative tenute nel febbraio dello stesso anno, che
segnarono per il partito progressista una completo successo con la conquista di
tutti i 48 seggi nel Consiglio cittadino, agli Slavi non restarono altro che i
6 seggi dei territori sloveni.
Malgrado questa vittoria avesse fatto sperare agli
italiani una cessazione dei soprusi da parte dell’i. r. governo, la realtà si
dimostrò ben differente, vista l’iscrizione, alla fine di dicembre, nel
bilancio dello stato di fondi per un ginnasio (tecnico) di lingua slava a
Pisino, questo segnò una grande vittoria in campo politico nazionale a favore
degli Slavi.[5]
Il 15 gennaio 1899 a Trieste nella sala del municipio
si tenne un convegno cui partecipò i rappresentanti di 87 comuni delle tre
province della regione Giulia, assieme ai loro deputati nella Dieta e nel
Consiglio dell’Impero per protestare contro l’i. r. governo contro l’imposizione
di scuole slave nel territorio italiano, in special modo contro l’istituzione
di un ginnasio croato a Pisino, contro l’intrusione dello slavismo nei
tribunali, nell’amministrazione e nella chiesa; contro l’alterazione dei nomi e
dei documenti nei registri. Si chiese quindi, l’istituzione di scuole italiane
popolari, medie e magistrali, e l’apertura di un’università in queste province.
Nell’attesa di tutto questo, il riconoscimento dei diplomi ottenuti nel Regno,
e l’attribuzione, mediante legge speciale, ai comuni dei registri di stato civile,
tenuti fino ad ora dalla chiesa.
Si decise, quindi, l’apertura a Pisino per l’anno
scolastico 1899-900 di un ginnasio reale provinciale di lingua italiana.[6]
L’inizio del ventesimo secolo fu segnato da nuove
agitazioni elettorali e politiche, nel novembre e dicembre del 1900 si tennero
in Istria le elezioni primarie: il 31 gennaio 1901 quelle della quinta curia
(curia generale), il 9 gennaio quelle dei comuni foresi, l’11 gennaio quelle
delle città, ed il 14 gennaio quelle della grande proprietà.
Queste elezioni segnano una grande vittoria per il
partito italiano che conquistava così 4 seggi, mentre agli Slavi ne rimase uno
solo. Dei 4191 voti complessivi, 3118 andavano appannaggio dei candidati
italiani contro i 1073 del partito slavo.
Nel giugno del 1902 la Dieta fu inizialmente convocata
a Capodistria, per poi essere convocata nel dicembre dello stesso anno a Pola.
L’ennesima protesta fu sollevata dalla maggioranza, che si sentì però
rispondere dal commissario governativo di non poterla prendere in considerazione
poiché stabilire il luogo della convocazione era prerogativa della corona.
Temendo la disgregazione del partito liberale-nazionale il deputato Venier
propose e la maggioranza accettò, nell’ordine del giorno del 30 dicembre,
l’annessione amministrativa con la provincia di Trieste, ma gli interessi di
Trieste non si conciliavano con quelli dell’Istria dal momento che temeva di
perdere il ruolo privilegiato di “città immediata” dell’impero. Fu così che
l’i. r. governo non curandosi affatto del voto del 30 dicembre 1902 convocò la
dieta a Pola per il 19 ottobre 1903.
La convocazione della Dieta a Pola era sentita dalla
minoranza slava come una sua vittoria, tutto ciò condusse inoltre alla
presentazione delle dimissioni da capitano provinciale dell’On. M. Campitelli, a dimostrazione della crisi
che stava attraversando il partito liberale-nazionale.
Il 25 maggio 1905 nella dieta di Capodistria fu presa
un’importante decisione da parte del nuovo luogotenente in carica principe
Hoenlohe, il quale incaricò il suo commissario di rispondere in lingua croata e
slovena alle interpellanze presentate dai deputati della minoranza di questa
lingua.
Il primo atto pubblico del nuovo luogotenente fu, in
Istria, apertamente favorevole alla minoranza slava, mentre a Trieste fu un
atto di piena ostilità contro il partito liberale che deteneva la maggioranza.
L’i. r. luogotenenza con la notifica del 29 gennaio
1906 toglieva al comune di Trieste le attribuzioni delegate, vale a dire la
collaborazione ed il controllo nelle operazioni di leva, le mansioni
industriali (concessioni di nuovi impianti ed esercizi, vigilanza sulle
industrie e relativi locali), e la sorveglianza scolastica distrettuale. Queste
attribuzioni erano affidate all’ i. r. consigliere di luogotenenza.
IL 23 febbraio 1906 venne presentato al parlamento un
progetto di riforma della legge elettorale, che prevedeva l’aumento del numero
dei membri da 425 a 455. Con questa riforma aveva diritto al voto ogni persona
di sesso maschile che avesse compiuto il ventiquattresimo anno d’età, fosse
austriaco, non escluso dal diritto elettorale. In Istria pur di favorire
l’elemento slavo, non solo non si tenne in alcun conto il possesso attuale dei
mandati elettorali, ma neppure del numero relativo degli abitanti, né il censo,
né la cultura. Tenuto conto solamente del numero artificioso degli Slavi, agli
Italiani erano attribuiti due seggi anziché quattro, mentre il numero dei seggi
attribuiti agli Slavi saliva da uno a tre. Con questo radicale mutamento
l’elemento italiano dell’Istria era completamente escluso dalle delegazioni. La
rappresentanza elettorale, appartenuta
da sempre agli Italiani era ora attribuita agli Slavi.
Contro questo iniquo comportamento protestarono tutti
i comuni italiani della provincia e protestò inoltre la giunta provinciale
stessa. Il principe Hoenlohe che successe al ministero nel maggio del 1906 al
barone Gautsch, si dichiarò favorevole ad assegnare due nuovi mandati agli
italiani, mantenendo però l’inferiorità politica in Istria degli Italiani rispetto agli Slavi. I due nuovi mandati
erano così ripartiti: uno a Trieste ed uno nel Trentino, mantenendo in Istria
tre deputati Slavi contro due deputati Italiani.[7]
L’on. Matteo Bartoli deputato alla camera di Vienna
del partito liberale-nazionale istriano, nella seduta della commissione
elettorale dell’11 luglio 1906 diede inizio all’ostruzione. La commissione
elettorale accolse l’istanza presentata dal deputato istriano, portando il
numero dei delegati Italiani al Consiglio dell’Impero a Vienna a tre come
quelli Slavi.
Un altro nemico stava intanto sorgendo contro il
nazionalismo italiano, l’internazionalismo socialista. Il fatto che la
borghesia, dal socialismo combattuta, era prevalentemente italiana e
nazionalista, l’idea socialista assunse, fin dall’inizio, un carattere
antirredentista e slavofilo. Il sorgere e l’affermarsi di questo partito venne
considerato a Trieste come elemento che minava l’italianità delle province, ma
in fondo il fenomeno non era così diverso dal resto d’Italia. Il proletariato
poco avvezzo alla politica sperò in un rivolgimento sociale che lo potesse
portare al potere al posto della borghesia stessa.
Sciolta la camera dei deputati, furono ordinate nuove
elezioni in conformità alle nuove leggi che aumentavano il numero della
rappresentanza dell’impero ed introducevano un nuovo regolamento ed una nuova
ripartizione dei collegi.
Queste elezioni si tennero a Trieste e nell’Istria il
14 maggio 1907 e furono un disastro per il partito liberale-nazionale italiano.
A Trieste, nel primo collegio fu eletto il candidato
socialista, e nel quinto il candidato slavo. Nei collegi II III
IV si giunse al ballottaggio tra i candidati liberali-nazionali e
socialisti. Il partito liberale-nazionale in segno di protesta contro l’atteggiamento
troppo favorevole dell’i. r. governo verso i socialisti, decise di non
presentarsi al ballottaggio, che fu quindi appannaggio dei socialisti. Nelle
elezioni in Istria, nei tre seggi attribuiti agli Slavi i candidati furono
subito eletti, nei tre seggi italiani si giunse invece, in tutti e tre al
ballottaggio.
Nel I collegio, il ballottaggio fu tra il candidato
liberale-nazionale ed il candidato cristiano-sociale, nel II e nel III fra il
liberale-nazionale e lo slavo. Nel I collegio, il partito liberale scelse
l’astensionismo come a Trieste e passò quindi il candidato cristiano-sociale;
nel II e nel III collegio furono eletti i candidati liberali italiani.
Il partito socialista ottenne a Trieste il suo primo
buon risultato nelle politiche del 1907, la prima sconfitta nelle elezioni
amministrative del 1909, e le elezioni del 1911 furono per i socialisti una
batosta clamorosa.[8]
Quotidianamente i giornali slavi, “l’Edinost” di
Trieste e la “Nasa” Sloga di Pola, proclamavano che l’Istria era un possesso
esclusivo del popolo croato, e che non avrebbe cessato di combattere fino a che
la provincia non fosse stata del tutto in mano sua.
Gli Italiani dal canto loro, non erano da meno, uniti
nel partito nazionale, che dominava tutta l’Istria. Solo le città del Golfo di Trieste,
Muggia, Capodistria, Isola e Pirano avevano risentito dell’avversione
antiliberale e borghese, dando così vita sia
al partito socialista che al partito
cristiano sociale. Le differenze di programma, non impedirono ai due
partiti di aiutarsi nella competizione politica. Un altro centro in Istria che
più di altri risentì dell’idee socialiste fu Pola con i suoi cantieri navali,
ma qui l’internazionalismo andava a cozzare con il problema nazionale.
Le particolari condizioni della lotta nazionale, impedirono
in Istria l’insorgere di moti rivoluzionari, e questo poiché ogni atto di
ribellione contro l’i. r. governo avrebbe fornito a questo ultimo l’occasione
di insediare amministrazioni croate nelle province istriane, andando così a
ledere fortemente la causa nazionale.
Il nazionalismo in Istria insisteva sul fatto storico
e geografico dell’italianità, recuperando negli archivi i documenti che
dimostravano l’origine romana e veneta, e considerando gli Slavi degli intrusi
privi d’ogni diritto di possesso di questa terra. La polizia austriaca
perseguitava tutti gli italiani che possedevano nastri tricolori, leoni alati,
prendeva da uno a tre mesi di carcere chi gridava viva l’Italia, ma la lotta
più tenace riguardò l’Università italiana a Trieste.
Il numero degli Slavi in questi anni era cresciuto
soprattutto grazie alle forti immigrazioni, essi avevano acquisito pubblici
impieghi, edifici, banche, scuole, vi erano avvocati, dottori, preti, maestri,
operai, ecc. si stavano inserendo in ogni ramo della società. A questo
inserimento nella minoranza Slava contribuì anche l’i. r. governo allontanando
dal servizio pubblico gli Italiani privilegiando gli Slavi, nelle
amministrazioni pubbliche come nella polizia, nella finanza, nella ferrovia,
ecc, inserendo elementi di stirpe slava che oltre al proprio dialetto conosceva
un po’ di tedesco.
L’aumento dei traffici commerciali, e i lavori edilizi
favorirono l’arrivo di numerosi lavoratori e braccianti, i quali contribuirono
ad ingrossare l’elemento slavo.
Gli Slavi dopo il successo delle elezioni politiche e
la conquista del distretto di Pisino, volevano estendere le loro mire
espansionistiche su Pola con la collaborazione dell’i. r. governo e dell’i. r.
marina.
La popolazione di Pola era cresciuta numericamente
intorno al 1910, questo aumento era stato determinato da tre componenti etniche:
l’italiana, la slava e la tedesca, rappresentanti l’italiana il 65.8%, la slava
il 22.2%, e la tedesca con il 19.9%. Di queste tre componenti, l’italiana era
composta per i due terzi dalla popolazione indigena polese, il rimanente terzo
da gente che veniva dalle altre parti dell’Istria, l’elemento tedesco era
composto in gran parte dall’i. r. marina e dalle loro famiglie, ed infine
l’elemento slavo costituito per la maggioranza da immigrati.
Il governo austriaco si era prefissato di eliminare
l’elemento italiano che costituiva la maggioranza della popolazione ed a tale
intento politico sacrificare tutti gli interessi sociali ed economici della
provincia. L’i. r. governo creò a Pola il porto di guerra e pretese che i
cittadini di Pola si assimilassero alla fortezza dichiarando la loro città
cosmopolita, in altre parole non italiana, che rinunciassero alla loro
autonomia, accettando uno statuto in cui fosse assicurata la maggioranza agli
elementi stranieri.[9]
Considerate le circostanze non fece meraviglia il
fatto che gli Slavi tentassero, con l’appoggio dell’i. r. marina, di strappare
il III corpo elettorale ai liberali nelle elezioni comunali che si sarebbero
dovute tenere nel luglio successivo.
Da questa coalizione formata dai governanti e dagli
Slavi nacque il cosiddetto “partito economico” guidato da alcuni insegnanti
delle scuole statali, e che non appena raggiunta questa coalizione si
affrettò a divulgare la notizia della sua alleanza con l’i. r. marina.
Il partito cittadino appena ottenuta la conferma della
coalizione decise di impegnarsi nella lotta con tutte le forze, affinché il
partito croato non uscisse vincitore dalla competizione politica.
Il partito croato da parte sua, dipingeva sui suoi
giornali, gli avversari come irredentisti, nemici dell’i. r. marina, e incitava
autorità e privati ad un boicottaggio contro tutti coloro che avessero votato
per il partito cittadino. Il 16 giugno, 38 ditte commerciali si videro
costrette a presentare collettivamente una denuncia al tribunale di Rovigno
contro il “Polar Tageblatt” organo consueto del partito croato, dopo che questo
le aveva menzionate giorno per giorno diffamandole.
Sempre il 16 giugno nel pomeriggio, una comitiva di
cittadini polesi dopo aver fatto una gita a Dignano, fu assalita a scopo
intimidatorio nei pressi di Montegrande, da circa 400 Slavi, uno dei
partecipanti fu ucciso, altri tre feriti gravemente, e molti altri leggermente.
Le elezioni si svolsero dal 14 al 25 giugno 1907, con
la piena vittoria del comitato cittadino.
Il comitato economico da parte sua si rivolse
direttamente all’i. r. luogotenenza per protestare contro l’andamento delle
elezioni, impiegati e ufficiali della marina continuarono il boicottaggio sulle
navi e negli i. r. stabilimenti abusando dei propri poteri per favorire un
partito. Si spinsero ad un punto tale,
che la camera di commercio di Rovigno e la dieta provinciale
protestarono con i relativi ministeri definendo il comportamento del partito economico
come la più brutale delle rappresaglie per la sconfitta sofferta”. L’i. r.
marina aveva sentito come sua la sconfitta e tentò di far annullare le elezioni
e la soppressione dell’autonomia comunale di Pola con la nomina di un i. r.
commissario anche senza e contro il beneplacito della giunta provinciale,
beneplacito richiesto dalla costituzione. Ma il governo di Vienna considerata
la situazione politica del momento non era disposto a spingersi fino a questo
punto.[10]
Nel 1908 vi fu l’annessione della Bosnia Erzegovina,
con una duplice conseguenza, da una parte portava un milione di connazionali
agli Slavi meridionali, dall’altra dava una tale importanza agli Slavi, che
avrebbe trasformato l’impero da dualistico con i centri di Vienna e Budapest in
trialistico con un nuovo centro a Zagabria. Questa novità aveva per conseguenza l’eliminazione dell’elemento
italiano, dal momento che la nuova entità territoriale avrebbe compreso tutta
l’Istria fino a Trieste e il Goriziano compreso.
Il partito militare, che aveva la maggioranza nell’i.
r. luogotenenza di Trieste con a capo il principe Hohenlohe, era disposto a
tutto per raggiungere questo scopo fino anche all’uso della forza se necessario.
Il partito che aveva invece la maggioranza nel
ministero, non dimenticando l’esistenza della “Triplice Alleanza”, anche se in
linea di principio voleva mediare sui mezzi, ricorrendo invece solo ai
provvedimenti legali. Si doveva per ciò favorire gli slavi legalmente, in modo
che non vi fossero recriminazioni.
Il ministero desiderava fosse votata una legge di
riforma elettorale favorevole alla minoranza slava, che aumentasse i seggi loro
assegnati, e che impedisse l’approvazione da parte della maggioranza di
provvedimenti a loro contrari. Si voleva modificare il corpo elettorale della
dieta di Pola assicurando un certo numero di seggi sia all’i. r. marina, sia
all’elemento slavo, mettendo in minoranza la componente italiana. La questione
della rappresentanza di Pola fu quindi, associata a quella della rappresentanza
provinciale.
Le sedute si tennero dapprima a Vienna sotto la
direzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri, poi presso la luogotenenza di Trieste ed infine a Capodistria in
pieno periodo elettorale. Una volta
concretato il reciproco accordo si convocò la dieta al 14 marzo a Capodistria.
Nella seconda seduta che si tenne il 21 marzo si votarono le proposte come da
accordi presi nelle commissioni per il nuovo regolamento provinciale e per il
regolamento elettorale provinciale dell’Istria.
Nella terza sessione tenuta il 26 marzo si votò con
leggera modifica il regolamento comunale di Pola, dopo di che la sessione fu
chiusa.
Il nuovo regolamento provinciale prevedeva che:
la dieta doveva essere composta non più di 33, ma di
47 membri cioè:
a)
3 voti virili (vescovo di
Trieste, di Parenzo, e di Veglia).
b)
5 deputati del grande
possesso reale
c)
2 deputati della camera
di commercio e industria.
d)
14 deputati delle città
borgate e luoghi industriali,
e)
15 deputati dei comuni
rurali,
f)
8 deputati della classe
generale.
Dei 44 suindicati (b-f) collegi elettorali, 25 furono
assegnati agli Italiani e 19 agli Slavi.
La Giunta provinciale, organo amministrativo ed
esecutivo della rappresentanza provinciale, doveva essere composta da 5 assessori:
a)
1 dai deputati eletti
dal grande possesso reale
b)
2 dai deputati eletti dalle città, e dalla
camera di commercio e industria
c)
2 dai deputati eletti
dai comuni rurali
Di questi 5 assessori, 3 erano italiani e 2 slavi.
Tutto ciò stava a significare che mentre gli Italiani
con le nuove leggi avevano avuto un aumento di soli 4 voti, da 21 a 25, gli
slavi ottennero 10 voti, da 9 a 19, senza che questo aumento fosse accompagnato
da un aumento effettivo della popolazione. Per le delibere con la vecchia
maggioranza erano sufficienti 24 membri ora invece ce ne volevano 32, quindi
con i 25 Italiani dovevano votare anche 7 membri dell’altro schieramento, si
capisce bene quindi, quanto risicata fosse la maggioranza attribuita agli
Italiani.
Peggio nella giunta provinciale, l’organo
amministrativo per eccellenza, composta da 5 membri 3 Italiani, 2 Slavi,in
quanto nulla potevano decidere gli Italiani, se almeno 1 dei membri Slavi non
avesse partecipato alla seduta: gli Slavi potevano quindi utilizzare il loro
voto come mezzo di ricatto o paralizzare tutta l’attività.
Per quanto concerne la città di Pola, dei 3 voti che
le erano stati assegnati in seno alla Dieta , uno venne riservato agli Slavi.
Con le nuove leggi, il podestà doveva ottenere la conferma sovrana, ed il
principe Hoenlohe voleva che questo procedimento riguardasse anche il vice del
potestà. Le erogazioni di denaro superiori alle 3000 corone dovevano avere l’ approvazione
della giunta provinciale. In questo modo si rendeva possibile da un lato agli
Slavi, dall’altro all’i. r. governo di bloccare l’attività amministrativa, sia
nella dieta che nella giunta provinciale, sia nel consiglio comunale di Pola.
Il popolo definì queste leggi come “leggi capestro”.
Il partito liberale-nazionale dovette accettare le
nuove leggi senza poter fare molto,vista l’esplicita dichiarazione del
Presidente del Consiglio dei Ministri che dichiarò, che se così non fosse
stato, avrebbe proposto per Pola delle leggi eccezionali.
Il comandante della fortezza di Pola dal canto suo
insisteva sulla soppressione di qualunque autonomia alla città. La stampa slava
dal canto suo non perdeva occasione per accusare il partito degli italiani di
fellonia, e per aizzare contro di esso il governo e l’opinione pubblica.
Mentre i numeri nella città di Trieste erano
favorevoli agli Italiani 142.113, contro 38.485 Slavi, in Istria gli Italiani
erano 147.417 e si trovavano di fronte a 223.318 Slavi. Erano una minoranza e
il governo voleva perciò, che cedesse il posto alla maggioranza.
Il 22 maggio 1908 fu sciolta la Dieta provinciale istriana
e indette le elezioni in conformità alla nuova legge elettorale. Queste si
svolsero nei mesi d’ottobre novembre, e vide l’elezione di 26 deputati italiani
(24 del partito liberale-nazionale, 2 socialisti), e 18 deputati slavi.
Le elezioni comunali si svolsero a Pola nel maggio
1909, furono eletti 25 rappresentanti del partito liberale italiano, 10 dell’i.
r. marina, 7 del partito slavo,1 del partito socialista, 1 fra gli i. r.
impiegati italiani, 1 fra gli i. r. impiegati slavi.[11]
Anche a Trieste fu modificata la legge elettorale, ma
questa secondo il pensiero del governo austriaco, doveva mirare a consolidare
il principio dello stato austriaco a Trieste. Nelle elezioni del giugno 1909,
malgrado l’alleanza tra il partito socialista e gli Slavi, il partito
nazionale-liberale vinse conquistando 61 seggi su 80.
Secondo la nuova legge elettorale la dieta fu
convocata a Capodistria per il 22 luglio 1909, aggiornata poi al 17 settembre,
fu riconvocata per il 5 settembre 1910. Le sedute erano molto burrascose e
l’ostruzionismo slavo aveva come scopo il raggiungimento dei propri scopi. Le
intolleranze giunsero ad un punto tale che i deputati della maggioranza per
difendere il presidente della seduta erano venuti a collutazione con gli Slavi
e li spinsero fuori dalla sala. Intanto il Presidente aveva levata la seduta,
il Commissario governativo dichiarò chiusa la sessione dietale, dopo di che la
Dieta provinciale non fu più convocata.
Con l’entrata in vigore del nuovo ordinamento
dell’esecutivo comunale di Pola, le delibere che superavano l’importo di 3000
corone dovevano avere l’approvazione della giunta provinciale, la sanzione
sovrana, ed era inoltre necessaria la presenza di almeno un assessore slavo,
oltre agli assessori italiani per la legalità delle sedute. Era dunque,
sufficiente che i due assessori slavi si astenessero dalle sedute e la giunta non poteva deliberare. Con la
loro assenza resero impossibile l’approvazione legale dei prestiti deliberati
dalla rappresentanza di Pola sia a copertura del bilancio 1910, sia per
l’attivazione d’altri provvedimenti. A condizione di un voto favorevole gli
Slavi chiedevano, oltre a nuove concessioni in linea economica e amministrativa,
la votazione per l’istituzione di una
scuola in lingua croata a spese del comune.
Dal momento che gli Italiani misero in evidenza il
fatto che l’approvazione di un provvedimento che riguardava la creazione di una
scuola in lingua croata faceva parte di un discorso più ampio, gli Slavi
proseguirono con la politica dell’astensionismo, agli Italiani non restò altro
che fare la stessa cosa, negando nella seduta del 28 dicembre 1910 la loro
cooperazione sui provvedimenti dei comuni slavi e sulle addizionali per il
nuovo anno 1911. Con ciò le funzioni amministrative dei comuni tanto italiani quanto
slavi restava completamente bloccata: la legalità era pertanto gravemente
compromessa.
Il luogotenente principe di Hohenlohe, che parteggiava
per gli Slavi, e propose al governo di Vienna, a sfavore degli Italiani, di
negare alla giunta provinciale la facoltà di incassare il II, III, IV,
trimestre dell’addizionale sulla birra fissato per il I trimestre in cor. 3,40
l’ettolitro.
Su invito del ministro degli interni di Vienna, si
cercò di giungere ad un accordo, così si svolsero a Vienna nei giorni 6 e 7
aprile 1911 delle conferenze tra i delegati dei due partiti, per le pendenti
questioni scolastiche e comunali.
Si ottenne da
parte degli Slavi la promessa alla partecipazione, in seno alla giunta comunale
di Pola, per le delibere sull’approvazione dei prestiti.[12]
Con patente imperiale il 30 marzo 1911 fu sciolta la
camera dei deputati, il 13 giugno si sarebbero tenute le nuove elezioni, il 20
il ballottaggio.
A Trieste nelle prime votazioni il candidato del
partito liberale-nazionale ottenne la maggioranza nel III distretto elettorale,
lo slavo nel V: nel I e nel IV ci fu il ballottaggio tra il candidato nazionale
e il candidato socialista, nel II tra il candidato slavo e il
liberale-nazionale. Nel ballottaggio, nel I distretto vinse il candidato
socialista con 3522 voti, nel II il candidato liberale-nazionale con 5579 voti,
nel IV il candidato socialista con 2438 voti. Complessivamente i
liberali-nazionali ottennero due seggi, due i socialisti, uno gli slavi[13]. In
Istria, nei tre collegi elettorali assegnati agli Italiani si giunse al
ballottaggio fra il candidato liberale-nazionale e il candidato cristiano-sociale
nel I, nel II vinse al primo turno il candidato liberale-nazionale con 7073
voti, nel III si andò al ballottaggio tra il candidato liberale-nazionale e lo
slavo. Il ballottaggio decretò la vittoria nel I collegio al candidato
cristiano-sociale con 5574 voti, nel III vinse il candidato liberale-nazionale
con 4901 voti[14].
Queste elezioni avevano dimostrato l’ancor buon
andamento del partito liberale-nazionale, grazie alla discreta affluenza della
popolazione, malgrado le aspettative contrarie dell’i. r. governo, che aveva
tentato di mettere il partito alle corde sia con leggi inique sia con la repressione perpetrata della polizia di
stato.
Triestini e istriani d’ora in poi parteciparono a
tutte le manifestazioni e ricorrenze in cui potevano dimostrare la loro
italianità, la festa annuale pro Lega nazionale era tra le più importanti. Per
i soldati Italiani che combattevano in Libia si era formato un apposito
comitato di signore, per la raccolta di doni, che poi venivano inviati al
comitato centrale.
I successi della guerra di Libia, avevano
ulteriormente acuito il divario gli Italiani da un lato e gli Slavi e gli Austriaci dall’altro, che
avevano l’appoggio non solo dell’esercito, e dell’i. r. marina ma anche del
principe ereditario Francesco Ferdinando, da sempre ostile agli Italiani.
Di questa situazione seppe approfittare il
luogotenente di Trieste principe Hohelohe ponendo fine all’autonomia della
città di Pola con l’istituzione di un commissario imperiale, creando così la
sempre auspicata subordinazione della città all’i. r. marina.
Con il pretesto del ritardo con cui l’ingegnere
municipale aveva presentato i resoconti sugli stabilimenti comunali,
rassegnarono le loro dimissioni in data 17 febbraio 1912, 10 rappresentanti
dell’i. r. marina, alle quali tre giorni dopo seguirono quelle dei
rappresentanti Slavi. Il 23 febbraio il capitano distrettuale bar. Gorizzuti,
si presentò dal podestà, accompagnato da alcuni contabili dell’ i. r.
luogotenenza di Trieste e gli consegnò un decreto,
con il quale si scioglieva la rappresentanza comunale
di Pola, e con ciò si dichiarava cessate le funzioni della rappresentanza e
della deputazione comunale. Si motivava tale misura con la gestione finanziaria
in generale, con quella degli stabilimenti comunali in particolare e con le dimissioni
di parte della rappresentanza. Il podestà dichiarò di ritenere illegittimo il
provvedimento, e solo quando il bar. Gorizzuti dichiarò che avrebbe fatto
intervenire i gendarmi, il podestà, fece mettere questa dichiarazione a verbale, e uscì dal palazzo.
La giunta provinciale si radunò d’urgenza il 24
febbraio, protestò contro l’ingiustificato scioglimento della rappresentanza comunale.
Deliberò di chiedere all’i. r. luogotenenza la revoca del decreto, di
presentare ricorso all’i. r. ministero degli interni, e all’i. r. corte di
giustizia in affari amministrativi.
Il governo centrale dopo essere riuscito nello scopo
di accentrare il potere in seno al comune di Pola, per evitare violente
proteste fece delle concessioni puramente esteriori e formali.
Il primo marzo si giunse al seguente accordo: per la
gestione provvisoria degli affari del comune di Pola vennero istituiti un
gerente comunale ed una giunta consultiva. Gerente comunale fu nominato il
barone Gorizzuti, la giunta presieduta dal medesimo era composta di otto membri.
La giunta provinciale doveva invece un proprio membro alle sedute della giunta
comunale. Il gerente esercitava le funzioni di podestà e della deputazione
comunale.
Gli Italiani si ritrovavano sempre più stretti tra gli
Slavi e gli Austriaci.
Le forze dell’Impero trovavano alimento da radici
storiche secolari quali l’esercito, la Chiesa, la burocrazia, che direttamente
legate alla dinastia, davano al mito asburgico un carattere sopranazionale,
tutto questo sistema si reggeva ancora bene, ma l’avventura bellica succeduta
all’assassinio di Sarajevo fece precipitare gli eventi.
L’Italia dal canto suo era uno Stato con soli ciquant’anni
di storia, relativamente giovane e con ancora molti problemi da risolvere
connessi all’unificazione, la questione meridionale, l’evasione fiscale, l’ordine
pubblico, la burocrazia , i contrasti con il partito socialista.
ANDAMENTO DELLA POPOLAZIONE IN
ISTRIA
DAL 1850 AL 1910
Trieste |
||||||||
|
1850 |
1880 |
1900 |
1910 |
||||
|
N° |
% |
N° |
% |
N° |
% |
N° |
% |
Italiani |
77237 |
66.5 |
88887 |
73.7 |
116285 |
77.9 |
142113 |
74.5 |
Slavi |
26948 |
23.2 |
26263 |
21.8 |
24639 |
16.6 |
38485 |
19.4 |
Tedeschi |
12051 |
10.3 |
5141 |
4.4 |
8880 |
5.4 |
9689 |
5.9 |
Istria |
||||||||
|
1850 |
1880 |
1900 |
1910 |
||||
|
N° |
% |
N° |
% |
N° |
% |
N° |
% |
Italiani |
56734 |
24.9 |
112660 |
40.3 |
118027 |
40.5 |
148299 |
38.4 |
Slavi |
171381 |
74.9 |
164336 |
57.9 |
187475 |
56.8 |
223318 |
57.8 |
Tedeschi |
---------- |
---------- |
4739 |
1.7 |
7076 |
2.4 |
12735 |
3.5 |
Queste tabelle sono la rappresentazione grafica dei
dati raccolti dal 1880 in poi, dal censimento ufficiale fatto dai singoli comuni, i dati del 1850 furono
ricavati approssimativamente dallo Czörnig. Si può notare, che nel periodo in
cui la repressione contro gli Italiani si fece più forte, tra il 1880 e il
1910, la presenza degli Slavi è percentualmente in aumento, mentre quella degli
Italiani tende a diminuire, sia in Istria che a Trieste. Gli Slavi giunsero a
Trieste spinti, soprattutto, dalle possibilità di lavoro come operai, in
ferrovia, al porto, o negli uffici pubblici. La presenza tedesca non fu mai consistente.
IL censimento del 1910, fu annullato per volere del
luogotenente principe di Hohenlhoe, in quanto i dati in esso riportati non
erano a lui graditi, un suo impiegato fu incaricato di rifarlo. I nuovi dati
stimavano: Italiani 118959 (62.3%), Slavi 59319 (31.4%), Tedeschi 11856 (6.2%).
[1] A. Tamaro, Italiani e Slavi nell’Adriatico, Attenaum Roma-MCMXV, 1915, pag. 65.
[2] B. Benussi, L’Istria nei suoi due millenni di storia, Venezia rovigno, 1997, pag. 519.
[3] B. Benussi, L’Istria nei suoi due millenni di storia, Venezia Rovigno, 1997, pag. 554.
[4] B. Benussi, L’Istria nei suoi due millenni di storia, Venezia Rovigno, 1997, pag. 580-581.
[5] B. Benussi, l’istria nei suoi due millenni di storia, Venezia Rovigno, 1997, pag. 590-591.
[6] B. Benussi, LIistria nei suoi due millenni di storia, Venezia Rovigno, 1997, pag. 595.
[7] B. Benussi, L’Istria nei suoi due millenni di storia, Venezia-Rovigno, 1997, pag.602
[8] B. Benussi, L’Istria nei suoi due millenni di storia, Venezia-Rovigno, 1997, pag.602-603
[9] B. Benussi,L’Istria nei suoi due millenni di storia, Venezia-Rovigno, 1997, pag. 607-608.
[10] B. Benussi,L’Istria nei suoi due millenni di storia, Venezia-Rovigno, 1997, pag. 610-611.
[11] B. Benussi, L’Istria nei suoi due millenni di storia, Venezia-Rovigno, 1997, pag.612-614.
[12] B. Benussi, L’Istria nei suoi due millenni di storia, Venezia-Rovigno, 1997, pag. 615.
Trieste |
|||||||||
Elezioni maggio 1907 |
Elezioni giugno 1911 |
||||||||
Distr |
Lib. Naz . |
Soc |
Cr.Soc |
Slavi |
Lib. Naz . |
Soc |
Cr.Soc |
Slavi |
|
I |
1645 |
2902 |
290 |
911 |
2584 |
2610 |
---------- |
1169 |
S.Giacomo |
II |
3121 |
1792 |
664 |
1614 |
4734 |
2016 |
---------- |
2399 |
Città n |
III |
1949 |
2177 |
449 |
660 |
4047 |
2003 |
---------- |
1006 |
Barriera v |
IV |
997 |
1127 |
505 |
485 |
1778 |
1473 |
---------- |
1074 |
S.Vito |
V |
714 |
1449 |
---------- |
4497 |
1192 |
2127 |
---------- |
5006 |
Territorio |
Istria |
|||||||||
Elezioni maggio 1907 |
Elezioni giugno 1911 |
||||||||
L. elett. |
Lib. Naz |
Soc |
Cr.Soc |
Slavi |
Lib. Naz |
Soc |
Cr.Soc |
Slavi |
|
I |
2884 |
2022 |
4728 |
1559 |
3948 |
2302 |
2957 |
1551 |
Capodistria |
II |
4699 |
383 |
2183 |
4713 |
7073 |
209 |
---------- |
4079 |
Parenzo |
III |
3342 |
1240 |
108 |
3196 |
3579 |
1916 |
---------- |
3245 |
Pola |
IV |
518 |
---------- |
---------- |
8042 |
---------- |
---------- |
---------- |
3490 |
Pisino |
V |
2048 |
521 |
---------- |
8551 |
791 |
---------- |
---------- |
5280 |
Volosca |
VI |
780 |
--------- |
---------- |
6320 |
793 |
---------- |
---------- |
5726 |
------------- |