CAPITOLO QUARTO

1918

 

 

 

Il 1918 si apriva con un articolo del “Corriere della Sera” in cui si esprimeva la necessità per l’Italia non solo di perseguire i propri fini di guerra, ma di eliminare anche l’Austria-Ungheria colpevole di impedire l’unità nazionale:

 

Siamo nel diritto e nel giusto. Non vi può essere pace né sicurezza avvenire se alla Germania resta aperta la via del potere e del prepotere sulle nazioni del vicino Oriente, e questa via le rimarrà sempre aperta finchè sussiste un’Austria germano-magiara. Giova persuadere ed agire. E, per persuadere ed agire una condizione è sufficiente e necessaria, che il mondo veda non essere l’Italia sola ad esigere che l’Austria crolli, ma essere il crollo dell’Austria una questione di vita e di morte per tutti i popoli che hanno rapporti intrinsechi con la Monarchia degli Asburgo. Per giungere a questo  non vediamo altra strada se non quella che già indicammo l’accordo fra gli Italiani e tutti i popoli del vicino Oriente. Tra i nostri fini di guerra non ci sono né gli smembramenti degli Stati nemici né i cambiamenti degli altrui ordinamenti interni, sono questi medesimi che esigono l’intera attuazione del patto di Londra, e vogliono per l’Italia non solo Trento e Trieste, ma il confine naturale terrestre e una cospicua parte della Dalmazia. Sostenere all’incirca come Wilson che l’Austria può e magari deve sussistere e contemporaneamente pretendere dall’Austria Trentino e Tirolo meridionale, Trieste ed Istria, Dalmazia ed isole, è semplicemente assurdo. L’Italia deve oggi scegliere. O essa vuole disinteressarsi dei popoli orientali, e ammette, anzi quasi desidera, la sopravvivenza dell’Austria odierna, e allora deve rassegnarsi a un avvenire di inquietudine e di guerra e, per il prossimo futuro, deve molto probabilmente rinunciare a qualsiasi aspirazione che non siano all’incirca quelle delle trattative con Bülow: Trentino ed Isonzo. O l’Italia vuole anche sul serio, decisamente, Trieste e l’Istria e sicurezza navale e commerciale in Adriatico, ed in questo caso essa deve nettamente sapere che vuole la rovina dell’Austria, che vuole, in altri termini, aprire la successione d’Austria. E questo non è possibile senza un accordo completo e perenne coi coeredi dell’Austria. A Trieste ed a Pola non si arriva che per questa strada. Crediamo di essere nel vero e di propugnare l’unica tesi che porti alla sicurezza, alla fortuna e all’onore.[1]

 

La posizione dell’Italia nei confronti degli altri popoli oppressi dall’Austria-Ungheria:

 

Wilson, è un intero americano, vale a dire che ha una coscienza morale attrezzata di una volontà pratica: un vero americano non cede in energia a un tedesco ed è, per lo meno, nel retto desiderio del bene. Da questo complesso di qualità viene la sua media superiorità di uomo moderno. Ma Wilson è lontano anche nello spazio. Egli guarda dall’alto, disegna a grandi tratti il mondo futuro di cui l’Europa non sarà che una parte relativamente meno importante che non sia stata prima del 1914. Da ciò, in parte, la sua tiepidezza per questioni che si connettono alla sorte dell’Austria-Ungheria e dell’oriente balcanico. Sono cose che noi vediamo in vicinanza enormi, che egli vede da lunge un po’ confuse. Un terzo elemento, forse anche più valido di questi due contribuisce a formare il pensiero di Wilson rispetto all’Austria: è l’elemento pratico dell’uomo d’affari. In un’Austria non battuta e non mutilata i Tedeschi e gli Ungheresi sarebbero per sempre i padroni e reggerebbero come fedeli commissari della Germania, la guerra si risolverebbe in una colossale truffa e con la strategia tedesca avrebbe vinto la diplomazia austriaca. Ma perché questa sciagura non si avveri non basta invocare la fedeltà ai trattati, in Francia e in Inghilterra non pochi hanno aperto gli occhi. Per persuadere l’America occorre un altro genere di evidenza. Occorre che questo paese che è allo stesso tempo pratico e giusto, volitivo e religioso, si accorga che, la conservazione, o addirittura l’ingrandimento dell’Austria sarebbe la più grave o cruda violazione dei principi in nome dei quali Wilson condusse il suo paese alla guerra.

In altre parole occorre la lega, occorre l’accordo dei popoli viventi sotto il dominio degli Asburgo. L’ Italia che ha fatto molto per meritare la stima e la gratitudine dell’umanità, essa deve avere del genio e procurare questa lega delle nazioni orientali e proclamare davanti a tutto il mondo la sua volontà. La giustizia sarà fatta sulle terre nostre ed in quelle dei popoli slavi e latini di Oriente e sarà per sempre evitato il pericolo che la Germania ricostituisca a suo vantaggio le condizioni in cui si trovava nell’agosto del 1914, o condizioni anche migliori di queste, poiché il pericolo russo sarebbe venuto a mancare o a diminuire. Senza un accordo pieno, sincero e duraturo fra l’Italia e l’altra nazione adriatica non sarà possibile la formazione del blocco delle nazioni asburghesi. Il dissidio fra jugoslavi e italiani è quello che fin’ora ha vietato quest’unione ed è perciò quello che più ha giovato agli interessi dell’Austria e della Germania. Un programma anti-austriaco di tutte le nazionalità asburghesi meno l’italiana non avrebbe che mezza autorità e darebbe un fondamento alle riserve di Wilson. Un accordo fra italiani e jugoslavi renderebbe possibile un immediato proclama di tutte queste nazioni, le quali apparirebbero davanti all’America e alle Potenze con un disegno concreto della loro futura costituzione, disegno che per le volontà democratiche dei nostri Alleati avrebbe valore di legge. Un nuovo mondo nascerà dalle rovine. La pace che seguirà a questa guerra, sarà anche più fondamentale che la pace di Vesfalia. Se da questa nacque, almeno in germe, la libertà di coscienza, dalla pace prossima nascerà tutto un nuovo diritto internazionale per cui i problemi degli scambi, delle colonie, ecc, saranno investiti da una luce radicalmente diversa, da quella in cui consideravamo questi problemi prima della rivoluzione. Trattare i problemi di questa guerra con la mentalità delle vecchie guerre di successione non è degno che aspirano ad avere un nobile posto nell’umanità di domani.[2]

 

Il Comitato jugo-slavo di Londra  pubblicò una dichiarazione in cui faceva riserve circa le frasi contenute nei discorsi di Lloyd Gorge e di Wilson intorno all’assetto dell’Austria. La dichiarazione era firmata dal dott. Trumbic, presidente del Comitato:

 

Apprezziamo i discorsi fatti dal Primo Ministro Britannico e dal Presidente degli Stati Uniti considerandoli come la prova del desiderio di una pace giusta e duratura in base al principio che le sistemazioni territoriali devono basarsi sul Governo col consenso dei governati. Tuttavia dobbiamo dichiarare che il popolo jugo-slavo ( serbi,croati e sloveni) non possono essere soddisfatti dalle parti dei due discorsi che li riguardano. Le cause del malcontento dei popoli soggetti all’Austria-Ungheria, le cui condizioni, come giustamente osserva il Ministro britannico, sono state per lungo tempo un pericolo per la pace generale, non possono scomparire con la speranza di una problematica democratizzazione dell’Austria-Ungheria sulla semplice base dell’autonomia. Vi è un solo mezzo di allontanare ogni pericolo per la pace, ossia liberare completamente le nazionalità soggette all’Austria-Ungheria dando loro il diritto che Lloyd George accordò anche alle tribù indigene, delle colonie tedesche di poter prendere parte alla determinazione della loro sorte futura.[3]  

 

Londra, 29 gennaio, 1918, in un comunicato ufficiale l’Agenzia Reuter annunziava di essere autorizzata a dichiarare che la visita del Presidente del Consiglio italiano On. Orlando, nella Gran Bretagna aveva dato risultati completamente soddisfacenti.

 

 Questo comunicato ufficiale, compilato di comune accordo fra l’On. Orlando e Lloyd George, è evidentemente destinato a calmare le preoccupazioni che in Italia aveva suscitato il carattere troppo generico delle allusioni alle nostre aspirazioni nel discorso sui fini di guerra del Primo Ministro inglese. Significa che viene riaffermata la validità del trattato che lega l’Italia e gli Alleati, ciò che, non era mai stato qui in discussione. Sotto questo aspetto dunque la visita di Orlando, mentre può considerarsi interamente soddisfacente, non rappresenta però nessun passo innanzi o alcun mutamento nella situazione. Si direbbe che il Presidente del Consiglio italiano abbia giudicato prematura non solo, ma pericolosa nel momento attuale, ogni riduzione, per quanto parziale, del programma del Patto di Londra in quanto che si risolverebbe esclusivamente in una rinunzia a favore dell’Austria. Ora, gli italiani e gli jugo-slavi hanno il comune interesse che non venga diminuita, ma ampliata l’estensione dei territori che la pace dovrà sottrarre all’Austria se avranno a essere liberate le popolazioni oggi oppresse dagli Asburgo. Perciò è utile che l’unico patto scritto col quale le Potenze dell’Intesa, se non gli Stati Uniti, si impegnano a sottrarre all’Austria i territori ingiustamente detenuti alla Monarchia, non venga in alcun modo infirmato. Se l’Italia si metterà a capo della lega delle nazionalità oppresse dall’Austria, avrà maggior mezzo di premere sugli Alleati perché riconoscano i diritti delle nazionalità czeche, romene, jugo-slave all’indipendenza, possedendo ancora intatto l’impegno del Patto di Londra che garantisce come quei territori non debbano assolutamente fare più parte dell’Austria. L’On. Orlando fece sempre rivendicazioni intese a porre in luce il carattere nazionale delle nostre rivendicazioni. L’ On. Orlando ha, semplicemente ricordato come persino l’Austria abbia riconosciuto che il Trentino spettasse di diritto all’Italia avendoglielo offerto prima che entrasse in guerra con una rettifica di frontiere sino all’Isonzo. Inoltre, consentendo a riconoscere l’autonomia a Trieste, ammetteva apertamente la sua italianità. Concluse sottolineando che noi non siamo una nazione aggressiva, che non vi è imperialismo in Italia, nel Mediterraneo chiediamo soltanto che il nostro equilibrio non venga disturbato.[4]

 

Scriveva il “Times” circa le aspirazioni dell’Italia:

 

I ministri italiani – scrisse il “Times”- vanno alla Conferenza di Parigi con la sicurezza che l’Inghilterra e gli altri Alleati sono in pieno accordo con essi sulla questioni politiche, militari, economiche e sulla pace giusta e durevole da raggiungere. L’eslpicito impegno che l’Italia ha ricevuto dall’Inghilterra, dalla Francia, dalla Russia, prima di scendere in campo, guiderà l’attitudine degli Alleati circa i fini di guerra italiani. Questi impegni implicavano il pieno riconoscimento delle aspirazioni italiane a completare la sua unità nazionale e i mezzi che l’Italia allora riteneva necessarie per assicurare la sua sicurezza nelle Alpi e nell’Adriatico. Come dicemmo recentemente, l’Adriatico può venire reso sicuro contro l’aggressione tedesca soltanto con difese terrestri, al completo dominio delle quali l’Italia non può e non pensa di aspirare. Da ciò un crescente desiderio che si diffonde in Italia e non solo in Italia, per un sincero e durevole accordo fra l’Italia e gli Slavi dell’Austria, che come gli italiani dell’Austria, aspirano all’unità nazionale e all’indipendenza da ogni controllo tedesco o tedescofilo.[5]  

 

Ecco il testo del trattato segreto stipulato fra Italia, Inghilterra, Francia e Russia il 26 aprile 1915, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia. Questo trattato fu reso noto dall’attuale governo massimalista russo e pubblicato in seguito dalla stampa inglese. In Italia da qualche mese era a conoscenza di tutti i giornalisti e di molti uomini politici, ma la censura ne aveva sempre impedito la stampa a noi per primi.

L’ambasciatore italiano a Londra, marchese Imperiali, su istruzioni ricevute dal suo Governo, ha l’onore di consegnare al Segretario di Stato per gli Affari Esteri sir Edward Grey, all’ambasciatore francese signoa Cambon, e all’ambasciatore russo conte Beuckendorff, il seguente memorandum:

 

1.      Le grandi Potenze di Francia, Gran Bretagna, Russia e Italia redigeranno senza ritardo una convenzione militare, per la quale deve essere determinato un minimum di forze di forze militari che la Russia sarà obbligata a mettere contro l’Austria-Ungheria nel caso che, questa getti tutte le forze contro l’Italia. Questa convenzione militare regolerà anche i problemi relativi a un possibile armistizio, in quanto essi, per la loro stessa natura non siano di competenza del Comando Supremo.

2.      L’Italia da parte sua si impegna a condurre la guerra con tutti i mezzi a sua disposizione d’accordo con la Francia, la Gran Bretagna, e la Russia e contro gli stati che sono in guerra con esse.

3.      Le forze navali della Francia e della Gran Bretagna, presteranno all’Italia la loro attiva cooperazione sino a quando la flotta austriaca sia distrutta o fino alla conclusione della pace. La Francia, la Gran Bretagna e l’Italia concluderanno immediatamente una convenzione navale a questo riguardo.

4.      Mediante il futuro trattato di pace l’Italia il Trentino e il Tirolo meridionale fino alla frontiera geografica naturale, il Brennero, la città di Trieste con i suoi dintorni, la contea di Gorizia con Gradisca, l’intera Istria sino al Quarnero compreso Volosca e le isole istriane. Cherso e Lussin, come anche le minori isole di Paunik, Unie, Canicole, Palazzuolo, San Pietro dei Nembi, Asinello e guizza con le vicine isolette.

Nota prima: Eseguendo quanto è detto nell’art 4 la linea di frontiera sarà tracciata lungo i seguenti punti: dalla vetta dell’Umbriele verso nord allo Stelvio, poi lungo lo spartiacque   delle Alpi Retiche fino alle sorgenti del fiume Adige ed Eisach, poi attraverso i monti Rescen e Brennero e le cime Etz e Ziller, la frontiera quindi piega a sud toccando il monte Toblach e raggiunge l’attuale frontiera della Carniola che è presso le Alpi. Lungo questa frontiera toccherà monte Tarvis e seguirà lo spartiacque delle Alpi Giulie oltre le creste del Predil, Mangra, Tricorno e passo di Podhele, Podlansko e Idria, di qui la linea volgerà a sud-est verso lo Schueberg in modo da non includere nel territorio italiano il bacino della Sava e i suoi affluenti. Dallo Schneeberg la frontiera scenderà verso la costa includendo Castua Matuglia e Volosca come distretti italiani.

5.      Nello stesso modo l’Italia riceverà la provincia di Dalmazia nella sua attuale estensione, Lissarika e Tribinje, e a sud tutto il territorio fino ad una linea partente dal mare vicino alla punto Planca tra Trau e Sebenico e seguendo lo spartiacque verso est in modo da porre in territorio italiano tutte le valli i cui fiumi sboccano nel mare presso Sebenicco cioè il Cigola, Kerka e Bustiniza. All’Italia ancora apparteranno tutte le isole a nord e ad ovest della costa dalmata incominciando da Premuda a nord e arrivando  a Méleda con l’aggiunta delle isole di Sant’Andrea, Busi, Lissa, Lésina, Torcola, Curzola, Cazza, e Lagosta e tuti gli altri isolotti e scogli circostanti.Saranno neutralizzati prima l’intera costa da punta Planea a nord dell’estremità meridionale della penisola Sabbionello a sud, questa penisola restando inclusa nella zona neutrale, seconda parte della costa, da un punto della costa a dieci chilometri da Ragusa Vecchia fino al fiume Vojussa da includere nella zona neutralizzata, l’intero golfo di Cattaro con la sua punta, Antivari, Dulcigno, San Giovanni di Medua e Durazzo, con la riserva dei diritti del Montenegro non devono essere lesi in quanto essi si fondano sulle dichiarazioni scambiate tra le parti contraenti in aprile e maggio 1909. Questo diritto essendo riconosciuto soltanto per gli attuali territori del Montenegro, essi non saranno estesi alle regioni e ai porti che possono in avvenire essere assegnati al Montenegro, ma tutte le restrizioni e i legati che riguardano il porto di Antivari, alle quali il Montenegro stesso diede la sua adesione nel 1909 rimangono in vigore. Restano in fine neutralizzate tutte le isole non assegnate all’Italia.

Nota seconda. I seguenti distretti sull’Adriatico saranno per opera dell’Intesa inclusi nel territorio della Croazia, Serbia e Montenegro a nord dell’Adriatico entro la costa, a partire dal golfo di Volosca presso la frontiera d’Italia sino alla frontiera settentrionale della Dalmazia, comprendendovi l’intera costa che oggi appartiene all’Ungheria, l’intera costa di Croazia, il porto di Fiume e i piccoli porti di Neri e Carlopago e così le isole di Voia. Pervecio, Gregozio, Kali, e Ache e al sud dell’Adriatico dove la Serbia ed il Montenegro sono interessati la intera costa da punta Planka al fiume Drin con gli importantissimi porti di Spalato, Ragusa, Cattaro, Antivari, Dulcigno, San Giovanni di Medua, come anche le isole di grande piccola Zirona, Puia, Solta, Brazza, Ciklan e Calamotta. Il porto di Durazzo può essere assegnato allo stato maomettano di Albania.

6.      L’Italia otterrà il pieno dominio di Vallona e delle isole di Saseno e di un territorio di estensione convenuta da assegnarsi, contro pericoli di natura militare, approssimativamente tra i fiumi Vojussa a nord e ad est e il distretto di Scimar a sud.

7.      Ottenendo il Trentino, l’Istria, la Dalmazia, le isole dell’Adriatico ed anche il golfo di Vallona, l’Italia si obbliga nel caso che sia formato un piccolo stato autonomo e neutralizzato in Albania a non opporsi al desiderio della Francia, della Gran Bretagna, della Russia di spartire i distretti settentrionali e meridionali dell’Albania, del Montenegro, la Serbia, e la Grecia. La costa meridionale dell’Albania, dalla frontiera del territorio italiano di Vallona a capo Stilos deve essere neutralizzata. All’Italia sarà concesso di dirigere le relazioni esterne dell’Albania ed in ogni caso l’Italia sarà impegnata ad assicurare all’Albania un territorio sufficientemente ampio, da permettere alla sua frontiera di congiungersi a quella della Grecia e della Serbia ad est del lago di Ochrida.

8.      L’Italia otterrà il pieno dominio di tutte le isole del Dodecanneso da essa oggi occupate.

9.      Francia, Gran Bretagna, Russia, riconoscono come un assioma il fatto che l’Italia è interessata a mantenere l’equilibrio politico nel Mediterraneo, cioè in quella parte che confina con la zona di Adalia dove l’Italia ha già acquistato speciali diritti ed interessi stabiliti nella convenzione italo-britannica. La zona da assegnarsi all’Italia sarà a tempo debito fissata in armonia con gli interessi vitali della Francia e della Gran Bretagna. Egualmente dovranno essere tenuti in considerazione gli interessi dell’Italia anche nel caso che le Potenze mantenessero per un ulteriore periodo la inviolabilità della Turchia d’Asia e soltanto procedessero fra di esse ad una delimitazione di sfere di influenza. Nel caso in cui Francia, Gran Bretagna e Russia occupino durante la seguente guerra distretti dell’Asia turca l’intero distretto confinante con l’Adalia e sopra definito in via di massima sarà riservato all’Italia che si riserva il diritto di occuparlo.

10.  La Libia otterrà il riconoscimento di tutti i suoi diritti e quelle prerogative che sono finora riservate al Sultano per il trattato di Losanna.

11.  L’Italia riceverà un contributo militare corrispondente alla sua Forza ed ai suoi sacrifici.

12.  L’Italia si associa alle dichiarazioni fatte dalla Francia, dalla Gran Bretagna e della  Russia che i luoghi santi maomettani debbano essere lasciati in possesso di uno stato indipendente.

13.  Nel caso di una estensione di possedimenti coloniali franco-britannici in Africa a spese della Germania, la Francia e la Gran Bretagna riconosceranno all’Italia il principio al diritto di domandare per se stesse certi compensi sotto forma di una estensione dei suoi possedimenti in Eritrea. Somalia e Libia nei distretti coloniali che confinano con le colonie francesi e britanniche.

14.  La Gran Bretagna si impegna a facilitare all’Italia la immediata conclusione di un prestito sul mercato di Londra ammontante a non meno di cinquanta milioni di lire sterline.

15.  La Francia, la Gran Bretagna e la Russia si impegnano ad appoggiare l’Italia in quanto essa non permetta che i rappresentanti della santa Sede svolgano azione diplomatica per la conclusione della pace e per la sistemazione delle questioni connesse alla guerra.

16.  Il presente Trattato deve essere tenuto segreto. Per quanto riguarda l’adesione dell’Italia alla dichiarazione del 5 settembre 1914 esso sarà pubblicato soltanto dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia e all’Italia. I rappresentanti della Francia, Gran Bretagna, e Russia, essendo muniti dei poteri necessari si accordano come segue con il rappresentante dell’Italia che fu pure autorizzato dal suo Governo a questo scopo.

La Francia, Gran Bretagna e Russia dichiarano il loro pieno accordo con questo memorandum presentato ad esse dal Governo italiano. Riguardo agli articoli 1, 2, e 3 ( relativi alla coordinazione delle operazioni militari e navali delle quattro Potenze) l’Italia dichiara che essa entrerà in guerra attivamente appena possibile e in ogni caso non più tardi di un mese dopo la firma del presente documento per conto delle parti contraenti.[6] [7]

 

IL leader czeco si mostra pieno di fiducia nei risultati del movimento che assecondato dall’Italia, potrebbe portare alla lega di tutti i popoli irredenti dell’Austria contro l’oppressore. Egli afferma che non si tratta più di un vago sogno, e ha detto:

 

Tutte le vittime, tutti i nemici dell’Austria devono formare intorno ad essa un solo blocco. E questa parola mi porta ad accennare ad un mio progetto che, se realizzato, sarebbe la migliora barriera contro l’espansione del germanesimo, un ostacolo insormontabile alla realizzazione della Mediaeuropa: voglio parlare della Lega fra tutte le nazionalità ora gementi sotto l’Austria. Già i rappresentanti di due di queste nazionalità, gli czechi e i jugo-slavi, hanno iniziato i negoziati, che sono già quasi conclusi. Ora, occorre che l’Italia ci consenta di stringerci intorno ad essa, e occorre scendere, sollecitatamene nel campo pratico con un’attitudine ben netta nella questione czeca ed altrettanto netta in quella jugo-slava. Ciò sarebbe solamente possibile in negoziati espliciti. Ma dalle mie discussioni coi jugo-slavi sono intieramente persuaso che se si comincia ora a discutere, e specialmente avendo in vista la Lega delle nazionalità con l’Italia alla testa, l’accordo fra voi e i jugo-slavi è possibilissimo e tale che tutte le persone moderate ed assennate potrebbero esserne d’accordo. L’unica pregiudiziale è l’unità della Jugoslavia che non può nemmeno essere discussa. D’altronde sarebbe questa questione dell’unità della Jugoslavia una pregiudiziale anche per noi. Temiamo che se una sola particella di Jugoslavia rimanesse nell’Austria ciò varrebbe a mantenere in piedi l’Austria-Ungheria, e noi circondati dall’Austria-Ungheria rimarremmo inglobati nella Duplice Monarchia. Per questo tentiamo la soluzione integrale del problema, che altrimenti sarebbe insolubile. Pensiamo che un accordo con i jugoslavi potrebbe essere seguito da una alleanza italo-jugoslavo-romeno-czeco per circondare gli austro-magiari, alleanza cui potrebbero unirsi anche i polacchi. L’Italia mettendosi alla testa di questo movimento estenderebbe il suo prestigio morale, la sua influenza culturale, i frutti della sua vita economica dall’Adriatico, all’Egeo, al Mar Nero, e perfino su nel Baltico. Trieste italiana sarebbe lo sbocco dell’Europa centrale. Pensate che se ci uniamo fin da ora creando la nostra Società delle Nazioni, non solo fermeremmo per sempre le ambizioni del germanesimo verso Oriente, ma gli taglieremmo la via ad ogni penetrazione pacifica ulteriore. Invece, se non vi mettete d’accordo con i jugo-slavi, i tedeschi che sono maestri in questo lavoro, subito dopo la pace mancando di quell’autorità morale che avreste potuto prendere voi sui jugo-slavi e sui czechi sapranno compiere essi quella penetrazione nei nuovi Stati che avrebbe dovuto essere vostra sfera di influenza.[8]

 

Le polemiche suscitate dalla pubblicazione del Patto di Londra:

 

L’Italia aveva reputazione di accortezza realistica e limpida visione prima della guerra. Non si può dire che, compiuto il magnifico e  ineluttabile gesto, dell’intervento, abbia saputo poi leggere con pari sagacia l’enigma degli eventi ulteriori. I nostri migliori amici inglesi non ci hanno mai celato che avevamo commesso un errore iniziale assai pericoloso nel non armonizzare le nostre richieste colle aspirazioni delle popolazioni slave oppresse dagli Asburgo, mentre avremmo dovuto cercare in esse degli alleati nella lotta contro la Monarchia. Per gli slavi dell’Austria la guerra contro i serbi e i russi era una sorte di guerra civile. Ma il giorno che l’Austria potè conoscere ciò che conteneva la Convenzione dell’Italia con l’Intesa, se ne valse abilmente per trasformare la guerra degli slavi meridionali contro l’Italia in una guerra di difesa nazionale. L’Accusa di imperialismo che cominciò a sussurrarsi qua e là, da fonte interessata, ha cominciato a trovare ascoltatori, mentre il nostro programma di completamento dell’unità nazionale, che mirava a ricongiungere alla madre patria le province irredente, era pienamente accolto dalla pubblica opinione estera, è innegabile che delle preoccupazioni andavano diffondendosi circa il carattere di un patto il quale non considerava se pur non escludeva il diritto degli slavi meridionali ad una unificazione che non sembrava meno giusta e ineluttabile. Gli italiani che vivevano all’estero non tardarono a rendersi conto di un certo imbarazzo che si rivelava negli stessi ambienti alleati quando si alludeva alle rivendicazioni adriatiche: nessuno disconosceva il buon diritto dell’Italia a garantire la propria sicurezza nell’amarissimo e nell’assicurare in modo più efficace la difesa della riva occidentale di quel mare, soltanto si concludeva sempre con l’augurio che intervenisse presto un accordo fra gli italiani e gli slavi meridionali.  La teoria, del resto, si evolve anche per le ripercussioni che presso ognuno dei paesi combattenti lo stato di guerra induce nella mentalità nazionale. Nella stessa necessità di armonizzare le aspirazioni degli uni con quelle degli altri si produce un adattamento. Si può dire che la tendenza generale di questa revisione sia quella di subordinare gli interessi particolari a quelli generali, si irrobustisce la preoccupazione di anteporre ai vantaggi immediati e diretti quelli di un assestamento che sia, per quanto è possibile, definitivo. Sentiamo sempre meglio e più chiaramente che non si combatte per una contesa territoriale, ma per un mondo migliore. E per un tragico paradosso la migliore garanzia alla sua integrità l’Austria l’ha trovata nell’attitudine italiana e in quel trattato che avevamo compilato con le nostre stesse mani e che veniva gelosamente conservato come un portento di saggezza.

Questa è la storia di errori passati che oggi ci appaiono evidenti e che molti italiani, in patria e fuori, giudicano nefasti da almeno un anno.

L’impresa di dirigere lo sforzo collettivo alleato specialmente contro l’Austria non è mai stato così promettente come ora, quando si diffonde sempre meglio fra gli Alleati il concetto che la vittoria e la sconfitta dipendono dalle possibilità di sottrarre alla Germania il ponte verso l’oriente balcanica e turco che le fornisce la Duplice Monarchia. Questo mostra di comprendere il Presidente Wilson, anche quando sembra conservare l’illusione che tale separazione possa ottenersi spontaneamente dall’Austria.

Sono gli inglesi più lungimiranti quelli che comprendono come possa riuscire risolutiva l’azione dell’Italia, se si farà paladina delle nazioni oppresse dall’Austria e proclamando la loro liberazione vibrerà il colpo mortale al sogno folle della Mitteleuropa. Ma si diffonde sempre più l’intuizione che la guerra dovrà essere decisa non già nel Belgio, ma laddove cominciò, nei Balcani. Quando sarà spezzato il corridoio che unisce Amburgo a Bagdad, quando una cintura di Stati indipendenti e antitedeschi potrà formarsi dall’Adriatico al Mar Nero, la guerra avrà raggiunto le sue conclusioni logiche e definitive. E non occorre per questi fini tanto un seguito di schiaccianti vittorie militari, quanto il trionfo di offensive politiche, e la forza esplosiva delle idee e le irresistibili aspirazioni di popoli maturi alla libertà coopereranno alla vittoria quanto il tumulto dei cannoni e le battaglie sanguinose.[9]

 

In data 5 aprile, uscì un articolo sul “Corriere della Sera” che aveva lo scopo di evidenziare i perché, e gli scopi della Conferenza di Roma, che si sarebbe tenuta a giorni nella città fra tutti i rappresentanti delle nazionalità oppresse dall’Austria-Ungheria. La Conferenza di Roma, fatta fra liberi cittadini di varie nazionalità, rappresentanti soltanto correnti profonde di opinione pubbliche si proponeva di:

 

1.      constatare che fra i popoli soggetti, in tutto o in parte, all’oppressione tedesco-magiara, vi è perfetta identità di vedute sulla necessità di un’azione perché si realizzino le condizioni di diritto per una pace giusta e duratura, che sarà o sarebbe solo quella che, applicando concretamente il principio di autodecisione dei popoli,riconoscerà che devono riunirsi rispettivamente all’Italia e alla Romania le popolazioni irredente di nazionalità e di sentimento italiani e romeni, e che abbiano diritto di costituirsi in Stati indipendenti e sovrani le nazionalità polacca, czeco-slovacca e jugoslava,

2.      determinare in modo concreto i mezzi più adatti all’azione e alla propaganda per giungere ai risultati suindicati,

3.      preparare un’ atmosfera di mutua cordialità e sicura informazione reciproca, dalla quale sia più facile elaborando piani positivi del nuovo sistema politico dell’Europa centrale, eliminare singole divergenze anche su questioni territoriali e preordinare delle modalità di garanzia per assicurare libera persistenza e sviluppo proprio a quei nuclei di nazionalità diversa che venissero ad essere incorporati nell’uno o nell’altro Stato,

4.      preparare ogni specie di accordi o di difese, che dopo la guerra assicurino il libero sviluppo nazionale e i maggiori possibili reciproci vantaggi economici, commerciali, culturali.

In questi limiti e in questi termini deve essere intesa la Conferenza di Roma.[10]

 

Roma 8 aprile 1918 fu inaugurata la Conferenza di Roma delle nazionalità soggette all’Austria-Ungheria:

 

Il giorno 8 aprile s’inaugurò a Roma il Convegno delle nazionalità soggette all’Austria, con czeco-slovacchi, polacchi, romeni e jugo-slavi ( serbi, croati e sloveni), con la rappresentanza delle nazioni alleate francesi, inglesi ed americane, e con le adesioni di associazioni e di uomini politici in gran numero. Apertosi il giorno 8, nella sala dei Conservatori, esso durò tre giorni e vi si deliberò l’azione da svolgere nei paesi alleati e nemici per l’intento per il quale è stato riunito il convegno, e circa il modo di mantenere viva l’unione di questo Convegno consacrata tra le diverse nazionalità. Le deliberazioni prese, che s’è convenuto chiamare Patto di Roma, non sono destinate alla pubblicità per la loro riservatezza e il loro carattere tecnico, tuttavia nell’ultima adunanza pubblica, tenuta alla presenza del senatore Ruffini, il vice-presidente On. Torre lesse un riassunto, formulato dai delegati del Convegno, nel quale, dopo esposti i principi, ai quali le nazionalità in tutto o in parte soggette all’Austria- Ungheria ( italiani, czeco-slovacchi, romeni, polacchi, jugo-slavi), debbono ispirare la loro comune azione, si afferma la necessità della lotta comune contro il comune oppressore, perché ciascun popolo la totale liberazione e la completa libertà nazionale nella libera unità statale. A questi accordi comuni seguono i particolari tra la nazione dei serbi, croati, sloveni, nota anche sotto il comune nome di nazione jugo-slava, in virtù dei quali, riconosciuto che la libertà e indipendenza della nazione jugo-slava è interesse vitale dell’Italia, come il completamento dell’unità nazionale italiana è interesse vitale della nazione jugo-slava, esse si impegnano a risolvere le singole controversie territoriali sulla base del principio di nazionalità e del diritto dei popoli di decidere della propria sorte.[11]

 

L’ “Avanti” e i documenti del Congresso di Londra:

 

Gli scopi di guerra si intendono formulati esclusivamente a titolo di indicazione per le trattative di pace che dovrebbero seguire l’immediata conclusione di un armistizio, in quanto la conferenza esclude che la guerra abbia la capacità di realizzare un aspetto democratico fra i popoli. Questo potrà essere compiuto soltanto nel dopo guerra in ragione della forza politica che il proletariato sarà in grado di sviluppare internazionalmente o di fronte ai singoli Governi. Quanto agli aggiustamenti territoriali dell’Italia i delegati socialisti italiani non vi hanno messo mano. Essi si sono limitati a constatare come spettatori che, mentre il Patto di Londra esigeva l’annessione all’Italia del Trentino, dell’Istria, della Dalmazia, delle isole dell’Adriatico, del golfo di Valona, e delle isole del Dodecaneso, i delegati riformisti italiani nel loro memorandum in nome del proletariato italiano e il quale, essi dicevano proclamò spesso la sua avversione all’imperialismo, limitarono le loro pretese al trentino, all’Alto Adige, al Friuli orientale e all’Istria, accettando poi quelle dichiarazione che l’Avanti ha ben pubblicato. Nondimeno anche così il memorandum, è stato giudicato dallo Snowden direttore del Labor Leader dell’L. P., per la parte riguardante l’Italia imperialistico quanto i trattati segreti e viziato di nazionalismo nel tono e nello spirito, e privo di viste internazionali. Non una pace qualunque, ma una pace rapida, non una pace tedesca, ma una pace internazionale, non una pace frutto di dedizioni, bensì la risultante da trattative esplicite, aperte, leali, dominate dalla sola ed alta preoccupazione di seppellire il passato coi suoi inganni, coi suoi orrori, e cominciare la nuova storia.[12]  

 

L’11 aprile, dopo la conclusione dei lavori del Convegno di Roma per le nazionalità soggette all’Austria-Ungheria, sono state votate le seguenti risoluzioni:

 

1.      Ciascuno di questi popoli proclama il suo diritto a costituire la propria nazionalità ed unità statale a completarla ed a raggiungere la piena indipendenza politica ed economica,

2.      Ciascuno di questi popoli riconosce nella Monarchia austro-ungarica lo strumento della dominazione germanica e l’ostacolo fondamentale alla realizzazione delle sue aspirazioni e dei suoi diritti,

3.      L’Assemblea riconosce per tanto la necessità della lotta comune contro i comuni oppressori perché ciascun popolo consegua la totale liberazione e la completa unità nazionale nella libera unità statale.

I rappresentanti del popolo italiano e del popolo jugoslavo convengono in particolare quanto segue:

1.      Nei rapporti fra la Nazione italiana e la Nazione dei serbi, croati e sloveni, conosciuta anche sotto il nome di Nazione jugoslava, i rappresentanti dei due popoli riconoscono che l’unità ed indipendenza della nazione jugoslava è interesse vitale dell’Italia, come il completamento dell’unità nazionale italiana è interesse vitale della Nazione jugoslava. E perciò i rappresentanti dei due popoli si impegnano a svolgere tutta la loro opera affinché durante la guerra ed al momento della pace, queste finalità delle due Nazioni siano interamente raggiunte,

2.      Affermano che la liberazione del mare Adriatico e la sua difesa contro ogni presente ed eventuale nemico è un interesse vitale dei due popoli,

3.      S’impegnano a risolvere amichevolmente anche nell’interesse dei futuri buoni e sinceri rapporti fra i due popoli, le singole controversie territoriali sulla base dei principi di nazionalità e del diritto dei popoli di decidere della propria sorte e in modo da non ledere gli interessi vitali delle due Nazioni che saranno definiti al momento della pace,

4.      Ai nuclei di un popolo che dovessero essere inclusi nei confini dell’altro sarà riconosciuto e garantito il diritto al rispetto della loro lingua, della loro cultura e dei loro interessi morali ed economici.[13]

 

Dubbi gravi intorno ai risultati finali del movimento jugo-slavo vengono ormai manifestati apertamente dalla più autorevole stampa austriaca, la quale avverte in questo momento la necessità di mettere in guardia i jugoslavi contro l’Italia di ricordare i decennali antagonismi e di assicurare che solo l’Ausrtia-Ungheria può realizzare in contrasto con l’Italia il programma nazionale jugoslavo.

Il Presidente del Consiglio austriaco si è espresso nel modo seguente:

 

Egli ha voluto ammettere in via di ipotesi la possibilità della costituzione di uno Stato nazionale jugo-slavo, ma ha posto immediatamente ad essa tre condizioni, e cioè che il futuro eventuale Stato sia posto sotto lo scettro degli Asburgo, che esso sorga non già come conseguenza internazionale di pace, ma come conseguenza di compromessi interni alla Monarchia, ed infine che esso sia privato da tutti quei territori abitati da Jugoslavi che occorrerà conservare all’Austria per assicurare ai tedeschi la continuità territoriale fino agli sbocchi che essi intendono riservarsi nell’Adriatico.

Queste tre condizioni esprimono tutta la distanza che esiste fra l’ideale stesso per  il quale lotta il popolo serbo, croato e sloveno e le stentate e tardive concessioni che possono essere promesse da Vienna. L’Austria tedesca non potrebbe infatti assicurarsi la continuità territoriale fino all’Adriatico senza calpestare territori sloveni per giungere alla sponda italiana. E per tanto jugo-slavi e italiani devono serrare le fila contro il comune nemico. L’Austria tedesca rimanga nei suoi confini. L’Adriatico appartiene ai popoli adriatici. Italiani e jugo-slavi hanno solennemente dichiarato, che la liberazione del mare Adriatico e la sua difesa contro ogni presente ed eventuale nemico è un interesse dei due popoli. Di fronte al programma del Primo Ministro tedesco, che è programma di oppressione tedesco, questa dichiarazione va sollevata e tenuta alta come una bandiera di combattimento.[14]

 

Frano Cujetisa e il problema della Jugoslavia:

 

Frano Cujetisa è un vecchio militante del socialismo jugo-slavo, già redattore della Sloboda di Spalato, fuggito alle persecuzioni contro i socialisti, riparato in Svizzera grazie ad un passaporto falso. Adesso, poiché la questione della Jugo-Slavia è posta sul tappeto, egli si adopera affinché sia risolta sulla base del diritto ai popoli di disporre dei propri destini, ma inteso nel senso socialista che i popoli possano, se vogliano, formare uno stato indipendentemente da legami di lingua o di razza, e non già nel senso imperialista che tutti gli individui parlanti la stessa lingua ed appartenenti alla stessa razza debbano essere riuniti in un solo Stato. E Frano Cuyetisa crede di potere affermare che la grande maggioranza delle popolazioni jugo-slave voglia costituirsi in Stato libero ed unificato. L’Avanti asserisce che, un accordo fra gli jugo-slavi ed i socialisti di Italia a proposito della Dalmazia, dell’Istria, di Trieste e di Gorizia-Gradisca, non presenta alcuna difficoltà seria, per quanto il Partito Socialista italiano, dedichi una scarsa attenzione al problema e persista nel suo atteggiamento puramente negativo tanto su quel che concerne la guerra , quanto per i problemi nazionali che vi sono collegati. Secondo Frano Cuyetisa tutto il mondo slavo è favorevole al movimento unitario. Per quel che concerne l’organizzazione statale, i socialisti jugo-slavi non hanno assunto una linea di condotta precisa, pur desiderando una certa centralizzazione , essi terranno conto delle tendenze autonomiste del popolo nel campo comunale e provinciale. Nella lotta anticlericale e sulla questione agraria, i socialisti jugo-slavi saranno, come nel passato, più radicale ed intransigenti dei partiti avanzati della borghesia. Per quanto concerne la Dichiarazione di Corfù, diramata il 20 luglio del1917, e che deve considerarsi non solo un patto, ma una manifestazione di solidarietà fra il Governo serbo ed i rappresentanti degli irredenti, i socialisti della jugo-slavia ed i loro compagni della Serbia, accettano i principi da essa enunciati.[15]

 

Comunicati sull’andamento della guerra:

 

Un comunicato della Marina del 15 maggio dava la notizia di incursioni nel porto di Pola, dove è stato ripetutamente silurata una corazzata nemica del tipo Viribus Unitis. Successivamente nostre squadriglie di idrovolanti al loro giungere all’alba sul cielo di Pola vi trovavano già in quota apparecchi da caccia nemici, due furono abbattuti, uno lo costrinsero a scendere, e i nostri rientrarono incolumi alla base.[16]

 

Nel mese di luglio il 19 e il 24, vi furono ulteriori bombardamenti su Pola. Il bombardamento del 17, tre giorni prima dell’anniversario di Lissa, è risultato la maggiore affermazione aerea dell’Italia nell’Adriarico.

 

I rapporti fra italiani e jugo-slavi hanno ricevuto al Congresso di Roma uno statuto che rende impossibile l’equivoco per chiunque non si proponga di farlo risorgere, con scarsa buona fede. Nel Patto di Roma furono esplicitamente rinviate le questioni territoriali al giorno in cui la vittoria delle nazionalità oppresse dal regime degli Asburgo, avrà creato le premesse indispensabili per la loro discussione. A Roma, gli italiani riconobbero, in principio, che, una volta raggiunto lo smembramento della Duplice Monarchia, la costituzione della Jugoslavia unita ed indipendente diventa un interesse italiano, ed i jugoslavi riconobbero che è loro supremo interesse nazionale lavorare in perfetta unione con l’Italia. È la politica della nazionalità, che ci permette di sentirci pienamente fedeli alla guerra che l’Italia ha dichiarato e combatte contro l’Austria-Ungheria. Il popolo italiano conosce troppo intimamente il nostro nemico per dubitare un istante di questa verità, che cioè, l’Austria-Ungheria non soltanto non ci concederà le rivendicazioni contenute nel Patto di Londra, ma non ci accorderà nemmeno quelle che potrebbero essere contenute in un programma ridotto, se non vi sarà costretta dalla potenza incoercibile degli avvenimenti, se non sarà costretta a considerare qualsiasi concessione all’Italia come l’alternativa meno sfavorevole offertale da un destino implacabile ed intrattabile.[17]

 

Il Patto di Londra e gli Stati Uniti d’America:

 

Il Patto di Londra non vincola in alcun modo, verso di noi, Wilson e la Confederazione nord-americana, eppure peseranno in modo preponderante sulle sorti della guerra e peseranno almeno altrettanto sulla conclusione della pace. A noi pare che, l’On. Sonnino non abbia visto questo problema, e non abbia svolto nessuna azione sensibile per ottenere che gli Stati Uniti comprendessero le nostre idealità nazionali. La politica italiana avrebbe dovuto, ci sembra, proporsi di mantenere intimo e frequente il contatto con le sfere dirigenti americane per formare le idee e plasmare l’esperienza relativamente ai problemi nazionali italiani. Il risultato sarebbe stato di ottenere la firma mancante ad un trattato. Quando l’On. Nitti ed i suoi compagni di missione tornarono dagli Stati Uniti, erano convinti della necessità di stabilire un vasto sistema di permanenti rapporti tra noi e la grande Confederazione. Un uomo solo è sempre rimasto incredulo di fronte a questo elemento l’On. Sonnino. È difficile e intollerabile discutere le opinione incongrue. Sostenere all’incirca come Wilson che l’Austria può e magari deve sussistere e contemporaneamente pretende dall’Austria Trentino Tirolo meridionale, Trieste e Istria, Dalmazia e isole è semplicemente assurdo. Il tempo della decisione è venuto. L’Italia deve scegliere. O essa vuole disinteressarsi dei popoli orientali e ammette quasi desidera, la sopravivenza dell’Austria attuale, e allora deve rassegnarsi a un futuro d’inquietudine e di guerra, e per il prossimo futuro deve rinunciare ad aspettative che non corrispondano grosso modo a quelle delle trattative con Bülow, Trentino e Isonzo. O l’Italia vuole anche sul serio Trieste e l’Istria, sicurezza navale, commerciale e militare in Adriatico, ed in questo caso essa deve sapere che vuole la rovina dell’Austria, e questo non è possibile senza gli eredi dell’Austria.[18]  

 

La Giunta esecutiva del Consiglio Centrale della Trento e Trieste ha riaffermato ancora una volta il diritto e il dovere d’Italia di ricongiungere alla Madre patria gli irredenti del Trentino, dell’Alto Adige, della Venezia Giulia e della Dalmazia, convinta della necessità, per il raggiungimento degli scopi nazionali e umani della guerra dell’Intesa, della distruzione dell’Austria, giudicando essere, prima della vittoria, prematura e pericolosa ogni discussioni intorno alla divisione fra alleati e popoli oppressi di territori del nemico, così delibera:

 

1.      Perché un’intensa, assidua opera di propaganda all’interno ed all’esterno a favore delle nostre aspirazioni e rivendicazioni nazionali, ristabilendo la verità dei fatti, contribuisca a formare una opinione pubblica consapevole della nobiltà, della giustizia dei nostri fini di guerra e diffonda sempre più la simpatia per la nostra causa,

2.      Perché si prosegua nell’ottica di avvicinamento a tutte le nazionalità oppresse dall’Austria, che giovi al raggiungimento degli scopi comuni dell’Italia e risponda alla tradizione storica della nostra Nazione,

3.      Perché in ogni pubblica discussione intorno alle direttive ed alle necessità della politica estera rimangono fissi questi fondamentali principi che devono sovrastare ad ogni preoccupazione minore e diversa.[19]

 

In questi giorni è stata data la notizia anche dei lavori del congresso di Lubiana, malgrado non siano arrivati in Svizzera i giornali sloveni, molto probabilmente trattenuti dalla censura austriaca. Sono invece, arrivati i giornale croati che commentano così la notizia:i congressisti di Lubiana hanno affermato il programma di una Jugoslavia indipendente, senza alcun compromesso con il Governo di Vienna.

La “Dante Alighieri” presieduta dall’ex Presidente del Consiglio, On. Boselli, indirizzò i suoi Comitati all’interno e all’esterno la seguente circolare:

 

L’Italia deve concretare la sua unità nazionale. Serbi, croati, sloveni, cioè i Jugoslavi hanno diritto alla unità, indipendenza e libertà nazionale e statale. È interesse dei due popoli intendersi e combattere insieme contro l’Austria-Ungheria. Quando la vittoria sarà ottenuta le questioni territoriali saranno risolte fra i due Stati sulla base del principio di nazionalità, del diritto dei popoli a disporre di se stessi e tenendo conto degli interessi vitali dei due Paesi. L’Italia ha bisogno di una politica, che intenda il momento dei popoli e che sappia conciliarlo lealmente con gli interessi nostri e le nostre idealità nazionali in tutti i loro campi e sotto tutti i loro aspetti. Le discussioni di questi giorni dovranno avere almeno, quindi, questa conseguenza: di indurre il Governo a meglio uniformare la sua politica internazionale nei vari suoi organi a darle una linea più diritta e a svolgere un’azione più efficace e più profonda.”[20]

 

L’Austria-Ungheria sondava il terreno con i nemici sulle possibilità di giungere alla pace:

 

Il Governo austro-ungarico ha deciso di proporre a tutti i belligeranti, amici e nemici, di indagare insieme in un libero mandato di idee, se esistono premesse, che facciano sembrare che un sollecito avviamento di negoziati di pace abbia delle prospettive.

Il governo i. r. ha invitato a tale scopo i Governi di tutti gli Stati belligeranti ad uno scambio di idee confidenziali, non impegnative, in una località estera neutrale. La Nota fu portata a conoscenza della Santa Sede, facendo appello all’interesse del papa a favore della pace. Anche i Governi dei paesi neutrali sono stati informati della Nota.

I giornali italiani naturalmente si occupano della mossa pacifista dell’Austria. Poiché il nostro tentativo di commento ieri è stato subito stroncato dalla Censura ci limitiamo a  quello che dicono gli altri. Visto che è stato dall’Austria chiamato in causa e a soccorso del tentativo il papa, incominceremo dall’Italia. La quale è stata censurata nel capo e nella coda del suo commento.

“ I nemici hanno compreso che con i tornei oratori non verranno a capo di nulla e rinunciando alla vecchia pretesa di attendere un invito a trattative dagli avversari, fanno il primo passo. Abbiamo detto i nemici, perché riteniamo che l’Austria agisca d’accordo e per conto della Germania.”

L’importanza di questo passo non ha bisogno di essere dimostrata, ma sarebbe d’altra parte grave colpa alimentare false illusioni. Occorre che l’opinione pubblica si mantenga calma e si affidi pienamente alla saggezza dei suoi governanti i quali, consci delle gravi responsabilità che loro incombono ed in possesso di tutti gli elementi di giudizio, si ispireranno nelle loro decisioni agli interessi del paese o non mancheranno, se ciò sarà utile o necessario, di interrogare il Parlamento, legittimo rappresentante del popolo.[21]

 

Nel messaggio dell’8 gennaio Wilson così esprimeva il suo programma della pace mondiale:

 

1.      Convenzioni di pace palesi, apertamente concluse, in base alle quali non vi saranno accordi internazionali segreti di alcuna specie, ma la diplomazia agirà sempre palesemente e in vista di tutti,

2.      Libertà assoluta della navigazione di mari, all’infuori delle acque territoriali: tanto in tempo di pace quanto i tempo di guerra, salvo che per i mari che potessero essere chiusi in tutto o in parte mediante un’azione internazionale, in vista della conclusione degli accordi internazionali,

3.      Soppressione, per quanto sarà possibili di tutte le barriere economiche e creazione di condizioni commerciali eguali fra tutte le nazioni che consentiranno alla pace, o si assoceranno per mantenerla,

4.      Garanzie convenienti date e prese che gli armamenti nazionali saranno ridotti all’estremo limite, compatibile con la sicurezza del paese,

5.      Sistemazione con spirito largo e assolutamente imparziale, di tutte le rivendicazioni coloniali, basate sulla stretta osservanza del principio, che nel determinare tutte le questioni di sovranità, gli interessi delle popolazioni interessate dovranno avere un peso eguale a quella delle domande eque dei Governi il cui titolo dovrà essere conosciuto,

6.      Sgombero di tutti i territori russi e soluzione di tutte le questioni concernenti la Russia, che assicura la migliore e più libera cooperazione delle altre nazioni, per dare alla Russia il modo di determinare, senza essere ostacolata, né turbata, l’indipendenza del suo proprio sviluppo politico e della sua propria politica nazionale, per agevolare una sincera accoglienza nella Società delle libere Nazioni, con intuizione di una propria scelta e più che una accoglienza, ogni aiuto di cui abbia bisogno o desideri. Il trattamento fatto alla Russia dalle nazioni sue sorelle durante i mesi a venire sarà la pietra di paragone della loro buona volontà e della comprensione dei suoi bisogni, astrazione fatta dai loro propri interessi e dalla loro indulgenza e simpatia disinteressata,

7.      Quanto al Belgio il mondo intero sarà d’accordo che esso dovrà essere sgombrarto e restaurato senza alcun tentativo di limitare la sovranità di cui gode nel concerto delle altre nazioni libere. Nessun altro atto servirà quanto questo a ristabilire la fiducia delle nazioni nelle leggi che esse stesse hanno stabilito e fissato per regolare le loro reciproche relazioni. Senza questo atto miliare tutta la struttura e la validità di tutte le leggi internazionali sarebbe per sempre indebolita,

8.      Tutto il territorio francese dovrà essere liberato e le regioni invase restaurate. Il torto fatto alla Francia dalla Prussica nel 1871 per quanto riguarda l’Alsazia-Lorena che ha turbato la pace del mondo per quasi cinquant’anni dovrà essere riparato affinché la pace possa essere ancora una volta garantita nell’interesse di tutti,

9.      La sistemazione delle frontiere dell’Italia dovrà essere effettuata secondo le linee di nazionalità chiaramente riconoscibili,

10.  Ai popoli dell’Austria-Ungheria il cui posto desideriamo vedere garantito e tutelato fra le nazioni si dovrà dare più largamente esecuzione per uno sviluppo autonomo,

11.  La Romania, la Serbia, il Montenegro dovranno essere sgombrati e i territori occupati restituiti. Alla Serbia dovrà un libero e sicuro sbocco al mare e le relazioni fra i vari Stati balcanica dovranno essere fissate amichevolmente secondo i consigli delle Potenze e in base a linee di nazionalità stabilite storicamente. Saranno fornite a questi Stati balcanica garanzie di indipendenza nazionale ed economica e l’integrità dei loro territori,

12.  Una sicura sovranità sarà garantita alle parti turche dell’impero ottomano attuale, ma le altre nazionalità che si trovano in questo momento molto la dominazione turca dovranno avere garantita una indubbia sicurezza, ed il modo di svilupparsi automaticamente senza ostacoli: i Dardanelli dovranno essere aperti permanentemente e costituire un passaggio libero per mare e per il commercio di tutte le nazioni sulla base di garanzie internazionali,

13.  Dovrà essere stabilito uno Stato polacco indipendente, che dovrà comprendere territori abitati da popolazioni in contestabilmente polacche, alle quali si dovrà assicurare un libero e sicuro accesso al mare, e la cui indipendenza economica e politica al pari dell’integrità territoriale, dovrà esser garantita con accordi internazionali

14.  Un’associazione generale delle nazioni dovrà essere formata, in base a convenzioni speciali, allo scopo di fornire mutue garanzie di indipendenza politica e di integrità internazionale ai grandi come ai piccoli Stati.[22]

 

Le truppe italiane il 3 novembre, hanno occupato Trento e sono sbarcate a Trieste. Il tricolore sventola sul castello del Buon Consiglio e sulla torre di San Giusto.

In base alle condizioni dell’armistizio stipulato fra i plenipotenziari del Comando Supremo del R. Esercito italiano in nome di tutte le potenze alleate e degli Stati Uniti d’America e i plenipotenziari dell’I. R. Comando Supremo austro-ungarico, le ostilità per terra, per mare e per aria su tutti i fronti dell’Austria-Ungheria sono state sospese dalle ore 15 di oggi, 4 novembre. L’Italia rimane in campo con gli Alleati nella lotta decisiva contro la Germania.[23]

 

L’ufficio dello Stato Maggiore della Marina comunica:

 

Ieri mentre reparti del R. Esercito e un battaglione del Reggimento di Marina giungeva per via mare a Trieste, la marina occupava Lissa. Oggi le navi italiane hanno occupato Abbazia, Rovigno e Parendo sulla costa dell’Istria, la vicina isola di Lussino, e nel Medio Adriatico, Lagosta, Melega e Curzola. Navi italiane sono entrate nel porto di Fiume. Si è immediatamente provveduto ai bisogni più urgenti delle popolazioni irredente.[24]

 

L’Ufficio del Capo di Stato Maggiore della Marina comunicava:

 

I rapporti pervenuti danno modo di meglio precisare l’azione svolta dalla R. Marina in Adriatico negli scorsi giorni, mentre ancora perdurava lo stato di guerra con l’Impero austro-ungarico. L’occupazione delle isole Curzolari fu preceduta da ricognizioni intese ad accertare l’efficienza delle difese locali e a prendere contatto con le popolazioni. Compagnie da sbarco della Squadra da battaglia e reparti del Reggimento Marina hanno proceduto alla occupazione, portando immediati soccorsi agli abitanti. Una divisione navale italiana mantiene l’occupazione del porto di Fiume e provvede alle necessità più urgenti di quella zona. Il golfo di Selenico Vecchio e il paese sono stati occupati ieri. Nella giornata del 5 il vice-ammiraglio Cagni, alla testa dei reparti del R. Esercito e della R. Marina, è sbarcato nella rada di Fasana ed è entrato a Pola, accolto festosamente dalla popolazione e salutato dagli urrà degli equipaggi delle navi presenti nella rada.[25]

 

Il Protocollo delle condizioni di armistizio fra le Potenze alleate e associate imposto all’Austria-Ungheria:

Clausole militari:

 

1.      Cessazione immediata delle ostilità per terra, per mare, e per aria,

2.      Smobilitazione totale dell’esercito austro-ungarico e ritiro immediato di tutte le unità che operano sul fronte dal Mare del Nord alla Svizzera. Non sarà mantenuto sul territorio austro-ungarico, nei limiti più sotto indicati al numero 32, minime forze militari austro-ungariche che un massimo di 20 divisioni, ridotte all’effettivo numero di pace avanti guerra. La metà del materiale totale dell’artiglieria divisionale e dell’artiglieria del corpo di armata, nonché il corrispondente equipaggiamento, a cominciare da tutto ciò che si trova sui territori da evadere dall’esercito austro-ungarico, dovrà essere riunito in località da fissarsi dagli Alleati e dagli Stati Uniti, per essere loro consegnato,

3.      Sgombro di tutto il territorio, invaso dall’Austria-Ungheria dall’inizio della guerra e ritiro delle forze austo-ungariche, in un periodo di tempo da stabilirsi dai Comandanti supremi delle forze alleate sui vari fronti, al di là di una linea stabilita.

Dal Pizzo Umbrile fino a nord dello Stelvio la stessa seguirà la cresta delle Alpi Retiche fino alle sorgenti dell’Adige, indi per il Reschen, lo Ziller e i monti di Toblaco raggiungerà l’attuale frontiera delle Alpi Carniche, seguendola fino alla Conca dei Monti Tarvis. Correrà poscia sullo spartiacque delle Alpi Giulie e per il Predil, il Mangrat, il Tricorno, i paesi di Podberda, di Podlaniskam, ed Idria, attraversando il Monte Nevoso ( Schneeberg ) discenderà al mare lasciando fuori il bacino della Sava e dei suoi tributari ed icludendo Castua, e Volosca. Seguirà di poi i limiti amministrativi attuali della provincia di Dalmazia, includendo a nord Lissa,e Trbanj e a sud tutti i territori fino ad una linea partente dal mare vicino a Punta Planka e seguente, verso est lo spartiacque, in modo da comprendere nei territori evacuati tutte le valli e i corsi d’acqua che discendono verso Sebenico, come il Cicola, il kerka, il Butisniza e i loro affluenti. Essa includerà anche tutte le isole situate a nord e ad ovest della Dalmazia, da Premuda, Selve, Ulbo, Skarda, Pago e Punta Dura, a nord fino a Veleda a sud, comprendendovi S. Andrea, Lissa, Lesina, Turcola, Curzola, e Lagosta, oltre gli scogli e gli isolotti circostanti e Pelagosa, ad eccezione solamente delle isole Grande e Piccola Zirona, Solta e Brazza.

Tutti i territori così evacuati saranno occupati dalle truppe degli Alleati e degli Stati Uniti d’America,

Mantenimento sul posto di tutto il materiale militare e ferroviario nemico che si trova nei territori da evacuare.

Consegna agli Alleati e agli Stati uniti di tutto questo materiale ( approvvigionamenti di carbone ed altro compresi ) secondo le istruzioni particolari date dai Comandanti supremi delle forze delle Potenze associate sui vari fronti.

Nessuna nuova distruzione né saccheggio né nuove requisizioni delle truppe nemiche nei territori da evacuare dall’avversario e da occupare dalle forze della Potenze associate.

4.      Possibilità per le armate delle Potenze associate di spostarsi liberamente su tutte le rotabili, strade ferrate e vie fluviali dei territori austro-ungarici necessarie. Occupazione dalle armate delle Potenze associate di tutti i punti strategici in Austria-Ungheria e in ogni momento giudicati necessari da queste potenze per rendere possibili tutte le operazioni e per mantenere l’ordine.

Diritto di requisizione dietro pagamento alle armate delle Potenze associate in tutti i                                    territori dove esse si trovano,

5.      Sgombro completo, nello spazio di alcuni giorni, di tutte le truppe germaniche, e non solamente dei fronti d’Italia, e dei Balcani, ma di tutti i territori austro-ungarici, e internamento di tutte le truppe germaniche che non avranno lasciato il territorio prima di questo termine,

6.      I territori austro-ungarici sgombrati saranno provvisoriamente amministrati dalle autorità locali, sotto il controllo delle truppe alleate e associate d’occupazione,

7.      Rimpatrio immediato e senza reciprocità di tutti i prigionieri di guerra, sudditi alleati internati, e della popolazione civile fatta sgombrare, secondo le Convenzioni che fisserà il Comando supremo delle armate delle Potenze alleate sui fronti,

8.      i malati ed i feriti non trasportabili saranno curati per cura del personale austro-ungarico, che sarà lasciato sul posto con il materiale necessario.

Seguono poi, le clausole navali gli accori riguardanti i prigionieri di guerra.[26]

 

La situazione nelle terre liberate:

 

Nella forma più limpida e più tangibile il documento che enumera le condizioni imposte all’esercito austro-ungarico consacra la pienezza della vittoria riportata dalle armi italiane. La durezza dell’armistizio suole consacrare il successo definitivo dei vincitori.

Elaborate nel Convegno storico di Versailles, le condizioni a cui il nemico ha dovuto rassegnarsi si inspirano essenzialmente a due concetti: da una parte garantire la vittoria del nostro diritto rendendo materialmente impossibile qualsiasi tentativo di riscossa da parte del nemico sconfitto, e dall’altra preparare i mezzi per condurre più sollecitatamene a buon fine la guerra contro l’unico avversario rimasto in campo. L’esercito che fino al mese scorso rappresentava il baluardo del barcollante Impero deve essere ridotto all’impotenza perché l’Italia non veda sorgere più alcun ostacolo al compimento dei suoi voti e perché più rapidamente sia posto fine all’imminente conflitto che ha insanguinato il mondo.

I territori che il nemico deve sgombrare sono esattamente quelli contemplati dal Trattato di Londra, ma gli Alleati si sono riservati il diritto di occupare anche altri punti strategici nell’interno dell’Austria così da mantenervi l’ordine come per preparare le future azioni contro la Germania. L’Italia si prepara così a partecipare con gli Alleati alle azioni che debbono finalmente ridare al mondo la pace.

È tornata a Milano la Commissione incaricata dalla giunta municipale di portare a Trieste, a Trento e a Fiume il contributo del Comune di Milano per le più urgenti opere di soccorso alla popolazione. La Commissione ha compiuto solo in parte l’incarico ricevuto, recandosi solo a Trieste, perché a Trento e a Fiume non ha potuto giungere. Trieste si presentava, malgrado la gioia del momento, come una città devastata e affamata.[27]

 

Il ruolo dei socialisti a Trieste dopo la liberazione:

I socialisti hanno svolto il ruolo di nemici della guerra che la guerra devono subire e che si prodigano per lenire le miserie e i dolori procurati alle masse lavoratrici. Sono essi i veri artefici della formazione di quell’insieme di volontà e di propositi che ha unito gli slavi e gli italiani di ogni partito nel domandare l’occupazione di Trieste da parte della flotta italiana. Solo l’atteggiamento dei socialisti poteva cancellare questi primi rancori tra le due stirpi che furono divise e fieramente ostili per tanti anni. Del resto, questo sforzo per una vita di buon vicinato tra slavi e italiani, i socialisti l’hanno sempre compiuto attirandosi tutte le ire e le imprecazioni dei nazionalisti di entrambe le parti.[28]

 

L’Italia e il nuovo assetto dell’Europa orientale:

 

In seguito alla firma dell’armistizio con la Germania, le operazioni di guerra sono state sospese su tutti i fronti alle ore 11, dell’11 novembre. La guerra è finita dopo cinquanta  mesi.

Abbiamo chiesto che la politica italiana acquisti coscienza di sé medesima e si stacchi dall’illusione che i nostri fini nazionali di guerra possano essere raggiunti particolaristicamente, fuori dal quadro di un completo assestamento dell’Europa orientale sul principio di nazionalità. In altre parole abbiamo chiesto che l’Italia si faccia assertrice di un programma organico per il futuro assetto dell’Oriente davanti ai nemici e davanti agli Alleati, i quali, per motivi storici evidenti, tendono a mettere in seconda linea una certa serie di problemi, i problemi austro-ungarici e balcanica, che non li appassionano così immediatamente come quelli dei loro rapporti con la Germania. Abbiamo detto che per indebolire la resistenza del nemico e per risvegliare l’attenzione degli Alleati sui problemi austro-ungarici, è necessario che sotto l’egida dell’Italia, si formi un accordo preciso e concreto fra tutti i popoli direttamente cointeressati a un nuovo assetto dell’Europa orientale, che, per raggiungere questo fine, la prima condizione è un’intesa leale e profonda fra italiani e jugoslavi. È giunta l’ora delle discussioni franche ed aperte e delle precise assunzioni di responsabilità. Le discussioni sono cominciate. Sono state espresse numerose obbiezioni alla nostra tesi. Cercheremo di ordinarle, per poterle vagliare.

È, per esempio, nettamente mitteleuropea l’obbiezione secondo la quale noi non dobbiamo impicciarci delle nazionalità centrifughe della monarchia danubiana, perché, così facendo, renderemmo inevitabile un nuovo conflitto, a breve scadenza, con l’Austria, la quale si precipiterebbe contro di noi nello stesso modo, e per gli stessi motivi che la spinsero contro la Serbia nel 1914.

Meno chiara apparenza, ma non minore sostanza medieuropea ha l’altra obbiezione: secondo la quale non ci conviene la disgregazione della monarchia austro-ungarica, perché diverrebbe troppo forte e troppo graverebbe sulle nostre spalle una Germania accresciuta delle province tedesche d’Austria. Una sistemazione dell’Europa orientale su basi nazionali ingrandirebbe la Germania verso sud.

In quest’altra obbiezione si riconoscono dei meriti alla nostra tesi, e si fanno delle opposizioni soprattutto di toni, di temperamenti. Cominciamo dalle obbiezioni faciliste. Noi abbiamo i trattati, e non abbiamo nessun motivo di credere che i nostri Alleati vogliono mancarci di fede. D’altro canto, Inghilterra e Stati Uniti hanno e avranno sempre bisogno della Francia e dell’Italia, come loro teste di ponte sul continente.

Le obbiezioni pessimiste. Cosa può fare l’Italia se resta isolata? Appunto perciò chiediamo che l’Italia non resti sola, che l’Italia si unisca con i jugoslavi, polacchi, boemi e greci.

Comunque, territorialmente finisca la guerra, le nazioni dell’Europa orientale sono già nate, esse sono le nostre vicine di domani, sono i campi della nostra espansione morale, economica, civile.[29]

 

Il Patto di Londra e le sue conseguenze:

 

Tutto il male sta nel trattato segreto concluso il 26 aprile 1915, dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dalla Russia, dall’Italia. Le linee essenziali di questo iniquo trattato trapelarono appena fu concluso, ma il testo fu reso noto solo quando i bolscevichi ebbero in mano il Governo a Pietrgrado, e allora solo due giornali inglesi (Manchester Guardian e New Europe) osarono pubblicarlo. Le concessioni territoriali garantivano all’Italia l’inclusione, non solo del Tirolo meridionale sino al Brennero, Gorizia, Trieste, la cima delle Alpi Giulie fino a Fiume e l’intera Istria con le isole di Cherso e Lussino, ma anche tutta la Dalmazia settentrionale compresi Zara, Sebenico, e il loro hinterland ed anche le isole meridionali di Lissa, Lesina, Curzola e Melena. Il trattato segreto era basato su premesse del tutto false, che da tempo si erano mostrate incapaci di portare a conclusioni salde. Non per nulla esso fa un contratto segreto, concluso dietro le spalle dei popoli, che si afferma voler unire tra loro. Questo difetto è in perfetta armonia con la diplomazia vecchio stile. Di conseguenza il Governo italiano insistette, in via preliminare, perché le trattative fossero condotte all’insaputa del Governo serbo, solo grazie all’energia di frano Supilo, il contratto non rimase per lungo tempo ignorato. I termini del trattato sono inefficaci, salvo che a far si che l’Austria-Ungheria sopravviva come una grande Potenza. Ora, che la dissoluzione è un fatto compiuto, il fondo stesso del trattato è andato in frantumi. Il biasimo per questo trattato non va soltanto all’Italia, ma si ripartisce egualmente fra Gran Bretagna,Francia e Russia zarista. Dal 1915 al 1917 l’Italia raccolse i frutti della sua politica di corta vista, ma nulla valse a scuotere l’attaccamento degli statisti dell’Intesa ai vecchi metodi diplomatici. Però la situazione venne completamente trasformata dalla Rivoluzione russa e dall’entrata in guerra dell’America. Poiché da un lato, la giovane democrazia russa, ancora libera dall’infezione bolscevica, ripudiò i metodi segreti dello varismo, ed inscrisse il metodo dell’autodecisione dei popoli sulle sue bandiere, mentre, dall’altro, l’America era interamente libera da ogni impegno europeo e non voleva impegolarsi negli intrighi diplomatici tradizionali.[30]

 

Il “Times” in lungo studiò sulle relazioni dell’Italia con i jugoslavi e veniva a queste conclusioni:

 

E’ sperabile che i jugoslavi, nella loro qualità di nazione nuova, che la vecchia diplomazia non ha contaminata, faranno i primi approcci. Da principio irritati dall’inazione italiana, essi sono disposti a reclamare una delimitazione estrema della loro frontiera, su basi rigorosamente nazionaliste, che un popolo vittorioso non avrebbe potuto accettare. Alcuni dei loro capi sembrano ora disposti, con la riserva che si formi una Lega delle Nazioni, ad allargare la proposta italiana che figura nel trattato segreto, a proposito della neutralizzazione parziale della costa dell’Adriatico. Questa neutralizzazione sarebbe intesa all’intera costa, da Trieste a Durazzo, e i jugoslavi abbandonerebbero una parte delle regioni incontestabilmente slovene, che circondano Gorizia e che si trovano in Italia. Invece, insisterebbero per ricevere la Dalmazia tutta. Una transazione simile potrebbe assicurare uno sviluppo amichevole all’Italia ed alla Jugoslavia insieme, e potrebbe essere raccomandata a tutti gli arbitri imparziali.[31]

 

 

 

 

 

 



[1] I nostri fini di guerra e la via per conseguirli, “ Corriere della Sera”, 02.01.1918.

[2] L’Italia ed i popoli oppressi dagli Asburgo, ” Corriere della Sera”,16.01.1918.

[3] Le riserve degli jugo-slavi ai discorsi di Wilson e Lloyd George, , “ Corriere della Sera”, 16.01.1918.

[4] G. E., Gli scopi di guerra dell’Italia e la perfetta solidarietà dell’Intesa, “ Corriere della Sera”, 30.01.1918. 

[5] Accordo completo, “ Corriere della Sera”, 30.01.1918.

[6] Il trattato segreto dell’aprile 1915 fra Italia, Francia,Inghilterra e Russia, “ Avanti”, 14.02.1918.

[7] Vedi cartina n° 2, in appendice, pag. 141.

[8] La Lega delle nazionalità, “ Corriere della Sera”, 15.02.1918.

[9] G. Emanuel, La forza delle idee, “ Corriere della Sera”, 17.02.1918.

[10] L’imminente Congresso di Roma per le nazionalità oppresse dall’Austria. La portata della Conferenza, “ Corriere della Sera”, 05.04.1918.

[11] Il Patto di Roma,” Civiltà Cattolica”, volume II, 1918.

[12] I documenti del Congresso di Londra, “ Avanti”, 11.04.1918.

 

[13] Impegni solenni e fiere dichiarazioni a Roma nel Convegno delle Nazionalità oppresse dall’Austria, “ Corriere della sera”, 11.04.1918.

[14] La nuova insidia austriaca di fronte all’accordo italo-jugoslavo, “ Corriere della Sera”, 06.05.1918.

[15] Alcuni punti essenziali del problema jugo-slavo, “Corriere della Sera”, 08.05.1918.

[16] “ Civiltà Cattolica”, volume II, 1918.

[17] G. A., La politica delle nazionalità e il Ministero Orlando, “ Corriere della Sera”, 18.08.1918.

[18] G. A.., Gli Stati Uniti e il Patto di Londra, “ Corriere della Sera”, 21.08.1918.

[19] Il Consiglio Centrale della Trento e Trieste per l’avvicinamento delle nazionalità oppresse, “ Corriere della Sera”, 30.08.1918.

[20] Aperto incitamento della Dante Alighieri ad appoggiare il Patto di Roma, “ Corriere della Sera”, 07.09.1918.

[21]Il testo ufficiale della Nota austriaca, “ Avanti”, 17.09.1918.

[22] I 14 punti di Wilson, “ Avanti”, 07.10.1918.

[23] La firma dell’armistizio, “ Corriere della Sera”, 05.11.1918.

[24] Sbarchi sulla costa istriana e in isole dell’Adriatico, “ Corriere della Sera”, 05.11.1918.

[25] Stefani, Sbarco anche a Pola, “ Corriere della Sera”, 07.11.1918.

[26] Stefani, Il testo delle condizioni di armistizio imposte all’Austria-Ungheria, “ Corriere della Sera”, 08.11.1918.

[27] Le condizioni di Trieste e del Friuli, “ Avanti”, 16.11.1918.

[28] I socialisti elemento di coesione fra slavi e italiani, “ Avanti”, 16.11.1918.

[29] L’Italia e l’assetto orientale, “ Corriere della Sera”, 29.11.1918.

[30] La polemica internazionale sui problemi della pace, Italia, Jugoslavia e trattato segreto, “ Avanti”, 13.12.1918.

[31] L’Italia e gli jugo-slavi, “ Avanti”, 25.12.1918.