CAPITOLO
QUARTO
1918
Il 1918 si apriva con un
articolo del “Corriere della Sera” in cui si esprimeva la necessità per
l’Italia non solo di perseguire i propri fini di guerra, ma di eliminare anche
l’Austria-Ungheria colpevole di impedire l’unità nazionale:
Siamo nel diritto e nel giusto. Non vi
può essere pace né sicurezza avvenire se alla Germania resta aperta la via del
potere e del prepotere sulle nazioni del vicino Oriente, e questa via le
rimarrà sempre aperta finchè sussiste un’Austria germano-magiara. Giova
persuadere ed agire. E, per persuadere ed agire una condizione è sufficiente e
necessaria, che il mondo veda non essere l’Italia sola ad esigere che l’Austria
crolli, ma essere il crollo dell’Austria una questione di vita e di morte per
tutti i popoli che hanno rapporti intrinsechi con la Monarchia degli Asburgo.
Per giungere a questo non vediamo altra
strada se non quella che già indicammo l’accordo fra gli Italiani e tutti i
popoli del vicino Oriente. Tra i nostri fini di guerra non ci sono né gli
smembramenti degli Stati nemici né i cambiamenti degli altrui ordinamenti
interni, sono questi medesimi che esigono l’intera attuazione del patto di
Londra, e vogliono per l’Italia non solo Trento e Trieste, ma il confine
naturale terrestre e una cospicua parte della Dalmazia. Sostenere all’incirca
come Wilson che l’Austria può e magari deve sussistere e contemporaneamente
pretendere dall’Austria Trentino e Tirolo meridionale, Trieste ed Istria,
Dalmazia ed isole, è semplicemente assurdo. L’Italia deve oggi scegliere. O
essa vuole disinteressarsi dei popoli orientali, e ammette, anzi quasi
desidera, la sopravvivenza dell’Austria odierna, e allora deve rassegnarsi a un
avvenire di inquietudine e di guerra e, per il prossimo futuro, deve molto
probabilmente rinunciare a qualsiasi aspirazione che non siano all’incirca
quelle delle trattative con Bülow: Trentino ed Isonzo. O l’Italia vuole anche
sul serio, decisamente, Trieste e l’Istria e sicurezza navale e commerciale in
Adriatico, ed in questo caso essa deve nettamente sapere che vuole la rovina
dell’Austria, che vuole, in altri termini, aprire la successione d’Austria. E
questo non è possibile senza un accordo completo e perenne coi coeredi
dell’Austria. A Trieste ed a Pola non si arriva che per questa strada. Crediamo
di essere nel vero e di propugnare l’unica tesi che porti alla sicurezza, alla
fortuna e all’onore.[1]
La posizione dell’Italia
nei confronti degli altri popoli oppressi dall’Austria-Ungheria:
Wilson, è un intero americano, vale a
dire che ha una coscienza morale attrezzata di una volontà pratica: un vero
americano non cede in energia a un tedesco ed è, per lo meno, nel retto
desiderio del bene. Da questo complesso di qualità viene la sua media
superiorità di uomo moderno. Ma Wilson è lontano anche nello spazio. Egli
guarda dall’alto, disegna a grandi tratti il mondo futuro di cui l’Europa non
sarà che una parte relativamente meno importante che non sia stata prima del
1914. Da ciò, in parte, la sua tiepidezza per questioni che si connettono alla
sorte dell’Austria-Ungheria e dell’oriente balcanico. Sono cose che noi vediamo
in vicinanza enormi, che egli vede da lunge un po’ confuse. Un terzo elemento,
forse anche più valido di questi due contribuisce a formare il pensiero di
Wilson rispetto all’Austria: è l’elemento pratico dell’uomo d’affari. In
un’Austria non battuta e non mutilata i Tedeschi e gli Ungheresi sarebbero per
sempre i padroni e reggerebbero come fedeli commissari della Germania, la
guerra si risolverebbe in una colossale truffa e con la strategia tedesca
avrebbe vinto la diplomazia austriaca. Ma perché questa sciagura non si avveri
non basta invocare la fedeltà ai trattati, in Francia e in Inghilterra non
pochi hanno aperto gli occhi. Per persuadere l’America occorre un altro genere
di evidenza. Occorre che questo paese che è allo stesso tempo pratico e giusto,
volitivo e religioso, si accorga che, la conservazione, o addirittura
l’ingrandimento dell’Austria sarebbe la più grave o cruda violazione dei
principi in nome dei quali Wilson condusse il suo paese alla guerra.
In altre parole occorre la lega, occorre
l’accordo dei popoli viventi sotto il dominio degli Asburgo. L’ Italia che ha
fatto molto per meritare la stima e la gratitudine dell’umanità, essa deve
avere del genio e procurare questa lega delle nazioni orientali e proclamare
davanti a tutto il mondo la sua volontà. La giustizia sarà fatta sulle terre
nostre ed in quelle dei popoli slavi e latini di Oriente e sarà per sempre
evitato il pericolo che la Germania ricostituisca a suo vantaggio le condizioni
in cui si trovava nell’agosto del 1914, o condizioni anche migliori di queste,
poiché il pericolo russo sarebbe venuto a mancare o a diminuire. Senza un
accordo pieno, sincero e duraturo fra l’Italia e l’altra nazione adriatica non
sarà possibile la formazione del blocco delle nazioni asburghesi. Il dissidio
fra jugoslavi e italiani è quello che fin’ora ha vietato quest’unione ed è
perciò quello che più ha giovato agli interessi dell’Austria e della Germania.
Un programma anti-austriaco di tutte le nazionalità asburghesi meno l’italiana
non avrebbe che mezza autorità e darebbe un fondamento alle riserve di Wilson.
Un accordo fra italiani e jugoslavi renderebbe possibile un immediato proclama
di tutte queste nazioni, le quali apparirebbero davanti all’America e alle
Potenze con un disegno concreto della loro futura costituzione, disegno che per
le volontà democratiche dei nostri Alleati avrebbe valore di legge. Un nuovo
mondo nascerà dalle rovine. La pace che seguirà a questa guerra, sarà anche più
fondamentale che la pace di Vesfalia. Se da questa nacque, almeno in germe, la
libertà di coscienza, dalla pace prossima nascerà tutto un nuovo diritto
internazionale per cui i problemi degli scambi, delle colonie, ecc, saranno
investiti da una luce radicalmente diversa, da quella in cui consideravamo
questi problemi prima della rivoluzione. Trattare i problemi di questa guerra
con la mentalità delle vecchie guerre di successione non è degno che aspirano
ad avere un nobile posto nell’umanità di domani.[2]
Il Comitato jugo-slavo
di Londra pubblicò una dichiarazione in
cui faceva riserve circa le frasi contenute nei discorsi di Lloyd Gorge e di
Wilson intorno all’assetto dell’Austria. La dichiarazione era firmata dal dott.
Trumbic, presidente del Comitato:
Apprezziamo i discorsi fatti dal Primo
Ministro Britannico e dal Presidente degli Stati Uniti considerandoli come la
prova del desiderio di una pace giusta e duratura in base al principio che le
sistemazioni territoriali devono basarsi sul Governo col consenso dei
governati. Tuttavia dobbiamo dichiarare che il popolo jugo-slavo ( serbi,croati
e sloveni) non possono essere soddisfatti dalle parti dei due discorsi che li
riguardano. Le cause del malcontento dei popoli soggetti all’Austria-Ungheria,
le cui condizioni, come giustamente osserva il Ministro britannico, sono state
per lungo tempo un pericolo per la pace generale, non possono scomparire con la
speranza di una problematica democratizzazione dell’Austria-Ungheria sulla
semplice base dell’autonomia. Vi è un solo mezzo di allontanare ogni pericolo
per la pace, ossia liberare completamente le nazionalità soggette
all’Austria-Ungheria dando loro il diritto che Lloyd George accordò anche alle
tribù indigene, delle colonie tedesche di poter prendere parte alla
determinazione della loro sorte futura.[3]
Londra, 29 gennaio,
1918, in un comunicato ufficiale l’Agenzia Reuter annunziava di essere
autorizzata a dichiarare che la visita del Presidente del Consiglio italiano
On. Orlando, nella Gran Bretagna aveva dato risultati completamente
soddisfacenti.
Questo comunicato ufficiale, compilato di comune accordo fra l’On.
Orlando e Lloyd George, è evidentemente destinato a calmare le preoccupazioni
che in Italia aveva suscitato il carattere troppo generico delle allusioni alle
nostre aspirazioni nel discorso sui fini di guerra del Primo Ministro inglese.
Significa che viene riaffermata la validità del trattato che lega l’Italia e
gli Alleati, ciò che, non era mai stato qui in discussione. Sotto questo
aspetto dunque la visita di Orlando, mentre può considerarsi interamente
soddisfacente, non rappresenta però nessun passo innanzi o alcun mutamento
nella situazione. Si direbbe che il Presidente del Consiglio italiano abbia
giudicato prematura non solo, ma pericolosa nel momento attuale, ogni
riduzione, per quanto parziale, del programma del Patto di Londra in quanto che
si risolverebbe esclusivamente in una rinunzia a favore dell’Austria. Ora, gli
italiani e gli jugo-slavi hanno il comune interesse che non venga diminuita, ma
ampliata l’estensione dei territori che la pace dovrà sottrarre all’Austria se
avranno a essere liberate le popolazioni oggi oppresse dagli Asburgo. Perciò è
utile che l’unico patto scritto col quale le Potenze dell’Intesa, se non gli
Stati Uniti, si impegnano a sottrarre all’Austria i territori ingiustamente
detenuti alla Monarchia, non venga in alcun modo infirmato. Se l’Italia si
metterà a capo della lega delle nazionalità oppresse dall’Austria, avrà maggior
mezzo di premere sugli Alleati perché riconoscano i diritti delle nazionalità
czeche, romene, jugo-slave all’indipendenza, possedendo ancora intatto
l’impegno del Patto di Londra che garantisce come quei territori non debbano
assolutamente fare più parte dell’Austria. L’On. Orlando fece sempre
rivendicazioni intese a porre in luce il carattere nazionale delle nostre
rivendicazioni. L’ On. Orlando ha, semplicemente ricordato come persino
l’Austria abbia riconosciuto che il Trentino spettasse di diritto all’Italia
avendoglielo offerto prima che entrasse in guerra con una rettifica di
frontiere sino all’Isonzo. Inoltre, consentendo a riconoscere l’autonomia a
Trieste, ammetteva apertamente la sua italianità. Concluse sottolineando che
noi non siamo una nazione aggressiva, che non vi è imperialismo in Italia, nel
Mediterraneo chiediamo soltanto che il nostro equilibrio non venga disturbato.[4]
Scriveva il “Times”
circa le aspirazioni dell’Italia:
I ministri italiani – scrisse il “Times”-
vanno alla Conferenza di Parigi con la sicurezza che l’Inghilterra e gli altri
Alleati sono in pieno accordo con essi sulla questioni politiche, militari,
economiche e sulla pace giusta e durevole da raggiungere. L’eslpicito impegno
che l’Italia ha ricevuto dall’Inghilterra, dalla Francia, dalla Russia, prima
di scendere in campo, guiderà l’attitudine degli Alleati circa i fini di guerra
italiani. Questi impegni implicavano il pieno riconoscimento delle aspirazioni
italiane a completare la sua unità nazionale e i mezzi che l’Italia allora
riteneva necessarie per assicurare la sua sicurezza nelle Alpi e
nell’Adriatico. Come dicemmo recentemente, l’Adriatico può venire reso sicuro
contro l’aggressione tedesca soltanto con difese terrestri, al completo dominio
delle quali l’Italia non può e non pensa di aspirare. Da ciò un crescente
desiderio che si diffonde in Italia e non solo in Italia, per un sincero e
durevole accordo fra l’Italia e gli Slavi dell’Austria, che come gli italiani
dell’Austria, aspirano all’unità nazionale e all’indipendenza da ogni controllo
tedesco o tedescofilo.[5]
Ecco il testo del
trattato segreto stipulato fra Italia, Inghilterra, Francia e Russia il 26
aprile 1915, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia. Questo trattato
fu reso noto dall’attuale governo massimalista russo e pubblicato in seguito
dalla stampa inglese. In Italia da qualche mese era a conoscenza di tutti i
giornalisti e di molti uomini politici, ma la censura ne aveva sempre impedito
la stampa a noi per primi.
L’ambasciatore italiano
a Londra, marchese Imperiali, su istruzioni ricevute dal suo Governo, ha
l’onore di consegnare al Segretario di Stato per gli Affari Esteri sir Edward
Grey, all’ambasciatore francese signoa Cambon, e all’ambasciatore russo conte
Beuckendorff, il seguente memorandum:
1.
Le grandi
Potenze di Francia, Gran Bretagna, Russia e Italia redigeranno senza ritardo
una convenzione militare, per la quale deve essere determinato un minimum di
forze di forze militari che la Russia sarà obbligata a mettere contro
l’Austria-Ungheria nel caso che, questa getti tutte le forze contro l’Italia.
Questa convenzione militare regolerà anche i problemi relativi a un possibile
armistizio, in quanto essi, per la loro stessa natura non siano di competenza
del Comando Supremo.
2.
L’Italia da
parte sua si impegna a condurre la guerra con tutti i mezzi a sua disposizione
d’accordo con la Francia, la Gran Bretagna, e la Russia e contro gli stati che
sono in guerra con esse.
3.
Le forze
navali della Francia e della Gran Bretagna, presteranno all’Italia la loro
attiva cooperazione sino a quando la flotta austriaca sia distrutta o fino alla
conclusione della pace. La Francia, la Gran Bretagna e l’Italia concluderanno
immediatamente una convenzione navale a questo riguardo.
4.
Mediante il
futuro trattato di pace l’Italia il Trentino e il Tirolo meridionale fino alla
frontiera geografica naturale, il Brennero, la città di Trieste con i suoi
dintorni, la contea di Gorizia con Gradisca, l’intera Istria sino al Quarnero
compreso Volosca e le isole istriane. Cherso e Lussin, come anche le minori
isole di Paunik, Unie, Canicole, Palazzuolo, San Pietro dei Nembi, Asinello e
guizza con le vicine isolette.
Nota prima: Eseguendo quanto è detto
nell’art 4 la linea di frontiera sarà tracciata lungo i seguenti punti: dalla
vetta dell’Umbriele verso nord allo Stelvio, poi lungo lo spartiacque delle Alpi Retiche fino alle sorgenti del
fiume Adige ed Eisach, poi attraverso i monti Rescen e Brennero e le cime Etz e
Ziller, la frontiera quindi piega a sud toccando il monte Toblach e raggiunge
l’attuale frontiera della Carniola che è presso le Alpi. Lungo questa frontiera
toccherà monte Tarvis e seguirà lo spartiacque delle Alpi Giulie oltre le
creste del Predil, Mangra, Tricorno e passo di Podhele, Podlansko e Idria, di
qui la linea volgerà a sud-est verso lo Schueberg in modo da non includere nel
territorio italiano il bacino della Sava e i suoi affluenti. Dallo Schneeberg
la frontiera scenderà verso la costa includendo Castua Matuglia e Volosca come
distretti italiani.
5.
Nello
stesso modo l’Italia riceverà la provincia di Dalmazia nella sua attuale
estensione, Lissarika e Tribinje, e a sud tutto il territorio fino ad una linea
partente dal mare vicino alla punto Planca tra Trau e Sebenico e seguendo lo
spartiacque verso est in modo da porre in territorio italiano tutte le valli i
cui fiumi sboccano nel mare presso Sebenicco cioè il Cigola, Kerka e Bustiniza.
All’Italia ancora apparteranno tutte le isole a nord e ad ovest della costa
dalmata incominciando da Premuda a nord e arrivando a Méleda con l’aggiunta delle isole di Sant’Andrea, Busi, Lissa,
Lésina, Torcola, Curzola, Cazza, e Lagosta e tuti gli altri isolotti e scogli
circostanti.Saranno neutralizzati prima l’intera costa da punta Planea a nord
dell’estremità meridionale della penisola Sabbionello a sud, questa penisola
restando inclusa nella zona neutrale, seconda parte della costa, da un punto
della costa a dieci chilometri da Ragusa Vecchia fino al fiume Vojussa da
includere nella zona neutralizzata, l’intero golfo di Cattaro con la sua punta,
Antivari, Dulcigno, San Giovanni di Medua e Durazzo, con la riserva dei diritti
del Montenegro non devono essere lesi in quanto essi si fondano sulle
dichiarazioni scambiate tra le parti contraenti in aprile e maggio 1909. Questo
diritto essendo riconosciuto soltanto per gli attuali territori del Montenegro,
essi non saranno estesi alle regioni e ai porti che possono in avvenire essere
assegnati al Montenegro, ma tutte le restrizioni e i legati che riguardano il
porto di Antivari, alle quali il Montenegro stesso diede la sua adesione nel
1909 rimangono in vigore. Restano in fine neutralizzate tutte le isole non
assegnate all’Italia.
Nota seconda. I seguenti distretti
sull’Adriatico saranno per opera dell’Intesa inclusi nel territorio della
Croazia, Serbia e Montenegro a nord dell’Adriatico entro la costa, a partire
dal golfo di Volosca presso la frontiera d’Italia sino alla frontiera
settentrionale della Dalmazia, comprendendovi l’intera costa che oggi
appartiene all’Ungheria, l’intera costa di Croazia, il porto di Fiume e i
piccoli porti di Neri e Carlopago e così le isole di Voia. Pervecio, Gregozio,
Kali, e Ache e al sud dell’Adriatico dove la Serbia ed il Montenegro sono
interessati la intera costa da punta Planka al fiume Drin con gli
importantissimi porti di Spalato, Ragusa, Cattaro, Antivari, Dulcigno, San
Giovanni di Medua, come anche le isole di grande piccola Zirona, Puia, Solta,
Brazza, Ciklan e Calamotta. Il porto di Durazzo può essere assegnato allo stato
maomettano di Albania.
6.
L’Italia
otterrà il pieno dominio di Vallona e delle isole di Saseno e di un territorio
di estensione convenuta da assegnarsi, contro pericoli di natura militare,
approssimativamente tra i fiumi Vojussa a nord e ad est e il distretto di
Scimar a sud.
7.
Ottenendo
il Trentino, l’Istria, la Dalmazia, le isole dell’Adriatico ed anche il golfo
di Vallona, l’Italia si obbliga nel caso che sia formato un piccolo stato
autonomo e neutralizzato in Albania a non opporsi al desiderio della Francia,
della Gran Bretagna, della Russia di spartire i distretti settentrionali e
meridionali dell’Albania, del Montenegro, la Serbia, e la Grecia. La costa
meridionale dell’Albania, dalla frontiera del territorio italiano di Vallona a
capo Stilos deve essere neutralizzata. All’Italia sarà concesso di dirigere le
relazioni esterne dell’Albania ed in ogni caso l’Italia sarà impegnata ad
assicurare all’Albania un territorio sufficientemente ampio, da permettere alla
sua frontiera di congiungersi a quella della Grecia e della Serbia ad est del
lago di Ochrida.
8.
L’Italia
otterrà il pieno dominio di tutte le isole del Dodecanneso da essa oggi
occupate.
9.
Francia,
Gran Bretagna, Russia, riconoscono come un assioma il fatto che l’Italia è
interessata a mantenere l’equilibrio politico nel Mediterraneo, cioè in quella
parte che confina con la zona di Adalia dove l’Italia ha già acquistato
speciali diritti ed interessi stabiliti nella convenzione italo-britannica. La
zona da assegnarsi all’Italia sarà a tempo debito fissata in armonia con gli
interessi vitali della Francia e della Gran Bretagna. Egualmente dovranno
essere tenuti in considerazione gli interessi dell’Italia anche nel caso che le
Potenze mantenessero per un ulteriore periodo la inviolabilità della Turchia
d’Asia e soltanto procedessero fra di esse ad una delimitazione di sfere di
influenza. Nel caso in cui Francia, Gran Bretagna e Russia occupino durante la
seguente guerra distretti dell’Asia turca l’intero distretto confinante con
l’Adalia e sopra definito in via di massima sarà riservato all’Italia che si
riserva il diritto di occuparlo.
10.
La Libia
otterrà il riconoscimento di tutti i suoi diritti e quelle prerogative che sono
finora riservate al Sultano per il trattato di Losanna.
11.
L’Italia
riceverà un contributo militare corrispondente alla sua Forza ed ai suoi
sacrifici.
12.
L’Italia si
associa alle dichiarazioni fatte dalla Francia, dalla Gran Bretagna e della Russia che i luoghi santi maomettani debbano
essere lasciati in possesso di uno stato indipendente.
13.
Nel caso di
una estensione di possedimenti coloniali franco-britannici in Africa a spese
della Germania, la Francia e la Gran Bretagna riconosceranno all’Italia il
principio al diritto di domandare per se stesse certi compensi sotto forma di
una estensione dei suoi possedimenti in Eritrea. Somalia e Libia nei distretti
coloniali che confinano con le colonie francesi e britanniche.
14.
La Gran
Bretagna si impegna a facilitare all’Italia la immediata conclusione di un
prestito sul mercato di Londra ammontante a non meno di cinquanta milioni di
lire sterline.
15.
La Francia,
la Gran Bretagna e la Russia si impegnano ad appoggiare l’Italia in quanto essa
non permetta che i rappresentanti della santa Sede svolgano azione diplomatica
per la conclusione della pace e per la sistemazione delle questioni connesse
alla guerra.
16.
Il presente
Trattato deve essere tenuto segreto. Per quanto riguarda l’adesione dell’Italia
alla dichiarazione del 5 settembre 1914 esso sarà pubblicato soltanto dopo la
dichiarazione di guerra dell’Italia e all’Italia. I rappresentanti della
Francia, Gran Bretagna, e Russia, essendo muniti dei poteri necessari si
accordano come segue con il rappresentante dell’Italia che fu pure autorizzato
dal suo Governo a questo scopo.
La Francia, Gran Bretagna e Russia
dichiarano il loro pieno accordo con questo memorandum presentato ad esse dal
Governo italiano. Riguardo agli articoli 1, 2, e 3 ( relativi alla
coordinazione delle operazioni militari e navali delle quattro Potenze)
l’Italia dichiara che essa entrerà in guerra attivamente appena possibile e in
ogni caso non più tardi di un mese dopo la firma del presente documento per
conto delle parti contraenti.[6]
[7]
IL leader czeco si
mostra pieno di fiducia nei risultati del movimento che assecondato
dall’Italia, potrebbe portare alla lega di tutti i popoli irredenti
dell’Austria contro l’oppressore. Egli afferma che non si tratta più di un vago
sogno, e ha detto:
Tutte le vittime, tutti i nemici
dell’Austria devono formare intorno ad essa un solo blocco. E questa parola mi
porta ad accennare ad un mio progetto che, se realizzato, sarebbe la migliora
barriera contro l’espansione del germanesimo, un ostacolo insormontabile alla
realizzazione della Mediaeuropa: voglio parlare della Lega fra tutte le
nazionalità ora gementi sotto l’Austria. Già i rappresentanti di due di queste
nazionalità, gli czechi e i jugo-slavi, hanno iniziato i negoziati, che sono
già quasi conclusi. Ora, occorre che l’Italia ci consenta di stringerci intorno
ad essa, e occorre scendere, sollecitatamene nel campo pratico con
un’attitudine ben netta nella questione czeca ed altrettanto netta in quella
jugo-slava. Ciò sarebbe solamente possibile in negoziati espliciti. Ma dalle
mie discussioni coi jugo-slavi sono intieramente persuaso che se si comincia
ora a discutere, e specialmente avendo in vista la Lega delle nazionalità con
l’Italia alla testa, l’accordo fra voi e i jugo-slavi è possibilissimo e tale
che tutte le persone moderate ed assennate potrebbero esserne d’accordo. L’unica
pregiudiziale è l’unità della Jugoslavia che non può nemmeno essere discussa.
D’altronde sarebbe questa questione dell’unità della Jugoslavia una
pregiudiziale anche per noi. Temiamo che se una sola particella di Jugoslavia
rimanesse nell’Austria ciò varrebbe a mantenere in piedi l’Austria-Ungheria, e
noi circondati dall’Austria-Ungheria rimarremmo inglobati nella Duplice
Monarchia. Per questo tentiamo la soluzione integrale del problema, che
altrimenti sarebbe insolubile. Pensiamo che un accordo con i jugoslavi potrebbe
essere seguito da una alleanza italo-jugoslavo-romeno-czeco per circondare gli
austro-magiari, alleanza cui potrebbero unirsi anche i polacchi. L’Italia
mettendosi alla testa di questo movimento estenderebbe il suo prestigio morale,
la sua influenza culturale, i frutti della sua vita economica dall’Adriatico,
all’Egeo, al Mar Nero, e perfino su nel Baltico. Trieste italiana sarebbe lo
sbocco dell’Europa centrale. Pensate che se ci uniamo fin da ora creando la
nostra Società delle Nazioni, non solo fermeremmo per sempre le ambizioni del
germanesimo verso Oriente, ma gli taglieremmo la via ad ogni penetrazione
pacifica ulteriore. Invece, se non vi mettete d’accordo con i jugo-slavi, i
tedeschi che sono maestri in questo lavoro, subito dopo la pace mancando di
quell’autorità morale che avreste potuto prendere voi sui jugo-slavi e sui
czechi sapranno compiere essi quella penetrazione nei nuovi Stati che avrebbe
dovuto essere vostra sfera di influenza.[8]
Le polemiche suscitate
dalla pubblicazione del Patto di Londra:
L’Italia aveva reputazione di accortezza
realistica e limpida visione prima della guerra. Non si può dire che, compiuto
il magnifico e ineluttabile gesto,
dell’intervento, abbia saputo poi leggere con pari sagacia l’enigma degli
eventi ulteriori. I nostri migliori amici inglesi non ci hanno mai celato che
avevamo commesso un errore iniziale assai pericoloso nel non armonizzare le
nostre richieste colle aspirazioni delle popolazioni slave oppresse dagli
Asburgo, mentre avremmo dovuto cercare in esse degli alleati nella lotta contro
la Monarchia. Per gli slavi dell’Austria la guerra contro i serbi e i russi era
una sorte di guerra civile. Ma il giorno che l’Austria potè conoscere ciò che
conteneva la Convenzione dell’Italia con l’Intesa, se ne valse abilmente per
trasformare la guerra degli slavi meridionali contro l’Italia in una guerra di
difesa nazionale. L’Accusa di imperialismo che cominciò a sussurrarsi qua e là,
da fonte interessata, ha cominciato a trovare ascoltatori, mentre il nostro
programma di completamento dell’unità nazionale, che mirava a ricongiungere
alla madre patria le province irredente, era pienamente accolto dalla pubblica
opinione estera, è innegabile che delle preoccupazioni andavano diffondendosi
circa il carattere di un patto il quale non considerava se pur non escludeva il
diritto degli slavi meridionali ad una unificazione che non sembrava meno
giusta e ineluttabile. Gli italiani che vivevano all’estero non tardarono a
rendersi conto di un certo imbarazzo che si rivelava negli stessi ambienti
alleati quando si alludeva alle rivendicazioni adriatiche: nessuno disconosceva
il buon diritto dell’Italia a garantire la propria sicurezza nell’amarissimo e
nell’assicurare in modo più efficace la difesa della riva occidentale di quel
mare, soltanto si concludeva sempre con l’augurio che intervenisse presto un
accordo fra gli italiani e gli slavi meridionali. La teoria, del resto, si evolve anche per le ripercussioni che
presso ognuno dei paesi combattenti lo stato di guerra induce nella mentalità
nazionale. Nella stessa necessità di armonizzare le aspirazioni degli uni con
quelle degli altri si produce un adattamento. Si può dire che la tendenza
generale di questa revisione sia quella di subordinare gli interessi
particolari a quelli generali, si irrobustisce la preoccupazione di anteporre ai
vantaggi immediati e diretti quelli di un assestamento che sia, per quanto è
possibile, definitivo. Sentiamo sempre meglio e più chiaramente che non si
combatte per una contesa territoriale, ma per un mondo migliore. E per un
tragico paradosso la migliore garanzia alla sua integrità l’Austria l’ha
trovata nell’attitudine italiana e in quel trattato che avevamo compilato con
le nostre stesse mani e che veniva gelosamente conservato come un portento di
saggezza.
Questa è la storia di errori passati che
oggi ci appaiono evidenti e che molti italiani, in patria e fuori, giudicano
nefasti da almeno un anno.
L’impresa di dirigere lo sforzo
collettivo alleato specialmente contro l’Austria non è mai stato così
promettente come ora, quando si diffonde sempre meglio fra gli Alleati il
concetto che la vittoria e la sconfitta dipendono dalle possibilità di
sottrarre alla Germania il ponte verso l’oriente balcanica e turco che le
fornisce la Duplice Monarchia. Questo mostra di comprendere il Presidente
Wilson, anche quando sembra conservare l’illusione che tale separazione possa
ottenersi spontaneamente dall’Austria.
Sono gli inglesi più lungimiranti quelli
che comprendono come possa riuscire risolutiva l’azione dell’Italia, se si farà
paladina delle nazioni oppresse dall’Austria e proclamando la loro liberazione
vibrerà il colpo mortale al sogno folle della Mitteleuropa. Ma si diffonde
sempre più l’intuizione che la guerra dovrà essere decisa non già nel Belgio,
ma laddove cominciò, nei Balcani. Quando sarà spezzato il corridoio che unisce
Amburgo a Bagdad, quando una cintura di Stati indipendenti e antitedeschi potrà
formarsi dall’Adriatico al Mar Nero, la guerra avrà raggiunto le sue
conclusioni logiche e definitive. E non occorre per questi fini tanto un
seguito di schiaccianti vittorie militari, quanto il trionfo di offensive
politiche, e la forza esplosiva delle idee e le irresistibili aspirazioni di
popoli maturi alla libertà coopereranno alla vittoria quanto il tumulto dei
cannoni e le battaglie sanguinose.[9]
In data 5 aprile, uscì
un articolo sul “Corriere della Sera” che aveva lo scopo di evidenziare i
perché, e gli scopi della Conferenza di Roma, che si sarebbe tenuta a giorni
nella città fra tutti i rappresentanti delle nazionalità oppresse
dall’Austria-Ungheria. La Conferenza di Roma, fatta fra liberi cittadini di
varie nazionalità, rappresentanti soltanto correnti profonde di opinione
pubbliche si proponeva di:
1.
constatare
che fra i popoli soggetti, in tutto o in parte, all’oppressione
tedesco-magiara, vi è perfetta identità di vedute sulla necessità di un’azione
perché si realizzino le condizioni di diritto per una pace giusta e duratura,
che sarà o sarebbe solo quella che, applicando concretamente il principio di
autodecisione dei popoli,riconoscerà che devono riunirsi rispettivamente
all’Italia e alla Romania le popolazioni irredente di nazionalità e di
sentimento italiani e romeni, e che abbiano diritto di costituirsi in Stati
indipendenti e sovrani le nazionalità polacca, czeco-slovacca e jugoslava,
2.
determinare
in modo concreto i mezzi più adatti all’azione e alla propaganda per giungere
ai risultati suindicati,
3.
preparare
un’ atmosfera di mutua cordialità e sicura informazione reciproca, dalla quale
sia più facile elaborando piani positivi del nuovo sistema politico dell’Europa
centrale, eliminare singole divergenze anche su questioni territoriali e
preordinare delle modalità di garanzia per assicurare libera persistenza e
sviluppo proprio a quei nuclei di nazionalità diversa che venissero ad essere
incorporati nell’uno o nell’altro Stato,
4.
preparare
ogni specie di accordi o di difese, che dopo la guerra assicurino il libero
sviluppo nazionale e i maggiori possibili reciproci vantaggi economici,
commerciali, culturali.
In questi limiti e in questi termini deve
essere intesa la Conferenza di Roma.[10]
Roma 8 aprile 1918 fu
inaugurata la Conferenza di Roma delle nazionalità soggette
all’Austria-Ungheria:
Il giorno 8 aprile s’inaugurò a Roma il
Convegno delle nazionalità soggette all’Austria, con czeco-slovacchi, polacchi,
romeni e jugo-slavi ( serbi, croati e sloveni), con la rappresentanza delle
nazioni alleate francesi, inglesi ed americane, e con le adesioni di
associazioni e di uomini politici in gran numero. Apertosi il giorno 8, nella
sala dei Conservatori, esso durò tre giorni e vi si deliberò l’azione da
svolgere nei paesi alleati e nemici per l’intento per il quale è stato riunito
il convegno, e circa il modo di mantenere viva l’unione di questo Convegno
consacrata tra le diverse nazionalità. Le deliberazioni prese, che s’è
convenuto chiamare Patto di Roma, non sono destinate alla pubblicità per la
loro riservatezza e il loro carattere tecnico, tuttavia nell’ultima adunanza
pubblica, tenuta alla presenza del senatore Ruffini, il vice-presidente On.
Torre lesse un riassunto, formulato dai delegati del Convegno, nel quale, dopo
esposti i principi, ai quali le nazionalità in tutto o in parte soggette
all’Austria- Ungheria ( italiani, czeco-slovacchi, romeni, polacchi,
jugo-slavi), debbono ispirare la loro comune azione, si afferma la necessità
della lotta comune contro il comune oppressore, perché ciascun popolo la totale
liberazione e la completa libertà nazionale nella libera unità statale. A
questi accordi comuni seguono i particolari tra la nazione dei serbi, croati,
sloveni, nota anche sotto il comune nome di nazione jugo-slava, in virtù dei
quali, riconosciuto che la libertà e indipendenza della nazione jugo-slava è
interesse vitale dell’Italia, come il completamento dell’unità nazionale
italiana è interesse vitale della nazione jugo-slava, esse si impegnano a
risolvere le singole controversie territoriali sulla base del principio di
nazionalità e del diritto dei popoli di decidere della propria sorte.[11]
L’ “Avanti” e i
documenti del Congresso di Londra:
Gli scopi di guerra si intendono
formulati esclusivamente a titolo di indicazione per le trattative di pace che
dovrebbero seguire l’immediata conclusione di un armistizio, in quanto la
conferenza esclude che la guerra abbia la capacità di realizzare un aspetto
democratico fra i popoli. Questo potrà essere compiuto soltanto nel dopo guerra
in ragione della forza politica che il proletariato sarà in grado di sviluppare
internazionalmente o di fronte ai singoli Governi. Quanto agli aggiustamenti
territoriali dell’Italia i delegati socialisti italiani non vi hanno messo
mano. Essi si sono limitati a constatare come spettatori che, mentre il Patto
di Londra esigeva l’annessione all’Italia del Trentino, dell’Istria, della
Dalmazia, delle isole dell’Adriatico, del golfo di Valona, e delle isole del
Dodecaneso, i delegati riformisti italiani nel loro memorandum in nome del
proletariato italiano e il quale, essi dicevano proclamò spesso la sua
avversione all’imperialismo, limitarono le loro pretese al trentino, all’Alto
Adige, al Friuli orientale e all’Istria, accettando poi quelle dichiarazione
che l’Avanti ha ben pubblicato. Nondimeno anche così il memorandum, è stato
giudicato dallo Snowden direttore del Labor Leader dell’L. P., per la parte
riguardante l’Italia imperialistico quanto i trattati segreti e viziato di
nazionalismo nel tono e nello spirito, e privo di viste internazionali. Non una
pace qualunque, ma una pace rapida, non una pace tedesca, ma una pace
internazionale, non una pace frutto di dedizioni, bensì la risultante da
trattative esplicite, aperte, leali, dominate dalla sola ed alta preoccupazione
di seppellire il passato coi suoi inganni, coi suoi orrori, e cominciare la
nuova storia.[12]
L’11 aprile, dopo la
conclusione dei lavori del Convegno di Roma per le nazionalità soggette
all’Austria-Ungheria, sono state votate le seguenti risoluzioni:
1.
Ciascuno di
questi popoli proclama il suo diritto a costituire la propria nazionalità ed
unità statale a completarla ed a raggiungere la piena indipendenza politica ed
economica,
2.
Ciascuno di
questi popoli riconosce nella Monarchia austro-ungarica lo strumento della
dominazione germanica e l’ostacolo fondamentale alla realizzazione delle sue
aspirazioni e dei suoi diritti,
3.
L’Assemblea
riconosce per tanto la necessità della lotta comune contro i comuni oppressori
perché ciascun popolo consegua la totale liberazione e la completa unità
nazionale nella libera unità statale.
I rappresentanti del popolo italiano e
del popolo jugoslavo convengono in particolare quanto segue:
1.
Nei
rapporti fra la Nazione italiana e la Nazione dei serbi, croati e sloveni,
conosciuta anche sotto il nome di Nazione jugoslava, i rappresentanti dei due
popoli riconoscono che l’unità ed indipendenza della nazione jugoslava è
interesse vitale dell’Italia, come il completamento dell’unità nazionale
italiana è interesse vitale della Nazione jugoslava. E perciò i rappresentanti
dei due popoli si impegnano a svolgere tutta la loro opera affinché durante la
guerra ed al momento della pace, queste finalità delle due Nazioni siano
interamente raggiunte,
2.
Affermano
che la liberazione del mare Adriatico e la sua difesa contro ogni presente ed
eventuale nemico è un interesse vitale dei due popoli,
3.
S’impegnano
a risolvere amichevolmente anche nell’interesse dei futuri buoni e sinceri
rapporti fra i due popoli, le singole controversie territoriali sulla base dei
principi di nazionalità e del diritto dei popoli di decidere della propria
sorte e in modo da non ledere gli interessi vitali delle due Nazioni che saranno
definiti al momento della pace,
4.
Ai nuclei
di un popolo che dovessero essere inclusi nei confini dell’altro sarà
riconosciuto e garantito il diritto al rispetto della loro lingua, della loro
cultura e dei loro interessi morali ed economici.[13]
Dubbi gravi intorno ai
risultati finali del movimento jugo-slavo vengono ormai manifestati apertamente
dalla più autorevole stampa austriaca, la quale avverte in questo momento la
necessità di mettere in guardia i jugoslavi contro l’Italia di ricordare i
decennali antagonismi e di assicurare che solo l’Ausrtia-Ungheria può
realizzare in contrasto con l’Italia il programma nazionale jugoslavo.
Il Presidente del
Consiglio austriaco si è espresso nel modo seguente:
Egli ha voluto ammettere in via di
ipotesi la possibilità della costituzione di uno Stato nazionale jugo-slavo, ma
ha posto immediatamente ad essa tre condizioni, e cioè che il futuro eventuale
Stato sia posto sotto lo scettro degli Asburgo, che esso sorga non già come
conseguenza internazionale di pace, ma come conseguenza di compromessi interni
alla Monarchia, ed infine che esso sia privato da tutti quei territori abitati
da Jugoslavi che occorrerà conservare all’Austria per assicurare ai tedeschi la
continuità territoriale fino agli sbocchi che essi intendono riservarsi
nell’Adriatico.
Queste tre condizioni esprimono tutta la
distanza che esiste fra l’ideale stesso per
il quale lotta il popolo serbo, croato e sloveno e le stentate e tardive
concessioni che possono essere promesse da Vienna. L’Austria tedesca non
potrebbe infatti assicurarsi la continuità territoriale fino all’Adriatico
senza calpestare territori sloveni per giungere alla sponda italiana. E per
tanto jugo-slavi e italiani devono serrare le fila contro il comune nemico.
L’Austria tedesca rimanga nei suoi confini. L’Adriatico appartiene ai popoli
adriatici. Italiani e jugo-slavi hanno solennemente dichiarato, che la
liberazione del mare Adriatico e la sua difesa contro ogni presente ed
eventuale nemico è un interesse dei due popoli. Di fronte al programma del
Primo Ministro tedesco, che è programma di oppressione tedesco, questa
dichiarazione va sollevata e tenuta alta come una bandiera di combattimento.[14]
Frano Cujetisa e il
problema della Jugoslavia:
Frano Cujetisa è un vecchio militante del
socialismo jugo-slavo, già redattore della Sloboda di Spalato, fuggito alle
persecuzioni contro i socialisti, riparato in Svizzera grazie ad un passaporto
falso. Adesso, poiché la questione della Jugo-Slavia è posta sul tappeto, egli
si adopera affinché sia risolta sulla base del diritto ai popoli di disporre
dei propri destini, ma inteso nel senso socialista che i popoli possano, se
vogliano, formare uno stato indipendentemente da legami di lingua o di razza, e
non già nel senso imperialista che tutti gli individui parlanti la stessa
lingua ed appartenenti alla stessa razza debbano essere riuniti in un solo
Stato. E Frano Cuyetisa crede di potere affermare che la grande maggioranza
delle popolazioni jugo-slave voglia costituirsi in Stato libero ed unificato. L’Avanti
asserisce che, un accordo fra gli jugo-slavi ed i socialisti di Italia a
proposito della Dalmazia, dell’Istria, di Trieste e di Gorizia-Gradisca, non
presenta alcuna difficoltà seria, per quanto il Partito Socialista italiano,
dedichi una scarsa attenzione al problema e persista nel suo atteggiamento
puramente negativo tanto su quel che concerne la guerra , quanto per i problemi
nazionali che vi sono collegati. Secondo Frano Cuyetisa tutto il mondo slavo è
favorevole al movimento unitario. Per quel che concerne l’organizzazione
statale, i socialisti jugo-slavi non hanno assunto una linea di condotta
precisa, pur desiderando una certa centralizzazione , essi terranno conto delle
tendenze autonomiste del popolo nel campo comunale e provinciale. Nella lotta
anticlericale e sulla questione agraria, i socialisti jugo-slavi saranno, come
nel passato, più radicale ed intransigenti dei partiti avanzati della
borghesia. Per quanto concerne la Dichiarazione di Corfù, diramata il 20 luglio
del1917, e che deve considerarsi non solo un patto, ma una manifestazione di
solidarietà fra il Governo serbo ed i rappresentanti degli irredenti, i
socialisti della jugo-slavia ed i loro compagni della Serbia, accettano i
principi da essa enunciati.[15]
Comunicati
sull’andamento della guerra:
Un comunicato della Marina del 15 maggio
dava la notizia di incursioni nel porto di Pola, dove è stato ripetutamente
silurata una corazzata nemica del tipo Viribus Unitis. Successivamente nostre
squadriglie di idrovolanti al loro giungere all’alba sul cielo di Pola vi
trovavano già in quota apparecchi da caccia nemici, due furono abbattuti, uno
lo costrinsero a scendere, e i nostri rientrarono incolumi alla base.[16]
Nel mese di luglio il 19
e il 24, vi furono ulteriori bombardamenti su Pola. Il bombardamento del 17,
tre giorni prima dell’anniversario di Lissa, è risultato la maggiore
affermazione aerea dell’Italia nell’Adriarico.
I rapporti fra italiani e jugo-slavi
hanno ricevuto al Congresso di Roma uno statuto che rende impossibile l’equivoco
per chiunque non si proponga di farlo risorgere, con scarsa buona fede. Nel
Patto di Roma furono esplicitamente rinviate le questioni territoriali al
giorno in cui la vittoria delle nazionalità oppresse dal regime degli Asburgo,
avrà creato le premesse indispensabili per la loro discussione. A Roma, gli
italiani riconobbero, in principio, che, una volta raggiunto lo smembramento
della Duplice Monarchia, la costituzione della Jugoslavia unita ed indipendente
diventa un interesse italiano, ed i jugoslavi riconobbero che è loro supremo
interesse nazionale lavorare in perfetta unione con l’Italia. È la politica
della nazionalità, che ci permette di sentirci pienamente fedeli alla guerra
che l’Italia ha dichiarato e combatte contro l’Austria-Ungheria. Il popolo
italiano conosce troppo intimamente il nostro nemico per dubitare un istante di
questa verità, che cioè, l’Austria-Ungheria non soltanto non ci concederà le
rivendicazioni contenute nel Patto di Londra, ma non ci accorderà nemmeno
quelle che potrebbero essere contenute in un programma ridotto, se non vi sarà
costretta dalla potenza incoercibile degli avvenimenti, se non sarà costretta a
considerare qualsiasi concessione all’Italia come l’alternativa meno
sfavorevole offertale da un destino implacabile ed intrattabile.[17]
Il Patto di Londra e gli
Stati Uniti d’America:
Il Patto di Londra non vincola in alcun
modo, verso di noi, Wilson e la Confederazione nord-americana, eppure peseranno
in modo preponderante sulle sorti della guerra e peseranno almeno altrettanto
sulla conclusione della pace. A noi pare che, l’On. Sonnino non abbia visto
questo problema, e non abbia svolto nessuna azione sensibile per ottenere che
gli Stati Uniti comprendessero le nostre idealità nazionali. La politica
italiana avrebbe dovuto, ci sembra, proporsi di mantenere intimo e frequente il
contatto con le sfere dirigenti americane per formare le idee e plasmare
l’esperienza relativamente ai problemi nazionali italiani. Il risultato sarebbe
stato di ottenere la firma mancante ad un trattato. Quando l’On. Nitti ed i
suoi compagni di missione tornarono dagli Stati Uniti, erano convinti della
necessità di stabilire un vasto sistema di permanenti rapporti tra noi e la
grande Confederazione. Un uomo solo è sempre rimasto incredulo di fronte a
questo elemento l’On. Sonnino. È difficile e intollerabile discutere le
opinione incongrue. Sostenere all’incirca come Wilson che l’Austria può e
magari deve sussistere e contemporaneamente pretende dall’Austria Trentino
Tirolo meridionale, Trieste e Istria, Dalmazia e isole è semplicemente assurdo.
Il tempo della decisione è venuto. L’Italia deve scegliere. O essa vuole
disinteressarsi dei popoli orientali e ammette quasi desidera, la sopravivenza
dell’Austria attuale, e allora deve rassegnarsi a un futuro d’inquietudine e di
guerra, e per il prossimo futuro deve rinunciare ad aspettative che non
corrispondano grosso modo a quelle delle trattative con Bülow, Trentino e
Isonzo. O l’Italia vuole anche sul serio Trieste e l’Istria, sicurezza navale,
commerciale e militare in Adriatico, ed in questo caso essa deve sapere che
vuole la rovina dell’Austria, e questo non è possibile senza gli eredi
dell’Austria.[18]
La Giunta esecutiva del
Consiglio Centrale della Trento e Trieste ha riaffermato ancora una volta il
diritto e il dovere d’Italia di ricongiungere alla Madre patria gli irredenti
del Trentino, dell’Alto Adige, della Venezia Giulia e della Dalmazia, convinta
della necessità, per il raggiungimento degli scopi nazionali e umani della
guerra dell’Intesa, della distruzione dell’Austria, giudicando essere, prima
della vittoria, prematura e pericolosa ogni discussioni intorno alla divisione
fra alleati e popoli oppressi di territori del nemico, così delibera:
1.
Perché
un’intensa, assidua opera di propaganda all’interno ed all’esterno a favore
delle nostre aspirazioni e rivendicazioni nazionali, ristabilendo la verità dei
fatti, contribuisca a formare una opinione pubblica consapevole della nobiltà,
della giustizia dei nostri fini di guerra e diffonda sempre più la simpatia per
la nostra causa,
2.
Perché si
prosegua nell’ottica di avvicinamento a tutte le nazionalità oppresse
dall’Austria, che giovi al raggiungimento degli scopi comuni dell’Italia e
risponda alla tradizione storica della nostra Nazione,
3.
Perché in
ogni pubblica discussione intorno alle direttive ed alle necessità della
politica estera rimangono fissi questi fondamentali principi che devono
sovrastare ad ogni preoccupazione minore e diversa.[19]
In questi giorni è stata
data la notizia anche dei lavori del congresso di Lubiana, malgrado non siano
arrivati in Svizzera i giornali sloveni, molto probabilmente trattenuti dalla
censura austriaca. Sono invece, arrivati i giornale croati che commentano così
la notizia:i congressisti di Lubiana hanno affermato il programma di una
Jugoslavia indipendente, senza alcun compromesso con il Governo di Vienna.
La “Dante Alighieri” presieduta
dall’ex Presidente del Consiglio, On. Boselli, indirizzò i suoi Comitati
all’interno e all’esterno la seguente circolare:
L’Italia deve concretare la sua unità
nazionale. Serbi, croati, sloveni, cioè i Jugoslavi hanno diritto alla unità,
indipendenza e libertà nazionale e statale. È interesse dei due popoli
intendersi e combattere insieme contro l’Austria-Ungheria. Quando la vittoria sarà
ottenuta le questioni territoriali saranno risolte fra i due Stati sulla base
del principio di nazionalità, del diritto dei popoli a disporre di se stessi e
tenendo conto degli interessi vitali dei due Paesi. L’Italia ha bisogno di una
politica, che intenda il momento dei popoli e che sappia conciliarlo lealmente
con gli interessi nostri e le nostre idealità nazionali in tutti i loro campi e
sotto tutti i loro aspetti. Le discussioni di questi giorni dovranno avere
almeno, quindi, questa conseguenza: di indurre il Governo a meglio uniformare
la sua politica internazionale nei vari suoi organi a darle una linea più
diritta e a svolgere un’azione più efficace e più profonda.”[20]
L’Austria-Ungheria
sondava il terreno con i nemici sulle possibilità di giungere alla pace:
Il Governo austro-ungarico ha deciso di
proporre a tutti i belligeranti, amici e nemici, di indagare insieme in un
libero mandato di idee, se esistono premesse, che facciano sembrare che un
sollecito avviamento di negoziati di pace abbia delle prospettive.
Il governo i. r. ha invitato a tale scopo
i Governi di tutti gli Stati belligeranti ad uno scambio di idee confidenziali,
non impegnative, in una località estera neutrale. La Nota fu portata a
conoscenza della Santa Sede, facendo appello all’interesse del papa a favore
della pace. Anche i Governi dei paesi neutrali sono stati informati della Nota.
I giornali italiani naturalmente si
occupano della mossa pacifista dell’Austria. Poiché il nostro tentativo di
commento ieri è stato subito stroncato dalla Censura ci limitiamo a quello che dicono gli altri. Visto che è
stato dall’Austria chiamato in causa e a soccorso del tentativo il papa,
incominceremo dall’Italia. La quale è stata censurata nel capo e nella coda del
suo commento.
“ I nemici hanno compreso che con i
tornei oratori non verranno a capo di nulla e rinunciando alla vecchia pretesa
di attendere un invito a trattative dagli avversari, fanno il primo passo.
Abbiamo detto i nemici, perché riteniamo che l’Austria agisca d’accordo e per conto
della Germania.”
L’importanza di questo passo non ha
bisogno di essere dimostrata, ma sarebbe d’altra parte grave colpa alimentare
false illusioni. Occorre che l’opinione pubblica si mantenga calma e si affidi
pienamente alla saggezza dei suoi governanti i quali, consci delle gravi responsabilità
che loro incombono ed in possesso di tutti gli elementi di giudizio, si
ispireranno nelle loro decisioni agli interessi del paese o non mancheranno, se
ciò sarà utile o necessario, di interrogare il Parlamento, legittimo
rappresentante del popolo.[21]
Nel messaggio dell’8
gennaio Wilson così esprimeva il suo programma della pace mondiale:
1.
Convenzioni
di pace palesi, apertamente concluse, in base alle quali non vi saranno accordi
internazionali segreti di alcuna specie, ma la diplomazia agirà sempre
palesemente e in vista di tutti,
2.
Libertà
assoluta della navigazione di mari, all’infuori delle acque territoriali: tanto
in tempo di pace quanto i tempo di guerra, salvo che per i mari che potessero
essere chiusi in tutto o in parte mediante un’azione internazionale, in vista
della conclusione degli accordi internazionali,
3.
Soppressione,
per quanto sarà possibili di tutte le barriere economiche e creazione di
condizioni commerciali eguali fra tutte le nazioni che consentiranno alla pace,
o si assoceranno per mantenerla,
4.
Garanzie
convenienti date e prese che gli armamenti nazionali saranno ridotti
all’estremo limite, compatibile con la sicurezza del paese,
5.
Sistemazione
con spirito largo e assolutamente imparziale, di tutte le rivendicazioni
coloniali, basate sulla stretta osservanza del principio, che nel determinare
tutte le questioni di sovranità, gli interessi delle popolazioni interessate
dovranno avere un peso eguale a quella delle domande eque dei Governi il cui
titolo dovrà essere conosciuto,
6.
Sgombero di
tutti i territori russi e soluzione di tutte le questioni concernenti la
Russia, che assicura la migliore e più libera cooperazione delle altre nazioni,
per dare alla Russia il modo di determinare, senza essere ostacolata, né
turbata, l’indipendenza del suo proprio sviluppo politico e della sua propria
politica nazionale, per agevolare una sincera accoglienza nella Società delle
libere Nazioni, con intuizione di una propria scelta e più che una accoglienza,
ogni aiuto di cui abbia bisogno o desideri. Il trattamento fatto alla Russia
dalle nazioni sue sorelle durante i mesi a venire sarà la pietra di paragone
della loro buona volontà e della comprensione dei suoi bisogni, astrazione
fatta dai loro propri interessi e dalla loro indulgenza e simpatia
disinteressata,
7.
Quanto al
Belgio il mondo intero sarà d’accordo che esso dovrà essere sgombrarto e
restaurato senza alcun tentativo di limitare la sovranità di cui gode nel
concerto delle altre nazioni libere. Nessun altro atto servirà quanto questo a
ristabilire la fiducia delle nazioni nelle leggi che esse stesse hanno
stabilito e fissato per regolare le loro reciproche relazioni. Senza questo
atto miliare tutta la struttura e la validità di tutte le leggi internazionali
sarebbe per sempre indebolita,
8.
Tutto il
territorio francese dovrà essere liberato e le regioni invase restaurate. Il
torto fatto alla Francia dalla Prussica nel 1871 per quanto riguarda
l’Alsazia-Lorena che ha turbato la pace del mondo per quasi cinquant’anni dovrà
essere riparato affinché la pace possa essere ancora una volta garantita
nell’interesse di tutti,
9.
La
sistemazione delle frontiere dell’Italia dovrà essere effettuata secondo le
linee di nazionalità chiaramente riconoscibili,
10.
Ai popoli
dell’Austria-Ungheria il cui posto desideriamo vedere garantito e tutelato fra
le nazioni si dovrà dare più largamente esecuzione per uno sviluppo autonomo,
11.
La Romania,
la Serbia, il Montenegro dovranno essere sgombrati e i territori occupati
restituiti. Alla Serbia dovrà un libero e sicuro sbocco al mare e le relazioni
fra i vari Stati balcanica dovranno essere fissate amichevolmente secondo i
consigli delle Potenze e in base a linee di nazionalità stabilite storicamente.
Saranno fornite a questi Stati balcanica garanzie di indipendenza nazionale ed
economica e l’integrità dei loro territori,
12.
Una sicura
sovranità sarà garantita alle parti turche dell’impero ottomano attuale, ma le
altre nazionalità che si trovano in questo momento molto la dominazione turca
dovranno avere garantita una indubbia sicurezza, ed il modo di svilupparsi
automaticamente senza ostacoli: i Dardanelli dovranno essere aperti
permanentemente e costituire un passaggio libero per mare e per il commercio di
tutte le nazioni sulla base di garanzie internazionali,
13.
Dovrà
essere stabilito uno Stato polacco indipendente, che dovrà comprendere
territori abitati da popolazioni in contestabilmente polacche, alle quali si
dovrà assicurare un libero e sicuro accesso al mare, e la cui indipendenza
economica e politica al pari dell’integrità territoriale, dovrà esser garantita
con accordi internazionali
14.
Un’associazione
generale delle nazioni dovrà essere formata, in base a convenzioni speciali,
allo scopo di fornire mutue garanzie di indipendenza politica e di integrità
internazionale ai grandi come ai piccoli Stati.[22]
Le truppe
italiane il 3 novembre, hanno occupato Trento e sono sbarcate a Trieste. Il
tricolore sventola sul castello del Buon Consiglio e sulla torre di San Giusto.
In base alle condizioni dell’armistizio
stipulato fra i plenipotenziari del Comando Supremo del R. Esercito italiano in
nome di tutte le potenze alleate e degli Stati Uniti d’America e i
plenipotenziari dell’I. R. Comando Supremo austro-ungarico, le ostilità per
terra, per mare e per aria su tutti i fronti dell’Austria-Ungheria sono state
sospese dalle ore 15 di oggi, 4 novembre. L’Italia rimane in campo con gli
Alleati nella lotta decisiva contro la Germania.[23]
L’ufficio dello Stato
Maggiore della Marina comunica:
Ieri mentre reparti del R. Esercito e un
battaglione del Reggimento di Marina giungeva per via mare a Trieste, la marina
occupava Lissa. Oggi le navi italiane hanno occupato Abbazia, Rovigno e Parendo
sulla costa dell’Istria, la vicina isola di Lussino, e nel Medio Adriatico,
Lagosta, Melega e Curzola. Navi italiane sono entrate nel porto di Fiume. Si è
immediatamente provveduto ai bisogni più urgenti delle popolazioni irredente.[24]
L’Ufficio del Capo di
Stato Maggiore della Marina comunicava:
I rapporti pervenuti danno modo di meglio
precisare l’azione svolta dalla R. Marina in Adriatico negli scorsi giorni,
mentre ancora perdurava lo stato di guerra con l’Impero austro-ungarico.
L’occupazione delle isole Curzolari fu preceduta da ricognizioni intese ad
accertare l’efficienza delle difese locali e a prendere contatto con le
popolazioni. Compagnie da sbarco della Squadra da battaglia e reparti del
Reggimento Marina hanno proceduto alla occupazione, portando immediati soccorsi
agli abitanti. Una divisione navale italiana mantiene l’occupazione del porto
di Fiume e provvede alle necessità più urgenti di quella zona. Il golfo di
Selenico Vecchio e il paese sono stati occupati ieri. Nella giornata del 5 il
vice-ammiraglio Cagni, alla testa dei reparti del R. Esercito e della R.
Marina, è sbarcato nella rada di Fasana ed è entrato a Pola, accolto
festosamente dalla popolazione e salutato dagli urrà degli equipaggi delle navi
presenti nella rada.[25]
Il Protocollo delle
condizioni di armistizio fra le Potenze alleate e associate imposto all’Austria-Ungheria:
Clausole militari:
1.
Cessazione
immediata delle ostilità per terra, per mare, e per aria,
2.
Smobilitazione
totale dell’esercito austro-ungarico e ritiro immediato di tutte le unità che
operano sul fronte dal Mare del Nord alla Svizzera. Non sarà mantenuto sul
territorio austro-ungarico, nei limiti più sotto indicati al numero 32, minime
forze militari austro-ungariche che un massimo di 20 divisioni, ridotte
all’effettivo numero di pace avanti guerra. La metà del materiale totale
dell’artiglieria divisionale e dell’artiglieria del corpo di armata, nonché il
corrispondente equipaggiamento, a cominciare da tutto ciò che si trova sui
territori da evadere dall’esercito austro-ungarico, dovrà essere riunito in
località da fissarsi dagli Alleati e dagli Stati Uniti, per essere loro
consegnato,
3.
Sgombro di
tutto il territorio, invaso dall’Austria-Ungheria dall’inizio della guerra e
ritiro delle forze austo-ungariche, in un periodo di tempo da stabilirsi dai
Comandanti supremi delle forze alleate sui vari fronti, al di là di una linea
stabilita.
Dal Pizzo Umbrile fino a nord dello
Stelvio la stessa seguirà la cresta delle Alpi Retiche fino alle sorgenti
dell’Adige, indi per il Reschen, lo Ziller e i monti di Toblaco raggiungerà
l’attuale frontiera delle Alpi Carniche, seguendola fino alla Conca dei Monti
Tarvis. Correrà poscia sullo spartiacque delle Alpi Giulie e per il Predil, il
Mangrat, il Tricorno, i paesi di Podberda, di Podlaniskam, ed Idria,
attraversando il Monte Nevoso ( Schneeberg ) discenderà al mare lasciando fuori
il bacino della Sava e dei suoi tributari ed icludendo Castua, e Volosca.
Seguirà di poi i limiti amministrativi attuali della provincia di Dalmazia,
includendo a nord Lissa,e Trbanj e a sud tutti i territori fino ad una linea
partente dal mare vicino a Punta Planka e seguente, verso est lo spartiacque,
in modo da comprendere nei territori evacuati tutte le valli e i corsi d’acqua
che discendono verso Sebenico, come il Cicola, il kerka, il Butisniza e i loro
affluenti. Essa includerà anche tutte le isole situate a nord e ad ovest della
Dalmazia, da Premuda, Selve, Ulbo, Skarda, Pago e Punta Dura, a nord fino a
Veleda a sud, comprendendovi S. Andrea, Lissa, Lesina, Turcola, Curzola, e
Lagosta, oltre gli scogli e gli isolotti circostanti e Pelagosa, ad eccezione
solamente delle isole Grande e Piccola Zirona, Solta e Brazza.
Tutti i territori così evacuati saranno
occupati dalle truppe degli Alleati e degli Stati Uniti d’America,
Mantenimento sul posto di tutto il
materiale militare e ferroviario nemico che si trova nei territori da evacuare.
Consegna agli Alleati e agli Stati uniti
di tutto questo materiale ( approvvigionamenti di carbone ed altro compresi )
secondo le istruzioni particolari date dai Comandanti supremi delle forze delle
Potenze associate sui vari fronti.
Nessuna nuova distruzione né saccheggio
né nuove requisizioni delle truppe nemiche nei territori da evacuare
dall’avversario e da occupare dalle forze della Potenze associate.
4.
Possibilità
per le armate delle Potenze associate di spostarsi liberamente su tutte le
rotabili, strade ferrate e vie fluviali dei territori austro-ungarici
necessarie. Occupazione dalle armate delle Potenze associate di tutti i punti
strategici in Austria-Ungheria e in ogni momento giudicati necessari da queste
potenze per rendere possibili tutte le operazioni e per mantenere l’ordine.
Diritto di requisizione dietro pagamento
alle armate delle Potenze associate in tutti i territori dove esse si trovano,
5.
Sgombro
completo, nello spazio di alcuni giorni, di tutte le truppe germaniche, e non
solamente dei fronti d’Italia, e dei Balcani, ma di tutti i territori
austro-ungarici, e internamento di tutte le truppe germaniche che non avranno
lasciato il territorio prima di questo termine,
6.
I territori
austro-ungarici sgombrati saranno provvisoriamente amministrati dalle autorità
locali, sotto il controllo delle truppe alleate e associate d’occupazione,
7.
Rimpatrio
immediato e senza reciprocità di tutti i prigionieri di guerra, sudditi alleati
internati, e della popolazione civile fatta sgombrare, secondo le Convenzioni
che fisserà il Comando supremo delle armate delle Potenze alleate sui fronti,
8.
i malati ed
i feriti non trasportabili saranno curati per cura del personale
austro-ungarico, che sarà lasciato sul posto con il materiale necessario.
Seguono poi, le clausole navali gli
accori riguardanti i prigionieri di guerra.[26]
La situazione nelle
terre liberate:
Nella forma più limpida e più tangibile
il documento che enumera le condizioni imposte all’esercito austro-ungarico
consacra la pienezza della vittoria riportata dalle armi italiane. La durezza
dell’armistizio suole consacrare il successo definitivo dei vincitori.
Elaborate nel Convegno storico di
Versailles, le condizioni a cui il nemico ha dovuto rassegnarsi si inspirano
essenzialmente a due concetti: da una parte garantire la vittoria del nostro
diritto rendendo materialmente impossibile qualsiasi tentativo di riscossa da
parte del nemico sconfitto, e dall’altra preparare i mezzi per condurre più
sollecitatamene a buon fine la guerra contro l’unico avversario rimasto in
campo. L’esercito che fino al mese scorso rappresentava il baluardo del
barcollante Impero deve essere ridotto all’impotenza perché l’Italia non veda
sorgere più alcun ostacolo al compimento dei suoi voti e perché più rapidamente
sia posto fine all’imminente conflitto che ha insanguinato il mondo.
I territori che il nemico deve sgombrare
sono esattamente quelli contemplati dal Trattato di Londra, ma gli Alleati si sono
riservati il diritto di occupare anche altri punti strategici nell’interno
dell’Austria così da mantenervi l’ordine come per preparare le future azioni
contro la Germania. L’Italia si prepara così a partecipare con gli Alleati alle
azioni che debbono finalmente ridare al mondo la pace.
È tornata a Milano la Commissione
incaricata dalla giunta municipale di portare a Trieste, a Trento e a Fiume il
contributo del Comune di Milano per le più urgenti opere di soccorso alla
popolazione. La Commissione ha compiuto solo in parte l’incarico ricevuto,
recandosi solo a Trieste, perché a Trento e a Fiume non ha potuto giungere.
Trieste si presentava, malgrado la gioia del momento, come una città devastata
e affamata.[27]
Il ruolo dei socialisti
a Trieste dopo la liberazione:
I socialisti hanno svolto il ruolo di
nemici della guerra che la guerra devono subire e che si prodigano per lenire
le miserie e i dolori procurati alle masse lavoratrici. Sono essi i veri
artefici della formazione di quell’insieme di volontà e di propositi che ha
unito gli slavi e gli italiani di ogni partito nel domandare l’occupazione di
Trieste da parte della flotta italiana. Solo l’atteggiamento dei socialisti
poteva cancellare questi primi rancori tra le due stirpi che furono divise e
fieramente ostili per tanti anni. Del resto, questo sforzo per una vita di buon
vicinato tra slavi e italiani, i socialisti l’hanno sempre compiuto attirandosi
tutte le ire e le imprecazioni dei nazionalisti di entrambe le parti.[28]
L’Italia e il nuovo
assetto dell’Europa orientale:
In seguito alla firma dell’armistizio con
la Germania, le operazioni di guerra sono state sospese su tutti i fronti alle
ore 11, dell’11 novembre. La guerra è finita dopo cinquanta mesi.
Abbiamo chiesto che la politica italiana
acquisti coscienza di sé medesima e si stacchi dall’illusione che i nostri fini
nazionali di guerra possano essere raggiunti particolaristicamente, fuori dal
quadro di un completo assestamento dell’Europa orientale sul principio di
nazionalità. In altre parole abbiamo chiesto che l’Italia si faccia assertrice
di un programma organico per il futuro assetto dell’Oriente davanti ai nemici e
davanti agli Alleati, i quali, per motivi storici evidenti, tendono a mettere
in seconda linea una certa serie di problemi, i problemi austro-ungarici e
balcanica, che non li appassionano così immediatamente come quelli dei loro
rapporti con la Germania. Abbiamo detto che per indebolire la resistenza del
nemico e per risvegliare l’attenzione degli Alleati sui problemi austro-ungarici,
è necessario che sotto l’egida dell’Italia, si formi un accordo preciso e
concreto fra tutti i popoli direttamente cointeressati a un nuovo assetto
dell’Europa orientale, che, per raggiungere questo fine, la prima condizione è
un’intesa leale e profonda fra italiani e jugoslavi. È giunta l’ora delle
discussioni franche ed aperte e delle precise assunzioni di responsabilità. Le
discussioni sono cominciate. Sono state espresse numerose obbiezioni alla
nostra tesi. Cercheremo di ordinarle, per poterle vagliare.
È, per esempio, nettamente mitteleuropea
l’obbiezione secondo la quale noi non dobbiamo impicciarci delle nazionalità
centrifughe della monarchia danubiana, perché, così facendo, renderemmo
inevitabile un nuovo conflitto, a breve scadenza, con l’Austria, la quale si
precipiterebbe contro di noi nello stesso modo, e per gli stessi motivi che la
spinsero contro la Serbia nel 1914.
Meno chiara apparenza, ma non minore
sostanza medieuropea ha l’altra obbiezione: secondo la quale non ci conviene la
disgregazione della monarchia austro-ungarica, perché diverrebbe troppo forte e
troppo graverebbe sulle nostre spalle una Germania accresciuta delle province
tedesche d’Austria. Una sistemazione dell’Europa orientale su basi nazionali
ingrandirebbe la Germania verso sud.
In quest’altra obbiezione si riconoscono
dei meriti alla nostra tesi, e si fanno delle opposizioni soprattutto di toni,
di temperamenti. Cominciamo dalle obbiezioni faciliste. Noi abbiamo i trattati,
e non abbiamo nessun motivo di credere che i nostri Alleati vogliono mancarci
di fede. D’altro canto, Inghilterra e Stati Uniti hanno e avranno sempre
bisogno della Francia e dell’Italia, come loro teste di ponte sul continente.
Le obbiezioni pessimiste. Cosa può fare
l’Italia se resta isolata? Appunto perciò chiediamo che l’Italia non resti
sola, che l’Italia si unisca con i jugoslavi, polacchi, boemi e greci.
Comunque, territorialmente finisca la
guerra, le nazioni dell’Europa orientale sono già nate, esse sono le nostre
vicine di domani, sono i campi della nostra espansione morale, economica,
civile.[29]
Il Patto di Londra e le
sue conseguenze:
Tutto il male sta nel trattato segreto
concluso il 26 aprile 1915, dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dalla Russia,
dall’Italia. Le linee essenziali di questo iniquo trattato trapelarono appena
fu concluso, ma il testo fu reso noto solo quando i bolscevichi ebbero in mano
il Governo a Pietrgrado, e allora solo due giornali inglesi (Manchester
Guardian e New Europe) osarono pubblicarlo. Le concessioni territoriali
garantivano all’Italia l’inclusione, non solo del Tirolo meridionale sino al
Brennero, Gorizia, Trieste, la cima delle Alpi Giulie fino a Fiume e l’intera
Istria con le isole di Cherso e Lussino, ma anche tutta la Dalmazia
settentrionale compresi Zara, Sebenico, e il loro hinterland ed anche le isole
meridionali di Lissa, Lesina, Curzola e Melena. Il trattato segreto era basato
su premesse del tutto false, che da tempo si erano mostrate incapaci di portare
a conclusioni salde. Non per nulla esso fa un contratto segreto, concluso
dietro le spalle dei popoli, che si afferma voler unire tra loro. Questo
difetto è in perfetta armonia con la diplomazia vecchio stile. Di conseguenza
il Governo italiano insistette, in via preliminare, perché le trattative fossero
condotte all’insaputa del Governo serbo, solo grazie all’energia di frano
Supilo, il contratto non rimase per lungo tempo ignorato. I termini del
trattato sono inefficaci, salvo che a far si che l’Austria-Ungheria sopravviva
come una grande Potenza. Ora, che la dissoluzione è un fatto compiuto, il fondo
stesso del trattato è andato in frantumi. Il biasimo per questo trattato non va
soltanto all’Italia, ma si ripartisce egualmente fra Gran Bretagna,Francia e
Russia zarista. Dal 1915 al 1917 l’Italia raccolse i frutti della sua politica
di corta vista, ma nulla valse a scuotere l’attaccamento degli statisti
dell’Intesa ai vecchi metodi diplomatici. Però la situazione venne
completamente trasformata dalla Rivoluzione russa e dall’entrata in guerra
dell’America. Poiché da un lato, la giovane democrazia russa, ancora libera
dall’infezione bolscevica, ripudiò i metodi segreti dello varismo, ed inscrisse
il metodo dell’autodecisione dei popoli sulle sue bandiere, mentre, dall’altro,
l’America era interamente libera da ogni impegno europeo e non voleva
impegolarsi negli intrighi diplomatici tradizionali.[30]
Il “Times” in lungo
studiò sulle relazioni dell’Italia con i jugoslavi e veniva a queste
conclusioni:
E’ sperabile che i jugoslavi, nella loro
qualità di nazione nuova, che la vecchia diplomazia non ha contaminata, faranno
i primi approcci. Da principio irritati dall’inazione italiana, essi sono
disposti a reclamare una delimitazione estrema della loro frontiera, su basi
rigorosamente nazionaliste, che un popolo vittorioso non avrebbe potuto
accettare. Alcuni dei loro capi sembrano ora disposti, con la riserva che si
formi una Lega delle Nazioni, ad allargare la proposta italiana che figura nel
trattato segreto, a proposito della neutralizzazione parziale della costa
dell’Adriatico. Questa neutralizzazione sarebbe intesa all’intera costa, da
Trieste a Durazzo, e i jugoslavi abbandonerebbero una parte delle regioni
incontestabilmente slovene, che circondano Gorizia e che si trovano in Italia.
Invece, insisterebbero per ricevere la Dalmazia tutta. Una transazione simile
potrebbe assicurare uno sviluppo amichevole all’Italia ed alla Jugoslavia
insieme, e potrebbe essere raccomandata a tutti gli arbitri imparziali.[31]
[1] I nostri fini di guerra e la via per conseguirli, “ Corriere della
Sera”, 02.01.1918.
[2] L’Italia ed i popoli oppressi dagli Asburgo, ” Corriere della
Sera”,16.01.1918.
[3] Le riserve degli jugo-slavi ai discorsi di Wilson e Lloyd George, , “ Corriere della
Sera”, 16.01.1918.
[4] G. E., Gli scopi di guerra dell’Italia e la
perfetta solidarietà dell’Intesa, “ Corriere della Sera”, 30.01.1918.
[5] Accordo completo, “ Corriere della Sera”, 30.01.1918.
[6] Il trattato segreto dell’aprile 1915 fra Italia, Francia,Inghilterra e
Russia, “ Avanti”, 14.02.1918.
[7] Vedi cartina n° 2, in
appendice, pag. 141.
[8] La Lega delle nazionalità, “ Corriere della Sera”, 15.02.1918.
[9] G. Emanuel, La forza delle idee, “ Corriere della
Sera”, 17.02.1918.
[10] L’imminente Congresso di Roma per le nazionalità oppresse dall’Austria.
La portata della Conferenza, “ Corriere della Sera”, 05.04.1918.
[11] Il Patto di Roma,” Civiltà Cattolica”, volume II, 1918.
[12] I documenti del Congresso di Londra, “ Avanti”, 11.04.1918.
[13] Impegni solenni e fiere dichiarazioni a Roma nel Convegno delle Nazionalità
oppresse dall’Austria, “ Corriere della sera”, 11.04.1918.
[14] La nuova insidia austriaca di fronte all’accordo italo-jugoslavo, “
Corriere della Sera”, 06.05.1918.
[15] Alcuni punti essenziali del problema jugo-slavo, “Corriere della
Sera”, 08.05.1918.
[16] “ Civiltà Cattolica”,
volume II, 1918.
[17] G. A., La politica delle nazionalità e il Ministero
Orlando, “ Corriere della Sera”, 18.08.1918.
[18] G. A.., Gli Stati Uniti e il Patto di Londra, “
Corriere della Sera”, 21.08.1918.
[19] Il Consiglio Centrale della Trento e Trieste per l’avvicinamento delle
nazionalità oppresse, “ Corriere della Sera”, 30.08.1918.
[20] Aperto incitamento della Dante Alighieri ad appoggiare il Patto di Roma,
“ Corriere della Sera”, 07.09.1918.
[21]Il testo ufficiale della Nota austriaca, “ Avanti”, 17.09.1918.
[22] I 14 punti di Wilson, “ Avanti”, 07.10.1918.
[23] La firma dell’armistizio, “ Corriere della Sera”, 05.11.1918.
[24] Sbarchi sulla costa istriana e in isole dell’Adriatico, “ Corriere
della Sera”, 05.11.1918.
[25] Stefani, Sbarco anche a Pola, “ Corriere della
Sera”, 07.11.1918.
[26] Stefani, Il testo delle condizioni di armistizio
imposte all’Austria-Ungheria, “ Corriere della Sera”, 08.11.1918.
[27] Le condizioni di Trieste e del Friuli, “ Avanti”, 16.11.1918.
[28] I socialisti elemento di coesione fra slavi e italiani, “ Avanti”,
16.11.1918.
[29] L’Italia e l’assetto orientale, “ Corriere della Sera”, 29.11.1918.
[30] La polemica internazionale sui problemi della pace, Italia, Jugoslavia
e trattato segreto, “ Avanti”, 13.12.1918.
[31] L’Italia e gli jugo-slavi, “ Avanti”, 25.12.1918.