0.0.1.  Caratteri geografici dell'Istria e della Dalmazia.

 

 

L'Istria è una penisola che si affaccia nell'alto Adriatico, delimitandolo con la sua sponda occidentale nel Golfo di Venezia[1] e con quella orientale nel Golfo del Quarnero.

La penisola ha la forma di un tozzo quadrilatero i cui lati sono costituiti:

-     da un breve tratto di costa, bagnata dal Golfo di Trieste, che da Duino giunge a Punta Salvore;

-     dalla riviera che partendo da Punta Salvore giunge a Capo Promontore, il punto più meridionale della regione;

-     dal tratto di costiera orientale che da Capo Promontore raggiunge Volosca sul Golfo del Quarnero;

-     dalla Carsia che da Duino declina in prossimità di Fiume.

Le coste sono assai frastagliate e talvolta da esse dipartono canali che s'addentrano verso l'interno come il Canale di Leme, il Canale d'Arsa e il Vallone di Fianona.

Inoltre sono spesso costellate da isolotti e isole, e fra le più importanti vi sono, prospicienti la sponda occidentale, le isole Brioni al largo di Fasana e ad oriente le grandi isole di Cherso, Lussino, Veglia che costituiscono il punto di passaggio dall'Istria verso la costa dalmata.

Queste grandi isole, pur facendo capo geograficamente alla Liburnia, hanno condiviso nel corso dei secoli le vicende storiche della Dalmazia. Nel 1809, quando furono istituite le Provincie Illiriche napoleoniche, esse vennero distaccate dalla Dalmazia e unite, insieme all'isola di Arbe, alla Croazia militare, facente capo a Karlstadt.

Con l'avvento dell'Austria nel 1813 con la sola eccezione di Arbe, vennero tolte dalla giurisdizione della Dalmazia e affidate al governo di Trieste.

Cherso e Lussino rimasero suffraganee fino al 1947 all'Arcidiocesi di Zara.

All'interno la penisola istriana è contrassegnata da una catena montuosa che parte dall'Altopiano Carsico a settentrione di Duino e Trieste e, ininterrotta, sfocia nella Catena della Vena, che con la Catena di Caldiera separa l'Istria dalla Liburnia. Da queste due catene i crinali degradano a ventaglio, formando lunghe e strette vallate percorse dai fiumi Arsa, Dragogna, Quieto, Risano, dalla portata piuttosto limitata, oppure si attestano su altopiani brulli ed inospitali che costituiscono la terra dei Cici o Ciceria.

Questi monti, composti da roccia carsica, sono solcati nel loro interno da numerosi fiumi sotterranei che, con la continua azione erosiva delle acque, scavano grotte, voragini, profondi cunicoli, le famose foibe, dal latino fovea, cavità, che si perdono nelle viscere della terra.

Per i caratteri fisici e chimici del territorio i geologi suddividono la penisola in tre grandi zone:

1)  Istria bianca per il colore delle rocce carsiche degli altopiani a nord, nord-est;

2)  Istria rossa per la terra argillosa di colore rosso ruggine nella parte centromeridionale;

3)  Istria grigia o gialla per il particolare colore delle rocce marnoso-arenacee tra Fianona e Trieste.

Nella terra ferma il punto di passaggio fra la penisola istriana e la Dalmazia è costituito dalla Liburnia, una sottile fascia costiera che comprende come città di maggior importanza, Fiume, un centro portuale e cantieristico di primo piano dell'intero bacino adriatico.

Il termine geografico Dalmazia contempla oggi una regione assai più ristretta di quanto non indicasse nell'antichità. La Dalmazia romana, ad esempio, comprendeva tutta la costa dall'Istria ai fiumi Boiana e Drin, la Bosnia, l’Erzegovina, il Montenegro e una parte dell'Albania.

I confini della regione mutarono nel corso dei secoli in seguito alle numerose migrazioni di popoli che si riversarono e alle divisioni politiche, prima fra tutte l’espansione ottomana nei Balcani, che imposero una diversa definizione del suo territorio.

il termine Dalmazia nell’epoca del predominio veneziano sull’Adriatico indicava la striscia costiera che dal golfo del Quarnaro giungeva alle Bocche di Cattaro; nella nostra esposizione ci riferiremo a quest’ultima definizione geografica.

Parte integrante della regione sono da considerarsi le numerose isole ed isolotti di svariata grandezza che fiancheggiano la costa per quasi tutta la sua estensione.

Le isole sono disposte lungo sottili direttrici che formano canali sottili lungo tutta la costa. Fino dalla più remota antichità fornirono rifugio ai pirati che infestavano il bacino adriatico.

La costa dalmata è separata dalla Penisola Balcanica da contrafforti montuosi, che formano un corpus unicum facendo sì che la Dalmazia presenti caratteri geografici, climatici e biologici affini alla costiera adriatica italiana. Ma a differenza di questa, la costa dalmata presenta un andamento irregolare, in cui si susseguono golfi allungati, i cosiddetti valloni, ed insenature ramificate e profonde come le Bocche di Cattaro e i Canali di Sebenico o le foci dei fiumi, che dalla Bosnia e dall’Erzegovina sfociano sull’Adriatico.

A volte la costa scende a precipizio sul mare, mentre le spiagge non hanno una grande estenzione, se si eccettua la foce ciottolosa e melmosa del Narenta.

I fiumi Zermagna, Cherca e Cetina e il Narenta hanno una buona portata d’acqua e per un certo tratto possono essere risaliti dalle imbarcazioni. Le foci di questi fiumi si diramano in lunghe insenature e nei tempi antichi costituivano dei punti di difesa e di attacco per le flotte pirate dei dalmati.

 

 

 

0.0.2. Attuale distribuzione dei gruppi linguistici.

 

 

La seconda guerra mondiale e le dolorose vicende postbelliche hanno profondamente mutato i rapporti numerici fra l'etnia italiana e quella slovena/croata (v. 2.1.1.). Esaminando il quadro d'insieme dell'attuale distribuzione linguistica, escludendo la lingua nazionale, l’ambito romanzo comprende:

1)  l'istro-veneto/veneto-dalmata, che, forte della sua tradizione e penetrazione secolare, è molto vitale nella funzione di koinè regionale ed è diffuso sia tra gli italofoni che fra gli slavofoni;

2)  l'istrioto, l'antica parlata dell'Istria centro-meridionale, che presenta vistosi segni di regressione. Infatti, mentre si ha una naturale diminuzione di parlanti, vi è un gran numero di soggetti che intendono la parlata ma non ne hanno la padronanza. Attualmente l'istrioto è parlato a Rovigno, Valle e Dignano, dove sopravvive grazie a iniziative culturali che tendono a valorizzarne e a promuoverne la conoscenza; è anche presente a Sissano, Fasana e Gallesano, dove purtroppo é parlato e compreso da un numero di persone sempre più scarso;

3)  l'istro-rumeno, parlata anch'essa in regresso: questa lingua fu introdotta in alcune località dell’Istria interna da pastori nomadi rumeni nel corso del XV-XVI secolo. In quel tempo infatti gruppi di pastori che cercavano nuovi pascoli per i loro greggi si stabilirono sulle pendici del Monte maggiore dove ancor oggi la parlata sopravvive in alcune ridotte comunità isolate: Zejane, Sugnje, Viça, Nova Vas, Jasenovik, Brdo, Zankovci e Letaj. Solo gli anziani mostrano lealtà verso l'antica parlata, mentre le generazioni più giovani sono emigrate all'estero o si sono integrate con la realtà jugoslava ed hanno una conoscenza passiva o nulla dell'istro-rumeno. Queste comunità venivano chiamate Cici e la regione che essi abitano viene ancor oggi chiamata ciceria, mentre loro stessi si chiamano Rumeri. Da notare che fino ai primi anni del XX secolo queste comunità non avevano mantenuto la memoria storica delle località da cui provenivano, Fu solo grazie all’interessamento di studiosi e filologi rumeni, che finalmente sì poté ricostruire la loro provenienza.

Allo stesso modo nell'ambito linguistico slavo abbiamo:

4)  lo sloveno nella sua variante savrina, diffusa nella parte settentrionale della Venezia Giulia e dell'Istria, comprendente le zone dell'altipiano carsico. La grande migrazione slava volta a riempire i vuoti aperti dalla guerra e dall'esodo degli italiani ha inoltre favorito la formazione di piccole comunità di albanesi del Cossovo, montenegrini, serbi, bosniaci e di molti sloveni, provenienti dal nord della neorepubblica indipendente;

5)  il croato che fra le sue varianti annovera la variante cakava, parlata nella parte centro-meridionale della penisola, nella Dalmazia e nelle isole quarnerine e dalmate. Il dialetto cakavo, anch’esso in forte regresso, conserva molti arcaismi slavi, assenti nelle altre varianti croate, e presenta molti prestiti lessicali sia dal dalmatico che dall'istro-veneto/veneto-dalmata.

Di più antica tradizione e di particolare interesse sono due piccole comunità: una di serbo-montenegrini a Peroi, in Istria meridionale, stabilitasi nel corso del XVII secolo, che ha mantenuto il proprio patrimonio etnico-culturale, l'altra a Zara di albanesi, chiamati dalla popolazione locale Arbanassi, stanziatisi a Borgo Erizzo extra moenia nel XVIII secolo, per sfuggire alle persecuzioni musulmane.

In questo panorama linguistico così composito hanno un'ampia diffusione tre lingue standard: lo sloveno, il croato e l'italiano; le prime due, lingue nazionali delle neocostituite repubbliche di Slovenia e di Croazia, la terza fino a qualche decennio fa lingua nazionale e adesso di minore prestigio e di portata limitata nel gruppo etnico sloveno/croato, anche se, forte dei mezzi di comunicazione di massa come i giornali, la radio e la TV, ha una diffusione sempre più ampia.



[1] Si ricordi che per molto tempo l’intero mare Adriatico fu chiamato “Golfo (o Colfo) di Venezia”.